Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: Gnarly    03/02/2016    2 recensioni
Storia senza pretese, scritta per un concorso incentrato sul tema dell'inverno... anche se di inverno - e di soprannaturale - ha ben poco.
Nessuno fece domande, nessuno ebbe il coraggio di chiedere cosa spinse la ragazza a lasciare la città; tutti si limitarono a soffrire in silenzio, non conoscendo il peso che da quel giorno trovò residenza nel cuore di Minokichi. Questo è il motivo per cui, quando la situazione si era ripresentata qualche giorno prima, nessuno sapeva cosa in realtà stesse succedendo al villaggio.
[Settima classificata al Winter Contest II° Edizione portato a termine da My Pride e valutato da meryl watase sul Forum di EFP]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il Destino della Neve

 

Le falcate di Yuudai[1] si facevano più lente e pesanti man mano che la neve, nei pressi dei solchi, diventava più fitta e compatta.
I guanti che indossava, nonostante fossero della lana più pesante che si fosse mai infilato, non riuscivano a proteggerlo poi un granché dal freddo che era sopraggiunto con l’avvento dell’inverno. Anche le scarpe logore, consumate dal tempo, servivano davvero poco: aveva i piedi talmente gelati da non sentire le proprie dita, eppure non si lamentava.
La tempesta di neve che caratterizzava quel giorno non faceva che peggiorare e così era anche l’umore degli abitanti del paese: angoscia e orrore erano le emozioni che presiedevano nei cuori dei cittadini di un villaggio nella provincia di Musashi. L’ultima volta che i loro occhi – o meglio, quelli dei loro antenati – avevano la neve scendere così copiosa era stato quando, cento anni prima, si erano perse le tracce di una donna dalla bellezza superba e dalla pelle candida come fiocchi. Era stato come se il cielo avesse pianto per la perdita di quella ragazza, insieme a Minokichi, il marito di quest’ultima. Nessuno aveva fatto domande, nessuno aveva avuto il coraggio di chiedere cosa avesse spinto la ragazza a lasciare la città; tutti si erano limitati a soffrire in silenzio, non conoscendo il peso che da quel giorno aveva trovato residenza nel cuore di Minokichi. Questo è il motivo per cui, quando la situazione si era ripresentata qualche giorno prima, nessuno sapeva cosa in realtà stesse succedendo al villaggio.

Era un giorno come tanti altri, un giorno in cui Minokichi e Mosaku erano andati a far legna, quando una tempesta aveva improvvisamente impedito loro di proseguire e li costrinse a rifugiarsi nella baracca vuota in cui avrebbe dovuto esserci il traghettatore incaricato di portarli dalla parte opposta del fiume. Nonostante il freddo causato dalla tormenta e dalla mancanza di un braciere nella capanna, i due si addormentarono. Quando Minokichi si svegliò notò un’ombra di fumo bianco piegata sul corpo di Mosaku che indirizzava il proprio alito sul viso dell’uomo anziano. La donna si voltò verso di lui non appena percepì il suo battito irregolare dovuto dal terrore e gli si avvicinò; non appena il volto di lei fu a un soffio di vento da quello di Minokichi, il ragazzo rimase sorpreso dalla bellezza appartenente alla donna. Quest’ultima l’osservò per qualche secondo, per poi sorridere e bisbigliare: «Volevo fare a te quello che ho fatto all’altro uomo, ma non posso fare a meno di provare compassione per te, perché sei tanto giovane. Sei un ragazzo attraente, Minokichi, e non voglio farti del male in questo momento, ma se mai racconterai a qualcuno, sia pure alla tua stessa madre, quello che hai visto questa notte, io lo verrò a sapere, e allora ti ucciderò… Ricordati quel che ti dico!»
Detto questo scomparve nel nulla, lasciando al suo posto, sul pavimento, una manciata di neve gelida.
Minokichi si avvicinò al corpo inerme del suo accompagnatore e, quando lo scosse ma vide che quest’ultimo non dimostrava segni di vita, realizzò con orrore che era morto.
Quella donna gli aveva succhiato via la vita.
Una volta essersi ripreso dallo spavento dovuto a ciò che era appena successo, tornò a casa e non parlò a nessuno di quanto accaduto.
Una sera, mentre tornava a casa dal suo lavoro, oltrepassò una donna che stava camminando con lui su quella stessa strada. Quando la salutò rimase piacevolmente sorpreso: era una donna di bell’aspetto e la sua voce era paragonabile a quella di un usignolo. Dopo essersi presentati a vicenda – lei disse di chiamarsi O-Yuki – iniziarono a conversare come due vecchi amici: lei gli raccontò che, dopo essere rimasta orfana di entrambi i genitori, aveva deciso di incamminarsi verso Yedo per cercare un lavoro come cameriera. Visto il buio che era calato sulla città, Minokichi offrì alla ragazza un letto per la notte e questa accettò di buon grado. Si comportò talmente bene con la madre del ragazzo, che all’epoca aveva poco più di diciott’anni, che lei provò subito un istinto protettivo nei confronti di quella giovane fanciulla e fu quasi naturale il matrimonio che scaturì da quell’incontro.
Dall’unione dei due innamorati nacquero dieci figli, cinque maschi e altrettante femmine, e in una sera in cui entrambi si trovavano davanti al focolare acceso per riscaldare i corpi addormentati dei loro adorati bambini che Minokichi si sentì in dovere di raccontare alla moglie un fatto accaduto a lui cinque anni prima. «Vederti seduta lì, con la luce sul tuo viso, mi fa pensare a una strana cosa che mi capitò quando ero un ragazzo di diciotto anni. Vidi una persona bella e bianca come sei tu ora, anzi… era proprio uguale a te.»
O-Yuki gli domandò dove la vide e lui iniziò a parlare di quella faccenda che gli successe molto tempo prima.
Quando finì di raccontare, O-Yuki fece cadere la sua sedia balzando in piedi e gridandogli in faccia: “Quella ero io… io… io! Quella era Yuki! E ti dissi che ti avrei ucciso se avessi mai fatto una sola parola dell’accaduto! Ma in nome di quei bambini che là stanno dormendo, non ti ucciderò in questo momento! D’ora in avanti dovrai avere tanta, tantissima cura di loro, perché se mai avranno motivo di lamentarsi di te, allora ti riserverò il trattamento che meriti!»
Dopo che ebbe urlato ciò con tutta la rabbia e la delusione che possedeva in corpo, la sua voce divenne sottile come il pianto del vento, quindi si dissolse in una brillante nebbia bianca che si sollevò verso le travi del tetto e spirò via tremolante attraverso il camino.
Nessuno la rivide mai più.[2]
 
 

Gli occhi di Yuudai cominciarono a riempirsi di lacrime, che scendevano copiose sulle sue guance ghiacciate a causa del gelo. Si portò la manica del maglione sfilacciato sul volto tentando di asciugarsene qualcuna ma gliene sfuggirono alcune che caddero proprio sulla foto dei due gemelli, posizionata sopra la lapide.
Qui giacciono Ichiru[2] e Jiro[3], figli amati e anime pure.
Sfiorò con il dito l’immagine dei volti dei suoi due figli, sperando forse in un rincuorante calore umano che non trovò nella fredda pietra.
Yuudai sapeva cosa stava per succedere, sapeva che stava per morire, sapeva che Yuki sarebbe venuta a trovarlo per mettere fine a tutte le sue sofferenze soffiandogli via l’anima; per questo si rifugiò in quel cimitero che tanto odiava. Le ultime cose che voleva vedere prima di abbandonare quel luogo macabro e triste che era la Terra erano i volti dei suoi figli che erano morti per colpa sua, morti per la sua mancanza di attenzione.

Erano andati in montagna perché Yuudai voleva insegnargli l’arte della falegnameria, che a sua volta gli era stata spiegata dal proprio bisnonno Minokichi. Gli aveva detto di non muoversi da quel punto, mentre lui stava per dirigersi in una baracca lì vicino per cercare una torcia – visto che da lì a poche ore sarebbe calato il sole e il buio della notte avrebbe abbracciato la desolata foresta –, ma loro ascoltarono e si avvicinarono al fiume che si trovava proprio di fronte alla baracca verso la quale era andata il padre. Si misero a giocare ai margini del flusso d’acqua ghiacciata e, tra una spinta e l’altra, finirono nel fiume. Urlarono, lo fecero più forte che poterono, ma nessuno li udì, né un qualsiasi possibile passante né il padre che, a causa dello spessore del legno della baracca, non li sentì.
Yuudai li trovò galleggiare nelle acque gelide del fiume e, con una morsa al petto, si accorse di essere arrivato troppo tardi. Oramai erano morti.

Un brivido gli corse lungo la schiena; lei era arrivata. Yuki, finalmente, dopo dieci anni di più completo silenzio, si era mostrata nella sua vera, meravigliosa ed abbagliante forma. Le era mancata, lei e quel suo modo tanto strano quanto inquietante di guardarlo, un misto tra dolcezza tipica degli innamorati e la rabbia tipica di una persona tradita.
«Quanto tempo è passato, Yuudai Matsumoto» prestando un po’ di attenzione, l’uomo percepì un velo di malinconia e nostalgia nel tono della donna, lo stesso tono che lui utilizzò per risponderle.
«Non serve essere così formali, Yuki.»
Gli occhi dello spirito, neri come la pece, s’illuminarono per un momento sino a diventare bianchi – era quello il colore di quando la yuki-onna veniva presa da una furia cieca – per poi tornare un attimo dopo del colore che Yuudai era abituato a vedere.
Lei sorrise, ricordando i tempi in cui loro due erano sposati e passavano il tempo divertendosi a darsi soprannomi, che tutt’ora ricorda.
«Ti avevo avvisato…» disse infine, semplicemente, lei. Voleva parlare con lui fino all’alba della mattina successiva, guardarlo finché non avessero iniziato a bruciarle gli occhi, piangere sulle tombe dei propri figli come due normali genitori. Invece furono quelle le parole che uscirono dalla sua bocca; parole che oramai era abituata a ripetere tante erano state le volte che le si ritrovò costretta a pronunciare. Aveva ormai perso il conto degli uomini che aveva dovuto uccidere per una promessa, una minaccia, fatta loro in passato. Uomini con cui aveva condiviso un pezzo della sua lunga ed eterna esistenza ma che, a causa della loro scarsa capacità di mantenere un segreto o di prendersi cura dei propri figli, fu costretta, per obbedire alle regole del suo mondo, ad assassinare.
«Ti avevo avvisato…» ripeté una seconda volta, con lo sguardo velato di lacrime volto sui nomi dei suoi due figli, questa volta con voce più sottile. «Non posso lasciarti andar via, non impunito.»
Normalmente un qualsiasi altro uomo si sarebbe paralizzato dalla paura ma, come ormai anche Yuki aveva ben capito, Yuudai non era un qualsiasi altro uomo. L’aveva pregata di restare con lui anche dopo la rivelazione inquietante che gli aveva fatto e il terrore non si era impossessato di lui, come invece era successo con tutti gli altri. Il suo cervello non aveva neanche lontanamente pensato di scappare lontano da lei; lui era anzi rimasto a domandare spiegazioni, cercando di capire qualcosa di quell’assurda storia che si rese conto essere la sua vita.
«Non posso raggirare le regole, sai che non posso.» Yuki aveva lo sguardo fisso nel vuoto, uno sguardo che lasciava capire la disperazione che in quel momento viveva nel suo cuore.
Yuudai, in fondo, non aveva paura della morte. Sapeva che dal giorno in cui i suoi figli morirono sarebbe potuta arrivare la donna da lui amata in una vita, sapeva qual era la sorte che gli spettava, eppure il suo animo era lieto e privo di preoccupazioni. Forse perché in quel modo si sarebbe potuto finalmente ricongiungere con i suoi figli, o forse perché semplicemente voleva smettere di vivere quella vita che non gli dava più alcuna soddisfazione; neanche lui era a conoscenza del motivo per cui non gli importava più vivere, in realtà.
«Ti prometto che non farà male» disse lei, avvicinandosi sempre di più all’uomo. «Non a te, almeno. Io forse soffrirò, soffrirò come ho fatto ogni volta che mi sono ritrovata costretta a succhiare completamente la linfa vitale di ogni uomo che mi ha tradita, o che ha tradito i principi del mio universo. Tu non sentirai nulla, lo giuro. Lo giuro in nome dei nostri figli.»
Al pensiero di quei due bambini che aveva cresciuto, al pensiero dei loro corpicini senza vita, il cuore le si strinse in una morsa. Odiava quella situazione, così come odiava dover ricorrere ai suoi poteri per poter sopravvivere. Aveva più e più volte provato a togliersi la vita ma non aveva mai funzionato: il compito affidatogli dalla Commissione d’Inverno non poteva essere rifiutato, così si ritrovò costretta a vagare per l’eternità in un mondo che lei trovava desolato e deprimente.
«Ma io non ho paura… ho sempre voluto rivedere il tuo splendido visto, almeno per un’ultima volta» sussurrò lui, aiutato dallo spirito a sdraiarsi a terra. Sfiorò delicatamente le guance ghiacciate della donna e sorrise, uno di quei sorrisi nostalgici tipici di vecchi amanti che si ritrovano dopo anni. «La morte non sarà poi così brutta con quest’immagine impressa nella mente.»
La yuki-onna sorrise a sua volta, portando i loro visi a pochi centimetri di distanza, poi gli sfiorò le labbra con le proprie.
Yuki aprì la bocca e un alito gelato, simile a vapore acqueo, cominciò a levarsi dal corpo di Yuudai. Si stava dissolvendo, lentamente, ma senza provare alcuna sensazione. Semplicemente, stava svanendo, e mai come in quel momento lo spirito provò un dolore tanto forte all’altezza del petto.
Riuscì a sussurrare un debole “grazie”, prima di terminare la propria esistenza proprio come il destino riserva alla neve: scomparendo nel nulla, come se non fosse mai esistito.





[1] “Grande eroe”
[2] Questa parte della storia (ovvero quella in corsivo) è stata presa, se non completamente, in parte da questo sito
[3] Nella tradizione giapponese, “Ichiru” o “Ichirou” è il nome che si da al primo figlio e significa appunto “un figlio”
[4] Come sopra, “Jiro” o “Jirou” è il nome che si da tradizionalmente al secondo figlio e sta a significare “due figli”








Note dell'autrice: aloha, gente!
Speravo in un'entrata più d'effetto in questa sezione ma non sempre possiamo avere tutto quello che vogliamo, quindi... vi è toccata questa roba, yep.
Ci tenevo a fare qualche precisazione: per prima cosa, volevo dirvi che la storia della yuki-onna e di Minokichi è tutta vera, ho letto su diversi siti la leggenda e bene o male non cambiava nulla, quindi ho messo insieme un po' di cose ed è uscito fuori quel brodone. Nel caso non fosse chiaro Minokichi è, era, il bisnonno di Yuudai (secondo la mia mente malata, e facendo qualche calcolo gli anni dovrebbero starci tutti), e nessuno ricordava della situazione vissuta precedentemente dal popolo del villaggio perché ritenuta di poca importanza, mentre in realtà... beh, sapete cosa significhi realmente. Non ho scritto del momento in cui Yuudai è stato minacciato da Yuki perché non lo ritenevo importante ai fini della storia, fatto sta che lui l'ha tradita in qualche modo e che, quindi, lei è stata costretta a lasciarlo a causa delle leggi del proprio mondo (ecco, questa storia delle leggi e della Commissione d'Inverno wtf? invece me la sono completamente inventata...).
Questa Os sarebbe dovuta essere una mini-long di tre capitoli: il primo ambientato nel momento in cui Yuudai e Yuki si sono incontrati, il secondo ambientato durante la rivelazione della vera natura dello spirito e il terzo ambientato in questo periodo, ovvero quando Yuki è obbligata ad assassinare Yuudai.
Vi giuro che al principio c'era molto più fantasy e molto meno romanticismo all'interno della storia - questa, sinceramente, non mi sembra neanche una tanto adatta a questa sezione - ma poi, non so come, la mia mente è esplosa e BUM! è uscito fuori questo.
Spero comunque che la lettura della Os vi sia piaciuta e che non abbiate trovato la storia pesante e priva di significato lol - in questo caso, vi sarei molto grata se me lo faceste sapere... giusto per non farmi venire voglia di strapparmi tutti i capelli, ecco.
Un abbraccio e, forse, alla prossima,

Gnarly
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Gnarly