Come
da titolo e da intro, la storia può essere letta in
due modi, dall’inizio alla fine, così come la
vedete, e viceversa. La storia si
basa su questi due prompts trovati in rete oggi pomeriggio (quando si
perdeva
tempo invece di studiare, ma dettagli):
#1. “The beginning is the end is the
beginning”
#2. Write
a
story, so that if it has its sentence order reversed, has a completely
different meaning.
Il risultato non è esattamente ciò che
richiedevano,
forse, ma ci ho provato ed è stato piuttosto divertente ^^
Ah, i personaggi di
questa breve flash – Louis e August – sono
estrapolati da un progetto più ampio
a cui sto lavorando e che quindi spero rivedrete, in tempi non troppo
lunghi
magari. Anche l’ambientazione, pertanto, è la
stessa della minilong che sto
scrivendo, e questo si tratterebbe di un missing moment di collocazione
temporale abbastanza indefinita ^^ Tutto ciò per dire che,
se la
caratterizzazione non vi sembra accurata, è solo per motivi
di costruzione
stilistica (anche se spero di aver fatto risaltare i loro caratteri
anche con i
limiti imposti dai prompts).
Piccolo aiuto alla lettura: nel leggere “al
contrario” bisogna
andare per paragrafi e non per frase singola, altrimenti il tutto non
avrebbe
senso. In altre parole: leggete in blocco fino a che non si va a capo e
poi
riprendete con il paragrafo precedente ^^
Spero di essermi spiegata e buona lettura :)
The beginning is
the end is the beginning
Boston,
Massachusetts, anno 2076.
«Non ho mai voluto
farti del male».
Louis era solo, immerso nel buio, e
lui del buio aveva sempre avuto paura.
«Addio, Louis». I passi decisi di August lo fecero
sussultare e le sue parole gli generarono un lieve tremore alle mani
che teneva
giunte, sul petto; il circuito emozionale si destabilizzò
appena, ma il robot
riuscì a mascherare i sintomi di malfunzionamento in un
battito di ciglia.
«Crederesti a un bugiardo, se ti giura di essere onesto?
Crederesti a un bugiardo, se ti giura di amarti?». Un bip avvertì Louis
dell’inadeguatezza del lessico adoperato; ponendo
quelle domande, si era spinto troppo oltre, pericolosamente vicino al
limite di
segretezza che non gli era concesso di oltrepassare.
«Me l’avevi promesso, ricordi? A me non avresti mai
mentito»,
gli rispose l’altro, accostandosi alla figura di spalle del
biondo,
apparentemente intento a rincorrere con lo sguardo i rivoli di pioggia
che si
affastellavano sul vetro sottile della finestra del suo appartamento.
«Tutti i membri del Dipartimento Investigativo
mentono», ribatté Louis,
non una punta d’interesse a colorare le sue parole.
August serrò le palpebre, incapace di continuare a cercare
compassione
in quei lineamenti spigolosi cui la perfetta geometria
dell’ultimo modello
messo a punto dal Dipartimento Informatico aveva negato angoli e
smussature. «Dio,
ecco un altro dei tuoi stupidi giochetti. Ne ho abbastanza,
Louis».
«Non posso farci niente, è nella mia
natura». L’automa scrollò le spalle
e abbassò gli occhi, incrociando le braccia sul petto.
«Il tono con cui lo dici è disgustoso, Cristo. E
la nostra storia non ha
nulla a che fare con il tuo lavoro del cazzo, non confondermi con uno
dei tuoi
criminali da interrogare», sbottò August,
mordendosi il labbro con così tanta
veemenza che qualche goccia di sangue gli tinse i denti di rosso.
«Oggi ne ho fatto ammazzare un altro, sai?». Una
breve scossa attraversò
il suo corpo e Louis sbatté le palpebre, mentre analizzava i
dati ricevuti. «Oh,
chiedo scusa, termine improprio. Sopprimere»,
si corresse, a seguito dell’avvertimento che il suo
vocabolario interno aveva
inviato al circuito del linguaggio. «Anche
lui, come te, mi chiedeva di non dirgli bugie», concluse,
asettico.
«Come se potessi».1
«Così mi ferisci, August».
August poggiò la fronte sul vetro freddo, lasciando che la
mano con cui
Louis gli stava accarezzando i capelli scarmigliati scivolasse sulla
nuca, a
solleticargli il tatuaggio identificativo del Dipartimento di
Giustizia. Con
malcelata indifferenza, le sue dita si soffermarono sulle cicatrici
ancora
fresche d’inchiostro e sangue, aumentando la pressione quando
sfioravano
epidermide violacea, nelle zone in cui August aveva visibilmente
sofferto di
più durante la marchiatura. August si sottrasse al suo
tocco, allo stesso tempo
infastidito dal pizzicore che il tatuaggio gli causava e
dall’effetto che le
dita di Louis sulla pelle ancora gli provocavano.
«Sei un bastardo», imprecò August.
«A volte sembri dimenticare che a noi
è concesso fare del male agli esseri umani»2, sussurrò
Louis, improvvisamente intenerito dall’ingenuità del
ragazzo, quasi a voler levigare la durezza del suo comportamento con un
tentativo di condiscendenza. «Sai, potrei dirtelo di
nuovo», aggiunse,
consapevole che entrambi sapevano a cosa stesse facendo riferimento.
«Vorrei
proprio rivedere la tua espressione», Louis rise
d’una risata cupa e non il
minimo accenno di divertimento si dipinse sul suo volto impassibile e
scuro.
«Non farlo». August strinse i pugni, ben
consapevole che
la sua richiesta, sibilata a mezza voce, suonava come una supplica.
Louis stirò le labbra in un ghigno e i suoi occhi, la cui
sfumatura antracite si annerì ulteriormente a causa
dell’assenza di
illuminazione, incontrarono quelli del giovane soldato. «Amo solo te».
«È
sincerità, quella che sento
nella tua voce?», mormorò August, maledicendosi
per la nota di speranza – e sospetto
– perfettamente udibile nella sua voce spezzata.
«Devo andare. Ho un reietto che aspetta di
vedermi». Prima che August
potesse fermarlo, Louis aveva già indossato il distintivo.
Note post lettura:
L’intera
storia si basa sul noto paradosso del
mentitore, ovvero – e qui cito spudoratamente Wikipedia:
“data una proposizione autonegante come
"Questa frase è falsa", nessuno
riuscirà mai a dimostrare se
tale affermazione sia vera o falsa”. La frase in questione qui
sarebbe: “Tutti i membri del Dipartimento Investigativo
mentono” e, com’è
chiaro, anche Louis ne fa parte. Dunque il dubbio che tento
d’instaurare in
questa storia sarebbe: Louis ama o no August? Fino a che punto tutte le
sue
affermazioni sono da prendere alla lettera? È Louis ad andar
via alla fine o
August? Louis ha veramente un criminale da interrogare o piuttosto un
amante
con cui tradire il povero August? I due staranno insieme oppure no? Il
dolore
di cui parla Louis è quello fisico della tortura in un
interrogatorio o quello
psicologico che sembra infliggere ad August? A seconda del verso in cui
si
legge la storia (e della sensibilità del lettore, certo!),
l’epilogo
sembrerebbe diverso, ma qui non voglio dilungarmi troppo
perché sono curiosa di
sapere cosa avete capito – se c’è
qualcosa di comprensibile, almeno xD
1 Piccola nota
sull’uso del verbo potessi:
qui ho
dovuto fare ricorso a un escamotage
– e
spero che il risultato sia soddisfacente anche per voi lettori. Nella
prima
lettura, il congiuntivo è riferito alla seconda persona
singolare, dunque: come se (tu, Louis) potessi.
Nella
lettura in reverse, invece, il congiuntivo è coniugato alla
prima persona
singolare e quindi: come se (io, August)
potessi.
2 Questa frase è così
formulata perché in contrasto con la Prima legge della
Robotica, formulata da
I. Asimov, secondo cui i robot non possono recare danno agli esseri
umani. Il
motivo per cui Louis è, invece, esentato
dall’osservazione di tale legge è
piuttosto complesso ed è un tema della long di cui questa
flash fa parte. Ma
non preoccupatevi: Louis è un robot buono a tutti gli
effetti, solo dotato di
una personalità decisamente complessa ^^
Sono sinceramente
curiosa di sentire la vostra opinione in merito a questo piccolo e,
temo,
mediocre esperimento! Un parere sarebbe gradito :)
Alla prossima,