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Autore: Hermione Weasley    04/02/2016    2 recensioni
“Non siete il primo che è venuto a vedere la strega,” alluse, il sospetto vivissimo.
“Io non credo alle streghe,” non poté fare a meno di sottolineare, vagamente risentito dall'essere stato accomunato ai superstiziosi babbei del villaggio.
“Però siete venuto a vederla comunque,” la ragazza non voleva proprio mollare il colpo. Si sentì messo alle strette, innaturalmente indispettito.
“Ero curioso.”
“Quindi ci credete.”
“No, che non ci credo. Questo posto è piccolo e gli estranei sono sempre fonte di curiosità, non vi pare abbastanza?”
---
XVIII secolo. La vita di Clint Barton, figlio adottivo dell'eccentrico lord Phillip Coulson, cambia radicalmente quando una presunta strega viene ad abitare nel bosco vicino alla villa della famiglia. Clint dovrà fare i conti con la superstizione, gli obblighi, le responsabilità e forze in gioco molto più grandi di lui.
[1700 AU] [Clint/Natasha] [apparizioni di tutti gli Avengers + alcuni personaggi di Agents of Shield] [COMPLETA]
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 21
~

 

Quando riappoggiò la candela sul comodino, la fiammella tremolava insistentemente. Natasha ritrasse le mano e fece finta di non aver capito che la colpa era sua e non di un qualche spiffero di vento.

Il cuore le batteva furioso in petto e il sangue pulsava violento nelle vene mentre tutte le sue percezioni, tutti i suoi pensieri si riducevano ad un'unica, pressante consapevolezza.

Il re era morto.

Aveva riconosciuto sul suo viso irrigidito i segni delle lacrime di cristallo, un potente veleno distillato direttamente al quartier generale della Stanza Rossa, su per le ostili montagne ammantate di bianco dell'est. La favorita poteva averglielo somministrato in un qualsiasi momento durante il banchetto nel Salone Azzurro: richiedeva dalle due alle due ore e mezza per fare effetto. Lei stessa se n'era servita per programmare la dipartita di alcuni obbiettivi, talvolta mettendosi alla prova nel concedersi solo quel che restava da vivere alla sua sfortunata vittima per portare a termine il compito assegnatole. Le lacrime non davano alcun sintomo se non negli ultimissimi momenti di vita.

I fuochi d'artificio continuavano a scoppiare gioiosi nel cielo scuro incorniciato dalla finestra, mettendole addosso una quiete melmosa, una rassegnazione ineluttabile.

Avrebbe dovuto salvare il re, non lasciarlo morire in preda a sordi spasmi di dolore mentre il suo cuore smetteva di funzionare. Lo Scudo le aveva dato una chance e lei aveva fallito. Per la prima volta in vita sua, nella prova più importante di tutte, aveva fallito.

La sconfitta le bruciava nello stomaco e la delusione aveva cominciato a stringerle la gola. Avrebbe dovuto immaginarselo non appena si era accorta che l'amante del re altri non era che un'agente della Stanza Rossa sotto copertura. E invece era lì, immobile davanti al cadavere dell'uomo più importante del regno.

Se anche Clint avesse fallito, allora il colpo di stato dei traditori dell'Idra avrebbe avuto successo. Per quel che ne sapeva, il principe Anthony poteva essere già morto e la dinastia Stark estinta una volta per tutte.

Si costrinse a respirare a fondo come le avevano insegnato durante uno dei primi allenamenti alla Stanza Rossa. Si scostò dal letto e riavvicinò la donna riversa a terra, sul tappeto imbevuto del suo stesso sangue. Raccolse i pugnali sparsi sul pavimento e li appoggiò su una sedia mentre si sbarazzava del pesante abito da vedova che le aveva inutilmente rallentato i momenti durante il combattimento.

La stoffa si adagiò tristemente a terra, come una crisalide che però non avrebbe liberato niente di simile ad una farfalla variopinta. Le farfalle non sono velenose, pensò lugubre mentre si allentava il corpetto e sbarazzava delle scarpe per restare negli improbabili mutandoni lunghi fin sotto il ginocchio.

Scelse infine due pugnali ben precisi e li impugnò con sicurezza prima di decidersi a dirigersi verso le porte della camera da letto del re...

… ma non aveva fatto due passi che quelle si spalancarono da sole e un paio d'ombre scure si dipinsero sulla soglia, armate di pistole che si curarono di puntarle immediatamente addosso.

“Restate dove siete,” intimò una voce femminile che Natasha riconobbe appartenere a Maria Hill.

Era affiancata dalla taciturna Melinda May – quella che aveva creduto essere la madre adottiva di Clint – entrambe travestite da domestiche.

Si sentì invadere da una calma innaturale. Alzò le mani ma non abbandonò le armi e rimase in silenzio mentre Melinda andava a controllare prima il corpo del sovrano e poi quello della sua amante. Non disse niente perché a quel punto qualsiasi esplicitazione doveva sembrarle superflua; Maria colse l'occhiata penetrante della compagna e annuì una sola volta, il volto contratto in una smorfia a malapena trattenuta.

“Barton è con il principe nel Salotto della Luna,” si decise a dire Natasha. “E' da solo là in mezzo. La maggior parte dei membri dello Scudo sono fuoriuso.”

“Ce ne siamo accorte,” la informò Maria Hill. “Buffo che tu sia qui, allora.”

“No, non tanto,” la corresse pacata, rifiutandosi categoricamente di lasciarsi provocare. Clint era da qualche parte a fronteggiare un manipolo di traditori armati fino ai denti, nel disperato tentativo di salvare la pelle del principe. Non c'era il tempo di perdersi in inutili convenevoli. “Dobbiamo raggiungerlo.”

“Così puoi finire il lavoro?” La donna non pareva intenzionata a lasciarsi convincere tanto facilmente.

“Così possiamo sventare il colpo di stato,” ribatté, imponendosi una tranquillità assoluta e fittizia. “L'amante del re lavorava per la Stanza Rossa,” spiegò brevemente, “l'ha avvelenato durante il banchetto... quando li ho raggiunti era già troppo tardi.”

La sentì quasi trattenere il respiro, mentre la presenza di Melinda May aleggiava alle sue spalle, pronta a far fuoco nel caso avesse tentato un qualsiasi atto inconsulto.

Il silenzio si protrasse per un lunghissimo attimo, i botti distanti dei fuochi d'artificio ad interromperlo ad intervalli regolari. Finché Maria Hill non riabbassò la pistola senza però abbandonare l'espressione contrariata con cui continuava a guardarla.

“Diamoci una mossa,” decretò seccamente, indicando la porta con un ampio gesto del braccio. “E giusto perché lo sappiate, non credo che lavorare in mutande sia il massimo della professionalità.”

“Preferite che lo faccia nuda?” Le chiese mentre le passava di fianco per superarla oltre la soglia della camera e nel corridoio deserto.

Recuperò l'arco e la faretra che aveva nascosto dietro un tendaggio e se li sistemò in spalla.

Un paggio terrorizzato si affacciò in quel momento da una delle stanze che si aprivano sul corridoio, chiedendosi se le due domestiche armate in compagnia della donna seminuda fossero il segno dell'imminente apocalisse.

 

*

 

Infilzò un vescovo dall'aria arcigna e scattò in avanti, ma l'uomo armato di fucile aveva già premuto il grilletto.

Eppure, quando gli occhi del nobiluomo si fecero improvvisamente vacui e il moschetto gli cadde di mano mentre si accasciava a terra, Clint capì che non era stato lui a far fuoco.

Non ebbe il tempo di riflettere che un duca sdentato prese la rincorsa per andargli addosso, armato com'era di una spada troppo lunga per la sua persona. Clint si chinò per schivare il colpo che andò a conficcarsi nella balaustra e ne approfittò per ribaltare e scaraventare l'aristocratico direttamente giù dalla terrazza, ottenendo un grido orripilato dalla folla sottostante che non aveva smesso un secondo di rumoreggiare.

Fu a quel punto che prima due e poi tre ombre si unirono allo scontro, facendosi strada nel gruppo dei congiurati a suon di pugni e stilettate. Riconobbe Melinda nella sagoma nera che liberò il principe Anthony da uno dei suoi ultimi e più accaniti assalitori, Maria Hill e Natasha in quelle che la seguirono per completare l'opera.

Si riappoggiò al parapetto della terrazza, i fuochi d'artificio che non sembravano volersi chetare sopra le loro teste, e una distesa di corpi gementi e doloranti sparsi sul pavimento.

“Dobbiamo mettervi in salvo,” disse Maria Hill rivolgendosi al principe.

“Che diavolo sta succedendo?” Le ritorse contro quello, il fiato grosso e il viso congestionato dalla fatica del combattimento.

“L'esercito ha messo sotto assedio il palazzo. Il colonnello Fury sta cercando d-”

“Quanti sono?” Le parlò sopra, incredulo.

“Troppi. Non possiamo affrontarli in queste condizioni.”

“Che è successo a tutti gli altri?” Si intromise Clint senza riflettere.

Credeva che il grosso dell'ordine dello Scudo fosse nascosto da qualche parte, che avrebbero mandato rinforzi quando fosse arrivato il momento opportuno. E in fin dei conti gli abiti da domestica che Melinda e Maria indossavano confermavano la sua ipotesi, ma adesso sembrava che le forze fossero state decimate. Non poteva essere solo colpa di quel maledetto sonnifero che i congiurati avevano provvidenzialmente mescolato a vini e champagne.

“C'è stata un'esplosione alla tesoreria,” rispose Maria, fissando su di lui il suo sguardo penetrante. Ricordava con chiarezza il boato che sembrava aver scosso il palazzo fin nelle fondamenta quando ancora si stava scontrando con Grant. “Parte degli uomini che avevamo a disposizione sono stati rilocati sul posto.”

“Era un diversivo.” Stavolta era stata Natasha a parlare. Aveva smesso la vaporosa acconciatura e l'ingombrante abito nero della festa, e adesso stava lì nel mezzo con mutandoni lunghi fino alle ginocchia e il corpetto stretto attorno al busto. “Qualcuno vi ha teso una trappola,” aggiunse.

“Come fate a saperlo?” Interloquì Maria.

“Non lo so per certo,” ribatté la rossa, avvicinandolo per consegnargli arco e faretra senza una parola di più. Aveva evitato di guardarlo negli occhi. “Ma se volevano dividere le forze dello Scudo ci sono riusciti.”

“I ribelli dell'abbazia...,” si ritrovò a mormorare, dimenticando per un istante qualsiasi altra questione. “Devono essere stati loro ad occuparsene.”

“Sapevano come avremmo agito,” decretò Melinda nel suo tono asciutto e pragmatico. “Qualcuno li ha avvertiti.”

Maria si era già voltata verso Natasha con aria d'accusa, ma Clint sentì le parole uscirgli di bocca senza alcun preavviso.

“E' stato Grant,” disse, nauseato dalla rivelazione che adesso tornava a tormentarlo. “E' stato lui a tradirci. Dev'essere ancora là fuori, credo d'averlo-”

“Non c'è nessuno nel corridoio,” mormorò Natasha con circospezione.

Grant era scappato e probabilmente ricongiuntosi agli altri congiurati. Melinda aveva cambiato espressione, sfoggiando un'aria contrita che Clint non le aveva mai visto addosso.

“Sono desolato per le vostre controversie familiari, ma cos'avete intenzione di fare adesso?” Il principe Anthony aveva riportato tutti coi piedi ben piantati nella situazione presente.

“Il colonnello Fury è ancora nel Salone degli Specchi,” disse Maria. “I traditori all'interno del palazzo sono stati neutralizzati, ma quelli all'esterno...”

“Si sono mescolati alla folla. Probabilmente con l'intento di aizzarla nel momento più opportuno,” precisò Melinda. “Il grosso dell'esercito ammutinato è là fuori, e se altre truppe dovessero convergere qui dalla periferia nelle prossime ore...”

“E la metà delle nostre forze è attualmente occupata a far fronte ad un'emergenza fasulla alla tesoreria,” aggiunse l'altra.

“E' possibile che parte degli uomini di Trickshot fossero già lì ad aspettarli,” commentò Clint, mentre il gruppetto si spostava dalla terrazza all'interno del Salotto della Luna.

Alcuni degli arazzi che ne rivestivano le pareti erano stati strappati e gettati a terra, rivelando le mura consunte e gli stucchi sbiaditi o anneriti dal tempo. Sopra di loro l'affresco allegorico che dava il nome alla stanza li occhieggiava placidamente, in netto contrasto col caos che stava imperversando.

“I banditi della costa?” Domandò Maria mentre il gruppo si spostava nel corridoio.

Clint annuì. Melinda, invece, aveva appena finito di bloccare le porte del Salotto della Luna con una lunga spada sottratta ad uno dei congiurati privi di senso sulla terrazza.

“Alcuni erano mescolati ai popolani selezionati per partecipare alla festa,” disse Natasha. “Qualcuno, dall'interno, potrebbe trovare il modo di farli entrare.”

“Dobbiamo avvisare il colonnello Fury nel salone,” decise Melinda.

“Come facciamo a respingere gli attacchi esterni?” Chiese Clint, che cominciava a sentir la testa girare tante erano le variabili in gioco.

Il palazzo reale era attualmente tenuto sotto assedio dai soldati che avevano tradito il re in collusione con la lega dell'Idra; a dar loro man forte c'erano gli uomini di suo fratello, o comunque parte dei brutti ceffi che aveva avuto modo di conoscere all'abbazia; senza contare che la folla confusa e strepitante – ignara della tragedia che andava consumandosi oltre i pesanti portoni della residenza regia – avrebbe potuto essere facilmente manipolata e aizzata dagli ammutinati, i quali avrebbero trovato un rapido aiuto per forzare i cancelli e scatenare il caos una volta per tutte. Per quel che ne sapevano i ribelli che si supponevano aver provocato l'esplosione potevano essere attualmente impegnati a scatenare l'inferno nella capitale, innescando tumulti e rivolte, esacerbando gli animi dei sudditi del regno. Dopotutto non ci sarebbe voluto granché per convincere la gente a ribellarsi contro l'ingiusto regime di privilegio imposto dalla monarchia...

E poi c'era la questione di lord Phillip ancora prigioniero dell'Idra e nascosto chissà dove. Clint si stava già pentendo di non aver immobilizzato Grant, di aver finito per soccombere alla fretta di salvare il principe e di non aver quindi pensato a perquisire il fratello adottivo alla ricerca di indizi che potessero condurlo al quartier generale dell'organizzazione segreta.

I traditori e i membri dell'ordine dello Scudo saranno giustiziati sul posto... quale che fosse l'esito di quella notte fatale, se non avessero strappato lord Phillip alle grinfie di quei figli di puttana, l'uomo che lo aveva salvato dalla forca sarebbe morto. Se per rappresaglia o perché i congiurati vittoriosi avrebbero deciso di portare a termine i propri propositi non aveva importanza.

“Lady Carter era alla testa del gruppo che si è spostato alla tesoreria dopo l'esplosione,” disse Maria sovrappensiero. Anche gli ingranaggi del suo cervello sembravano essere in estenuante movimento; a Clint sembrava quasi di poterne sentire il rumore. “Se mandassimo qualcuno a richiamarli qui al palazzo...”

“Non servirebbe a niente,” disse Natasha, guadagnandosi un'occhiataccia. “A quel punto anche il resto dei banditi dell'abbazia sarebbe libero di raggiungerci.”

“Allora dobbiamo trovare un modo per sbarazzarci dei traditori dall'interno,” intervenne Melinda mentre scendevano le scalinate di marmo del Salone Azzurro ormai completamente deserto.

La tavola, ancora imbandita e devastata dal banchetto, dava un'aria di decadente abbandono all'ambiente. Gli sembrava di trovarsi in un castello fantasma i cui invitati si erano improvvisamente dissolti nell'aria e la cui presenza non era che un ricordo lontano.

“Usano ancora le secchiate di olio bollente?” Si ritrovò a chiedere ironicamente mentre percorrevano l'ampio stanzone silenzioso.

“Certo, perché non alziamo il ponte levatoio?, magari ci farà guadagnare del tempo,” commentò sarcastico il principe Anthony, senza poter tuttavia dissimulare il pallore che gli aveva prosciugato il colore dalle guance. “Forse però ho un'idea,” aggiunse con un attimo d'esitazione.

Il gruppo si fermò quand'erano ormai in prossimità del Salone degli Specchi, le cui porte erano spalancate. La voce del colonnello Fury arrivò fin laggiù: era in mezzo ai divanetti ancora occupati dagli ignari invitati drogati e stava strepitando ordini ai pochi uomini che gli erano bastati per sottomettere gli ammutinati presenti.

“Che idea?” Insisté Maria Hill.

“Ho delle... ahm... tecnologie a cui ho lavorato personalmente.”

“Tecno-cosa?” Chiese Clint perplesso.

“Tecnologie,” ripeté il principe. “Dipende però da quanto siete disposti a mettere in gioco...”

“Di che parlate?” Incalzò Melinda.

“Potremmo essere tutti scomunicati e accusati di stregoneria o qualche stronzata del genere,” spiegò l'uomo.

“Non abbiamo altra scelta,” ricordò Clint. Se avevano un modo, un'arma segreta per respingere l'assedio dell'esercito e dei traditori, allora dovevano usarla. Alle conseguenze avrebbero pensato più tardi, quando si sarebbero occupati dei figli di puttana che volevano far loro la festa.

“Hill, May!” La voce perentoria del colonnello che si era accorto di loro li richiamò bruscamente all'attenzione.

Le donne lo raggiunsero in tutta fretta, lasciando indietro Clint, Natasha e il principe. Fece per accodarsi al seguito, ma Anthony aveva fermato la rossa per un polso e l'aveva trattenuta, costringendo Clint a fare altrettanto.

“Perché nessuno ha ancora nominato mio padre?” Domandò debolmente l'uomo che stava tentando inutilmente di nascondere la preoccupazione.

Natasha si divincolò dalla sua presa e non rispose.

 

*

 

La notizia della morte del re si era lentamente sparsa a macchia d'olio nel Salone degli Specchi.

Natasha si era seduta in disparte e aveva fatto finta di ignorare gli sguardi inquisitori che i presenti lanciavano in sua direzione, mentre il colonnello e i suoi agenti stavano tenendo consiglio al centro della stanza.

I traditori erano stati legati e messi a sedere sotto le finestre, i garofani gialli ancora agganciati a giamberghe e acconciature. Alcuni si lamentavano, qualcuno piangeva invocando pietà, altri si attenevano astiosamente alla scelta fatta, augurando morte lenta e dolorosa al principe Anthony. Qualcun altro ancora, una volta che la notizia ebbe raggiunto le loro orecchie, le lanciava occhiate riconoscenti, quasi aspettandosi che da un momento all'altro si sarebbe attivata per sgominare da sola l'intero Scudo e liberare i prigionieri. Cos'altro potevano aspettarsi dalla presunta assassina del re?

Il principe aveva ripreso posto sul divanetto che aveva occupato durante il ballo, ma adesso non c'era più traccia delle fanciulle adoranti che l'avevano intrattenuto qualche ora prima. Aveva i gomiti appoggiati alle ginocchia e continuava a fissare il pavimento opaco e ricoperto dalle impronte impressevi dagli scarpini e dagli stivali sporchi degli invitati, come se avesse potuto leggervi il proprio futuro.

Era circondato da otto membri dello Scudo, uomini e donne che il colonnello Fury aveva assegnato alla sua protezione: la dinastia Stark sarebbe sopravvissuta fintanto che il principe avesse avuto fiato in corpo. Eppure qualcosa le suggeriva che nessuna delle due opzioni andava granché a genio al giovane Anthony: morire avrebbe significato, bè... smettere di esistere, e Natasha era sicura che non fosse ancora pronto per il momento finale; dall'altro, se avesse continuato a vivere, niente e nessuno l'avrebbe salvato dall'essere proclamato re, dall'incoronazione, dal resto della sua vita che si tramutava in una lista di compiti, responsabilità e pressioni che lo repellevano tanto quanto la morte.

Fu costretta a distogliere lo sguardo e a spostare l'attenzione su Clint che aveva improvvisamente invaso il suo campo visivo.

“Ti ho trovato dei vestiti e delle scarpe da mettere,” le disse, consegnandole un fagotto di indumenti ripiegati alla meno peggio e un paio di stivali.

“Voglio sapere dove?”

“Probabilmente no. Ma se non ti metti addosso qualcosa a Maria prenderà un colpo,” la prese debolmente in giro corredando il tutto con un sorriso altrettanto incerto.

Aspettò che si fosse alzata per poi accompagnarla nel corridoio ancora deserto.

“Cos'hanno deciso?” Gli chiese non appena furono abbastanza lontani dalle doppie porte del salone.

Non era stata coinvolta nelle discussioni che erano seguite al ricongiungimento con il colonnello, ma era sicura che avessero parlato anche di lei, dibattendo sulla sua presunta innocenza... o colpevolezza.

“Niente.” Clint scosse il capo, visibilmente contrariato. Natasha gli dette le spalle affinché le slacciasse il corpetto già leggermente allentato. “Maria non crede che dar sfoggio di strane arti sia il modo migliore per ingraziarsi la folla.”

“Non ha tutti i torti,” dovette ammettere Natasha mentre l'uomo districava i lacci che lui stesso aveva stretto al quartier generale dell'ordine.

“Lo so, ma se l'alternativa è lasciare che entrino a scannarci, non credo che abbiamo molta scelta.”

Non disse niente perché sapeva che anche lui aveva ragione. Il giovane Stark e suo padre erano già abbastanza famosi per le loro eccentricità, spesso descritte come passatempi inutili più che perniciosi, ma niente le vietava di credere che quelle occupazioni li avessero impegnati su scala molto più ampia di quanto la gente credesse. Sapeva anche quanto i popolani potessero essere superstiziosi e quanto i più ricchi e accorti potessero essere pronti ad approfittarne per girare la ruota della fortuna in proprio favore e a sfavore della dinastia Stark.

Si infilò la camicia sgualcita che odorava di lavanda un attimo prima che il corpetto si aprisse del tutto e solo allora si voltò per fronteggiarlo.

“Mi sono offerto volontario per andare ad avvisare Lady Carter alla tesoreria,” le rivelò dopo un istante di silenzio mentre Natasha si stava infilando i pantaloni sopra i lunghi mutandoni.

“Speri di incontrare tuo fratello?” Andò dritta al punto perché sapeva che era lì che Clint voleva andare a parare.

Lo vide annuire, ma non aggiunse nient'altro. Natasha gli lesse sul viso i segni della preoccupazione e dell'impazienza malamente dissimulati. Si sorprese nel rendersi conto di quanto forte fosse la necessità di confortarlo in qualche modo, di risolvere l'impasse in cui si sentiva intrappolato, ma si costrinse a non dire niente. Qualsiasi parola di rassicurazione sarebbe suonata troppo ridicola perché anche solo uno di loro ci credesse.

“Se pensi di poterlo far ragionare...” alluse, come per avere conferma che sapesse con certezza in cosa si stava andando a cacciare.

“So di non poterlo far ragionare,” confermò Clint, rivolgendole un microscopico sorriso. “Ma è l'unico traditore con cui ho un qualche rapporto... a meno che Grant non decida di tornare miracolosamente indietro.”

“Vuoi scoprire dove tengono lord Coulson,” intuì senza smettere di scrutarlo in viso per un solo istante.

“Devo tentare,” confermò. “Devono pur aver concordato un piano d'azione, i ribelli e la lega dell'Idra. Forse si sono incontrati al loro quartier generale... forse Barney ha qualche indizio utile.”

“Come conti di farlo parlare?” Suonava molto più semplice a dirsi che a farsi.

“Non lo so,” ammise. “Ma non ho altra scelta.”

“Potrebbe essere già morto,” si ritrovò a dire, pentendosene un secondo dopo aver formulato l'ammonimento.

“Oppure no,” rispose semplicemente l'arciere con una leggera stretta di spalle.

“Oppure no,” convenne perché non aveva niente da obiettare. “Andrai anche se non ti daranno il permesso, non è così?”

“Ci puoi contare.”

“Vengo con te,” annunciò calzando rapidamente gli stivali.

Clint rimase in silenzio solo per qualche attimo, indeciso.

“Sei già nei guai fino al collo,” disse infine. “Forse ti converrebbe solo... seguire gli ordini.”

Capì che non la stava mettendo in guardia perché non la volesse con sé, né perché fosse convinto che la faccenda sarebbe stata troppo spinosa e pericolosa, o ancora perché non la credeva meritevole di fiducia. Lo stomaco le si strinse un poco, piacevolmente e fastidiosamente insieme, mentre realizzava che Clint aveva parlato nel suo interesse, che era sinceramente preoccupato della sua situazione con lo Scudo.

“Credono che abbia ammazzato il re,” gli ricordò simulando una leggerezza che non le apparteneva per niente, non in quel momento, “andare ad affrontare i ribelli mi sembra l'insubordinazione minore.”

“Sanno che non sei stata tu. Sanno che non avrebbe alcun senso...”

“Ma non si fidano.”

“No, loro no.”

Natasha sentì il bisogno di distogliere lo sguardo, incapace di sostenere il suo.

“E' stato Grant ad attentare alla vita di Rogers,” riprese Clint, fingendo di non essersi accorto del suo muto imbarazzo. “Bè... a quella di lord Coulson, in realtà. Ma se non altro questo ti scagiona... da un paio di cose.”

“Aveva intenzione di uccidere suo padre?” Possibile che si fosse ribellato a tal punto all'autorità paterna da acconsentire a tradire il re, la famiglia e ad assicurarsi che lord Coulson trovasse morte certa nelle grinfie della lega dell'Idra?

“Mi odia talmente tanto da aver tentato di implicarmi nell'attentato usando una delle mie frecce... ma come arciere è piuttosto scadente. Suppongo si possa parlare di giustizia divina.”

“La sua antipatia per te ha salvato la vita sia al capitano che a lord Phillip. Sei praticamente un eroe,” lo prese in giro, finendo di allacciarsi i pantaloni eleganti decisamente troppo grandi che Clint le aveva procurato.

“Vorrei dire che fosse tutto calcolato, ma sai...”

Lasciò la frase in sospeso appoggiando la punta dell'arco sul pavimento. Si era rifatto serio, come fosse sul punto di dire qualcosa.

Un fiotto gelido le irretì il respiro per un orrendo secondo, e la paura di stare a sentirlo si fece di colpo insopportabile. Fu la voce del colonnello a sollevarla dall'impiccio di doverlo interrompere ancora prima che avesse cominciato.

“Datevi una mossa voi due,” li richiamò severamente prima di tornare a sparire oltre le porte del salone.

Natasha lanciò una rapida occhiata a Clint che ancora la stava osservando e si affrettò a rientrare nello stanzone ricoperto di tutti quegli specchi che adesso riflettevano gli sguardi preoccupati di traditori e traditi, quelli assonnati di chi aveva appena ripreso conoscenza, giusto in tempo per apprendere in che razza di situazione disperata si trovassero.

“Barton, ti dirigerai alla tesoreria per avvertire Lady Carter di quello che è successo,” li informò il colonnello non appena ebbero raggiunto il gruppetto ancora a consiglio nel bel mezzo del salone.

“Romanoff viene con me,” aggiunse Clint con naturalezza, come se si trattasse di una conseguenza naturale delle circostanze e non una richiesta ridicola. Le fece strano sentirlo pronunciare il suo nome... o presunto tale, comunque.

Fury lo osservò penetrante per un attimo che le parve durare un'infinità tanto fu pressante e inquisitore, prima di acconsentire con un rapido gesto della mano e passare oltre. Maria Hill non sembrò entusiasta di quell'improvvisa concessione.

“Maria, tu accompagnerai il principe nel suo laboratorio e riporterai sul tetto qualsiasi diavoleria metta a nostra disposizione,” riprese, “e per carità del cielo informate il mastro dei fuochi pirotecnici e fate smettere questi maledetti botti.”

“Sarà fatto, signore,” obbedì la donna.

“Melinda, tu prenderai tre uomini e pattuglierai il palazzo alla ricerca di eventuali superstiti o traditori ancora infrattati chissà dove.”

“Sissignore.”

“Fa' attenzione alle entrate ed uscite segrete. Questo posto pullula di finte librerie e botole del cazzo, e non ho intenzione di lasciarmi sorprendere da quei figli di puttana là fuori perché mi sono dimenticato di inchiodare un fottuto ritratto alla parete.”

Melinda annuì una seconda volta.

“Io resterò qui ad organizzare la sicurezza e ad assicurarmi che nessuno sfugga dal salone,” aggiunse infine. “Se avete bisogno di contattarmi per qualsiasi motivo, inviate degli emissari all'entrata vicino alle scuderie e troveremo il modo di farli passare. Se le informazioni non sono di vitale importanza, però, desistete. Significherebbe correre un rischio inutile.”

Il silenzio serpeggiò tra di loro in attesa che Fury desse l'ordine di entrare in azione.

“Andate,” si arrese il colonnello, dopo averli guardati uno ad uno ed essersi assicurato che avessero assorbito le sue disposizioni. A giudicare dalla sorda preoccupazione che le pareva di scorgere dietro il suo unico occhio, Natasha si immaginò si stesse chiedendo se sarebbe stata l'ultima volta che guardava in faccia alcuni dei suoi uomini migliori.

Melinda e Maria furono le prime ad allontanarsi, la prima in direzione di un manipolo di membri dello Scudo per selezionare i tre che l'avrebbero accompagnata, la seconda verso il principe ancora seduto e sbigottito, schiacciato dal peso degli eventi.

“Voi due,” Fury li bloccò prima che potessero muovere un passo. “Niente colpi di testa,” li mise in guardia, “e state attenti. Prendete l'uscita delle cucine.”

Clint annuì, ma Natasha era troppo presa dall'interrogarsi sulla sincerità del monito per poter pensare ad una risposta.

“Romanoff,” il colonnello le riservò per un attimo tutta la sua attenzione, “il tuo aiuto non andrà dimenticato.”

Lo stomaco le si strinse di nuovo e, improvvisamente, le parve di essere appena stata investita di una nuova responsabilità, da un nuovo dovere inderogabile: quello di non deludere un uomo che aveva appena conosciuto e che non le aveva mai rivolto la parola prima d'allora.

Annuì una sola volta, maledicendosi per la propria solennità, dopodiché affiancò Clint e uscirono dal salone in pochi, rapidi passi.

 





Note: capitolo più che altro logistico e strategico, ma adesso tutti hanno i loro compiti per la prossima fase dello scontro e... dobbiamo solo aspettare e vedere che succederà :P
Ringrazio chi è arrivato fin qui e continua a leggere & commentare, e ovviamente la sociabeta Eli per tutto la clintashosità perenne, che ci vuole direi.
Alla prossima settimana!
(◡‿◡✿)
  
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