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Autore: Dilo_Dile2000    04/02/2016    3 recensioni
Cosa spinge una giovane a fuggire dalla propria famiglia e da coloro che ama? Perché vuole spingersi fino a Gondor quando potrebbe salpare per Aman ed evitare il più grande conflitto della Terra di Mezzo? Questa è la storia di Melyanna, del suo passato, dei suoi dolori e di ciò che l'ha trasformata da ragazza a guerriera. Per questa storia seguirò principalmente il libro, tranne in alcune parti che sarà indispensabile trarre qualcosa dal film.
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DAL XXII CAPITOLO:
"-Se la guerra terminerà in favore del bene, allora vi rincontrerete sulle bianche spiagge del Reame Beato. Ma se la missione fallisse e tu dovessi trovare la morte...- Un brivido mi corre lungo la schiena -Qualsiasi siano i sentimenti che prova per te, forse solo al di là del mare potrebbe trovare requie alle sue pene.-"
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NON LASCIARMI

 

Ad ogni passo che muovo mi avvicino sempre di più al campo di addestramento e il nodo che si è formato all'altezza dello stomaco si stringe fino a diventare insopportabile, il rumore del mio cuore sovrasta il suono dei piedi sul terreno. Muoio dalla voglia di allenarmi, ma allo stesso tempo ho paura, paura dei miei nuovi compagni e del capitano, dei loro giudizi, paura di non essere all'altezza di ciò che sto per intraprendere, e quest'ansia mi sta torturando con estrema lentezza.

Legolas mi ha detto che le reclute saranno circa una cinquantina e avranno più o meno la mia età, e questo è alquanto strano considerando la frequenza con cui noi Eldar facciamo figli; Ada e Nana mi hanno raccontato che a Imladris, quando sono nata, la gioia era così grande che tutto, anche gli avvenimenti oscuri di quei tempi, sembrava essere di poco conto. Ada e Nana... Darei qualsiasi cosa per averli accanto adesso a consigliarmi, a rassicurarmi. Solo a rammentare il loro nome il cuore perde un battito e le gambe si bloccano, lacrime a lungo tenute nascoste minacciano di bagnarmi le guance: vorrei potermi lasciar andare, ma continuo a ripetermi che non è utile piangere al mio primo giorno di addestramento. Stringo con forza le palpebre e riprendo a camminare con più decisione.

In pochi minuti raggiungo l'entrata del campo già gremito di ragazzi che parlano tra loro: sembrano tutti così affiatati e in sintonia che le mie poche speranze di integrarmi bene tra loro cominciano a sfumare. Tutti hanno portato con loro almeno un'arma e sono vestiti con i colori della foresta; guardo i miei abiti azzurri e argentei, tipici di Gran Burrone, e sento le guance andare in fiamme. Un'infame codardia s'insinua nella mia mente e la tentazione di fuggire è fortissima, ma non ferirò il mio orgoglio in questo modo, non adesso che sono appena arrivata.

Bel modo di iniziare un addestramento.” Penso, mentre, con il cuore in gola, varco il cancello. Tutti i presenti si voltano verso di me, nessuno escluso; mi scrutano con i loro occhi curiosi mentre attraverso il campo. Il terrore ritorna inaspettato e devo combattere con tutte le mie forze per non darmela a gambe e guadagnarmi, così, un'umiliazione ancora più pesante. Per la prima volta, mi sento a disagio nei miei vestiti, nelle mie usanze, nel mio corpo: tra di loro io sono come una mosca bianca. C'è chi sussurra all'orecchio del compagno, chi fa commenti inopportuni, chi invece si limita a fissarmi divertito; avanzo a testa bassa, la tristezza e il senso di solitudine che provo da giorni si amplificano e si trasformano in lacrime, ma sono già abbastanza avvilita e non voglio che mi deridano ancora. Maledico mentalmente Legolas, che mi ha impedito di portare le armi di mio padre: forse, se avessi avuto anche solo il pugnale, mi avrebbero rispettata.

Mi siedo sulla staccionata, lontana da tutti, e in pochi secondi ogni cosa torna alla normalità; è triste sentirsi soli quando non si ha nessuno accanto, ma la solitudine in mezzo a così tante persone è ancora peggio.

Rimango immersa nei miei tristi pensieri fino a quando tutte le reclute si muovono frettolosamente mettendosi sull'attenti; capisco che, molto probabilmente, sta per arrivare il comandante, e mi affretto ad imitarli schierandomi, a malumore, in prima fila. Il ragazzo accanto a me si volta a guardarmi: i suoi capelli rossi ramati ravvivano gli occhi verdi che, con mia sorpresa, non sono attraversati da una luce maligna, ma da comprensibile curiosità e da qualcos'altro che non riesco a comprendere.

Il capitano fa il suo ingresso nel campo: è un Elfo alto e robusto con lunghi capelli castani raccolti in una pratica coda, indossa dei semplici vestiti da allenamento; ma ciò che di lui incute timore è lo sguardo, più affilato e tagliente della lama che porta alla cintura. Veniamo scrutati con assoluta freddezza e, quando i suoi occhi si fermano su di me, un brivido di paura mi percorre la schiena.

-Mettete via le armi.- Ordina con una calma quasi innaturale. Tutti, tranne me, depongono i loro armamenti ai piedi del comandante, poi riformano le file, più impauriti che mai. In quel breve lasso di tempo l'Elfo non ha fatto altro che fissarmi con indifferenza.

-Se pensate d'imparare subito ad usare un'arma vi sbagliate.- Riprende a parlare mentre sfila il lungo pugnale dal fodero. -La prima cosa di cui ha bisogno un guerriero è la mente.- Passa il dito appena sopra il filo della lama. -Ma la mente da sola non può esistere, deve vivere in un corpo forte- Il palmo della sua mano stringe il taglio del pugnale e non si muove fino a quando un rivolo rosso non scende lungo il suo polso; lui non se ne cura e la richiude a pugno. -Insensibile al dolore.- Un breve silenzio segue alla sua dimostrazione di apatia.

-Io vi insegnerò ad essere veloci e scattanti ma anche resistenti, con me imparerete a dominare il dolore e le vostre emozioni, ad obbedire ai superiori e a servire il re. Io sono il capitano Seregon, e non aspettatevi clemenza da parte mia.-

 

Appena noto la fontana in vicino alla staccionata mi ci precipito, bevendo con avidità più acqua possibile; bagno il viso e il collo, ricoperti di sudore, e lascio che il sole filtrato dai rami asciughi la mia pelle. Mi lascio cadere sulla panchina più vicina, rilasso i muscoli doloranti e chiudo gli occhi, completamente esausta. Le tre ore di allenamento hanno prosciugato tutte le mie energie, che a causa del mio poco mangiare non sono molte, e attivato in maniera intensiva ogni singolo muscolo; c'è stato un momento in cui ho creduto di star per svenire. Ma nonostante tutto la fatica mi ha permesso di non pensare a ciò che mi è successo, la mente si è chiusa ai brutti ricordi; mi sono concentrata unicamente sugli esercizi che il capitano ci ordinava, o meglio, urlava. Fortunatamente, per adesso, si astiene dal fare commenti sarcastici.

Le altre reclute si sono dimostrate molto diffidenti nei miei confronti, e questa ostilità si è stata più intensa negli esercizi di coppia; solo il ragazzo dai capelli rossi si è offerto di allenarsi con me.

Nonostante questo, non ho ancora scambiato una parola né con lui, né con gli altri.

Un gruppo di ragazzi mi ha circondata senza che me ne accorgessi e tra di loro c'è anche qualche femmina, ma i loro sguardi minacciosi mi fanno sentire vulnerabile. Mi fissano per qualche secondo e non cercano minimamente di nascondere le loro risatine sarcastiche. Uno di loro mi si avvicina e afferra un lembo della mia casacca.

-Sei forse cresciuta in mezzo a torrenti e cascate per vestirti così?- Chiede, come se si fosse rivolto ai compagni e non a me. Vorrei rispondergli che sì, sono cresciuta veramente in luoghi simili, ma la voce mi muore in gola quando il gruppo scoppia a ridere; le loro risate maligne riecheggiano nella mia testa, il respiro si fa corto e gli occhi bruciano. Un'insistente voglia di piangere si contrappone al senso di orgoglio che solo oggi ho scoperto di avere.

-Scommetto che non riesce nemmeno ad arrampicarsi su un albero.-

-E che non riesce a tenere in mano un arco!-

-Questa principessina non sa nemmeno cosa voglia dire sporcarsi.-

Continuano per qualche minuto ma che sembrano ore lunghissime. Nel momento in cui sento di non poter resistere più a tanta derisione, qualcuno arriva in mio soccorso.

-Non avete altro da fare che tormentarla?- I ragazzi si voltano verso il giovane Elfo fulvo che, intanto, mi sta fissando con occhi caritatevoli.

-Non intrometterti.- Sibila un Elfo dai lunghi capelli neri.

-Vi credete superiori- Riprende il rosso -Ma in questo modo mettete soltanto nudo la vostra stupidità.- Il gruppo rimane interdetto, ma poi se ne vanno tutti in silenzio lanciandoci occhiate colme di astio. Ora che siamo rimasti soli mi sento molto più tranquilla, ma non posso impedire a qualche lacrima di inumidirmi gli occhi.

-Va tutto bene?- La sua voce non è molto profonda, ma leggera e delicata. Vorrei poterlo ringraziare per la sua gentilezza e per il suo coraggio, ma mi limito a scuotere mestamente la testa e ad allontanarmi da lui.

Cammino lentamente verso il locale mensa; vedo un tavolo su cui stanno numerose ciotole ricolme di stufati e ne prendo una, ricordando i consigli di Legolas sul mangiare dopo un lungo addestramento. Le mie mani tremano così tanto che un po' di zuppa cade a terra.

Trovo un posto abbastanza isolato e mi siedo, mescolando lo stufato con il cucchiaio di legno e rimanendo a fissarlo senza neanche assaggiarlo: in questi giorni sto mangiando veramente poco e ci sono delle volte in cui non tocco nemmeno un pezzo di pane; Legolas mi rimprovera per questo, ma mi capisce e fa di tutto per aiutarmi. Dopo l'allenamento mi sentivo affamata come non lo ero da tempo, adesso però il mio stomaco è di nuovo chiuso e non riesco a mandar giù nient'altro che le mie lacrime.

Le parole di quei giovani Elfi mi hanno fatto soffrire più di quanto pensassero, probabilmente; sono sicura che il loro non è un cuore maligno, sono solo diffidenti con gli estranei, ma perché deridermi in quel modo, perché ridere del mio aspetto? Loro non sanno cosa ho passato, quanto mi senta distrutta e vuota dentro.

Una seconda ciotola si posa sul tavolo e il giovane Elfo dai capelli come il fuoco si siede di fronte a me; comincia a mangiare con una notevole voracità e mi guarda di sottecchi mentre le sue guance si imporporarono sempre di più. Cerco di mandare giù una cucchiaiata di stufato ma ottengo solo un colpo di tosse e un riflesso di vomito; lascio cadere la stoviglia nel piatto e lo allontano da me. Lui alza la testa e mi fissa dubbioso, poi ritorna a mangiare.

-Grazie...- Sussurro per rompere il silenzio imbarazzante tra noi due. -Grazie per avermi difeso...- È la prima volta che parlo con qualcuno da quando sono arrivata a Bosco Atro.

Il ragazzo mi guarda, visibilmente imbarazzato, e lascia perdere il suo pranzo: -Figurati... Molti di noi sono ostili verso gli stranieri a causa dell'isolamento in cui viviamo, ma loro stavano esagerando. Ti hanno fatto soffrire?- Annuisco mentre cerco di trattenere le lacrime.

-Non farci caso: le ragazze sono solo invidiose mentre i ragazzi...- S'interrompe e fa un sorrisino, arrossendo ancora. -Beh... Non se ne vedono tante come te qui da noi.-

-Che vuoi dire?-

-Voglio dire che sei rara, se non rarissima.- Tossisco nervosamente e sento il viso avvampare, poi vedo che le sue guance sono diventate rosse quanto i capelli.

-Perdonami- Balbetta imbarazzato -Io non... Non volevo essere così... Così impudente... Sono stato...-

-Non scusarti, ciò che hai detto mi ha fatto piacere. Almeno tu hai delle parole... Carine per me.- Sorride gentilmente e i suoi occhi verdi brillano.

Continuiamo a parlare per circa un'ora e, man mano che passa il tempo, ci leghiamo sempre di più: gli parlo di Imladris, dei suoi fiumi e boschi, della sua gente, di Elrond e di quanto sia saggio; fortunatamente, non mi domanda il perché della mia partenza da “quel luogo meraviglioso”, come lo definisce lui, e gliene sono molto grata. Quando scopre che sono amica di Legolas mi riempie di domande riguardo a certe voci strane che girano nel regno. Scopro che lui ha due fratelli più piccoli, delle vere pesti, che i suoi genitori servivano entrambi il re come guerrieri e che ha ereditato i capelli rossi da sua nonna.

La sua loquacità è così contagiosa che riesco ad aprirmi come non farei mai con gli sconosciuti e, dopo parecchi giorni, sono tornata a sorridere e a consumare un pasto decente.

-Legolas mi starà aspettando- Esordisco notando che, tra i rami intrecciati degli alberi, il sole è ormai alto nel cielo. -Devo andare. Non sai quanto mi abbia fatto piacere parlare con te. A domani- Mi alzo in piedi e lo saluto secondo le maniere di Gran Burrone.

-Aspetta!- Mi richiama lui. -Abbiamo parlato per tutto questo tempo e non ci siamo detti i nostri nomi.- Lo guardo perplessa e mi rendo conto che non so come si chiami.

-Il mio nome è Aglar, figlio di Tarcil.-

-Io sono Melyanna, figlia di... Brethil.- Rispondo, sperando che non si sia accorto della voce tremante.

-Allora a domani, Melyanna.- Riprende portandosi una mano al petto. Inclino la testa in segno di congedo e mi dirigo a palazzo, con il cuore alleggerito un poco dai ricordi e un lieve sorriso sulle labbra.

*

Aglar è in piedi nel cortile di Meduseld: mi da le spalle, poiché ignora la mia presenza, con le braccia, che tante volte mi hanno stretto, intrecciate al petto; il vento muove i lunghi capelli fulvi e le vesti intorno al corpo snello, forte e accogliente allo stesso tempo. Sulla pelle riesco ancora a sentire le sue timide carezze, le labbra portano il lontano sapore dei nostri pochi baci incerti dell'adolescenza, quando ancora non eravamo pienamente consapevoli dei sentimenti che ci legavano. Erano semplici gesti dell'infanzia, me ne rendo conto, ma dolci e sinceri.
Spesso mi domando se abbia fatto la scelta giusta lasciandolo andare, se il nostro non fosse stato solo un gioco ma un frutto acerbo che sarebbe maturato; abbiamo abbandonato quella strada anni fa, quando abbiamo cominciato a capire cosa ci fosse veramente tra di noi, ma è stato l'inizio della nostra amicizia, profonda, tenera e intima. Non mi ha mai fatto soffrire, si è sempre fatto in quattro per vedermi sorridere e molto spesso c'è riuscito, ed io mi ostino a seguire qualcuno che mi ama, forse, solo come un fratello, e non può essere altrimenti: ci sono stati troppi ostacoli che non gli hanno permesso di sviluppare qualcosa di più intenso.
 È veramente amore quello che provo per Legolas o solo un'infatuazione che adesso arde come paglia al fuoco ma che, ben presto, svanirà? Forse sono soltanto attratta dallo splendido principe e non dal suo cuore, o forse è un naturale effetto di un rapporto così stretto. Forse ho la felicità davanti agli occhi ma non riesco a vederla.

-Melyanna- Mi chiama voltandosi verso di me. -Cosa ti è successo?- Riprende alludendo al braccio ferito. Lo raggiungo e rimango accanto a lui, con lo sguardo perso all'orizzonte.

-Legolas.- Rispondo semplicemente. -Abbiamo parlato.- C'è così tanta preoccupazione negli occhi di Aglar che mi si stringe il cuore. Rimaniamo entrambi in silenzio mentre il vento ci sferza il viso.

-Forse sono io il problema.- Esordisce all'improvviso; i suoi occhi esprimono una strana malinconia.

-Che vuoi dire?- Domando perplessa.

-Che sono io l'ostacolo che impedisce a te e a Legolas di amarvi.-

-Perché dici questo Aglar? Non sai quanto ti voglia bene.- Rispondo, voltando con la mano il suo viso verso di me. -Sei come un fratello per lui.- Sospira chiudendo gli occhi.

-Prima forse, adesso non ne sono più sicuro.- Fa una breve pausa e si scosta leggermente da me; sotto il palmo, sento la mancanza della sua pelle liscia e calda. -È diventato freddo e ostile e oggi stava per aggredirmi... Penso reagisca così al dolore, come suo padre.-

-Quale dolore? Non credo che senta la nostalgia di casa, ha fatto viaggi ben più lunghi di questo, ed ha tutti i suoi amici accanto a se.- Nella mia mente si forma un'altra amara teoria: e se avesse lasciato dietro di sé un'amante? So che ne ha avute altre e che ne ha tutto il diritto, ma il pensiero che ami così tanto qualcun'altra da soffrirci in questo modo... Non voglio nemmeno pensarci.

-No Melyanna, sei completamente fuori strada.- Continua Aglar come se mi avesse letto nel pensiero; sorride divertito, nonostante la piega che ha preso il discorso. -Come fai ad essere così cieca? Non capisci che sta male per te?- Lo fisso sconcertata e il mio cuore perde un battito.

-No... Non è così. Le sue parole mi hanno lacerato il cuore, voleva solo sbarazzarsi di me!- Esclamo allontanandomi da lui.

-Melyanna ascoltami ti prego...-

-Tu non hai visto i suoi occhi, non hai sentito la sua voce! L'ho deluso... Io non sono niente, niente!- Grido ormai fuori controllo; non mi avrebbe mai rivolto simili parole se avesse avuto premura di me, e non c'era un briciolo di questo sentimento in lui. Lui ama un'altra, una fanciulla più bella, dolce e nobile; io sono soltanto un intralcio al loro amore.

-Calmati Melyanna!- Aglar mi prende il viso tra le mani e mi accarezza le guance. -Calmati.- Lentamente mi sciolgo sotto il suo tocco, il pollice va ad asciugare una lacrima spontanea e smetto di tremare. -Ho parlato con lui e mi guardava in modo strano: ho fatto il tuo nome e sembrava... non so, geloso. Poi ha perso il controllo, anche se non mi ha fatto niente, ma ho capito tante cose: ha provato a fare di tutto per farti rimanere a casa, fuori dal pericolo, anche a costo di rompere ogni legame con te. Sono sicuro, Melyanna, che tu hai il primo posto nel suo cuore.-

Le parole mi muoiono in gola e rimango in silenzio a guardare come incantata i suoi occhi fiduciosi e sinceri. Non mi ha mai mentito, e non vedo perché debba farlo proprio adesso. Il suo sguardo m'infonde speranza ma non voglio cedere, come farebbe invece la mia parte più volubile; ci saranno altre delusioni, altri dolori, e non voglio illudermi per poi soffrire di più.

-E perché pensi di essere un ostacolo?-

-Lui crede che tra noi due... Insomma...- Tossisce nervosamente e si gratta la testa. -Che noi due siamo qualcosa di più che amici, e sembra che questo lo irriti molto.- Pensavo che i suoi dubbi fossero svaniti dopo la battaglia, credevo che si fidasse delle mie parole, e invece continua a scambiare ogni semplice gesto d'amicizia in un'espressione romantica.

-Lo pensa da sempre.- Rispondo con voce flebile. -In fondo lo siamo stati, ma eravamo poco più che bambini.-

-Lo so...- Sposta lo sguardo nuovamente sul cielo. -Ma se io non fossi qui forse non ti avrebbe trattata... così.- Sfiora la ferita sul braccio. D'istinto gli afferro le mani e le stringo disperatamente, sui suoi occhi scende un velo e socchiude la bocca per parlare.

-Non dirlo Aglar, non dirlo nemmeno.- Sussurro guardandolo dritto negli occhi. -Gli hai salvato la vita, mi hai salvato la vita. Se tra me e Legolas nascerà qualcosa di più sarà solo grazie a te. Lascialo pensare, lascialo sfogare, ma ti prego non lasciarmi.- Sul suo viso arrossato dal vento spunta una lacrima e, prima che possa lasciarlo, lo stringo a me accarezzandogli la schiena. Si rilassa tra le mie braccia, come quando eravamo piccoli, e ricambia il gesto. Sono mutati i nostri corpi, sono mutati i nostri cuori, ma di una cosa sono sicura: accanto a me ho un amico che darebbe la sua vita per me, e per ora non posso chiedere di più.

***

 

Angolo dell'Autrice:
Perdonatemi l'attesa, ma il capitolo prima era stato scritto troppo velocemente e dovevo compensare. Come nel precedente, ho lasciato la trama in sospensione e mi sono soffermata sull'aspetto emotivo dei personaggi; devo dire che mi piace un sacco scrivere di Melyanna e Aglar (non più di Melyanna e legolas ovviamente) perchè la loro non è un'amicizia come le altre. Come ho scritto, quando ancora erano molto giovani hanno avuto un periodo in cui pensavano di essere innamorati (e forse ve lo aspettavate) ed è stato prorprio grazie a questo che il loro legame è diventato così forte. So di non essere un grande cosa in fatto di dolcezza, ma mi sto esercitando con loro due :p. Nei prossimi capitoli affronterò anche l'argomento "Aglar e la sua donzella", appena accennata qualche capitolo fa.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e v'invito a lasciare una recensione.
A presto
Diletta

   
 
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