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Autore: DarkSide_of_Gemini    01/02/2016    2 recensioni
(Storia legata alla OS "Hai un nome?")
Cassandra Evans è sempre stata un’amante dei film e dei libri horror, ma non aveva mai pensato che la sua vita potesse trasformarsi in una storia dell’orrore. Dopo aver subìto un’attacco da parte di una misteriosa creatura demoniaca, Cass si ritrova a indagare sulla verità delle aggressioni che si susseguono nell’ospedale di Amber Hill.
Una forza antica si sta radunando, due gemelli immortali sono pronti a dare vita ad un nuovo periodo di oscurità. Con loro giungerà anche il momento, per l'Uomo Nero, di scegliere da quale parte schierarsi in questa nuova battaglia.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Incubus – Figli del Buio

2

 

-Bentornata, splendore!-

La voce di Darren la accolse non appena varcò la soglia di casa.

Cass riuscì a rivolgergli un sorriso tirato. Non si sentiva affatto uno splendore: era stanca dopo essere stata quattro giorni in ospedale tra operazioni, accertamenti e snervanti attese a causa dell’infermiere incompetente di turno che la riduceva ad un colabrodo prima di riuscire a trovarle una vena. Doveva avere delle occhiaie spaventose e i capelli ridotti un disastro. In più, il ricordo di quella notte, di quel sogno, riusciva ancora ad inquietarla. L’ultima volta che non aveva chiuso occhio per via di un incubo era stato quando aveva dieci anni, quando Darren l’aveva sfidata a vedere quel film del pagliaccio psicopatico assassino. Per almeno una settimana, ogni volta che chiudeva gli occhi, si vedeva circondata da inquietanti clown sorridenti desiderosi di farla a pezzi.

Non pesava che quello avrebbe potuto succederle ancora. Come se non bastasse, i medici avevano trovato il suo caso di incubo molto simile a quello dell’anziano che aveva urlato la prima notte. Tuttavia, avevano supposto che si trattasse solo di allucinazioni dovuti a qualche farmaco. Lei, invece, pensava ci fosse molto di più, ma in quel momento non voleva pensarci.

Lasciò cadere lo zaino sul pavimento e accolse l’abbraccio di Darren, che nel frattempo le era andato incontro. Cassandra avrebbe potuto definire Darren il proprio fratello, anche se in realtà era il figlio della famiglia che l’aveva adottata molti anni prima. Ricordava ancora il loro primo incontro, il bambino imbronciato che aveva guardato la nuova sorellina con estremo disappunto e si era lamentato con la madre dicendole che lui aveva chiesto un cane e non una sorella. Con il passare del tempo, tuttavia, entrambi si erano abituati l’uno all’altra, e tra di loro era nato un rapporto di complicità del tutto simile a quello tra veri fratelli.

Adesso Darren era alto una spanna più di lei, aveva capelli e occhi scuri e la carnagione ambrata. Lei era tutto l’opposto: era bassa, gracile e di pelle chiarissima. Lui la chiamava spesso “la mia bambola di porcellana”, e la prendeva in braccio senza curarsi delle sue proteste giocose, come fece anche quella volta.

-Hei, Darry, guarda che sono particolarmente irascibile oggi-

Lo mise in guardia mentre si dirigeva lui verso le scale per portarla in camera sua.

-Oggi? Solo oggi? E che mi dici degli altri 364 giorni dell’anno?-

Cass stava per protestare proprio quando lui aprì la porta della sua camera: un magnifico mazzo di rose rosa era in bella mostra sulla sua scrivania, già sistemato in un vaso di cristallo.

-In realtà- puntualizzò lui –avevo chiesto dei cardi spinosi. Ma li avevano terminati-

La ragazza lo guardò male, ma quando la mise giù corse ad ammirare i fiori, sfiorò i petali con delicatezza e ne aspirò a fondo il profumo. Poi si voltò e sorrise al ragazzo rimasto fermo sulla soglia.

-Va bene, per questa volta ti perdono. Ma la prossima volta voglio i cardi-

Darren si mise sull’attenti –Agli ordini, Signora. Allora, me la fai vedere questa cicatrice?-

Lei si tirò su la manica della giacca e sfoggiò la linea rosa a zigzag che le percorreva l’avambraccio fino a sopra il gomito. Aveva dipinto un insolito sorriso euforico sul viso, motivo per cui Darren la guardò accigliato.

-Non hai spaventato i medici, vero? Con le tue storie “mi raccomando, ricucite in modo che il tutto sembri una spada elfica”-

Cass gettò la testa all’indietro e rise davvero per la prima volta dopo giorni. Si stiracchiò, gettandosi sul letto: finalmente un materasso come si deve, non una tavola di legno come in ospedale. Forse era per quel motivo che aveva sognato di dormire sulla pietra. Scacciò subito quel pensiero.

-Mi sono dovuta trattenere. Cosa avrei fatto se fossero scappati prima di ricucirmi?-

-Avresti potuto andare dalla nonna, a quanto ne so lavora ancora all’uncinetto-

-O avrei potuto fare una visita al dottor Victor-

Rincarò la dose lei citando il celebre Victor Frankenstein, che ricucendo insieme pezzi di cadavere aveva dato vita al mostro per eccellenza. Certo, lei non era un cadavere, ma sarebbe stato comunque interessante essere operati da uno dei più celebri personaggi della letteratura.

Comunque, anche se non somigliava affatto ad una spada elfica, Cass era piuttosto fiera di quella cicatrice. Per tutto il resto della giornata la sua mano scivolava sul gomito, e con le dita tracciava il rigonfiamento liscio che le zigzagava sulla pelle.

Quella stessa sera Cass fu tentata di cambiare del tutto la sua opinione sulle cicatrici. Era appena uscita dalla vasca da bagno quando, vedendo di sfuggita il suo riflesso allo specchio, fu costretta a scoprirsi la schiena per esaminarla. Sulla pelle pallida spiccavano alcuni lunghi graffi simili a quelli provocati da artigli animali. Cass ricordò di quando aveva adottato quel gatto, Shadow, un randagio che si era insediato nel giardino di casa. Tutto si poteva dire di quella bestiola, tranne che fosse socievole: odiava le coccole, e rispondeva graffiando chiunque gli si avvicinasse con l’intenzione di giocare. Alla fine Shadow era scappato da casa, e nessuno ne aveva poi rimpianto così tanto la scomparsa.

Adesso, i graffi che aveva sulla schiena erano del tutto simili ai segni che gli artigli di Shadow le avevano lasciato tante volte sulla pelle, solo erano più lunghi e spessi. Un brivido freddo corse lungo la schiena della ragazza, e ancora una volta l’immagine di quella creatura all’ospedale le ritornò in mente.

******

-Cassandra Kavanagh?-

Un uomo in divisa stava sulla porta. Era alto, sulla cinquantina, aveva capelli brizzolati e baffi neri. Due occhi scuri dall’aria indagatrice la scrutavano severi, e per un attimo avevano indugiato sul tatuaggio del drago nero che Cass aveva sulla spalla destra.

Erano passati tre giorni da quando era tornata a casa e il tempo trascorso in ospedale le sembrava molto lontano.

-Sì?-

L’uomo le mostrò un documento –Tenente Raymond Harris. Potrei rivolgerle alcune domande?-

Tenente? Cosa ci faceva un ufficiale della polizia a casa sua?

Cass notò che l’aveva chiamata Kavanagh, il cognome della sua nuova famiglia. Erano passati tanti anni, ma ancora il suono di quel cognome le suonava errato in qualche modo. “Cassandra Evans”, si era sempre presentata. Era strano sentirsi apostrofare con un nome diverso da uno sconosciuto.

In altre circostanze Cass avrebbe liquidato lo scocciatore senza pensarci due volte. Erano appena le otto di mattina e lei era ancora in pantaloncini e maglietta che usava come pigiama. Di certo, scarmigliata per com’era, non c’era da meravigliarsi se il tenente l’avesse guardata in modo tanto strano.

Era sola a casa. Cass odiava ricevere ospiti, farli accomodare dentro e intrattenerli con stupide discussioni che riguardavano il futuro e il fidanzato. Più che altro, la gente chiedeva degli affari personali per avere qualcosa su cui spettegolare. Tuttavia, visto che dentro non c’era nessun’altro, toccava a lei fare la padrona di casa. Così fece segno all’uomo di entrare, guidandolo fino al salotto.

La tv era accesa e le urla di battaglia dei personaggi di cartoni animati che si dissanguavano allegramente riempivano la stanza. Sul divano era poggiato un libro dal titolo color rosso sangue che spiccava sulla copertina nera; un volume di leggende e storie dell’orrore. Sullo sfondo scuro, un vampiro aveva affondato i denti nel collo di una donna bionda che indossava una lunga camicia da notte insanguinata.

Tutto quello, gli occhi del tenente lo colsero in un istante. Cass si affrettò a spegnere la tv proprio nel momento in cui l’eroe della storia tranciava di netto la testa all’avversario.

Sorrise nervosamente, cercando di sistemarsi i capelli pettinandoli con le dita.

-Un caffè?-

-No, grazie- il tenente si sedette prima che lei potesse invitarlo –lei non va a scuola, signorina Kavanagh?-

-Io… sì, certo. Ma le lezioni sono terminate-

Santo cielo, l’aveva forse presa per una nullafacente che non fa altro che ciondolare in giro per casa dalla mattina alla sera, avendo come unico divertimento gli anime cruenti in cui la gente si stacca la faccia a morsi?

-Vive da sola?-

-No- quanto detestava dover raccontare gli affari suoi alla gente –i miei… la mia famiglia è fuori città per una visita a mia nonna che sta poco bene. In casa ci siamo solo io e mio fratello-

Evitò di parlare della storia dell’adozione e il resto. Non era necessario raccontare la sua biografia al poliziotto.

-Bene. Non è questo quello che mi importa-

“Allora perché diamine me lo chiedi?”.

-Volevo parlare, invece, della sua permanenza all’ospedale di Amber Hills-

L’atteggiamento di Cass cambiò del tutto: cosa importava ad un poliziotto della sua visita all’ospedale?

-Perché?-

L’uomo alzò gli occhi al cielo –Qualche giorno fa il signor Bernard Thompson ha denunciato uno dei medici. Dice che ha preso sottogamba il problema che lui gli aveva esposto. Ha detto più che altro che lo aveva trattato come un pazzo, che gli ha dato del visionario perché aveva detto di aver visto qualcuno nella sua stanza. Il medico dice invece che il paziente ha avuto una crisi respiratoria forse dovuta a una dose eccessiva di un qualche farmaco. Lei ha avuto lo stesso problema, mi hanno riferito-

Cass lo ascoltava mentre una strana inquietudine le si faceva largo nel petto. Bernard Thompson doveva essere l’uomo che aveva sentito urlare la prima notte. Aveva detto di aver visto qualcuno nella sua camera. Forse…? Che avesse visto la stessa figura mostruosa che aveva visto lei?

-Cosa… cosa ha visto di preciso il signor Thompson?-

Il tenente non parve felice di quella domanda. Era chiaro che voleva archiviare il caso nel minor tempo possibile. Voleva trovare un collegamento che scaricasse la colpa ad un farmaco dagli effetti collaterali, e tutto si sarebbe risolto. Non aveva certo l’aria di voler ricercare un’ombra che si divertiva a spaventare la gente ricoverata in ospedale.

-Una figura, una donna dice. Diceva cose senza senso, vaticinava di un demone alato. Il demonio, a suo parere. Ma di certo si trattava di una persona, forse un’infermiera entrata per un semplice controllo. Per questo motivo il dottore ha dato la colpa ad una delle medicine-

Lo sguardo scuro dell’uomo la scrutava con attenzione –Lei… ha visto nulla?-

Sotto quello sguardo la ragazza si sentì subito a disagio. Quasi le sembrava possibile che quegli occhi potessero scovare il ricordo di quel suo sogno che era a quanto pare diventato realtà. Allora non l’aveva immaginato: anche quel signor Thompson aveva visto qualcosa. Cass non ne era sicura, ma la creatura che aveva visto lei non le era sembrata molto femminile. Però, a pensarci bene, non era forse vero che i demoni non avevano un vero e proprio sesso, così come gli angeli e i vampiri? Potevano assumere le forme più svariate, quindi forse quello che aveva visto lei e la figura femminile che aveva visto il vecchio potevano essere la stessa cosa.

Oh, ma cosa stava farneticando? Perché si era così persuasa della storia del demone? Non era forse più logico pensare che quegli incubi fossero, come aveva supposto il medico, solo il frutto dell’effetto collaterale di un farmaco? In fondo quella figura l’aveva vista quando si era appena svegliata, per di più nell’oscurità quasi totale. Forse il sogno che aveva fatto sul demone era stato così vivido che aveva continuato a vedere quella figura anche dopo il risveglio improvviso. Era qualcosa che succedeva spesso, anche ai protagonisti dei suoi libri.

Ma potevano lei e il signor Thompson aver avuto lo stesso genere di allucinazione?

Harris la stava fissando con un sopracciglio sollevato, in attesa. Cosa doveva dirgli, doveva dare credito all’idea del mostro alato o fare finta di nulla? a quanto ne sapeva non era mai un’idea saggia mentire alla polizia.

-Ho visto… un’ombra-

Disse Cass infine. Si attorcigliava nervosamente una ciocca di capelli attorno all’indice.

-Un’ombra? Non potrebbe essere più precisa?-

Si sentiva quasi teletrasportata in uno di quei telefilm polizieschi che vedeva in tv –Era un uomo. Di questo ne sono quasi sicura. E credo che il signor Thompson abbia ragione: quello che ho visto io aveva le ali, e zampe di capra. Aveva degli artigli, mi ha graffiata-

Il tenente si passò una mano sul viso, come a dire “perfetto, adesso ho a che fare con due squilibrati che sostengono di aver visto l’Anticristo”.

-Signorina, i graffi non sono una prova. Potrebbe… insomma, non voglio dire che potrebbe averli causati di proposito, ma non sono la prova che una creatura dell’oltretomba infesti l’ospedale-

-Ah, no? E come li spiega allora?-

-Il signor Thompson non aveva alcun graffio-

Cass si congratulò mentalmente con lui per aver evitato in modo così brillante di rispondere alla sua domanda. Quella storia poteva andare per le lunghe e lei non aveva certo voglia di trattare con qualcuno che la credeva una visionaria. Il tenente Harris era uno scettico, non c’era dubbio: non le avrebbe creduto neanche se gli avesse detto di aver visto Dio in carne, ossa e Spirito Santo. Per lui il caso era chiuso. Allucinazioni, stop. Nessun maniaco che andava a zonzo per i corridoi dell’ospedale, men che mai oscure presenza che infestavano la struttura.

-Senta, signorina, io non mi occupo di questa roba. O lei mi dice di essere stata aggredita da qualcuno, o io non potrò fare nulla. Non posso mettere i sigilli al reparto per dare la caccia al demonio, o che so io. Quello che lei ha visto non era dunque una persona?-

-No, ma…-

-Bene, molte grazie-

Detto questo Harris si alzò e abbandonò l’abitazione. Cass rimase a guardarlo mentre si allontanava diretto alla propria auto, le mani in tasca e la testa ben alta. Le parve persino di sentirlo fischiettare. Certo: aveva motivo di starsene allegro, lui. Dopo quella conversazione, i vecchi dubbi della ragazza ritornarono a galla.

Il primo ad accorgersi del suo malumore fu Darren, quel pomeriggio. Erano seduti in un bar e Cass stava proprio raccontando la conversazione avuta con il tenente. Lui l’ascoltava pensieroso, rigirando la cannuccia nel bicchiere di succo di frutta.

-Non ha neanche dato credito a quell’uomo, dunque?-

-Macché- Cass si allungò sul divanetto –crede che Thompson sia solo un vecchio a cui sono partite le coronarie. Inoltre soffre d’asma, i medici l’hanno appurato nonostante lui giuri di essere l’uomo più sano del mondo; quindi quella mancanza d’aria l’ha giustificata così. Quanto a me, bè, Harris crede che sia una mezza squilibrata che ha approfittato della situazione per giocare un po’ a farlo impazzire-

Lui rimase in silenzio per un po’. La scrutava quasi volesse scoprire la verità su quella storia.

-E tu l’hai vista davvero, quell’ombra? Non… insomma, non hai pensato che potesse davvero trattarsi di un sogno?-

-L’hai vista la mia schiena- il tono di Cass uscì più brusco di quanto avrebbe voluto –trovami una spiegazione medica e allora ti darò ragione-

Gli aveva mostrato i graffi quello stesso pomeriggio, anche per dimostrare a sé stessa di non essere completamente pazza. Neanche insieme erano riusciti a trovare una soluzione.

-E poi è saltato fuori dalla finestra- continuò lei –la mia camera era al terzo piano. Se fosse stato umano si sarebbe come minimo schiantato di sotto. Il muro non aveva appigli e il davanzale del piano inferiore non era abbastanza sporgente perché qualcuno potesse atterrarci sopra-

-Ti sei documentata bene-

-Sto solo cercando di capire qualcosa-

Uno strano sorriso apparve sul volto di Darren –Demoni che camminano sulla terra. Sembra quel libro che mi hai prestato una volta, quello in cui i protagonisti dovevano sconfiggere un’apocalisse di mostri infernali. Non mi piacerebbe proprio-

-Dici che finiremo come in Constantine?-

Cass cercava di scherzare, eppure rimaneva a rimuginare su quella storia sin da quando era tornata a casa. L’indomani avrebbe dovuto darsi da fare seriamente: se Darren e il tenente Harris non le potevano essere d’aiuto, l’unica cosa che poteva sperare era di riuscire da sola a capire qualcosa di tutta quella storia.

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Ciao a tutti!

A quanto pare la situazione si complica, ma ancora i guai devono iniziare. E dal prossimo capitoloo*dan dan daaan!* arriverà Pitchino!

Intanto, passiamo ai ringraziamenti: a Enivelsa e Orma_ per aver inserito la fic tra le Seguite, Jayden_15_13_22 per averla inserita tra le Preferite e Gamora96 per averla inserita tra le Ricordate ;)

E inoltre ringrazio Gamora96 e Evil Ultron per le recensioni *^*

 

Bon, ora è meglio che me ne scappi a studiare <_<

Al prossimo capitolo!

Kisses,

Rory_Chan

 

 

  
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