Bere non è la risposta, ma bevendo dimentichi la domanda
Mado
calpesta una poltiglia di sangue, bava ed
escrezioni corporee di ghoul mentre atterra al di là di un
muretto. Controlla
le condizioni della sua quinque, con cui è riuscito a far
fuori un paio di
ghoul – feccia immonda – prima
di far
vagare lo sguardo a destra ed a sinistra. Era intervenuto dopo aver
scorto Amon
in procinto d’esser colpito di spalle da un ghoul piuttosto
grosso, ma
moralmente biasimevole. Tutt’ad un tratto il suo collega si
è sottratto alla
vista e lui, occupato com’era nello scontro, ha tempo di
curarsene solo adesso.
“Per la miseria, dove si è cacciato?” si
chiede, gli occhi dilatati fissi sulla
strada di periferia cittadina.
Al suo immancabile udito non sfugge un lamento sommesso; con un
risolino di
contentezza, si piazza alle spalle dell’investigatore di
primo grado Kotaro
Amon: il giovane uomo è inginocchiato, ha le mani strette a
pugno e fissa
davanti a sé i cadaveri di due ragazzini. Quello
più visibile sta perdendo
ancora sangue, nonostante ormai il suo viso sia quello di un morto:
quello
sotto ha gli occhi aperti in un grido selvatico, l’iride
iniettata di sangue.
Con le braccia deve aver accompagnato quella che, presumibilmente, deve
essere
stata la caduta dell’altro ragazzino.
Ora sembra che lo stia abbracciando.
Mado si concede ancora qualche secondo per guardare il suo giovane
collega di
spalle, provando ad immaginare quale emozione stia sfumando nei suoi
occhi.
Dopodiché sghignazza, intimando Amon ad alzarsi. –
Sono cose che possono
capitare, non farci caso e cammina.-
-Signor Mado…
-Per oggi non abbiamo ancora finito, eheh.-
Kotaro allora si tira in piedi, fili di vento e mormorii di acredine
gli
cuciono le labbra per il resto della giornata.
**
-Signor
Mado… Signor Amon,ottimo lavoro.
-La ringrazio, quello che faccio è innanzitutto
per il benessere e la sicurezza
dei civili.
-Siamo impazienti di continuare, eheh… Dove getteremo la
nostra rete la
prossima volta?
-Vi farò sapere domani, per il momento tornate a casa: io mi
consulterò con le
altre squadre investigative e vi informerò sul da farsi.
-D’accordo, signore, arrivederci.
-Arrivederci.
-Signor Mado? Cosa intende fare, tornare davvero a casa?
-Non avrei granché di cui occuparmi in
realtà… Piuttosto che niente i nostri superiori
adesso si premurano di suggerirci cosa fare dopo il lavoro! Che vadano
al
diavolo…
L’espressione seria dell’investigatore Amon tremola
appena a quelle parole. Il
signor Mado è davvero un tipo bislacco.
-Ad ogni modo, Amon… Avrei bisogno di certi documenti
riguardanti il caso TF02,
sapresti procurarmeli?
-Certamente, glieli porterò personalmente alle diciannove
questa sera…
Mado lancia un’occhiata all’orologio da
parete della sua cucina. 21:25
Sbuffa appena alla casa silenziosa e vuota, che lo sta sempre ad
ascoltare: si
dirige verso quella che, all’apparenza, pare una scarpiera
più larga e che
invece presenta tutt’altra natura. E’ la
collocazione della personalissima ed
accanita collezione di quinque di Kureo Mado: alle sue armi, disposte
per
tipologia e datazione, l’investigatore dedica sempre
parecchio tempo,
lucidandole e testandole a rotazione, per saggiarne
l’efficacia.
Per questa sera Kureo sceglie una valigetta di bikaku di tre mesi
prima: avrà bisogno
di bilanciare la sua curiosità spontanea con
l’uscita inconsueta. Il suo
istinto gli dice che Kotaro non sta ritardando per
distrazione. Così s’incammina fuori
casa, tutto curvo nell’impermeabile
grigio, tirato, come da un filo, verso l’orizzonte
già tinto da nebulose
oscurità.
Bussa
la porta di casa, che si schiude al solo tocco
delle sue dita. Sempre più stranito, l’agente
investigativo dai capelli
argentei si fa avanti, percorrendo un breve corridoio e svoltando
infine a
sinistra: si ritrova all’interno di un salotto non
particolarmente grande, la
mobilia è moderna, sulle tonalità del grigio e
del bianco. Al centro della
stanza un divano bianco – incosciente scelta giovanile, che
si crede
inattaccabile. Un angelo in uniforme è lì,
malamente disteso, Mado lo vede
anche se è di schiena. Trascina il suo passo, intenzionato a
farsi sentire, a
presentarsi forse.
Vuoi
capisca che
sei preoccupato,
Kureo?
Quando ha fatto tutto il giro e si trova di fronte al divano, scorge
una certa
benignità nello sguardo del giovane: al suo interno
c'è un indescrivibile,
perché squallido, splendore, che solo una cosa reca. Quella
stessa cosa che
annacqua la mente e rende la testa pesante, che fa ridere, ridere, ridere sui problemi, che li polverizza:
poi fa accasciare su se stessi, sa rendere inconsapevoli gli animi
più
determinati…
“Tracanni
da quella bottiglia, le mani ti tremano; è
così che vuoi far consumare la tua passione, la tua
fermezza? E’ così che vuoi
convincermi che tu vali?”
Negli occhi di Mado c’è una nota di disappunto,
che però il giovane non percepisce:
sembra destarsi invece quando il suo superiore si accomoda sulla
poltrona,
davanti a lui, e gli parla.
-Oh Amon, ti sei messo a brindare senza di me? Penso che ti
farò compagnia,
adesso.-
Un’altra sorsata del rubizzo nettare gli infuoca la gola,
mentre gli occhi di
Kotaro si schiudono, rivelandosi come stelle: luccicanti ma assai
distanti.
Scrutano l’uomo di fronte a sé, come se non
riuscissero a focalizzarlo, mentre
le labbra si schiudono in un verso di sbigottimento.
Mado lo guarda con quel suo ghigno mordace, implacabile. –
Non ti alleni più la
sera? -
-Questo mondo… E’ sbagliato.- La fermezza
prepotente di quelle parole fa
sporgere in avanti il veterano, mentre con una mano ancora sorregge la
quinque.
Pensa che è solo il delirio di un ragazzo che si
è ubriacato perché la
fidanzata di turno gli ha dato buca all’appuntamento. Poi
considera chi è il
ragazzo, inquadra i suoi occhi, occhi in cui risiedono la giustizia e
il valore
di un uomo moderato, e sovviene uno strano gorgoglio dalle sue labbra,
una
sottospecie di risata.
-Di certo così facendo non lo rendi più giusto.-
Pensa di prenderlo in
contropiede, di stupirlo per giunta, invece la risposta che gli giunge
è più
consapevole di quanto si aspettava.
-No, affatto.- Al che Mado guarda il partner davanti a sé, i
suoi capelli
ordinati, la camicia bianca, la cravatta appena allentata: il suo tono
fermo,
edotto, contrasta terribilmente con l’espressione paonazza,
brilla e del tutto
inconsueta. “Cosa sta cercando di nascondere?” Le
dita dell’uomo tamburellano
contro la maniglia della valigetta, impazienti. “Cosa sta
cercando di
nascondere?”
Kotaro beve ancora - non sembra per
niente felice - poi riprende a parlare, il suo tono
altalenante si infiamma
e si spegne senza preavviso, fornendo al suo interlocutore
un’indicazione del
tutto fuorviante.
Non sta
nascondendo nulla, ascoltalo: sta dicendo qualcosa che non
dirà in nessun altro
luogo.
-C’era
un ragazzino. Perché l’ho ucciso?
-Perché era un ghoul.
-C’era un ghoul. Perché l’ho ucciso?
-Perché costituisce un pericolo.
-Per chi?
-Per gli esseri umani.
-C’era un ragazzino. Perché l’ho ucciso?
-Te l’ho già detto.
-No, non è vero. Lui non era un ghoul. Perché
l’ho ucciso?
-Perché si è messo davanti al ghoul.
-Perché si è messo davanti al ghoul?
-Erano coetanei. Magari era suo amico.
-Perché era suo amico?
-…-
-Perché era suo amico?
Mado
guarda gli occhi bruciati dall’alcool e dalla
disperazione dell’investigatore e si sente pervadere da una
strana sensazione
di inferiorità: Kotaro Amon, un giovane così risoluto, così
agile, così portato per agire
secondo giustizia… Proprio lui, Vacilla. Sta vacillando,
perché? Come? Da
quando? Non se n’è accorto, nonostante il suo
intuito, nonostante la sua
rinomata perspicacia. Uccidere i ghoul, uccidere i nemici…
E’ quello che devono
fare. E’ il bene.
-E’ nostro dovere uccidere i ghoul per mantenere la pace e la
sicurezza
generale. L’hai detto tu stesso.
-Sì, l’ho detto… Ma ho anche ucciso un
ragazzino. Un ragazzino che non era un
ghoul. Perché lui è morto? Perché
è stato ferito dalla mia arma? Io non opero
secondo giustizia?
-Forse la giustizia risiede in questo.
-In cosa? Uccidere innocenti?
-Uccidere anche innocenti.
-Uccidere anche
innocenti…
Kotaro
si accascia maggiormente sul divano, non tiene
nemmeno più su la testa. Banchi di nebbia attraversano i
suoi occhi, mentre schiude
per l’ennesima volta le sue labbra. Una goccia di vino gli
scivola fin sulla
camicia bianca, una macchia vermiglia si estende in quel punto.
-Oggi, davanti a quei
cadaveri, davanti a
quella morte incomprensibile, ho visto il mio mondo bruciare. Tutte le
certezze
che mi ero formato a scuola, in accademia, nei primi mesi di
lavoro… In fiamme.
Mi sono inginocchiato davanti a quelle fiamme. Eheheh… Non
ci crederai… Non ci
crederai se te lo dico, ma davvero… Per la prima volta, la
prima dico! La
prima… Non ho sentito freddo. Il freddo,
sì… Quel freddo dentro, quel freddo
nelle ossa… Sparito! Ehehe… Eheh…
E’ tutto un inganno. E’ tutto uno
sbaglio…-
Dopo qualche secondo crolla,
privo di sensi,
abbandonato completamente al divano bianco. Kureo già da
prima ha appoggiato la
quinque per terra e ora sta semplicemente a vegliare su di lui; su
quest’angelo
che dà la morte, questo giustiziere così tenace,
che è suo allievo. Si sporge
appena nella sua direzione, gli toglie la bottiglia dalle mani,
– la quinta,
considerando le altre vuote a terra – gli spettina i capelli
con un gesto
repentino e torna a sedersi.
-Come disse un tale
‘Soltanto una cosa è più lugubre
dell'uomo che mangia solo;
ed è l'uomo che beve solo’. Tuttavia costui rimane
un uomo, perciò brindiamo,
Amon. Solo gli esseri umani sanno
cadere
in questo abisso.
Angolo Autrice
Gulp! Ciao a tutti, questa
sì che è un’esperienza
nuova per me: approcciarmi ad un nuovo fandom in questo modo
è da spericolati,
oserei dire, eew. Ma io sono un po’ matta, dunque
può andar bene ^^ Senz’altro
mi faccio una bella cartolina di presentazione: ora, urge spiegare cosa
è
accaduto (i pomodori voleranno comunque, ma almeno ci provo-)
Con il prompt
‘ubriacatura’ e il fandom di Tokyo ghoul ammetto
all’inizio di
aver dovuto riflettere: i ghoul possono bere alcolici? Secondo me no,
se
rigettano tutto a parte il caffè… Quindi
sì, ero partita tanto bene desiderando
ubriacare Shushu (?), invece mi sono ritrovata a confrontarmi con
questi due:
per carità, ci sono altri umani, però loro
occupano un posto speciale nel mio
cuore <3 A modo loro si vogliono un gran bene. Decisi i
personaggi, dovevo
assolutamente definire un movente e qui inizia il bello: ho voluto far
ubriacare Amon per evidenziare il suo spiccato senso di giustizia.
Abbiamo
sempre visto l’investigatore come un uomo tutto
d’un pezzo, con dei solidi
principi da difendere: solo confrontandosi con il modo di pensare e di
agire a
volte ambiguo dei ghoul si smuove. La prima parte della shot serve
perciò a
spiegare il seguito: Amon, durante l’incursione, sferra un
colpo contro un
ghoul ragazzino e l’amico che gli era al fianco si fa avanti
per proteggerlo.
Dopodiché interviene il padre del ragazzino ghoul, che
attacca di spalle Amon e
causa l’innesto in campo di Mado. Amon non sa
perché l’amichetto si sia
slanciato per proteggere il ghoul, nemmeno noi lo sappiamo: il dato di
fatto,
quello che conta davvero, è che l’investigatore ha
ucciso un innocente, un
essere umano, una persona buona, oltre che il ghoul cattivo, da
eliminare.
Scatta allora in Kotaro un senso di colpa e di confusione che sfocia
nell’attaccamento alla bottiglia. Quello che mi premeva
sottolineare è proprio
il crescendo della confessione di Amon: all’inizio,
nonostante abbia già bevuto
molto, sembra cosciente di sé e di quello che dice. La
verità è che si sta solo
controllando, sta ancora tentando di tenere in piedi il castello
vacillante
delle sue certezze: dopodiché, progressivamente, la
credibilità e la
compostezza delle sue parole viene meno, per dare spazio alle sue
angosce più
evidenti e maligne.
Spero di essere
riuscita nel mio intento e che il mio lavoro sia stato gradito:
sono accetti, anzi richiesti, commenti, critiche e consigli. Ora
rimetto il
testo al giudice del contest che ringrazio per la pazienza e la
disponibilità:
a presto!