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Autore: Claudieren_    03/02/2016    0 recensioni
Sogno ad occhi aperti. Solo un mio piccolo e pazzo sogno. Niente di più, niente di meno. Semplicemente ciò che vorrei che accadesse, ciò che immaginavo potesse succedere, in compagnia di lui. Chissà se questa scena immaginaria, anche alquanto attinente alla mia realtà, sia simile a quella di qualche altra persona che, come me, può definirsi una sognatrice o, perché no, un sognatore, ad occhi aperti.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Rêve éveillé.
Sogno ad occhi aperti.

 





In realtà non so dirti perché accettai quello strano invito.
 
«Ci vogliamo ubriacare». Una frase detta così, all’improvviso.
«Ma hai una più pallida idea di quello che stai dicendo?» domandai incredula.
«Si, certo» mi rispose scuotendo le spalle.
«Chi?»
«Io, Angelo e Angela. Vuoi venire anche tu?»
Impallidii. «Così, senza nessun senso?»
«Esattamente»
«E fammi capire una cosa, Angelo dovrebbe anche guidare, dopo?»
Fece una smorfia. «Okay, magari lui non beve»
«Eh, direi, altrimenti a casa non ci arrivi. A proposito, ti rendi conto in che condizioni torneresti?»
Fece spallucce. «Un po’ incosciente?»
«E magari piena di vomito. Questa è davvero la più stupida delle idee che tu abbia mai avuto»
Sospirò. «Tranquilla, okay?»
Restai in silenzio, pensando a quanto fosse sbagliato lasciarmi trascinare in un piano tanto pericoloso. «Vengo anch’io»
«Davvero?» mi chiese, sicura che la stessi prendendo in giro.
«Si. Faccio compagnia a tuo cugino che non può toccare nemmeno una goccia d’alcool, lo sorveglio»
«Nah, tranquilla, sa controllarsi»
Strabuzzai gli occhi. «Ma stiamo ancora parlando della stessa persona?»
«Tranquilla» ripeté per l’ennesima volta andandosene via, lasciandomi in piedi, sola, con i miei pensieri.
 
I miei genitori, ufficialmente, sapevano dovessi andare ad una festa. Non sapevo se vedere tutte quelle bugie come unici metodi per vivere un po’ più di quanto non facessi normalmente o semplicemente come azioni completamente sbagliate che non sarebbero dovute assolutamente nascere nella mia testa. Erano questi i miei propositi per l’anno nuovo? Mentire? Era un chiodo fisso il terrore che mi scoprissero. Cosa avrebbero pensato di me? Non si sarebbero più fidati. Eppure, nonostante la mia coscienza stesse lavorando così duramente pur di farmi fare la cosa giusta, non riuscì nel suo intento. Non in quel caso. Mi lasciai trascinare dalle parole invitanti della mia migliore amica, consapevole di star viaggiando verso un vicolo cieco. Un po’ come quando un claustrofobico sta per entrare in una stanza e, nonostante sappia a cosa stia andando contro, continua imperterrito  verso la sua strada. O per capirci meglio, come quando un ubriaco si mette alla guida, insomma.
Quando salii in macchina, il primo obbiettivo che mi imposi, il primo ruolo che mi affidai autonomamente, fu quello di controllore. Io e Angelo avremmo bevuto il minimo indispensabile. Angela e Miriana avrebbero bevuto quanto bastava. Quanto bastava per farle sentire leggermente male. Niente pronto soccorso, ambulanza, ospedale e cose varie. Al primo giramento di testa un po’ più forte, alla prima risata di troppo, al primo conato di vomito, sarebbe finito tutto. Me lo ero imposto. Non potevo far si che Miriana tornasse così come aveva fatto Antonio o Salvatore addirittura. Non lo avrei permesso. Però, nel momento in cui Angelo mi sorrise e mise in moto l’auto, capii quanto per me sarebbe stata complicata quella serata.
 
«Tutto bene?» mi chiese Miriana quando scendemmo dall’auto. Forse era riuscita a leggere il mio sguardo lievemente spaventato.
«Si» sussurrai. Si allontanò appena vide Angelo fiancheggiarmi.
Mi sorrise. «Pronta?»
Corrucciai la fronte. «Spero che tu non lo sia, perché berrai addirittura meno di me»
Sbuffò. «Certo»
Mi fermai. «Dopo devi guidare. Preferisco farmela a piedi, altrimenti»
Mi circondò le spalle con un braccio. «Tranquilla» mormorò mentre entravamo nel locale.
 
Se dovessi farlo per filo e per segno, non riuscirei a raccontarti la serata. Mi ricordo le battute, quelle squallide e quelle zuppe di doppi sensi. Mi ricordo i bicchieri. Quelli che vedevi pieni e che, il tempo di girarti per qualche secondo, già erano vuoti. Quelli miei, che restavano sul tavolo, strabordanti, per più di venti minuti. E quelli di Angelo, che tenevo d’occhio particolarmente, ma non ero preoccupata, non troppo. Se la cavava bene, con l’autocontrollo. In tutto questo, Angela e Miriana iniziarono sin da subito a sentire gli effetti dell’alcool. La prima aveva già iniziato a ridere senza un’apparente ragione. Spingeva leggermente il braccio di Angelo, su cui si era appoggiato, ed a un suo repentino movimento, iniziava a piangere dalle risate. Miriana aveva quasi passato quella fase. Era sull’orlo di una risata isterica probabilmente senza fine. Mi ritornò in mente all’istante l’indimenticabile scena a Berlino a cui avevo avuto l’onore di assistere.
 
«Sicura di volerla bere tutta? Quella pinta è davvero grande, Mir» domandai dubbiosa. Non ero certa che riuscisse a reggerlo bene, l’alcool.
«Si, tranquilla. È solo birra» affermò convinta, sedendosi al tavolino.
Le lanciai uno sguardo preoccupato prima di assaggiare il primo sorso.
«Ci andate pesante, eh?» chiese Marco sedendosi di fronte a noi, con in mano un piatto di waffle caldi.
Miriana lo squadrò. «Ma no, è solo una birra»
Quelle furono le ultime parole famose. Dopo neanche metà della pinta da mezzo litro circa , iniziò a ridere completamente senza motivo.
«Tutto bene?» le chiesi. «Già sei brilla?»
Rise. «Mi sa di sì» si intromise Marco, che si gustava lentamente l’ultimo waffle e osservava affascinato la scena.
«Mi fai assaggiare?» gli domandò Miriana.
«Certo, prendi pure» acconsentì educato, porgendole la forchetta. Lei, invece di prenderla in mano, si sporse sul tavolo e spalancò la bocca. Rimase così per un po’.
Scoppiai a ridere. «Mi sa che vuole essere imboccata, Marco»
Il ragazzo iniziò ad arrossire dopo che, cortesemente, avendo a che fare con una semi ubriaca, assecondò i desideri di Miriana.
Inutile dire che, mentre la mia pinta era completamente vuota, la sua tornò indietro quasi intatta.
 
«Ti diverte, eh?» mi sussurrò Angelo all’orecchio facendomi sobbalzare.
Sorrisi ed annuii. «Giusto un po’»
«Anche io mi divertirei, se fossi anche tu in quello stato». Pronunciò la frase come un invito.
«Non ci pensare proprio. A parte che rischi di scocciarti, da solo, ma devo essere sicura che tu non tocchi nient’altro»
«Si, mamma» sussurrò.
«Angy, guarda come sono carini insieme» urlò Miriana indicandomi.
Arrossii. «Sono le due del mattino. Quando credi sarà abbastanza?»
«Non adesso». Si voltò verso il bancone, ammiccò al barista ed alzò una mano. «Ancora un giro per noi quattro»
Mi coprii una mano con la fronte.
«Tranquilla» mormorò Angelo. «Questo è l’ultimo, poi andiamo via»
Sospirai, sollevata. «Scommetto che vomita prima che finisca la serata»
Gli tesi la mano.
«Cosa scommetti?»
Sorrisi. «Un bacio, nulla di più, la crisi colpisce anche i più giovani»
Rise. «Dove?» domandò ancora.
«Questo lo decide il vincitore. Allora?» chiesi muovendo leggermente la mano che era rimasta a mezz’aria. «Ci stai?»
«Certo» affermò deciso, stingendomi la mano.
 
Uscimmo dal locale dopo altri due giri. La “scusa” fu un semplice collegamento logico che sosteneva che io non avessi bevuto per più di cinque giri. In ogni caso, ciò che avrei dovuto bere io, sparì in meno di dieci secondi, non per colpa mia. Quando fu troppo, riuscii a convincere Angelo ad aiutarmi ed a portarle a fare due passi per prendere un po’ d’aria. Erano quasi le tre. Miriana aveva completamente superato la fase da “gas esilarante” e aveva già iniziato con la fase depressiva. Angela invece girava alla ricerca di farfalle, se sono riuscita a  tradurre adeguatamente i suoi mugolii. Io ed Angelo, invece, eravamo lì, abbastanza lontani da non farci distrarre né disturbare da loro, ma abbastanza vicini da poterle tenere d’occhio, casomai si fossero allontanate più del dovuto o fossero state pronte a combinare qualche stupidaggine.
«Credo tu abbia perso» mormorò.
«La serata non è ancora finita» affermai. «In ogni caso ti consiglio di aspettare un po’ prima di riportarle a casa. Se Enio se le ritrova in queste condizioni, ti ammazza, non ti farà mai uscire con loro»
Rise. «Si, lo so. Di sicuro aspetteremo e poi silenziosamente le metterò a letto»
Immaginai il padre di Miriana rosso dalla rabbia. Non l’avrebbe fatta più uscire in generale se non per la scuola. Feci una smorfia.
«Vuoi che ti riaccompagni a casa?»
«E lasciarle qui?»
«No, naturalmente. Vengono anche loro, poi le riporto qui»
Guardai l’orologio. Le tre e mezza.
«N-no, non è poi così tardi» mentii.
«Guarda che non è un problem…» si interruppe e si girò.
«Per caso è Miriana quella che sta vomitando nella pianta?» domandai.
Sbuffò. «Si, allora ho perso la scommessa»
Risi, alzandomi dalla panchina. «No, non preoccuparti di tua cugina» ironizzai. «Sta solo rischiando di vomitare anche la milza». Mi avvicinai quanto bastava per farmi sentire da lei. «Come ti senti?»
Si sedette per terra e chiuse gli occhi. «Mi gira la testa, ma meglio. Forse non è stata proprio una buona idea, avevi ragione»
Alzai gli occhi al cielo. «Grazie. Vuoi tornare a casa?»
Annuì impercettibilmente. «Ce la fai a portare anche tua sorella?»
Ci girammo entrambe verso Angela. Cantava un’inquietante canzoncina per bambini mentre seguiva un qualche insetto volante.
«Non ne sono proprio sicura. Credo di dover…»
Non terminò nemmeno la frase che vomitò di nuovo.
«Credo sia meglio se mi accompagni e mi aiuti a metterle a letto» sussurrò Angelo al mio orecchio, appoggiando una mano sul mio fianco.
«Se Enio mi vede, non mi vorrà mai più a casa sua»
«Vieni da me, allora»
Sorrisi. «Muoviamoci allora. Io prendo Angela, tu Miriana»
«Cosa? E perché io Miriana?» domandò.
«Perché hai perso la scommessa» affermai avvicinandomi ad Angela.
«Ma non vale!» piagnucolò mentre cercava di restare a distanza di sicurezza da Miriana.
 
Entrammo avvolti dal più assoluto silenzio.
«Mamma e pap…»
Tutti all’unisono zittimmo Angela. Una alla volta accompagnai le ragazze in bagno, che si lavarono e indossarono il pigiama. Dopo una ventina di minuti durante i quali chiedevo a Miriana di fare attenzione, soprattutto per sua sorella, cacciò me ed Angelo, quasi ci chiuse la porta in faccia.
«Simpatia»
Risi. «Come sempre»
Mi prese per mano, scendemmo le scale del palazzo e mi fece entrare in macchina.
«Vuoi che ti porti da qualche parte prima di tornare a casa?»
«Angelo, sono le quattro del mattino, direi che tornare a casa per me non è un optional»
Sorrise, mise in moto e percorremmo quei pochi chilometri che dividevano la mia casa da quella di Miriana, in silenzio. Parcheggiò di fronte al portone e si girò verso di me.
«Grazie»
Arrossii. «Per cosa?»
«Mi hai fatto compagnia, sono quasi convinto che senza di te avrei bevuto almeno quanto loro. E per avermi aiutato a metterle a letto»
«Mi sono divertita, grazie a te». Lanciai uno sguardo alle finestre. Tutte le luci erano spente. «Dovrei salire»
«Prima, però, devi riscuotere la tua vincita»
Sorrisi. «Ah si? La mia vincita non era lasciarti Miriana tra le braccia?» chiesi mentre sentivo il mio cuore accelerare.
«No, quello era solo un anticipo, ma noi abbiamo scommesso un bacio»
«Chiudi gli occhi»
Mi guardò dubbioso. «Perché?»
«Sta a me decidere, no? Allora chiudi gli occhi»
Fece come gli avevo chiesto. Lo fissai, cercando di memorizzare ogni singolo angolo del suo viso, che poi gli presi tra le mani, prima di avvicinarmi. Appoggiai leggermente le labbra sulla sua guancia destra prima di sfiorargli appena le labbra sicura che, se anche solo per qualche secondo, fosse riuscito a sentire il contatto che c’era stato, pieno più di mille parole. Aprii la portiera ed al rumore lui aprì gli occhi.
«Fammi un messaggio appena sei arrivato a casa». Fu l’ultima cosa che gli dissi, prima di superare la soglia del portone.  





Note:
Non credo ci siano commenti. Ciò è solo una minuscola parte dei miei pensieri. Spero vi piaccia.
Claudieren_ ♥
  
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