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Autore: Mary P_Stark    01/02/2016    3 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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2.
 
 
 
 
 
Mar delle Antille, 22-VII-1804
                                               
 
 
 La bonaccia non aiutava a stare allegri. Il caldo afoso, neppure.
 
 Erano bloccati in porto da almeno quattro giorni e, di riprendere la via dell’oceano, neanche a parlarne.
 
 I lavori al coronamento1 erano stati completati con successo, l’albero di maestra era stato raddobbato con cura dal mastro d’ascia della nave, e gli ordini da Londra erano giunti.
 
 Mancava solo il vento. Cosa di non poco conto, per un veliero a tre alberi come il loro.
 
 Seduto a poppavia, sulla larga impavesata2 in legno scuro della White Star, Christofer osservava arcigno la breve, algida lettera giunta assieme alla corrispondenza.
 
 Con penna e calamaio ben sistemati accanto a sé, stava tentando di capire come rispondere alle notizie giunte da casa.
 
 Come aveva temuto fin dall’inizio, il matrimonio con Kathleen aveva preso una brutta piega già dalla prima notte di nozze.
 
 Forse a causa del troppo vino, forse indispettito dagli ordini ricevuti dal padre, forse reso nervoso dalle ansie della moglie, alla fine, però, il risultato era stato solo uno.
 
 Le aveva fatto male. E non solo fisicamente.
 
 Si era preso il suo piacere senza badare a nulla e, soprattutto, senza badare troppo alla verginità di Kathleen.
 
 Quando, al termine dell’atto, lei si era scostata tremante e piangente, lui si era limitato ad alzarsi per abbandonarla lì, sola.
 
 In silenzio, si era rifugiato nella sua stanza per fumare un sigaro e terminare di ubriacarsi con del whisky.
 
 Da quel momento, le notti si erano susseguite le une uguali alle altre.
 
 Kathleen aveva cercato di fare buon viso a cattivo gioco e, ogni mattina, si era presentata al tavolo della colazione con un bell’abito vaporoso e un sorriso stampato in viso.
 
 Nessuno dei suoi tentativi di apparire serena o, quanto meno, felice, era però valso allo scopo di salvarlo dal personale disgusto che lui provava per se stesso.
 
 Perché Christofer aveva compreso subito di essersi comportato alla stregua di un bifolco, ma mente e corpo erano rimasti bloccati, come congelati.
 
 Non era mai riuscito a trovare le parole per scusarsi, o un gesto qualsiasi che valesse a renderle ciò che le aveva rubato.
 
 Nei suoi strani occhi verdi, solcati da miriadi di pagliuzze grigio acciaio, Christofer aveva letto dolore e, sì, delusione.
 
 Come darle torto? Un animale si sarebbe comportato meglio.
 
 Lui aveva toccato quelle fragili carni pensando solo alla propria rabbia, senza badare minimamente a quella – più che giustificata – della ragazza.
 
 L’aver saputo dell’aborto, a due mesi dalla sua partenza per il fronte, non l’aveva certo aiutato.
 
 Essere partito sapendola incinta lo aveva rallegrato un poco, ma la sua serenità era stata di breve durata.
 
 Kathleen era stata malissimo e, solo grazie a Dio, non aveva perso essa stessa la vita.
 
 Dal giorno in cui gli era giunta quella triste notizia, ogni speranza di un’esistenza serena con lei, era svanita come il figlio mai nato.
 
 A peggiorare ogni cosa, una missiva della madre lo aveva informato della morte di suo fratello Kenneth e della moglie Marianne, in un incidente con la carrozza.
 
 Di ritorno da Bath, erano stati attaccati dai briganti e, nel tentativo di sfuggire ai fucili dei soldati di ventura, il cocchiere aveva finito col ribaltare il mezzo.
 
 Gli era spiaciuto sapere della loro dipartita, ma non aveva pianto lacrime amare.
 
 Lui e Kenneth non si erano mai amati molto e dubitava che, a parti invertite, il fratello maggiore non avrebbe versato una sola lacrima in sua memoria.
 
 Anzi, forse avrebbe levato un boccale di birra assieme ai suoi amici di Eton, lieti che lui avesse finalmente tirato le cuoia.
 
 Kenneth non aveva mai apprezzato la bravura del fratello minore nella scherma, e le bastonature subite da Christofer a Eton erano da addebitarsi tutte a lui.
 
 Il fatto che Christofer stesso lo avesse sempre saputo, non aveva aiutato a migliorare il rapporto tra i due.
 
 Ora, per lo meno, non avrebbe dovuto più far finta di stimarlo.
 
 Gettando un’occhiata al porticciolo insonnolito – in attesa a sua volta che il vento si levasse – Christofer si chiese per un attimo come stesse la madre.
 
 Non era stato davvero un semestre facile, per lei e, forse, neppure il secondo lo sarebbe stato.
 
 Se poteva anche solo immaginare l’umore plumbeo del padre, non faticava a vederlo mentre se la prendeva con la moglie per qualsiasi motivo concepibile, e non.
 
 Sospirando, tornò a curiosare con lo sguardo la missiva di Kathleen e, con la mente, tornò all’ultima lettera di sua madre Whilelmina.
 
 Lo aveva informato dei loro tentativi di ricondurlo a York, in quanto primogenito della casata Spencer.
 
 Christofer, però, sapeva bene quanto Londra fosse caotica, in quei mesi.
 
 Era impossibile che il re – o il Reggente per lui – lo richiamasse in patria, a quel punto. Forse, se fosse riuscito a mettersi in contatto con l’amico Anthony Phillips, avrebbe avuto qualche chance in più.
 
 Da quel poco che aveva saputo da voci trasversali, era stato impiegato nel Ministero della Guerra e, se avesse chiesto a lui, avrebbe potuto velocizzare la pratica per rientrare.
 
 Il punto era un altro. Non aveva la più pallida idea se ciò che aveva udito corrispondeva a verità e, a ben vedere, da quando Andrew si era sposato con Myriam, ne aveva perso le tracce.
 
 I due avevano fatto una corte serrata alla comune amica ma all’improvviso, senza un motivo apparente, Anthony si era defilato e Andrew aveva avuto la meglio.
 
 Essendo entrambi suoi amici, non aveva parteggiato per nessuno in particolare; aveva unicamente sperato che quell’unione fosse felice.
 
 Lui, Andrew, Myriam e Anthony erano cresciuti assieme e, pur se con dinamiche famigliari molto diverse – più fortunate quelle di Myriam e Anthony, e più complesse le sue e quelle di Andrew – avevano trovato l’uno negli altri affinità elettive uniche.
 
 Pur essendo donna, Myriam aveva potuto crescere – e giocare – assieme a loro grazie ai buoni uffici del padre. Questo, non aveva fatto altro che rinsaldare l’affetto tra loro e ora considerava Myriam alla stregua di una sorella, come Andrew e Anthony come dei fratelli.
 
 A ben pensarci, sentiva un legame maggiore con loro, che con i suoi tre fratelli maggiori che, il Fato o la giustizia – Christofer era indeciso, su quale delle due – gli aveva tolto in modi differenti e in differenti momenti.
 
 Ora gli rimaneva Wendell, il dolce, tenero Wendell, che lui adorava e che sperava stesse bene, nonostante si trovasse nelle vicinanze del padre, senza di lui a fare da scudo.
 
 Non ricordava più le volte in cui lo aveva difeso dai soprusi del padre, e dubitava che, ora che era lontano, le cose fossero cambiate.
 
 Sperava soltanto di trovarlo in salute, al suo ritorno. Dopotutto, Wendell restava l’unico a portare avanti il sangue della famiglia, al momento.
 
 Per quanto egli fosse sempre stato visto come un bambino gracile e inutile, almeno agli occhi del padre, in quel momento era l’unico maschio degli Spencer a essere vivo e al sicuro.
 
 Il fatto che ritenessero solo Christofer unico erede del casato, la diceva lunga su come la pensasse suo padre, ma sperava che questo pensiero cambiasse.
 
 A lui rimaneva solo una cosa, da fare, al momento.
 
 Cercare di restare vivo e, una volta terminata quella maledetta guerra, tornare a casa per tentare di rimettere insieme i cocci di quell’ingombrante matrimonio.
 
 E di quel che rimaneva della sua famiglia.
 
 Andrew era stato straziato dal dolore ben più di lui, a ben vedere, alla notizia dell’aborto della sorella. Solo a stento, Christofer non si era guadagnato un pugno dall’amico.
 
 La sua totale afasia aveva fatto imbestialire Andrew e, solo grazie alla presenza del capitano, non l’aveva pestato degnamente, e a lungo.
 
 Era stata dura, per Christofer, accettare la morte di quel figlio mai neppure immaginato realmente.
 
 Al tempo stesso, era stato orribile ammettere con se stesso che, quella perdita infausta, lo aveva toccato più di quanto avrebbe mai potuto sospettare.
 
 Quel figlio mai nato aveva contato più di Kenneth… contava più di Kathleen.
 
 Quello che più lo aveva fatto star male, e continuava a farlo stare in pena, era rendersi conto che, per Kathleen, non provava lo stesso trasporto provato per quella creatura dispersa nel nulla.
 
 E tutto a causa dell’odio che ancora bruciava dentro di lui, e diretto nei confronti di entrambi i loro padri.
 
 Se solo fosse riuscito a scindere le due cose, forse sarebbe stato in grado di provare sentimenti diversi per la moglie, ma per ora non vi riusciva.
 
 Cosa avevano fatto loro, in nome di Dio?
 
 Come lo avevano ridotto? Era del tutto incapace di provare sentimenti per la propria moglie?
 
 Quell’ennesima lettera, vuota e fredda, era il risultato del suo approccio tutt’altro che delicato all’intera situazione.
 
 Dopo la partenza da Londra, aveva tentato goffamente di riallacciare i rapporti con Kathleen.
 
 Con una stentata lettera di scuse, aveva cercato di mettere a parole il disagio che sapeva di averle procurato.
 
 Più di un mese dopo, nei pressi di Dublino, era giunta la sua risposta, tutt’altro che prolissa.
 
Non c’è nulla da perdonare. Un marito ha pieno diritto sul corpo della propria moglie.
 
 Una sola riga. Lapidaria.
 
 Che l’avesse scritta di suo pugno, o gliel’avessero dettata sotto tortura, poco importava.
 
 Quello sarebbe stato il loro matrimonio. Mera facciata.
 
 Le lettere seguenti era state, se possibile, anche peggio.
 
 Era stata sua madre ad avvisarlo della morte del bambino. Non Kathleen.
 
 Curiosamente, il padre non lo aveva ingiuriato a male parole per quell’infausto destino, né gli aveva mai scritto, da quando era partito.
 
 Sapeva di non essere mai stato il figlio prediletto, ma aveva sperato almeno in una scarna lettera da parte sua.
 
 Evidentemente, non valeva neppure il costo della carta pergamenata.
 
 O forse, voleva fargli pesare la morte di Kenneth. O quella di Brian e Raynor, deceduti anni addietro per la febbre tifoide.
 
 Lui non si era ammalato, loro sì, e questo non gliel’aveva mai perdonato.
 
 I figli maggiormente amati da suo padre, erano morti tutti. Restavano solo lui e Wendell, le pecore nere della famiglia.
 
 Passandosi una mano tra i capelli, Christofer lesse l’ultima frase della lettera di Kathleen e mormorò: “Spero stiate bene…”
 
La consueta frase finale, uguale in ogni suo scritto.
 
 Aveva dubitato fin dal principio che lo pensasse sul serio ma, educata com’era, non aveva neppure mai dubitato che si sarebbe dimenticata di scriverlo.
 
 Un elenco sintetico di ciò che avveniva nel contado e quella frase, quella vuota frase di commiato.
 
 Nulla a che vedere con le splendide epistole di Andrew, in cui decantava le meraviglie dei luoghi visitati, la bellezza dell’oceano, la forza dei venti e delle tempeste.
 
 Non aveva idea se queste iperboli facessero piacere a Myriam, o a Kathleen, che lui immaginava più che preoccupate per il marito e fratello.
 
 Ma Andrew era così da sempre e, nel bene e nel male, lui amava anche questo suo lato così avventuriero e spavaldo.
 
“Sei in difficoltà, Spencer? Stai leggendo quella lettera da più di un’ora” intervenne Andrew, avvicinandosi a lui con passo dinoccolato.
 
 Christofer levò il capo a squadrarlo e, con un sospiro indispettito, ne ammirò l’andatura tranquilla e faceta.
 
 Non c’era nulla da fare. Andrew era nato per il mare, per le avventure e per la vita condita di pericoli.
 
 Non gli importava un accidente di essere un lord titolato, o di avere già collezionato più ferite di un bucaniere di lungo corso.
 
 No, lui voleva tutto questo, e niente di ciò che gli aveva detto fino a quel momento era servito a mettergli in testa un grammo di istinto di autoconservazione.
 
 E, ovviamente, il fatto che i marinai lo adorassero per la sua spavalderia, non faceva che peggiorare le cose.
 
 Scuotendo il capo, Christofer allungò la missiva all’amico e disse: “Dimmi se non devo preoccuparmi, visti i precedenti.”
 
Se la frase di commiato era rimasta sempre la stessa, quest’ultima missiva gli era però sembrata leggermente diversa dalle altre, e non solo per il suo contenuto.
 
 La grafia gli era parsa lievemente tremante, rispetto al solito, e le lettere gli erano sembrate più piccole, contraddistinte da colpi secchi del pennino.
 
 Che fosse stata infuriata, nel momento in cui aveva scritto?
 
 Difficile dirlo.
 
 Non sapeva neppure se Kathleen fosse una ragazza facile all’ira. Sapeva così poco di lei!
 
 Tutti i ricordi che aveva di lei – o che, per lo meno, facevano breccia nella sua memoria – riguardavano fatti avvenuti in compagnia di Andrew.
 
 Era come se la sua mente si rifiutasse di trovare un qualsiasi episodio in cui non vi fosse l’amico, eppure era certo ve ne fossero, per quanto sporadici.
 
 Leggermente sorpreso, Andrew si appoggiò all’impavesata accanto all’amico, prese la pergamena in mano e aggrottò impercettibilmente la fronte.
 
“Katie? Ma che diavolo…”
 
 “Allora non mi sbaglio. E’ strana, vero?”
 
 “Se c’è una cosa che ho sempre invidiato a Katie, è la scrittura. Ha un bellissimo tratto, specialmente nello scrivere le ‘g’ e le ‘f’… eppure, qui non sembra neppure lei. Non capisco” borbottò Andrew, scuotendo il capo con aria accigliata. “E poi, quello che ti scrive… so che non avete mai avuto una corrispondenza molto infuocata, ma questo?”
 
Scrollando impotente le spalle, Christofer lanciò nuovamente uno sguardo allo scritto di Kathleen, chiedendo all’amico: “Tu la conosci meglio di me. Pensi le sia successo qualcosa?”
 
 “Di sicuro, quando l’ha scritta era sconvolta” annuì il giovane, torvo in viso. “E questa frase…la notte vi immagino nel mezzo dell’oceano, e piango. La solitudine deve essere come una morsa dalle zanne affilate, che stringe senza pietà per dilaniare carni e cuore… Chris, lei non ti ha mai scritto nulla del genere.”
 
 “Lo so. Per questo, questa lettera mi è sembrata tanto strana. Certo, la preferisco all’interminabile elenco di merci e servizi che mi manda di solito, però…”
 
Mordendosi un labbro, Harford aggiunse turbato: “Ho paura per lei, lo ammetto. Che sia una ricaduta? Può essere scivolata nella depressione, dopo l’aborto?”
 
 “Non so che dirti, ma sarebbe plausibile” assentì con un sospiro Andrew. “Da qui, purtroppo, possiamo fare ben poco.”
 
Imprecando a denti stretti, Andrew spostò lo sguardo azzurro cielo sull’oceano, sospirò impercettibilmente e mormorò: “Se non fosse per questa bonaccia maledetta! Mi irrita così tanto da non permettermi di ragionare con raziocinio.”
 
Christofer rise della sua smania, e replicò: “E quando mai usi il raziocinio? Ti devo ricordare che sono io a portartelo appresso, sperando che tu ne sorbisca almeno un po’?”
 
Andrew assentì contrito, annuendo, e ammise: “E come dimenticarlo, amico mio! Avrei il doppio delle ferite, e forse un arto in meno, se non fosse per te che mi tieni d’occhio come un falchetto.”
 
Se c’era una cosa che non difettava nell’amico, era lo spirito d’avventura, oltre alla sincerità disarmante.
 
 Ancora si stupiva che si fosse sposato solo vent’enne, prima ancora di aver passato più di una Stagione a Londra.
 
 Certo, il suo amore per Myriam era sincero, e Dio solo sapeva se questa non era una gran fortuna.
 
 Eppure, Andrew gli era sempre parsa un’anima troppo libera e leggera, per poterlo credere felice, da uomo sposato, accasato e con un figlio.
 
 Al loro rientro dal Grand Tour in Europa, dopo aver visitato le capitali del Sud, la bella Grecia e l’orientale Istabul, Andrew gli era parso desideroso di ripartire per altre avventure.
 
 Ma poi era giunta l’estate e la Stagione a Londra, e quello stesso autunno si era fidanzato con Myriam.
 
“Desidera il tuo conforto, in qualche modo, anche se non comprendo cosa possa averla turbata. E’ come se non fosse in grado di dirtelo” convenne alla fine Andrew, riconsegnando la lettera al suo proprietario e riportandolo con i piedi per terra.
 
“Ma non so come fare!” biascicò Christofer, arrossendo leggermente.
 
 Andrew sollevò immediatamente un sopracciglio con aria disgustata e, ficcatigli in mano penna e calamaio, sentenziò: “Non me ne importa un accidente se, fino a ora, siete sembrati solo due contabili che si spedivano vicendevolmente la corrispondenza. Lei ha bisogno di te, e tu l’aiuterai. Sei suo marito, per Dio e per la Corona!”
 
 “Solo di nome!” sbottò Christofer, alterandosi a sua volta. “Come posso sapere di cosa ha bisogno?! Potrei dire qualcosa che non va bene! O che la faccia crollare del tutto!”
 
Sempre più irritato, Andrew gli si pose innanzi e, afferratolo per le spalle, lo scrollò con forza.
 
“Hai ventiquattro anni, non due mesi. Sii maturo, per una volta nella vita, e non pensare solo a te stesso. E’ tempo che tu capisca che, nel bene e nel male, siete assieme su questa nave scricchiolante che è il vostro matrimonio, e assieme dovete lottare perché resti a galla. Lei ti ha teso una mano perché ha capito di non potercela fare da sola, qualsiasi cosa l’abbia spinta a scriverti. Tu, non abbandonarla proprio ora. Già una volta ha dovuto affrontare il Fato in solitudine!”
 
Se avesse dovuto rincuorare Andrew, non ci sarebbero stati problemi.
 
 Si conoscevano così bene, che uno comprendeva immediatamente i bisogni dell’altro. Ma con Kathleen? Che dirle?
 
 Sospirando melanconicamente, Christofer ripensò a quanto avevano perso, a quanto non aveva fatto, a quanto non aveva detto in quei pochissimi mesi passati assieme.
 
 Kathleen Adelaide Campbell era sua moglie, dinanzi a Dio e agli uomini, eppure non la conosceva affatto.
 
 Andrew si allontanò in silenzio senza dirgli più nulla, consapevole che, per affrontare quel genere di sfida, lui avrebbe voluto rimanere da solo.
 
 Preso il coraggio a due mani, Christofer cercò quindi di immaginare cosa potesse averla spinta a chiedere il suo aiuto.
 
 Cosa potesse averla spaventata tanto da abbandonare la rigidità fino a quel momento tenuta con lui.
 
 Fatta scivolare la penna nel calamaio, Christofer prese tra le mani un foglio di pergamena e, con lentezza, tinse il tessuto tracciando lettere esitanti e imperfette.
 
 Esattamente come si sentiva lui in quel momento.
 
 
La solitudine nel mezzo dell’oceano è nera e spaventosa ma, con validi amici al mio fianco, è sopportabile.
 Non desidero che stiate in pensiero per me, perché non ve n’è bisogno. Posso tenere a bada il dolore per la lontananza
 da casa, e il senso di vuoto che l’immensità che mi circonda, può provocare. Vi sono grato per il vostro interessamento,
 e spero ardentemente che il buio della notte non vi tenga desta per altri motivi. Se però così fosse, non abbiate timore
 di parlarne con mia madre. E’ donna saggia e premurosa  e, per una figlia gentile come so voi siete, avrà di sicuro
 care parole da offrirvi e il calore che io, per svariati motivi, non posso al momento donarvi. Consigliatevi con lei, parlate
 con lei. Sono certo che il buio, allora, non vi terrà sveglia la notte e io non diventerò, per voi, un pensiero triste.
 
Sinceramente vostro.                                                                   Christofer
 
 
 Ancora una volta, si maledisse per le sue carenze come scrittore.
 
 Avrebbe di sicuro preferito essere come Andrew, che aveva la stessa eloquenza di un bardo, e il suo stesso fascino nel dipingere la realtà con le parole.
 
 Lui non riusciva a mentire, neppure sulla carta.
 
 Non amava Kathleen; perché asserire il falso, dunque? Perché farle portare il peso di una menzogna, oltre alla mancanza d’amore?
 
 Però, poteva offrirle un riparo dal freddo e dalla paura, tra le sue braccia.
 
 Questo poteva farlo, almeno a parole.
 
 Era poco più di una bambina, catapultata in mezzo a una realtà più grande lei.
 
 Protezione e conforto poteva offrirli e forse, un domani, sarebbe venuto anche un briciolo di affetto.
 
 Dio! Lo sperava davvero, perché invidiava davvero l’amico e il rapporto di complicità che aveva con la moglie.
 
 Randolf era il risultato meraviglioso del loro rapporto così speciale.
 
 Quel piccolo batuffolo dai capelli castani era la cosa più dolce che avesse mai visto, o tenuto tra le braccia.
 
 Non riusciva, però, in alcun modo a vedere se stesso nel ruolo di padre né, tanto meno, a figurarsi un figlio nato dall’unione tra lui e Kathleen.
 
 Forse, non avrebbero mai avuto una simile grazia, specialmente dopo quell’aborto.
 
 Un sospiro gli sfuggì dalle labbra, quando sigillò la lettera con la ceralacca.
 
 Fiacco, la infilò nella sacca di juta che, il giorno seguente, sarebbe stata fatta sbarcare assieme ad altre missive, dirette verso casa con il primo bastimento utile.
 
 Nessuno di loro sapeva per quanto altro ancora quella follia si sarebbe protratta.
 
 Trovarsi a migliaia di miglia dalla Madre Patria, combattendo contro nemici che, ormai, parevano stanchi della situazione non meno di loro, non contribuiva certo a rilassare gli animi.
 
 Un refolo improvviso di vento raffreddò il sudore che gli aveva imperlato il collo, in quella calda giornata estiva, e lo strappò a quei lugubri pensieri.
 
 Passandosi immediatamente una mano sotto le morbide onde di capelli scuri, Christofer levò il capo a scrutare le bandelle appese alle vele.
 
 Con un mezzo sorriso, mormorò: “Si riparte.”
 
La brezza venne accolta con generale sollievo – rimanere alla fonda non piaceva a nessuno, specialmente con l’ordine tassativo di non scendere dalla nave.
 
 Quando, perciò, il capitano si presentò sul ponte per ordinare il ‘salpate le ancore’, vi fu un coro di generale soddisfazione.
 
 Sistematosi la tuba sul capo di capelli biondi tendenti al castano, Andrew tornò da lui di gran carriera e sogghignò all’indirizzo dell’amico.
 
 Avvicinatosi, gli diede una pacca sulla blusa della divisa un po’ sbiadita e rise allegro.
 
“Si torna a combattere, amico. Non sei contento?”
 
 “Sei tu lo scalmanato in battaglia, non certo io, Campbell" ammiccò divertito Chris, dando al compagno un amichevole pugno sulla spalla. “Dovresti pensare a riportare le ossa a casa dalla tua Myriam, invece di lanciarti all’arrembaggio come un corsaro.”
 
Andrew rise ancor più forte, apparentemente incontenibile, non smentendo di fatto l’affermazione dell’amico.
 
 Mentre lo sferragliare delle ancore si levava verso il cielo, insieme ai cori di eccitazione dei mozzi della nave, il volteggiare triste di un albatro attirò l’attenzione di Christofer.
 
 Quell’uccello era messaggero di sventure, per i marinai.
 
 Pur se lui non aveva mai creduto a simili scempiaggini, il fatto di vederlo librarsi nei pressi della loro nave, gli diede un brivido.
 
 Il suo stridente richiamo lo irritò e, ben deciso a non farsi guastare la giornata da quel lugubre suono, gli volse le spalle, ignorandolo del tutto.
 
 Con passo lento, si diresse sottocoperta per prepararsi all’imminente addestramento, cui il capitano li avrebbe sottoposti non appena avessero preso il largo.
 
 Non dovevano più attendere alla fonda in quel posto dimenticato da Dio, perciò questo voleva solo dire una cosa, per loro.
 
 Cannoneggiare, cannoneggiare, e cannoneggiare ancora, fino a divenire così bravi e veloci da spezzare le gambe ai francesi prima ancora di far loro aprire bocca.
 
 Così, avrebbero eliminato il Corso. Così, sapevano fare le cose gli uomini della Corona.
 
 
 
***
 
 
Sdraiato nella sua solitaria amaca, appesa al baglio3 del ponte sopra la sua testa, Christofer ascoltava silente il cigolio soffuso della White Star.
 
 Il lieve e stanco borbottio degli uomini ancora svegli, si alternava al placido russare dei restanti.
 
 Erano davvero troppo infiacchiti dal lavoro, foss’anche solo per prendersi il tempo per un ultimo giro di grog4, o per lanciarsi in una partita a whist5.
 
 Erano in navigazione da un paio di giorni, diretti verso le coste del Brasile, alla ricerca di una nave americana che stava dando loro del filo da torcere.
 
 L’alleanza tra francesi e americani aveva creato loro non pochi disagi, in quella guerra per i mari.
 
 Nel caso specifico, cercare di recuperare i tesori sottratti dagli americani dalla Venus, sembrava un’impresa quasi al disopra delle loro possibilità.
 
 Ugualmente, il capitano ci si era buttato anima e corpo, visto che gli ordini erano di recuperare il maltolto dalle mani dei corsari, destinato a rimpinguare le casse del Corso.
 
 In quel momento, erano impegnati nel tentativo di accerchiare il nemico, sfruttando il vento di bolina6 e le impeccabili doti di marinaio di Willford.
 
 Se c’era una cosa di cui non dubitava affatto, era la capacità del loro capitano di tenere il mare.
 
 Se i suoi calcoli erano esatti, e di solito, lo erano, si sarebbero ritrovati a dar battaglia la mattina seguente, col sorgere del sole.
 
 Con quell’azione, avrebbero riportato alla Corona Britannica ciò che i corsari erano riusciti a prelevare dalle baleniere inglesi, di stanza in quel tratto di mare.
 
 Con un sospiro, Christofer si volse su un fianco, lasciando che il dondolio della nave lo cullasse verso le braccia di Morfeo.
 
 L’unica cosa che gli riuscì di fare, però, fu di pensare a casa.
 
 Rammentò le colline rigonfie di fiori, i frutteti colorati e dai dolci profumi, i boschi rigogliosi di vita, in cui spesso si era spinto per battute di caccia, o semplici passeggiate a cavallo.
 
 Ah, quanto gli mancava il suo Zeus!
 
 Aveva vinto quel magnifico stallone nero a un’asta e, per tanti anni, era stato il suo fedele compagno di scorribande, lungo le colline della tenuta.
 
 Chissà se qualcuno, a casa, si stava prendendo degna cura di lui, facendolo galoppare ogni tanto lungo i sentieri boschivi, o per i folti prati erbosi.
 
 Nella prossima lettera, avrebbe chiesto alla moglie di domandare a uno degli stallieri di occuparsi del cavallo, se già il padre non vi fosse arrivato da solo.
 
 Al solo pensarci, il volto di Christofer venne percorso da una smorfia.
 
 Per come si erano lasciati, suo padre avrebbe anche potuto aver già macellato il suo stallone, e solo per fargli un dispetto.
 
 Non erano state solo le parole non dette, ma la consapevolezza di non essere, per lui, il figlio più amato, ad aver messo fiele nella sua voce.
 
 Ad averlo portato a continue sfide nei confronti del genitore… portandolo, così, a ferire l’unica persona a non c’entrare nulla nella loro diatriba personale.
 
 Sperava soltanto che il padre non avesse fatto ricadere il suo malumore su Kathleen, ma non poteva contarci molto.
 
 Dio aveva deciso di far perdere la vita a Kenneth e al figlio di Kathleen, ma non certo a lui o a Wendell!
 
 Suo padre doveva essere più che furioso, per questo.
 
 Per quanto ne sapeva, Kathleen poteva anche non essere in grado di portare a termine una gravidanza. O lui poteva non avere un seme abbastanza forte, Dio non volesse!
 
 Di tutte le donne con cui aveva giaciuto, non una si era presentata alla porta del palazzo per chiedere giustizia per sé, o per un eventuale figlio illegittimo.
 
 Forse, era davvero colpa sua, unicamente sua. Questo sì che sarebbe stato uno scherzo del destino davvero incredibile.
 
 Lui, l’ultimo figlio in salute del Conte Harford, forse era sterile.
 
 La pecora nera della famiglia, colui che era stato sempre dipinto dal padre come un irresponsabile, era l’unico a poter portare avanti il nome della famiglia.
 
 E, con tutta probabilità, non poteva procreare!
 
 Certo, in primo luogo si sarebbe data la colpa a Kathleen, perché così volevano le consuetudini.
 
 Nessuno avrebbe mai sostenuto il contrario. Ne sarebbe andato del buon nome degli Spencer di York!
 
 Ma se, per disgrazia, Kathleen fosse rimasta incinta di un qualche amante, allora sì che la cosa sarebbe stata oltremodo ridicola.
 
 Forse, però, farla accoppiare a un giovane di suo piacimento, sarebbe stata la soluzione migliore per entrambi.
 
 Rise sarcasticamente di sé, al solo pensiero.
 
 Sarebbe stato davvero disposto a cederla a un altro uomo, perché la ingravidasse?
 
 E poi, avrebbe davvero accettato come se nulla fosse il frutto di quell’amplesso al di fuori del matrimonio?
 
 Non che non fosse già successo in passato. Molte dinastie erano andate avanti a quel modo, ma non era certo che a lui sarebbe andata bene.
 
 Non amava Kathleen, non ne faceva mistero ma, in un certo qual modo molto contorto, lei era sua.
 
 E lui cedeva mal volentieri ciò che gli apparteneva.
 
Dormi, idiota! Domattina dovrai essere fresco e riposato per dar battaglia!, pensò tra sé Christofer, imponendosi di chiudere gli occhi e dormire.
 
 L’unica cosa in cui riuscì, però, fu di sognare la fragile Kathleen tra le braccia di un amante immaginario, leziosa e felice come, con lui, non era mai stata.
 
 
 
***
 
 
D’accordo, il capitano Willford Hillman era un mostro dell’arte marinara.
 
 Le bianche vele quadrate che intravedevano all’orizzonte, erano sicuramente quelle della Venus.
 
 Nel giro di un’ora al massimo, sarebbero giunti al loro fianco per poter dare inizio ai giochi.
 
 In piedi sul ponte di prua, le mani sui fianchi e lo sguardo fisso sulla sagoma scura che li precedeva sull’orizzonte marino, Christofer lanciò un’occhiataccia ad Andrew.
 
 Per l’ennesima volta, lo aveva sorpreso a sogghignare come un idiota.
 
 La mano destra, nervosa, giocherellava impaziente sul pomolo della spada che portava al fianco.
 
“Di tutte le cose che potrebbero divertirti, tu godi all’idea di massacrare gente?” mugugnò il giovane Spencer, scuotendo esasperato il capo.
 
 Andrew ridacchiò, scrollando le spalle prima di replicare: “Non si tratta di portar massacro, amico mio, quanto di riconsegnare il maltolto al re. E’ solo per questo, che io calo la mia spada. E’ solo per questo, che io combatto. Per il re e la Patria!”
 
 “Non si direbbe” sbottò l’amico, sempre più irritato. “Penso che tu sia un idiota, innamorato del lato romantico della guerra, anche se ormai avresti dovuto capire che non ne esistono, di lati romantici.”
 
Christofer aveva dormito malissimo e quello strano sogno, che lo aveva accompagnato durante tutta la notte passata, lo aveva oltremodo scombussolato.
 
 Quel mattino, con il cambio della guardia, non aveva neppure toccato cibo.
 
“Cosa ti angustia tanto, Spencer? Sembra che tu sia andato in bianco con una donna” sghignazzò Andrew, ammiccando all’indirizzo di Christofer.
 
“Se così fosse, dovresti infuriarti a morte con me, invece di ridacchiare, perché vorrebbe dire che avrei tradito tua sorella. Fortunatamente, non ci sono donne su questa nave, o sarebbe un vero disastro” brontolò il visconte, aggiungendo subito dopo: “Però, in effetti, tua sorella c’entra.”
 
 “In che senso?” si incuriosì il giovane, fissandolo con i suoi allegri occhi azzurro cielo.
 
 I suoi occhi erano più limpidi di un ruscello boschivo e, se c’era una cosa che Christofer aveva imparato, era che tutto ciò che l’amico faceva, o diceva, non aveva secondi fini.
 
 Era realmente interessato a sapere cosa lo angustiasse.
 
 Scrollando le spalle, irrigidite dal nervosismo che provava sempre, poco prima di una battaglia, Christofer gli confessò: “Stavo pensando che forse, io o Kathleen, potremmo avere qualche difficoltà ad avere… beh, dei figli e…”
 
Bloccandolo sul nascere, Andrew poggiò una mano sulla spalla dell’amico e replicò: “Guarda che può succedere. Conosco decine di donne che hanno perso il primo bambino. Myriam voleva darmi subito un erede, ma anche noi abbiamo faticato per raggiungere lo scopo, credimi. Quando tornerai a casa, e sarai più rilassato, potrai dedicarti alla ricerca di un figlio. E’ già stato un miracolo che Katie sia rimasta incinta subito, e una disgrazia che abbia perso il bambino subito dopo. Ma questo depone a favore di entrambi. Potete farcela tranquillamente. Tuo padre è stato un folle, scusami se te lo dico, a sottoporvi a questo stress emotivo.”
 
Sconsolato, Christofer mugugnò a mezza bocca: “Cosa ti fa pensare che io voglia una famiglia? O che Kathleen ne voglia una con me?”
 
Andrew si azzittì per diversi attimi, prima di sospirare e ammettere: “Quanto alla tua seconda domanda, direi che non c’è da preoccuparsi. Kathleen ha sempre avuto un interesse particolare per te.”
 
 “Cosa?!” esalò il giovane Spencer, sgranando gli occhi per la sorpresa.
 
 Cosa diavolo stava dicendo, Andrew?
 
 Certo, l’aveva vista crescere, era sempre stato un assiduo frequentatore della famiglia Campbell, ma questo non voleva certo dire che conoscesse Kathleen.
 
 Non aveva mai passato molto tempo con loro, contrariamente a quanto aveva sempre fatto Miryam.
 
 Kathleen era sempre stata una ragazzina timida e riservata, almeno quanto Myriam era stata spericolata e coraggiosa.
 
 Con un mesto sorriso, l’amico gli confessò: “Devi sapere che, ogni volta che tu eri a casa nostra, lei faceva di tutto per trovarsi nei tuoi paraggi, vuoi portandoci del tè coi pasticcini – fatti da lei, tra l’altro – vuoi sistemando i fiori nel salottino mentre eravamo presenti. Insomma, ogni scusa era buona per passare qualche attimo con te, e scambiare due parole. Anche solo darti un’occhiata per sincerarsi che tu stessi bene, le bastava.”
 
 “Non … ne avevo idea” mormorò stordito Chris, ripensando alla loro prima notte di nozze.
 
 Quanti sogni aveva infranto, con il suo comportamento egoista? Quale innocenza aveva distrutto, comportandosi come aveva fatto?
 
 Sarebbe già stato tanto se, al suo ritorno, Kathleen non lo avesse odiato per sempre.
 
 E solo perché, come al solito, lui aveva anteposto davanti a tutto i suoi desideri, i suoi interessi, il suo malessere.
 
 Non si era fermato a pensare neppure un po’ a lei.
 
 Non aveva badato a essere gentile nel momento di maggior intimità tra un uomo e una donna.
 
 Non si era accorto del dolore che, sicuramente, le aveva causato.
 
 Era stato un mostro.
 
 Perso nei suoi ricordi, Andrew disse ancora: “Ricordo una volta che, osservando uno degli schizzi a carboncino che avevi fatto di Randolf, quando era appena nato, Kathleen mi disse che avresti potuto diventare un pittore rinomato in tutto il mondo, più dello stesso Raffaello.”
 
Chris si limitò a fissare l’amico senza proferir parola, del tutto ignaro che Kathleen avesse visto i suoi disegni, di cui Andrew era uno dei pochi ad averne copia.
 
 Il suo amore per la pittura, lo celava ben stretto nel cuore.
 
 Suo padre aveva dichiarato chiaramente il disgusto per la sua affinità con quell’arte che, a detta del genitore, era assai poco adatta a un nobiluomo.
 
 Era un’attività idonea a una gentildonna, così come a qualche artista di strada senza mezzi di sussistenza. Non certo al figlio di un conte.
 
 Sapere che Kathleen, invece, aveva trovato i suoi schizzi belli al punto da paragonarli alle opere di Raffaello, gli scaldò il cuore per un attimo.
 
 Lacerandolo un attimo dopo, per farlo sprofondare nel risentimento più nero nei confronti di se stesso.
 
 Era stato davvero un disgustoso egoista, a pensare solo alla propria disperazione personale.
 
“Datti il tempo di imparare a conoscerla, prima di dire che non vuoi una famiglia con lei. So che Katie può esserti sembrata tremendamente chiusa in se stessa, forse addirittura fredda, ma ne ha ben d’onde. Mio padre non è, quel che si suole dire, un uomo aperto di idee. Non ha mai fatto mistero di non apprezzare il desiderio di apprendere di sua figlia e, quando ha scoperto certe sue inclinazioni, ha fatto di tutto per spegnerle” gli spiegò Andrew, dandogli una pacca sulla spalla.
 
“Che intendi dire?” volle sapere Christofer, adombrandosi impercettibilmente in viso.
 
“Katie conosce sei lingue diverse, tutte imparate da libri che, lo ammetto, le ho comprato io. Inoltre, ha un’ottima conoscenza della matematica, dell’astronomia e della geografia. E’ un talento sprecato, l’ho sempre detto ma, al contrario di mio padre, io ho cercato di aiutarla, non di tarparle le ali” mormorò l’amico, sorridendo mestamente nel pensare alla sorella.
 
 Sinceramente impressionato, il visconte esalò: “Non … non pensavo le piacessero cose simili.”
 
 “Nessuno lo pensa, perché Katie tiene tutto ben nascosto dentro di sé, per paura che qualcuno possa rubarle ciò che, tanto faticosamente, ha conquistato.”
 
Sospirando, si sistemò una ciocca ribelle dietro l’orecchio e aggiunse: “Se fosse nata maschio, non esito a dire che io e lei saremmo fuggiti da casa per viaggiare e, forse, ci saremmo trasferiti in America, lasciando ai parenti il nostro titolo nobiliare.”
 
 “Cosa?” esalò Christofer, vedendo l’amico sorridere affabile.
 
“Katie ha la stessa brama di sapere, di avventure e di libertà che ho io ma, essendo donna, non ha mai potuto mettere in pratica queste sue passioni, se non attraverso lo studio e la lettura.”
 
Fissando poi accigliato Christofer, Andrew chiese torvo: “Non le porterai via i suoi libri, vero?”
 
Facendo tanto d’occhi, Christofer esalò contrariato: “No! Che vai a pensare?! Non avrei motivo di farlo!”
 
 “Bene” sentenziò l’amico, annuendo seccamente. “Già troppi uomini le hanno fatto del male in tal senso.”
 
Adombrandosi maggiormente, Christofer gli domandò: “Che intendi dire?”
 
Con tono sardonico, Andrew ammise: “Il mio stimatissimo zio Constantin, fratello di mio padre, ha pensato bene di batterla, quando lei ha avuto l’ardire di replicare a una sua affermazione, durante una cena di famiglia. E mio padre non ha mosso mano per evitarle una simile umiliazione.”
 
 “Cosa… cosa aveva detto?” ansò Christofer, evidentemente turbato da quella notizia.
 
“Semplicemente, che Napoleone era nato in Corsica, non sul Continente, tutto qui” scrollò le spalle il giovane Campbell, disgustato da quel ricordo. “Zio Constantin si è alzato da tavola, le si è avvicinato e, senza troppi complimenti, l’ha afferrata per un braccio e l’ha condotta fuori dalla saletta, raggiungendo lo studio di mio padre. E’ lì che ha sempre tenuto la sua pagaia7, e lo zio lo sapeva.”
 
Christofer l’aveva conosciuta sulla pelle a sua volta, e in più di un’occasione e, al solo pensiero che una ragazzina potesse aver subito un simile castigo, tremò.
 
 Ombroso in viso, Andrew proseguì nel suo racconto.
 
“La afferrò con fermezza e, scaraventando Kathleen contro la scrivania, la fece piegare in avanti per poterla battere. Mio padre mi trattenne dall’intervenire, mentre mia madre scoppiava in lacrime, scappando via. Alla fine, mia sorella crollò a terra, scossa dal pianto mentre mio zio, pacificato, chiosò che nessuna donna avrebbe mai dovuto parlare di politica perché, semplicemente, non la comprendevano come gli uomini.”
 
Un’imprecazione, e il giovane terminò di dire: “L’ho odiato, dandogli dell’animale, e fu in quell’occasione che…”
 
 “Che?” esalò Christofer, chiedendosi cos’altro vi fosse, di così tremendo, da dipingere sul volto dell’amico quell’espressione disgustata.
 
“Litigai aspramente con mio zio, mentre mio padre era impegnato a calmare mia madre. Costantin, ovviamente per farmi un dispetto, mi disse che io ero figlio di un uomo non certo migliore di lui. Mi confidò che avevo un fratellastro più grande, scacciato assieme alla madre – una domestica che mio padre aveva ingravidato – ed entrambi spediti a Londra per azzittire qualsiasi pettegolezzo sulla nostra famiglia.”
 
La notizia lasciò di sasso Christofer, impreparato a una simile verità. Il tanto compassato Barnes, in realtà, si era comportato né più né meno come tanti altri nobili che, il barone stesso, aveva sempre denigrato apertamente.
 
“Sai… sai chi è?” mormorò l’amico, ancora frastornato.
 
 Andrew annuì una volta sola.
 
“Volli sapere a ogni costo di lui, o avrei raccontato tutto nei più rinomati salotti di Londra, così mio padre mi disse ogni cosa, compreso anche il luogo dove lavoravano sia la madre, che il figlio. Andai nella capitale per incontrarlo e, dopo l’iniziale sorpresa, diventammo amici. Anche Kathleen sa di lui.”
 
 “Dio…” esalò Christofer, sconcertato da tutte quelle novità.
 
“Troppi uomini l’hanno delusa, amico mio. Non essere il prossimo, ti prego” sussurrò Andrew, fissandolo con estrema fiducia.
 
 Una fiducia che l’amico non si sentì di meritare.
 
“Farò quel che posso. Mancasse tutto il resto, per lo meno la rispetterò” riuscì a dire Christofer, non sentendosela di promettere altro.
 
“Mi può bastare… per ora” ammiccò Andrew, rivolgendogli un mezzo sorriso.
 
 Abbozzando una risatina, Christofer esalò: “Sei davvero un inguaribile ottimista, sai?”
 
 “Lo so” ammise il giovane, lanciando un’occhiata scintillante in direzione della Venus che, entro breve, avrebbero raggiunto. “Pronto a farmi da spalla, Spencer?”
 
 “Se non penso io alla tua pellaccia, chi vuoi che ci pensi? Tu, forse?” ironizzò Christofer, guardandolo ridere divertito.
 
“Insegneremo ai nostri figli ad andar per mare, ad apprezzare le altre culture e a decidere di loro stessi con le loro forze, non più legati a un casato che è lì ad attenderli, simile a una condanna a morte” gli promise Andrew, con uno sguardo stranamente serio.
 
“Che intendi dire, Andrew?” mormorò l’amico, mentre i coltellacci8 sopra di loro venivano ritirati per diminuire l’andatura.
 
 Lasciando che lo sguardo vagasse sul cupo oceano che li circondava, lui ammise: “Amo Myriam, così come amo Randy, ma…”
 
I suoi occhi azzurri non lasciarono l’orizzonte e Christofer comprese che, pur con tutto il mondo ai propri piedi, si poteva essere ugualmente infelici e combattuti.
 
“Lascia perdere ciò che ti ho detto” mormorò Andrew, accennando finalmente un sorriso. “Allora, baderai a me, Spencer?”
 
 “Come sempre” assentì Christofer. “Grazie, comunque. Per ciò che mi hai detto riguardo a Kathleen.”
 
 “Per quanto possibile, vi aiuterò, ma questa cosa dovete risolverla voi due. Insieme.”
 
Insieme.
 
 Era un concetto strano, per lui, ma forse ci sarebbe riuscito.
 
 Forse.
 
 
 
 
______________________________________
1.Coronamento: (luci di) zona di poppa della nave, dove si trovano le luci di segnalazione di una nave.
2.Impavesata: Parapetto di una nave.
3.Baglio: travature che supportano i ponti di una nave.
4.Grog: bevanda alcolica composta da acqua e rum. Si usava solitamente sulle navi per “tener buono” l’equipaggio.
5.Whist: gioco di carte.
6.Bolina: La bolina è un'andatura che consente alla barca a vela di risalire il vento, mantenendo un angolo, rispetto al vento reale, mediamente tra i 60° e i 37°. Questo angolo è variabile a seconda del tipo di imbarcazione e del tipo di invelatura che essa supporta.
7.Pagaia: o Paddle. Strumento ligneo usato per battere, notoriamente, gli studenti o i figli maleducati.
8.Coltellacci: vele aggiuntive, sistemate ai lati delle principali per aumentare la velocità, la ‘portata’ del vento.
 
  
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