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Autore: WatchMeSoar    03/02/2016    1 recensioni
Nella foga del momento, Paura dice qualcosa che non avrebbe mai voluto condividere con nessuno.
Piccola Long ispirata dalla fantastica intervista dei produttori del film.
{ Disear || Fashion Disaster || LongFic || Traduzione }
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Always

Capitolo secondo 


 
Dopo che Paura se ne fu andato, gli altri erano rimasti per qualche minuto sospesi in un'attonita immobilità. Disgusto continuava a fissare con sconcerto il punto esatto in cui Paura si trovava un attimo prima, cercando in ogni modo di tirar fuori qualcosa, qualsiasi cosa, che l'aiutasse a razionalizzare ciò che sentiva in quel momento. 
Gli altri la stavano osservando rapiti, anche se non sapevano esattamente cosa stessero aspettando. Ma tutti loro avevano capito che fosse davvero, davvero molto importante guardare la sua reazione a ciò che Paura le aveva appena confessato. Paura non era affatto una persona stoica, e, per le tre emozioni... Beh, in realtà quello non era affatto stato il suo segreto effettivamente più riusciuto. Però era sempre stato molto attento ad evitare che lei ne venisse a conoscenza; Paura era terrorizzato da ciò che lei avrebbe potuto dire. Disgusto era abbastanza difficile da capire. 
E ora, con grande speranza per il loro agitato compagno, Gioia, Tristezza e Rabbia aspettavano almeno un accenno della sua reazione. 
Il problema era che lei non ebbe affatto alcuna reazione. Nessun cipiglio, nessuna fronte corrugata; né tantomeno lacrime, o un sorriso, o una risata - vera o canzonatoria. Nulla. 
Rabbia fu il primo ad osare, e si mosse. Si avvicinò a Gioia e a Tristezza, mettendosi in mezzo a loro e posando una mano su un braccio di entrambe per avvisarle della sua presenza. Gioia si scansò, mentre Tristezza gli diresse la sua attenzione voltando la testa verso di lui, e Rabbia cominciò a parlare piano. "Dobbiamo fare qualcosa. Se lasciamo fare a quei due sempliciotti, sono sicuro che tutta questa situazione evolverà in peggio." 
Le altre due emozioni annuirono. Tristezza fu la prima a rispondere. "Io potrei parlare con Paura. Credo, uhm... Credo che forse potrebbe avere bisogno di me." 
Gioia e Rabbia fecero cenno con il capo, nonostante pensare a qualcosa del genere li rattristasse. Paura era molto sensibile per natura. Probabilmente, in quel momento, stava facendo una lista dei modi più semplici per scomparire per sempre. 
Finalmente, Gioia diede la sua. "Io posso parlare con Disgusto. Forse posso convincerla che è una cosa positiva." 
"No, no," Rabbia rispose gentilmente, ma con fermezza. "Lei ha bisogno di una bella dose di sfacciataggine, e non di cieco ottimismo. Per... Quanto possa essere rischioso per Paura, abbiamo bisogno della sua risposta sincera. Le parlerò io. Tu lavora alla console: Riley è quasi arrivata a casa di Samantha, devi fare assolutamente in modo che si diverta." 
Gioia sembrava parzialmente abbattuta, ma subito si riprese e annuì. Dopo essersi lanciati un ultimo sguardo, i tre si divisero: Tristezza camminò lentamente verso la rampa, mentre Gioia e Rabbia si diressero verso la console. Rabbia mosse una  mano verso Disgusto e le afferrò il braccio, guidandola via dallo schermo e verso la cucina. "Andiamo. Io e te dobbiamo fare una chiacchierata." 
Disgusto camminò senza vedere, ma accondiscendente, e Gioia fece a Rabbia un ultimo cenno col capo, prima di ricondurre la sua attenzione al grande schermo. 

 
III

Una volta in cucina, Rabbia condusse Disgusto al tavolino che utilizzavano per la colazione e aspettò che si sedesse. Lui invece si accomodò di fronte a lei e non disse nulla per un po', limitandosi semplicemente a osservarla. Lei sembrava chiaramente molto più cosciente di qualche attimo prima e nonostante Rabbia non riuscisse a capire cosa stesse esattamente provando, era ovvio che fosse preoccupata per... qualcosa.
Le sue mani erano strette in grembo e i suoi occhi erano fissi su di loro. Le sue sopracciglia erano corrucciate, ma più in contemplazione che per altro; sembrava perplessa - e, forse, anche un po' triste. 
Rabbia decise di prendere parola per primo. "Cosa ti tormenta?" 
Non ricevette alcuna risposta, oltre a un cenno di dissenso del capo, e così insistette. "So che mi stai sentendo e che qualcosa ti sta preoccupando. Puoi dirmi a cosa pensi, esattamente?" 
Ancora nulla. 
Rabbia si risedette e sbuffò. Era difficile per lui mantenere la calma in situazioni come queste: se faceva una domanda, lui esigeva assolutamente una risposta. In ogni caso, sapeva che se Disgusto, tra tutte le emozioni, era senza parole, allora doveva esserci qualcosa di serio a tormentarla in testa. Doveva cercare di essere paziente, per lei e per Paura; d'altronde, lui si meritava una risposta. 
Rabbia odiava ammetterlo, ma credeva che lui e Paura fossero parecchio amici, nonostante si punzecchiassero i nervi a vicenda. E poi, aveva sempre avuto un debole per Disgusto: a volte erano così simili che non poteva evitare di considerarla come una sorella minore. Insomma, Rabbia voleva così tanto che entrambi ne uscissero bene, da quella situazione - ma, affinché questo accadesse, aveva bisogno che Disgusto si aprisse, e lui non l'avrebbe costretta a parlare urlandole addosso. 
Decidendo di utilizzare un approccio un po' più diretto, Rabbia tentò ancora una volta. 
"Senti, so che hai un'opinione per quello che è appena accaduto. Insomma, tu hai sempre un'opinione - sai quel che ti piace e quello che non ti piace." Fece una piccola pausa, cercando di catturare il suo sguardo. "Paura ti ha appena detto che ti ama. Cosa hai da dire?" 
Fu allora che Disgusto parlò; quasi in un sussurro, disse: "Non lo so" 
Rabbia stentava a crederci, ma proprio quando aveva aperto bocca per dirglielo, lei finalmente alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi, facendo volatilizzare i dubbi di Rabbia: era davvero spaventata, come se non sapesse cosa pensare. 
Dato che non sapeva cosa dire, Rabbia pensò che forse il silenzio l'avrebbe portata a parlare. Lui aspettò, trattenendo la sua impazienza, quando vide Disgusto muovere le labbra per formare parole che si dissolsero prima di essere pronunciate. Disgusto diede voce a un rumoroso sospiro e si prese una piccola pausa, prima di riuscire a pronunciare delle vere parole. "Lo sapevo. Ho sempre saputo cosa provasse." 
Rabbia suppose che avrebbe dovuto sentirsi sorpreso da quella dichiarazione, ma non lo era. Disgusto era intelligente, d'altronde. 
"Solo che io non avrei mai... Mai pensato che l'avrebbe confessato." Dalle sue labbra uscì una risata amara. "Suppongo che nemmeno lui l'avrebbe mai pensato." 
Lei si sollevò dalla sedia e Rabbia notò che stava andando su di giri per potersi spiegare apertamente. Era come lei era abituata a fare questo genere di cose, e lui l'avrebbe lasciata fare. "Quando - cioè, se lo avessi immaginato dire una cosa del genere, avrei creduto di sentirmi più... Non so, infastidita? Non era mica una sorpresa." Allontanò lo sguardo da Rabbia, dirigendolo fuori dalla finestra, verso la Memoria a Lungo Termine, senza però davvero guardarla. "Però, quando l'ha detto poco fa, non è così che mi sono sentita. Piuttosto ho sentito... Calore." 
Il silenzio seguì quelle parole e Rabbia capì che lei aveva finito. Anche se aveva ottenuto una buona confessione, doveva assolutamente ricevere una risposta diretta e perciò parlò nuovamente. 
"Paura ti ama." 
"Lo so."
"E tu?" 
Disgusto riportò lo sguardo su Rabbia e prima che lei dicesse qualcosa, intuì la risposta. 
La verdina scosse la testa, lentamente e con calma, e anche se un accenno di lacrime velò i suoi meravigliosi occhi sussurrò una sola parola. 
"No."
Rabbia sapeva, in fondo in fondo, che questa era la conclusione alla quale sarebbero giunti sin dal principio. Anche se Disgusto avesse dedicato una parte del suo cuore a Paura, anche se lui le fosse piaciuto più delle altre Emozioni - ed era così, Rabbia ne era certo, poteva percepirlo chiaramente -, il problema era che Disgusto non era pronta per amare. Forse, proprio come una delle più importanti forze motrici che avrebbero spinto Riley, un giorno, a scegliere un fidanzato e un marito, Disgusto era in sintonia con la capacità di Riley di amare molto più del resto di loro. Detto in parole povere, se Riley non era pronta, allora non lo era nemmeno Disgusto, per principio e per il fatto di essere quell'emozione. E Riley aveva ancora tredici anni. 
Rabbia guardò Disgusto negli occhi per un attimo e si accorse che stava pensando la stessa cosa. 
"Cosa farai?" le chiese dopo un po'. 
Lei sospirò pesantemente. "Non lo so. Ho bisogno di parlargli," lanciò uno sguardo a Rabbia per ottenerne il consenso, e poi continuò. "Ma cosa posso dirgli? 'Scusa, ma non provo la stessa cosa'?"
"È la verità?" 
"No- cioè, non tutta la verità." Disgusto poggiò i gomiti sul tavolo e si mise la faccia tra le mani. Dopo un momento si scoprì il volto e rivolse uno sguardo serio a Rabbia. 
"No, non lo amo," disse, dura, ma la sua voce cominciò a vacillare, e anche se lui era convinto che non si sarebbe lasciata tentare dalle lacrime, sapeva che era molto vicina al pianto. "Ma vorrei." 
Le sue mani tornarono sul suo viso, e Rabbia, silenzionsamente, si sentì un po' più sollevato per il suo amico. 
"È gentile e premuroso, non importa cosa gli abbia detto. È delicato, mi piace spendere del tempo con lui quando non siamo a lavoro. Io mi preoccupo per lui e non è giusto che non posso ricambiare i suoi sentimenti!" 
Disgusto aveva perso contro le sue angosce e mentre piangeva in silenzio, coprendosi gli occhi con le mani, Rabbia allungò le sue per potergliele afferrare. Si guardarono negli occhi: lo sguardo dell'emozione rossa era serio, ma anche comprensivo. 
"Disgusto, ora non lo ami perché non puoi. Quando arriverà il momento, lo amerai?"
Disgusto scrutò i suoi occhi per un secondo prima di annuire. 
"Sì. Sono parecchio convinta, sì. So di non poterlo garantire al cento per cento, ma..." 
"Ma, allo stesso tempo, puoi." Rabbia le mostrò un sorriso sghembo e le tirò delicatamente la mano per far sì che si avvicinassero. "Disgusto, digli questo." 
Lei sembrò sorpresa, ma ben presto un piccolo, debole sorriso spuntò sulle sue labbra, e così si alzò dal tavolo. Annuì, grata al suo amico, si voltò e lasciò la cucina. 
Rabbia tirò un profondo respiro di sollievo. Ora l'unica cosa da fare era aspettare. E sperare. 





Note dell'autrice: MI DISPIACE, DOVEVO FARLO. Io... non posso- boh non lo so. Non odiatemi. 

Visualizza l'immagine a schermo interoNote della traduttrice: E sì, invece potete anche odiare me perché avevo promesso il capitolo a Natale e l'ho postato a Febbraio- Okay, faccio ritardi spaventosi, ma okay. Abbiate pazienza pls- E' la scuola che mi stressa-
Comunque, niente... Questo è stato un capitolo che sinceramente mi ha spezzato il cuore - per non parlare poi degli altri dopo. Cioè, io a questo punto volevo prendere l'autrice e urlare in faccia "PERCHE' L'HAI FATTO, PERCHE'" e piangere e disperarmi e cercare di capire perché le fanfiction sono così strazianti. (?) 
Niente... Ho avuto delle difficoltà a tradurre delle cose e alla fine ho dovuto utilizzare una traduzione che, in italiano, non suonasse male come invece la letterale dall'inglese, non so se mi spiego. Spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto, se avete dei commenti potete benissimo dirli a me e io farò da tramite con l'autrice, l'ho contattata proprio la settimana scorsa per dirle che avrei aggiornato a breve c: 
Intanto ringrazio chiunque abbia letto fin qui, a presto!
Euphemia 

 
   
 
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