A Elwerien
Per il suo compleanno
La mia angst-sensei
incredibilmente brava che ammiro infinitamente,
La mia nee-chan sadicamente
adorabile [squick!],
Un’amica a cui voglio e vorrò sempre un mondo di bene.
...:Angels Suicides:…
“I don't think
you trust
In, my, self
righteous suicide
I, cry, when
angels deserve to die…”
[System Of A Down, “Chop Suey!”]
Non mi ricordo da quanto tempo siamo qui.
Pare sia passata un’eternità… la nostra vita, alla fine, è
stata la nostra piccola eternità.
Una piccola eternità vissuta fra quattro mura, fra pochi
volti conosciuti, fra sterili sentimenti.
Ogni minimo frammento di questa casa è rimasto immobile
durante lo scorrere del tempo.
I soprammobili ricoperti di polvere, i vestiti lasciati a
terra in giro per i corridoi, i disegni incompleti di Sakura sul cavalletto, i
libri di Hinata aperti sul divano, i cd di Tenten ancora in disordine sulla
radio, i trucchi di Karin riversi nel lavandino del bagno.
Senza di loro, tutto è così silenzioso, vuoto.
Strano, credevo che tutto fosse vuoto anche quando eravamo
strette insieme nella nostra prigionia, ma in verità mi sbagliavo.
Senza di loro è tutto terribilmente
vuoto.
Il cd dei Nightwish giace a
terra abbandonato, vicino al camino. Lo sollevo, alzando con lui la polvere
addensata sul parquet, e lo ripongo sulla pila disordinata di cd, con cura. È
l’unico regalo che Tenten abbia mai ricevuto, un regalo di Neji per giunta, il
suo unico e piccolo tesoro. Credo che Tenten l’avrebbe voluto qui, in cima agli
altri.
Mi volto per un attimo verso la finestra dal vetro opaco,
dove il mio riflesso mi fissa: gli occhi di zaffiro spenti e vacui, la pelle
pallida ma perfetta come sempre, i lunghi capelli biondi pettinati
minuziosamente, ma di un colore spento e ormai sfibrati dall’assenza di luce di
questa casa abbandonata.
Distolgo l’attenzione dal mio riflesso, per guardare oltre
il vetro sudicio: Shikamaru è lì, lungo il vialetto, fermo di fronte al
cancelletto di casa nostra.
Mi fissa, immobile, lo sguardo crucciato: è intento ad
analizzarmi, come suo solito, con quel suo sguardo penetrante che mi sconvolge.
Deve aver visto qualcosa di strano nel mio viso. Strano, visto che è da due
mesi che non ci incontriamo di persona, che non sento la sua voce accarezzarmi
l’orecchio, il suo respiro caldo lambire la mia pelle.
“Ti amo…” sussurro appena, sperando che possa comprendere
il labiale muto attraverso la finestra.
Lo vedo impallidire, mi squadra sconvolto, per poi
scappare via.
Sorrido ampiamente, mentre lascio scivolare un dito sul
vetro: sono sinceramente felice di averlo rivisto l’ultima volta.
Ti amo. E scusa se te lo dico con un soffio silenzioso
attraverso un vetro. Ti amo.
Starà chiamando gli altri. Naruto, Sasuke, Neji, Suigetsu.
No, no.
Sì, sì.
Devo muovermi.
Guardo il nostro bel giardino per l’ultima volta. L’unico
luogo all’infuori della nostra camera in cui abbiamo provato qualcosa, sentimenti. Pochi, pochissimi, ma
preziosi e unici.
Mi dirigo rapidamente verso l’uscita secondaria, ma passo
davanti al bagno, dove l’acqua della vasca è traboccata fino al corridoio,
impregnando il parquet col rosso del sangue diluito.
Scuoto lievemente la testa: Hinata deve sempre fare le
cose tragicamente.
Chiudo con cura la porta del garage alle mie spalle, entro
in macchina e mi fisso nello specchietto retrovisore: questo sorrisino
compiaciuto non mi si leva dalla faccia.
Scuoto la testa, rassegnata da me stessa e dalla mia
morbosa reazione, mentre do gas all’auto.
Abbasso il finestrino e mi sistemo sul sedile del
passeggero, con un sospiro. C’è ancora il tuo profumo qui, Shikamaru:
impregnato nella pelle che ricopre questi sedili vecchi e impolverati.
Mi hanno rimproverata per essermi lasciata scopare squallidamente
sul sedile di un auto la prima volta, ma se non avessi colto quell’occasione,
sarei morta senza provare l’emozione di averti dentro di me.
E che mi si dia della sgualdrina, della svergognata, della
amorale: non avrò mai rimpianti per averti amato con tutta me stessa, nella mia
prima e unica notte di libertà.
Apro il cruscotto della macchina con un calcio, mentre
sento già l’aria rarefarsi, intrisa del gas della macchina.
E sono ancora lì, le tue sigarette, Shikamaru. Le ho
nascoste perché nessuno potesse trovarle, le ho nascoste perché sognavo di
fuggire con te un giorno, su questa macchina. Chissà, forse l’avresti fatto
davvero.
Mi porto una sigaretta alla bocca e respiro a fondo.
Veleno, distruggimi l’anima, soffocami la vita.
—
Il lampeggiante dell’auto della polizia illumina, insieme
al tramonto, ciò che rimane di questa villa silenziosa e abbandonata.
La casa degli spettri, letteralmente.
Cosa siete state voi, per questa casa, per questa
comunità, per questa città?
Spettri, cinque splendidi e leggiadri spiriti rinchiusi in
un palazzo stregato.
Amavate la libertà, la vita, l’amore, e vi sono stati
negati tutti e tre.
E noi amavano voi, e ci avete abbandonati.
Alzo leggermente il volto a sinistra, il necessario per
vedere Kakashi appoggiato alla volante insieme a
Asuma: pallidi, sconvolti in volto. Aspettano le ambulanze, come da protocollo.
Non hanno la forza per continuare le ricerche.
Scuoto la testa rassegnato, mentre mi avvicino, con passo
pesante – mi pare che tutto si muova a rallentatore, intorno a questo giardino
– alla villa.
“Shikamaru, forse non dovresti… Ino non l’abbiamo ancora…”
Probabilmente è Asuma che cerca di fermarmi, ma in fondo,
chi se ne frega.
Entro, mentre la porta cigola fastidiosamente, arrugginita
dal disuso.
“…trovata.”
Conclude Asuma, mentre me lo lascio alle spalle con un
sonoro sbuffo e mi avvio verso le scale.
I lamenti strazianti di Naruto sono i primi a colpirmi il
petto, singhiozzanti, agonizzanti, quasi fosse lui il moribondo. Mi raggiungono
come una eco spettrale dal corridoio buio del piano terra, accompagnati da un
irritante picchiettio di gocce su di una superficie bagnata.
Mi avvicino allo stipite della porta del bagno, immergendo
appena i piedi nell’acqua rossastra che ha allagato buona parte della stanza e
del corridoio, e mi affaccio all’interno.
Naruto è immerso nella pozza di sangue, sconvolto dai
singulti: si preme al volto la mano pallida e insanguinata di Hinata. Ben
incisa sul polso pallido, spicca la ferita che l’ha dissanguata.
Di lei vedo poco o niente, completamente immersa nella
vasca stracolma di acqua e sangue: solo qualche ciuffo di capelli corvini che
vi galleggia, gli occhi – per fortuna – serrati, l’espressione pare serena.
Ma non mi interessano i particolari.
“Hinata, Hinata…”
Naruto invoca il suo nome fra le lacrime e singhiozza
disperato, accasciato a terra, privo di forza – della parte di vita che se n’è andata con lei.
Questo è già abbastanza, per me.
Abbandono Naruto nella sua pozza di sangue, mentre mi
accingo a salire le scale: dal piano di sopra, nessun rumore. Silenzio che ti assorda, espressione più
infima della morte.
Salgo gli scalini lentamente, uno ad uno, ascoltandone
interessato lo scricchiolio spettrale che emettendo; e quando sollevo la testa,
mi pare di vedere Ino seduta in cima alla rampa di scale, sull’ultimo gradino,
con i lunghi capelli sciolti, il suo solito sorrisino malizioso accentuato dal
lucidalabbra di pesca.
Mi ammicca, divertita, ondeggiando lievemente le spalle,
com’era solita fare quando voleva convincerti a seguirla.
“Shika… hai da accendere?”
Mi domanda, imitando il gesto del mio zippo, con quel
solito ghigno di beffa che la rendeva semplicemente irresistibile.
Scuoto la testa ancora, il mio sorrisino rassegnato sul
volto, mentre supero l’ultimo gradino della scalinata – vuoto.
La porta della camera delle ragazze è aperta.
Distesa come la bella addormentata nel bosco, i capelli
rossi perfettamente pettinati e curati, Karin pare dormire, adagiata
serenamente nel suo letto a baldacchino. Se non fosse per i sei flaconi di
pasticche vuoti sparsi sul comodino, penserei davvero che stia dormendo.
Suigetsu giace sdraiato ai piedi del letto, lo sguardo
freddo fisso sul soffitto, le labbra stese in un’espressione neutra.
“Lei… non avrebbe mai fatto nulla per rovinare la sua
bellezza.”
Commenta lui sottovoce, tranquillamente, quasi fossimo a
cena a parlare di calcio.
Bravo, sai spiegarti il perché del come, ma non il perché del gesto.
Ma tu lo sai. Sai che la sua bellezza ti perseguiterà a
vita, in tutti i tuoi sogni, per tutte le notti a venire, Suigetsu.
E nemmeno la morte ti permetterà di ricordarla brutta,
sfigurata dal sangue o dalle ferite, perché lei si è voluta addormentare per
sempre congelando il tempo con la sua vita.
Esco dalla camera delle ragazze con un sospiro pesante.
Dovrei essere sconvolto, lo so, me ne rendo conto, ma in
questo momento non sono convinto di star vivendo veramente.
Mi pare di essere un viaggiatore in una terra sospesa nel
tempo e nello spazio, lontana dalla realtà; mi pare di camminare in una specie
di limbo dove ognuno di noi affronta la morte di petto, senza spiegazioni né
consolazioni.
Dovrei essere sconvolto e forse lo sarò, una volta uscito
da questo luogo inesistente.
Percorro il corridoio lentamente, le mani in tasca, lo
sguardo curioso che studia ogni particolare.
La sua risatina mi richiama ancora, e ancora la vedo, sorridente, seduta nel rientro della finestra in
fondo al corridoio, i lunghi capelli biondi sciolti sul vestitino bianco, il
sorrisino malizioso che mi provoca, divertito.
“Scapperemo insieme, non è vero, Shika? Con la macchina
che c’è nel garage… scapperemo da qui. Per sempre.”
Solo un sogghigno mi sfugge, e sembra più un fischio di
disprezzo che non la risposta positiva che ti aspetti, Ino.
“E’ tardi.” sibilo freddo, appoggiandomi al muro del
corridoio, lo sguardo assottigliato rivolto verso il pavimento impregnato di
sangue denso, proveniente dalla porta che ho di fronte.
“Che fai, parli da solo, Nara?”
La voce bassa e atona di Neji mi richiama, e finalmente mi
accorgo di lui.
È strano vederlo seduto per terra, lui, il principino del
gruppo.
Seduto con la schiena contro la parete opposta a quella a
cui sono appoggiato io, accanto alla porta da cui fuoriesce il sangue. È denso,
e scivola fuori a fiotti.
L’entrata alla camera – ignori di che stanza si tratti – è
socchiusa, segno che deve esserci stato dentro.
Il mio sguardo scivola sulle suole delle sue scarpe di
camoscio, intrise di quello stesso sangue denso, e sulle sue mani, macchiate di
quel rosso caldo – apparentemente vivo.
I suoi occhi di ghiaccio sono più freddi del solito, privi
di quella poca vita che a malapena vi brillava nei momenti spensierati al di
fuori di qui.
Guarda fisso davanti a sé, alla parete bianca, e tremo al
pensiero di ciò che nasconde quella porta socchiusa dalla quale scorre sangue.
Morte, senz’altro.
Tenten, mi suggerisce il mio istinto.
Come? …non lo voglio sapere.
“Né Tenten, né Hinata… nessuna… forse avremmo dovuto…
tentato…”
Sussurra lui all’improvviso, e mi pare di sentire una nota
straziata nella sua voce.
“Shhh, Neji.”
Lo zittisco io. Nulla, solo questo è ciò che voglio
sentire. Il nulla.
“Ma avevi ragione, alla fine.”
Riprende, ignorandomi deliberatamente.
“Su cosa?”
“E’ tardi.”
Porto gli occhi al cielo in un’espressione nauseata
quando, entrando nella camera da letto, mi ritrovo Ino distesa bellamente sul
letto matrimoniale, i capelli dorati sparsi come paglia sul copriletto bianco,
in contrasto coi suoi occhi d’oceano e le sue labbra di rosa.
E ride, ride,
ride come sempre.
E mi lancia occhiate di gioco provocatorio, di invito
malizioso, di leggera superficialità.
E io sbuffo, sorpassandola – non illuderti.
“Si soffoca qui… apri la finestra, Shika.”
Hai pure il coraggio di parlare, di chiedermi favori? Ma
se mi volto e sei già sparita, perché diavolo vuoi che io apra la… finestra.
Sasuke.
Eccolo là. L’ultimo pezzo del puzzle.
Lo intravedo fuori dalla porta-finestra della camera.
Appoggiato alla ringhiera in ferro battuto del balconcino di due metri per due.
Lo sguardo d’onice fisso verso l’alto, quel suo bel visino
di porcellana imbambolato, in un’espressione neutra. I capelli corvini sono
scompigliati dal vento della sera che sta calando lenta – perché per noi il
tempo non scorre, ma fuori da queste mura sospese esiste ancora, e corre, traditore.
E Sasuke continua a fissare qualcosa al di sopra della
finestra, annichilito, con quella faccia imbambolata che è da prendere a
schiaffi volentieri.
Non è mai stato il genio delle emozioni, ma questo suo
stordimento mi mette in ansia.
Sto per richiamarlo, quando, avvicinandomi alla finestra,
porto lo sguardo in alto, verso il punto da lui fissato.
Agghiaccio.
Solo due piedini e due gambe rientrano nel mio campo
visivo, penzoloni al di sopra della finestra.
Quegli stivali neri
io li conosco. E
preferisco non vedere il resto.
Il mio sguardo si distoglie subito, di scatto, inorridito, finendo a fissare le tende
da quei fiorellini antichi di un verde spento, legate da una corda d’oro – che
è presente solo su una tenda. L’altra è lasciata libera, scossa dalla brezza
gelida che entra dalla porta-finestra aperta.
Ci metto poco ad immaginare la corda aurea stretta intorno
al collo di Sakura, mentre i miei occhi vagano al suolo del balconcino,
incontrando lo sgabello rovesciato sul quale doveva essersi appoggiata prima
di…
“Sasuke… perché lei… così…” domando in sussurro strozzato,
gli occhi che cominciano a pizzicarmi – che la realtà di questa casa stia iniziando ad invadermi?
“Noi… ci vedevamo sul tetto… di notte.”
Poche parole, poche agognate
parole, strozzate nella sua gola sofferente. Sofferente di quell’urlo che non
riesce a sfuggire, di quelle lacrime che non riescono a nascere, di quei
sentimenti evanescenti che gli straziano il petto.
Una folata di vento fa dondolare le gambe di Sakura
davanti ai miei occhi – non immaginare il resto, ti prego, non farlo, dannata
mente malata – e quell’alito di morte mi accarezza il viso, facendomi
rabbrividire, portandomi uno sgradevole odore di gas al naso.
È arrivato il mio turno.
Non l’hanno ancora
trovata, mi ha
detto Asuma.
Eppure Ino è qui, c’è, e mi sta aspettando.
Il mio sguardo crucciato non riesce a darsi pace, mentre
ripercorro a ritroso tutto il mio percorso macchiato di sangue e morte.
Esco dalla villa, sbattendo contro gli uomini
dell’ambulanza che si precipitano all’interno, animati da una frenesia
sconosciuta all’atmosfera pacata e surreale della casa.
Lentamente, con lo stesso effetto rallentatore che
circonda questo momento impalpabile, Asuma e Kakashi
mi vengono incontro, trattenendomi per il braccio, agitandomi. Urlano parole
che non comprendo e che non mi interessano, mentre avanzo per il giardino,
implacabile.
L’occhio mi sfugge verso l’angolo a destra, verso la
ringhiera di marmo bianco, e il ricordo della prima volta che vidi Ino,
appoggiata lì, dei suoi occhi raggianti, il suo sorriso accattivante, i lunghi
capelli spettinati dal vento insieme al vestitino candido, mi rivive nella
mente.
E poi mi fermo, in mezzo al prato, scosso dai due
poliziotti dietro di me.
Ma io mi concentro – devo
farlo, lei mi aspetta.
Hinata nella vasca da bagno – la prima volta che aveva
visto Naruto era stato durante una gita scolastica al lago, dove erano
scivolati entrambi dentro la pozza d’acqua.
Karin nel letto – il suo primo scontro con Suigetsu era
avvenuto in infermeria, per la conquista di un lettino libero in cui dormire
per saltare l’ora di educazione fisica.
Tenten nello studio [dove c’era l’impianto stereo] – la
passione per Neji e per la musica sono nate insieme nel suo cuore.
Sakura sul tetto – dove ogni notte lei e Sasuke si amavano
furtivamente, contro ogni legge morale che le segregava in quella casa.
Ino… dove ci siamo amati noi, la prima volta?
La mia illuminazione è accompagnata da uno scatto
repentino verso il garage esterno alla villa, situato sul lato orientale
dell’abitazione.
Sollevo la saracinesca con sforzo enorme, aiutato da Asuma
e Kakashi – ormai non sento neanche più se mi parlano
o no, sento solo un fastidio brusio dentro di me, che mi ronza nella testa.
Una nube di fumo ci intossica, fuoriuscendo abbondante dal
garage mentre la saracinesca sbatte contro il soffitto, con tonfo sordo.
Tossiamo con forza, attendendo che il fumo si diradi
dall’interno del box, e il mio sguardo lotta con la nebbia, alla ricerca di
qualcosa che mi parli di lei.
Ho un sorriso amaro sulle labbra, quando vedo il suo
braccio pallido steso fuori dal finestrino dell’auto, emersa improvvisamente
dalla nebbia di gas.
Cammino lentamente verso il posto del passeggero, lo
sguardo fisso sul suo braccio magro e liscio. Stretta fra le dita di quella
mano priva di vita, una sigaretta – spenta.
La mia
sigaretta.
Mi affaccio dentro l’abitacolo, sorridendo, mentre
finalmente la vedo. Anche lei pare la bella addormentata nel bosco, mentre
riposa, col suo solito sorrisino beffardo, nel sedile in pelle su cui l’ho
posseduta per la prima e ultima volta.
Annuisco lievemente, mentre la mia mano scivola sulla sua
pelle diafana – fredda –
accarezzandole le labbra illuminate dal lucidalabbra alla pesca.
“Shika… hai da
accendere?”
La tua sigaretta è spenta, senza di me.
“Scapperemo insieme, non è vero, Shika? Con la
macchina che c’è nel garage… scapperemo da qui. Per sempre.”
Sei scappata solo tu, senza di me, e fuggirai per sempre,
senza di me.
“Si soffoca qui…
apri la finestra, Shika.”
Non ho aperto la finestra, e sei soffocata qui, senza di
me.
“Sei triste, senza
di me, Shika?”
Sono disperato e senza di te… ora posso soffrire anch’io.
“Perché l’avranno fatto,
Shikamaru?”
“Perché l’avremo
fatto, Shika?”
“Hinata, Hinata…”
“Lei… non avrebbe
mai fatto nulla per rovinare la sua bellezza.”
“Né Tenten, né
Hinata… nessuna… forse avremmo dovuto… tentato…”
“Noi… ci vedevamo
sul tetto… di notte.”
“E’ tardi.”
…ti amo…
–––
The End
———
..:Angolo
di Luly:..
A very happy birthday to you, El-neechan! *O*
Okay, diciamo che è
un regalo piuttosto sadico, per un compleanno… ma noi ci vogliamo bene a suon
di angst. *__*
A me piace molto
questa ficcy, da me soprannominata una “raffinata
splatter non-sense”, che altro non è che la mia rivisitazione narutiana del film di Sofia Coppola “Il giardino delle
Vergini Suicide” [angstissimo e poeticissimo
peraltro ù_ù].
Spero di non averti
delusa, sensei! *O*
Ti voglio un mondo di
bene, grazie di tutto, perché per me sei veramente una neechan
per me. *__*
Vorrei dirti tante
cose, dall’ammirazione che provo per il tuo modo di scrivere, alle tue idee
così surrealisticamente angst
ma… non ho voglia. ù_ù *yawn*
Tua adorabilmente,
Luly-neesan-seto
p.s. perdonami per la comparsata del Team dei Lombrichi XD