Dubbi
La
stanza era completamente a soqquadro, sul pavimento erano malamente
rovesciate panchine e giare ormai in frantumi, assieme ai cocci delle
finestre che rilucevano alla luna. Il frastuono era quasi assordante,
ogni tanto si udiva un verso disumano di dolore e una risatina
compiaciuta, che più che udita sembrava essere solo nella
testa di
Elorin. Il giovane principe era infatti nascosto dietro ad una panca
e si rigirava tra le dita la stoffa ormai polverosa della veste
dell'Oracolo; in testa aveva solo l'immagine della sorella stretta
tra le grinfie di quella strana creatura, mentre chiedeva a lui e ad
Anthel di tornare a casa. Si chiese allora come facesse a non avere
paura, fosse stato al suo posto se la sarebbe probabilmente fatta nei
calzoni... Non che in quel momento non avesse l'urgenza di andare di
corpo!
“Che
diamine faccio adesso?!” borbottò nascondendo il
viso tra le
ginocchia. Dietro di sé, riusciva bene a sentire cosa stesse
succedendo e ciò lo riportò con la mente in
quell'antro puzzolente,
a combattere contro un orco. Fosse stato per lui e solo lui, la sua
avventura sarebbe finita sul nascere perché, diciamocelo,
Elorin non
amava particolarmente questo genere di cose. Fatto stava che, mentre
il giovane erede al trono del Maestrale rimuginava sulla sua
sfortuna, la ladra che si era fatta coinvolgere negli strani
giochetti del destino stava dando il meglio di sé,
attaccando e
istruendo quello che in molti avevano erroneamente additato come
eroe.
Anthel
aveva su di sé il peso del fallimento, gli occhioni verdi
colmi di
lacrimoni per aver perso molto pateticamente la sua principessa ed
averla guardata con l'espressione di un totano sul viso. Se l'era
vista scivolare via come fosse ricoperta di sapone e lui non era
riuscito a fare nulla; la mano destra continuava a restare saldamente
attaccata all'elsa della sua spada, che ancora non aveva provato il
vero sapore della vittoria, mentre il resto del suo corpo rimaneva
come pietrificato.
Idiota!
Sono un idiota!, si
era ammonito
quando Sefia era sparita nella sua nuvoletta di fumo nero assieme al
suo rapitore, che aveva lasciato dietro di sé un grosso
mostro per
occuparsi del secondo erede al trono e dei suoi amichetti. Teranis
balzò accanto ad Anthel e gli diede un colpetto alla nuca,
in modo
che lo stregone abbandonasse pensieri non propriamente adatti ad un
combattimento.
“Ne
hai per molto o ti degni di aiutarmi?”
L'apprendista
si irrigidì e iniziò ad annuire velocemente,
senza però sapere
cosa combinare. La strana chimera ruggì ancora, questa volta
più
forte, tanto da far lanciare un urletto sgraziato al Principino sotto
copertura. La ladra fece fatica a trattenere una risata, anch'essa
abbastanza fuori luogo, e invitò la damigella in
difficoltà a
nascondersi. Con un cenno, ordinò ad Anthel di mettersi in
guardia e
prepararsi, anche con qualche incantesimo, alla battaglia. Pareva
infatti che il giovane guerriero dai capelli azzurri si fosse
dimenticato, nonostante il ripasso pomeridiano, di avere dalla sua un
grande (circa) potere che avrebbe potuto risolvere velocemente la
situazione; infatti, come durante le più difficili verifiche
e
interrogazioni, il cervello dell'apprendista sembrava essersi
resettato, ricordando semplici nozioni come il camminare e respirare.
Il mostro alzò allora la sua coda di scorpione e la
sbatté accanto
al giovane, che schivò l'attacco con un'agilità
dovuta al suo
istinto di conservazione.
Teranis
approfittò quindi della coda appoggiata al terreno e
riuscì a
staccarla dal resto del mostro con un fendente, per poi tirare Anthel
con sé e partire all'attacco.
“Ottimo
lavoro, Tera!” fece Elorin, uscendo allo scoperto. Azione
fatale,
diremmo, in quanto il mostro sembrò ignorare la ladra che
tanto lo
stava facendo sudare e indirizzò la sua attenzione verso il
Principe, la cui gola si chiuse in un nodo di terrore. La chimera
iniziò a inseguirlo e lui a fuggire come meglio poteva,
finendo col
girare in tondo come fosse un pesce in un barile. Teranis si sedette
allora su una panca rimasta dritta, sotto lo sguardo stupito di
Anthel.
“C-Che
fai?”
“Aspetto
che quell'idiota stanchi a dovere il mostro...” fece la
ragazza
ansimando.
Anthel
inclinò la testa, confuso, e abbassò la spada che
col suo peso
iniziava a gravare sul suo povero braccino. “Non pensi
dovremmo
aiutarlo?”
“Se
vuoi farti avanti, non sarò io a fermarti! Per quanto mi
riguarda,
mi riposerò un po' fino all'arrivo di
quell'armadio...”
“Armadio?”
Anthel
ebbe un sussulto all'ennesimo ruggito e si ricordò del buon
Darn,
che sperò arrivasse in tempo per salvare il Principe al
posto suo.
Ovviamente non gli avrebbe detto di aver perso Sefia, lo avrebbe
costretto ad allenamenti molto più intensi simili a quelli
di
Teranis e l'idea sembrò spaventarlo a morte. Intanto Elorin
correva
per la sua vita, continuando a invocare l'aiuto del suo migliore
amico, che ancora era in attesa sul da farsi, quando il pesante
portone della sala dell'Oracolo si aprì lentamente.
Il
tempo sembrò come fermarsi, persino la chimera
arrestò il proprio
passo e si fermò a fissare l'entrata, da cui si
poté inizialmente
intravedere la sagoma di un uomo incappucciato. Teranis si
alzò e si
mise in guardia, di fronte a quello che sembrava essere un altro
guerriero. Quest'ultimo inclinò la testa di lato e si
irrigidì
appena, senza però mostrare ai presenti un leggero disagio.
Lasciò
perdere la figura della ragazza, la prima che aveva attirato la sua
attenzione, e spostò lo sguardo verso l'altare in cerca di
qualcosa,
forse dello stesso Oracolo che in quel momento era lontano dal
monastero. Il giovane si girò poi verso Anthel, senza dargli
però
troppo peso e afferrò la propria arma, costituita da un
bastone
abbastanza lungo alle cui estremità erano fuse due pesanti
lame
rosse.
“H-Hai
intenzione di aiutarci?” chiese lo stregone, gettando
un'occhiata
al Principe, tornato ad essere l'unico pensiero della belva dalla
testa di toro. La sua voce era bassa, difficilmente il nuovo arrivato
lo avrebbe sentito, ma l'apprendista non si sentiva affatto a suo
agio: insomma, non riusciva a vedergli il volto, aveva in mano
un'arma strana e possente e non aveva ancora detto una parola.
“Lascialo
stare, Anthel!- fece Tera, ormai stufa della situazione- Sbrighiamoci
a finire quel mostro, voglio andare a letto!”
Il
guerriero misterioso sembrò emettere una risatina e si
diresse verso
il mostro, per poi essere raggiunto da Darn, anche lui finalmente
unitosi alla battaglia. Avrebbe voluto fare una bella lavata di capo
alla ladra, ma appena si rese conto della situazione non
poté fare a
meno di sguainare la spada e unirsi al combattimento.
“CE
NE AVETE MESSO DI TEMPO!” fece Elorin, ormai con le lacrime
agli
occhi.
“Sii
felice che almeno ti stiamo aiutando!”
La
labbra della ladra si incresparono in un sorrisetto beffardo e si
avventò sul mostro, assieme ai due guerrieri che l'avevano
raggiunta. Dentro di sé, la ragazza emise un sospiro di
sollievo e
diede un'occhiata al grosso omone che sembrava tanto non averla in
simpatia, poi al combattente incappucciato, a cui probabilmente
avrebbe fatto parecchie domande del tipo Cosa vuoi?, e
Perché
sei qui ad aiutarci?.
Con
i due uomini al suo fianco, la ladra ci mise meno di dieci minuti ad
abbattere la bestia, che cadde a terra con un tonfo spaventoso, come
se il pavimento dovesse cedere sotto al suo peso. Teranis sorrise e
rinfoderò le sue lame, poi si rivolse direttamente al nuovo
arrivato, per la prima volta evitando di lanciare qualche frecciatina
a Elorin. Fu una sensazione strana, ma nessuno ci fece veramente
caso, anche perché il nuovo arrivato pareva aver catturato
la loro
attenzione.
L'uomo
si era subito chinato verso la carcassa del mostro, cercando qualcosa
con le mani tremanti. Anthel lo fissava stralunato e pensò
che
magari stesse tremando per il fatto di infilare le mani dentro quella
bestia, ma quando il guerriero si alzò e si girò
verso, tutti
parvero immobilizzarsi per qualche istante. Elorin
tossicchiò tutta
la polvere che aveva ingerito durante il combattimento e si
schiarì
la voce, per poi dirigersi senza timore verso colui che li aveva
salvati.
“Dove
diavolo pensi di andare?!” borbottò allora la
ladra, facendo
irrigidire il secondo erede al trono con un piede ancora per aria. Il
giovane indietreggiò sotto la minaccia velata della ragazza
ed emise
un mormorio sommesso nella sua direzione, senza notare che il
misterioso spadaccino aveva mosso alcuni passi verso di lui. Darn fu
il primo a sguainare di nuovo la spada e a mettersi di fronte a Sua
Altezza, ancora abbastanza frastornato da tutta la situazione.
“Questo
non è l'Oracolo?” chiese l'incappucciato con voce
monotona. Da suo
tono non si capiva e si trattasse di un nemico o altro, ma qualcosa
di strano lo aveva di sicuro. Anthel ebbe questa sensazione, sulla
pelle appesantita dalla cotta di maglia sentiva come una strana
scossa elettrica che gli aveva messo in testa idee paranoiche. Lo
stregone decise allora di studiare le reazioni di quelli che ormai
doveva considerare i suoi compagni di viaggio e posò gli
occhi
smeraldini su Teranis.
La
ladra sembrava incuriosita, ma sul viso aveva un'espressione
indecifrabile che oscillava dal minaccioso al diffidente. Da una
parte parve forse ammirata nell'avere a che fare con un altro
guerriero capace, dall'altra sembrava essere infastidita dal fatto di
essersi fatta sfuggire la propria preda, eppure non era possibile
prevedere quale sarebbe stata la sua reazione. Era vero, aveva
sgridato Elorin per essersi avvicinato, ma non sembrava sul punto di
ingaggiare uno scontro diretto con il nuovo arrivato.
Invece,
dal canto suo, il Principe fissava l'uomo che lo aveva scambiato per
l'Oracolo e sembrò sentirsi offeso: quel guerriero aveva
mostrato
una certa ignoranza nel non riconoscere l'erede di Mistral e questo
aveva creato nel giovane un certo rancore. Ormai Elorin non faceva
altro che provare fastidio e irritazione verso tutti coloro che aveva
incontrato, l'unico a portargli un po' di rispetto era Darn, ma
ovviamente non se ne faceva molto. In quel momento aveva bisogno che
il Generale lo riportasse a casa, nient'altro di più.
“N-No...”
balbettò Anthel, che finalmente si decise a dare la risposta
allo
spadaccino. Questo fece allora un cenno col capo e
ringraziò, per
poi dirigersi verso l'armadietto contenente il tesoro della famiglia
Reale.
“Che
fai?! Non avvicinarti a quel tesoro!” urlò il
Principe, mentre
Darn aveva compreso di dover fermare il misterioso giovanotto.
“Già,
io devo prenderlo!”
Teranis
e Elorin si scambiarono un'occhiata truce e di nuovo ripartì
la
solita solfa, segno evidente e incontestabile del loro odio
reciproco. Ovviamente parte del Principe sapeva di dover proteggere
l'eredità degli antichi sovrani e ovviamente la ladra sapeva
quello
che doveva fare, dopotutto quella poteva essere la migliore
ricompensa per i suoi servigi.
Anthel
cercò di fermare l'uomo, volendo dalla sua parte l'aiuto del
generale, ma quest'ultimo stava dando man forte al suo giovane
Principe.
“Se
non vi dispiace, io avrei bisogno di questo oggetto!” fece
aprendo
l'armadietto e tirandone fuori una specie di sfera azzurra. L'uomo se
la rigirò tra le dita, mentre un tenue alone azzurro gli
illuminò
il viso nascosto. L'apprendista sussultò e sentì
un nodo alla gola:
il guerriero aveva sempre parlato con calma e pacatezza, non sembrava
affatto cattivo, ma sul suo viso lo stregone notò una lunga
cicatrice che gli correva sulla guancia sinistra. All'improvviso il
giovane non sembrò più tanto affidabile, la sua
espressione era
indecifrabile e i suoi occhi misteriosi e illuminati dal bagliore
azzurro.
Si
infilò velocemente la sfera sotto al mantello e
accennò un inchino,
molto più diretto alla ragazza presente che a Sua Altezza,
per poi
usufruire della stessa porta da cui era entrato per sparire nella
notte. Difficilmente qualcuno del gruppetto si rese conto di quello
che era appena accaduto, tre su quattro erano più intenti a
litigare
tra loro che occuparsi direttamente della faccenda, mentre Anthel
rimaneva a fissare il lungo corridoio nero in cui l'uomo era sparito.
*****
Anthel se ne stava seduto
a tavola,
assonnato e dolorante, mentre si portava alla bocca un pezzo di pane
e burro. Infatti, dopo il viaggio del giorno precedente e l'incontro
con il Signore Oscuro era finalmente riuscito a mettere qualcosa
sotto ai denti, ma non si sentiva affatto affamato, stanco forse, ma
sentiva proprio lo stomaco chiuso. Tutto quello che avrebbe dovuto
fare al monastero non si era più fatto, avrebbe dovuto
parlare con
qualcuno e vedere dei libri, ma tutti i suoi piani erano stati
mandati in fumo dalla poca discrezione dell'amico, che tra l'altro
non era nemmeno lì con lui. Elorin era probabilmente ancora
steso
nel suo letto, a lamentarsi e a implorare che qualcuno gli togliesse
quel dolore alle gambe, poco abituate alla corsa. Sicuramente,
pensò
Anthel, con lui c'era il suo fidato Generale, ormai più
apprezzato
del povero stregone che prima di tutti aveva visto la propria vita
andare a rotoli.
“Buongiorno...”
mormorò Teranis
sedendosi accanto allo stregone.
Anthel sussultò e ricambiò il
saluto, con la testa ancora pesante e ovattata, risultato di una
nottata passata in bianco. Il giovane sospirò e si chiese
cosa
avrebbe fatto da quel momento in poi, sapeva di voler solo tornare a
casa e finirla con quella storia delle steli, dell'eroe e della
principessa: quelle cose non facevano per niente per lui, avevano
bisogno di essere compiute da persone sicuramente più forti
e agili,
non dal povero e gracilino Anthel.
“Il Maestro
aveva detto che questo
viaggio mi avrebbe fatto scoprire di più su me
stesso...” fece al
pezzo di pane che teneva tra le dita.
“Eh?”
“N-Niente...
Sai, io non avevo per
niente intenzione di compiere questo viaggio... Ho bisogno di parlare
con te, ma temo di risultare lagnoso...”
“Sei sempre una
grossa lagna!”
interruppe la ladra con un enorme sorriso spocchioso. Anthel
deglutì
il pezzo di pane, che ormai aveva perso il suo sapore dolce e
burroso. Che risposta poteva aspettarsi da lei? Di certo niente di
rincuorante o consolatorio, ma pensò che ormai tanto valeva
farsi
avanti e parlarle di quel viaggio, in cui anche lei era stata
coinvolta.
“C-Comunque...
Io non volevo che
tutto ciò succedesse. Se non fossi stato preoccupato per la
principessa, che magari sarebbe potuta essere solo in bagno, tutto
questo non mi sarebbe mai successo...”
“E
quindi?”
Il tono di Teranis era piatto e
leggermente scocciato, mentre si portava alle labbra una tazza di
tè
fumante. Solo allora Anthel notò che la ladra indossava
abiti ben
diversi da quelli che era abituato a vedere: la vide per la prima
volta con un abitino bianco con le spalline, niente guanti di pelle o
giacche pesanti. Lo stregone arrossì e tornò a
concentrarsi sulla
sua colazione, mentre il pensiero che la ragazza fosse più
carina di
quanto credeva iniziava a distrarlo dal suo discorso.
“N-Niente... Ma
qualcuno deve
salvare la principessa! Non potresti farlo tu al posto mio?”
fece
tutto d'un fiato, utilizzando l'unico sprazzo di coraggio che era
riuscito a raccogliere. Tera lo guardò di sbieco, con la
bocca
spalancata e la sorpresa che la faceva da padrone sul suo viso.
Scoppiò a ridere fragorosamente, rovesciando parte del
tè sul suo
piatto, mentre una lacrima le spuntava dall'occhio destro. La ragazza
non riusciva a formulare mezza frase, avrebbe voluto rispondere ma
non riusciva a smettere di sghignazzare.
“C-Che hai da
ridere?”
“Credi davvero
che possa fare
questa cosa per te? Scordatelo!”
“M-Ma tu sei
più forte... Più
abile... Più coraggiosa di me...”
“Smettila di
adularmi e finisci di
mangiare, così potrò raccontare al tuo principino
questa battuta!
Fidati, dovresti fare il giullare!”
Anthel abbassò lo sguardo e tirò
su col naso, trattenendo i lacrimoni che avevo iniziato a riempirgli
gli occhioni smeraldini, da una parte, forse grande, causa dei suoi
problemi come eroe. Doveva trovare un modo per abbandonare quella
faccenda, non poteva continuare a essere un sacco da pugilato per
mostri e alleati, l'unica cosa che voleva era tornare a casa. Ma
mentre la sua mente cercava invano di trovare una soluzione ai suoi
problemi, un'esile e candida manina si posò sulla sua spalla
facendolo sussultare. L'Oracolo sorrise, poi con la mano lo
guidò
fuori dalla grande sala da pranzo.
La sacerdotessa sedeva su
una sedia
di legno al centro della stanza, mentre i tre ragazzi e il generale
stavano in piedi di fronte a lei, aspettando che questa parlasse e
dicesse qualcosa. Anthel stringeva tra le dita il suo quadernino,
rigonfio al centro a causa della matita usata come segnalibro.
Finalmente, aveva pensato. Ora posso dare
un senso a questa
storia.
Lo stregone lo credeva davvero, ma
non aveva incontrato nessuno che dovesse dirgli o raccontargli della
Leggenda, eppure era fermamente convinto che qualcosa avrebbe
scoperto. Dell'utilità di quest'ultima non era certo, ma era
pur
sempre qualcosa.
“Sono contenta
che siate tutti
sopravvissuti alla notte!” disse l'Oracolo con dolcezza,
mentre sul
viso di Elorin si allargava un sorrisetto dei suoi, di quelli che
parevano dire: 'Ci mancherebbe altro! Queste cose non sono
ammesse
per un Principe!'
La ragazza inclinò leggermente la
testa di lato, poi ringraziò la compagnia per averla
protetta dal
mostro e dal Signore Oscuro, le cui azioni erano state imprevedibile
e avventate, per non dire inutili.
“Purtroppo,
l'oggetto che dovevo
consegnarvi ci è stato sottratto...”
La sacerdotessa si rabbuiò e si
alzò per andare verso l'altare, sistemato alla bene e meglio
quella
stessa mattina dai monaci del monastero; intanto, le panchine
rimanevano ancora buttate a terra, in attesa che qualche uomo di
chiesa più corpulento le rimettesse in piedi.
“Dovrò
semplicemente mandare i
miei soldati alla ricerca di quel ladro, così riavremo
indietro il
tesoro reale!” fu la risposta secca e concisa dell'erede di
Mistral. Lui era il più scocciato di tutti,
perché aver perso non
solo la corona, ancora in mano a Teranis e tenuta chissà
dove, ma
anche uno dei tesori della famiglia reale non faceva una bella
impressione sul suo curriculum da futuro sovrano,
sempre nel
caso non fosse riuscito a salvare la sorella.
“Non credo
sarà necessario,
mentre ero al riparo ho avuto un'altra visione... Ritroverete il
tesoro, perché il grande potere che alberga nei discendenti
della
famiglia reale vi permetterà di recuperarlo...”
“Che genere di
potere? -chiese
Teranis- Dici che questo idiota potrebbe essere uno stregone migliore
di Anthel? Non farmi ridere!”
La giovane sorrise: “Non si tratta
di stregoneria, si tratta di qualcosa che è insito nella
persona,
niente che si possa apprendere tramite lo studio... Non so nemmeno io
cos'è, ma so che il risveglio di questa Luce
è strettamente
legata alla missione data dal Gran Mago...”
Anthel emise un verso di stupore e
incredulità, sembrava che quella donna stesse dicendo solo
sciocchezze, niente che potesse rasentare la verità o altro.
Il
giovane apprendista chiuse gli occhi e si mise a pensare, cercando di
ricordare qualcosa che il Maestro avrebbe potuto dirgli riguardo a
poteri e leggende, ma tutto pareva così irreale che non
voleva
credere fosse vero.
“Ma allora sai
chi potrebbe essere
l'Eroe di cui si parla nelle leggende!”
“In
verità non lo so, ma l'unica
cosa che posso dirti, oh giovane guerriero, è di andare
avanti,
lasciandoti alle spalle le ombre che ti spaventano. Oh, Valoroso!
Sguaina la tua spada e proteggi chi ti è caro,
poiché questo ti
condurrà sulla strada giusta!”
Teranis scosse la testa e sbuffò,
annoiata e totalmente disinteressata. Lei aveva scelto di non credere
in quelle parole, perciò fu la prima ad abbandonare la sala,
lasciandosi dietro di sé i tre ragazzi ancora intenti ad
ascoltare
le parole della giovane sacerdotessa.
Anthel la fissò allora mentre se ne
andava ed ebbe l'impulso di seguirla, perché per un istante
temette
che se ne fosse andata veramente. Se davvero devo continuare
questo viaggio, ce la farei senza l'aiuto di Teranis?, fu il
pensiero che attraversò la sua mente, quando poi
sentì la mano
dell'Oracolo sfiorarlo sulla nuca.
“Rimarrà,
ma voglio che tu mi
prometta una cosa: non lasciare mai l'erede di Mistral. Per nessun
motivo al mondo!”
*****
Il cielo era ricoperto di
nubi e la
luce del sole terribilmente fastidiosa, mentre filtrava attraverso
leggere e spumose nuvole argentate. Era una giornata d'estate
piuttosto anormale, come anormale era il vento freddo che soffiava
dalle montagne. La compagnia aveva da poco lasciato il monastero, con
le criptiche parole della sacerdotessa nella testa. Anthel continuava
a marciare davanti a tutti, con il naso incollato sulla mappa del
Regno, ancora stordito da quello che era successo. Ancora, di quello
che era venuto a cercare, nemmeno l'ombra, solo parole che andavano a
sommarsi a quelle pronunciate dal suo Maestro e dal Vecchio Saggio
del clan di Teranis.
“Che diamine
sto combinando?”
mormorò a se stesso, chiedendosi come si sarebbe conclusa
questa
storia. Nelle favole che leggeva da piccolo, l'Eroe delle leggende
scopriva della scomparsa della Principessa, si metteva in viaggio e
la salvava. Fine! Eppure lui, colui che avrebbe dovuto rivestire quel
ruolo, non stava effettivamente seguendo lo schema tipico degli eroi.
Non si sarebbe dovuto far coinvolgere da Elorin, andare a caccia di
un orco e andare alla ricerca di vecchi versi. Niente di questo
c'entrava con il salvare Sefia!
Anthel si voltò allora verso
Elorin, a cavalluccio del povero Darn, con la scusa che i suoi piedi
iniziavano a fare troppo male per continuare a camminare. Il Principe
guardava lontano, ignorando le richieste di sosta del suo Generale,
mentre sul suo delicato faccino c'era solo l'apatia più
totale. Che
stesse pensando alla sorella, Anthel non ne era certo, ormai voleva
solo che le loro vite tornassero ad essere quelle di prima, dove lui
cercava di seguire le orme del suo Maestro e Elorin cercava di
diventare un buon sovrano.
“Dove stiamo
andando, Anthel?”
chiese stiracchiandosi e rischiando di cadere all'indietro sul suo
destriero di fortuna.
“N-Non ne sono
sicuro...”
Teranis si avvicinò pericolosamente
e strattonò lo stregone per il codino, costringendolo a
guardarla
negli occhi. La ladra aveva lo sguardo minaccioso e ardente, e come
al solito, per Anthel, terrificante.
“In che senso,
non ne sei
sicuro?!” sbottò senza mezzi termini, molto
più irritata di
quanto i due ragazzi fossero abituati a vedere. Era uscita per prima
dalla stanza dell'Oracolo, sbattendo la porta alle sue spalle.
Nessuno aveva capito cosa le fosse preso e probabilmente nessuno era
interessato a giocarsi la pelle per scoprirlo, ma qualcosa doveva
averla turbata non poco. Lo stregone si chiese allora se non fosse
stato per la sua richiesta un po' troppo invadente, oppure per
ciò
che aveva detto l'Oracolo su Elorin, eppure Tera non sembrava il tipo
da farsi rovinare la giornata per una questione simile. La ragazza lo
fulminò quindi con lo sguardo, poi lo lasciò
andare, rimettendosi
in cammino verso una qualche misteriosa meta.
“Che le
prende?” chiese Darn,
mentre cercava di tenere su Anthel e Elorin, come fosse una specie di
giocoliere. L'apprendista scosse con forza la testa e
sospirò,
mettendosi d'impegno per non deludere le sempre più numerose
aspettative che si era ritrovato sulle spalle.
Intanto, lontano dalla
distesa
percorsa dalla strana compagnia, Sefia era seduta a capo di una
lunghissima tavolata imbandita con cibo e frutta fresca, che
discordavano con l'arredamento tetro e deprimente del castello del
suo rapitore.
Questo camminava avanti e indietro
con calma, con le zampe giunte dietro la schiena, gettando ogni tanto
un'occhiata alla sua bella Principessa. Il suo corpo nero era rigido
e evidentemente a disagio, a causa di una domanda abbastanza scomoda
posta dalla sua futura regina.
“Perché
abbiamo fatto visita a
quel monastero?”
“C-C'era una
cosa che mi
interessava avere... E poi non sono affari tuoi!”
“Invece
dovrebbero! -rispose lei
pacata- Hai detto che hai bisogno di me per attuare il tuo piano per
conquistare Mistral...”
La ragazza accennò un sorriso e
abbassò il capo, afferrando una ciocca di capelli che le
scendeva
dalla spalla. Quel colore argentato, come quello delle stelle, le
piaceva veramente molto e doveva solo ringraziare Anthel, che durante
uno dei suoi disastri non aveva fatto poi così tanti danni.
Le venne
presto in mente il volto dell'amico e la sua espressione quando non
era riuscito a salvarla; lo avrebbe voluto stringere forte tra le
braccia, magari dirgli qualche parola di conforto, ma sentiva di non
poterlo fare.
Lui era sempre stato restio a
toccarla o avvicinarsi troppo, era fin troppo timido e sicuramente la
sua autostima non gli permetteva di prendere particolari confidenze
con la futura regina del Maestrale, eppure lei era convinta che il
giovane provasse qualcosa. Le tornò alla mente il giorno in
cui lui
era arrivato al castello, mano nella mano con Gran Mago di corte.
L'uomo sorrideva dolcemente, mentre
la principessa e il principe arrivavano trafelati da una lunga
sessione di acchiapparello, di cui Elorin era ormai stufo. Avevano
giocato a lungo, a cinque anni poteva tranquillamente permetterselo,
visto che a governare sul Regno c'era il suo valoroso e potente
padre. Il nuovo arrivato aveva da subito attirato la sua attenzione e
sapeva che avrebbe voluto giocare insieme a lui, anche
perché Elorin
non era il tipo da passare tutto il tempo con lei.
Sefia aveva fin troppe energie per
sfogarle solo con il fratellino minore e l'arrivo di un altro bambino
le aveva illuminato la giornata, che da bella si era trasformata in
fantastica.
“Come
ti chiami?”
gli aveva chiesto
a ripetizione, saltando a destra e sinistra mentre questo si
nascondeva dietro e sotto la tunica dello stregone. Sefia lo aveva
capito subito, quegli occhioni smeraldini era terrorizzati da lei,
che con il suo temperamento troppo manesco lo aveva intimidito.Aveva
voluto subito fare amicizia, ma Elorin continuava a ripeterle che
avrebbero dovuto lasciarlo in pace, anche perché il bimbo
che
all'epoca aveva corti capelli neri non gli piaceva affatto.
La principessa accennò un sorriso e
l'immagine dei due che da piccoli facevano fatica a sopportarsi
veniva sostituita da quella di due ragazzi quasi inseparabili.
“Smettila di
prendermi in giro!
Posso farti molto male se voglio!”
La voce del suo rapitore la fece
sobbalzare, perciò si voltò verso di lui e lo
notò mettersi a
sedere sul fondo della sala, su un trono dalle linee deprimenti e
scure come quelle di tutta la stanza.
“Non mi hai
ancora risposto!”
“N-Non mi
provocare! -borbottò a
denti stretti, per poi muoversi come un fulmine accanto alla
principessa- Se ci tieni tanto, te lo mostrerò!”
Per la prima volta, Sefia provò
veramente paura nei confronti di quell'essere, non le aveva mai
parlato con tanta cattiveria e non sembrava essere impacciato come lo
aveva sempre visto; forse il Signore Oscuro stava davvero meditando
di conquistare il suo amato Regno e forse era ormai pronto a mettere
in atto il suo piano. La ragazza lo guardò di sottecchi e si
morse
il labbro, tanto forte da farlo diventare bianco. Ora era certa che
non si sarebbe fatta toccare, fu quello il momento in cui
giurò di
trovare un modo per fuggire perché il suo istinto premeva
forte
nelle sue tempie, dicendole di scappare il più lontano
possibile.
Annuì e si mise in piedi, pronta a
seguire il mostro.
Il lungo corridoio
sembrava non
finire, le pareti di pietra scura erano illuminate da fiaccole appese
al muro ogni cinque passi, mentre la cera delle candele colava su
quelli che sembravano crani umani. Il rapitore camminava a passo
svelto, con Sefia a poca distanza. Il crepitare del fuoco era
lugubre, le ragnatele rilucevano di condensa e muffa alla luce
tremolante, mentre i passi delle due anime che attraversavano il
corridoio erano gli unici rumori distinti che si potevano udire.
Oltre la pietra, la principessa si chiese cosa potesse esserci, aveva
come l'impressione che qualcosa si muovesse oltre, dando a quell'ala
del castello un aspetto ancora più cadaverico.
“Dove stiamo
andando?” chiese
Sefia.
La voce della ragazza era un
sussurro che si mescolava con gli strani mormorii che credeva di
sentire, mentre l'essere di fronte a lei continuava a mantenere il
silenzio. Ripeté ancora la domanda, poi si limitò
ad aspettare,
chiedendosi il perché della sua presenza lì.
Un castello sulle Montagne della
Morte, un misterioso Signore avvolto nell'oscurità e poi
c'era lei,
che in quel luogo pareva un fiorellino. Che diamine ci faccio
qui?, si chiese per la centesima volta. A che
potrei
servirgli?
“Eccoci!”
Sefia venne risvegliata dai suoi
pensieri e si accorse di aver raggiunto la fine del corridoio,
ritrovandosi con il naso a sbattere contro la schiena del suo
rapitore. Fino ad allora, non si era mai accorta di quanto quel
mostro fosse alto e slanciato: avrebbe detto senza dubbi che
arrivasse a sfiorare i due metri e mezzo, se non di più. Si
sporse
quindi alla sua destra e si ritrovò dinnanzi ad un enorme
portone di
legno nero, intarsiato con scheletri e demoni. La giovane
sussultò e
quando avvicinò il viso alla porta, notò i
piccoli demoni muoversi
e contorcersi sul legno.
Un brivido l'attraversò da capo a
piedi e sentì i lunghi capelli rizzarsi fino alle punte. Il
suo
rapitore ridacchiò e le poggiò le zampe sulle
spalle, facendola
sussultare. Il primo nome che le venne in mente fu solo uno, Anthel.
La porta si aprì lentamente sotto i
lamenti dei piccoli essere che la ricoprivano, poi una luce
iniziò a
filtrare dall'apertura. Una luce strana, scura, carica di tensione e
malvagità quasi palpabile. Sefia aveva comunque pensato che
il suo
rapitore fosse pericoloso, ma quella fu la prima volta che la
principessa si sentì veramente in pericolo.
“Entra!”
Lei obbedì e si ritrovò in una
grandissima stanza rettangolare, con ai lati cristalli e stalattiti
rossi, che pulsavano come avessero un cuore. L'aria era pesante e
chiusa, umida e dal forte sentore di muffa, impadronitasi della
stanza dopo anni, o forse secoli, di chiuso. La ragazza
cercò di
trattenere il respiro, ma i suoi polmoni non riuscirono a trattenere
l'aria quando si accorse di quello che aveva davanti.
Rinchiuso in enormi catene,
imprigionato nella pietra, c'era una bestia enorme dalla testa
deforme, niente che assomigliasse a qualcosa che la principessa
avesse mai visto, niente che potesse mai immaginare. Le zampe
parevano simili a quelle del Signore Oscuro, le braccia erano lunghe
e muscolose come il resto del corpo, appoggiato a un paio di gambe
inginocchiate in cui erano infilzate lance e frecce anch'esse di
pietra che pareva millenaria. Le grandi fauci, semi aperte,
mostravano due file di denti affilati come rasoi.
Sefia emise un verso strozzato,
dettato dalla paura che in quel momento la scuoteva dalla testa a
piedi,
sostenuta da strane mani che in quel momento le parevano sicure e
protettive. Che cos'è?, si chiese nella
testa, mentre il
demone che svettava dietro di lei le stringeva le spalle con forza.
“Ecco il motivo
per cui sei qui!”
Le sue mani abbandonarono la pelle
della ragazza e di nuovo apparve quello strano liquido azzurrognolo,
in cui apparve la figura di un giovane ragazzo avvolto in un mantello
nero, strappandola, con tutto il sollievo che aveva in corpo,
dall'immagine della belva pietrificata che aveva di fronte.
“Questo ragazzo
ha un oggetto
necessario alla liberazione della mia cara bestia, ma non mi basta!
Per risvegliare il mio amichetto, -disse cambiando l'immagine su
quella di un ragazzino di sua conoscenza- ho bisogno della Luce
che alberga negli eredi del Maestrale!”
Angolo
di Zenya ^^
Allora,
rieccomi ad aggiornare dopo una sacco di tempo... Maledetti esami!
Beh, la storia sta andando avanti, con mia grande felicità,
così
come i toni che questa sta prendendo! Suvvia, non sarà
comica sempre
e per sempre xD
Qui
ho infatti deciso di trovare uno spunto di riflessione sulla faccenda
dell'eroe, dopotutto la strada intrapresa dai miei cari non era
quella che si aspettavano. Nonostante il capitolo non sia dei
migliori che ho scritto finora, spero che vi sia piaciuto! Certo, un
po' sottotono, ma sempre indirizzato alla salvezza della Principessa
^^
Detto
questo, alla prossima! :3