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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    04/02/2016    3 recensioni
(Erika x Sabrina - Raccolta "I Fiori del Male")
"Si avvinghiò a lei e socchiuse gli occhi, quasi stesse abbracciando un morbido pupazzo.
«Sei mia» ci tenne a precisare. Erika sorrise di nuovo, lasciandole un dolce bacio sulla fronte.
«E se mi opponessi?» Sabrina la fissò di scatto, in modo particolarmente penetrante.
Poi sorrise malignamente.
«Mi premurerei di eliminare ogni essere umano di genere maschile e femminile fino a rimanere solo noi due» e lo disse con un tono tanto ovvio che pareva crederci per davvero, tanto che tornò ad appoggiare la testa su di lei, chiudendo gli occhi con espressione soddisfatta: sì, forse sarebbe stata in grado di farlo davvero, dopo essersi resa conto a tutti gli effetti del rischio che aveva corso…
Del rischio di perderla.
Solo al pensiero, un brivido gelido le percorreva la schiena, costringendola a stringere ulteriormente Erika a sé: no, non avrebbe più permesso a niente e a nessuno di allontanarla da lei, nemmeno a se stessa, ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter udire sempre il battito del suo cuore."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Erika, Sabrina
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
- Questa storia fa parte della serie '~ I fiori del male'
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Note Autrice:
Ringrazio infinitamente Aiacos, con cui ho il piacere di ruolare questi due personaggi, e chi si prende qualche minuto per leggere queste piccole One Shot della raccolta "I Fiori del Male", incentrate appunto su questa coppia alquanto insolita, ma che trovo piena di possibili sorprese.
La situazione fa riferimento ad un episodio alla fine del Manga Oro/Argento, dove i Capopalestra di Kanto e Johto si sfidano amichevolmente.
Il titolo - Calendula - fa, ancora una volta, riferimento al significato del fiore, ovvero la gelosia, proprio perché in questa OS ho cercato di trattare, sebbene in chiave un poco comica, questo aspetto del loro rapporto.
Buona lettura!

 
Calendula


 
Ogni volta che metteva piede in quella Palestra, per evitare che fosse sempre la compagna a farle visita nella propria città, Erika si ritrovava a sospirare e scuotere sconsolatamente il capo.
Incrociò le braccia sotto il seno prosperoso, abilmente celato da un classico kimono.
«Comincio a pensare che tu abbia qualche problema con l’ordine, Sabrina» ammise, osservando lo stato in cui verteva la Palestra di Zafferanopoli: polvere ovunque, solo un paio di lampadine funzionanti ed il labirinto che non aveva nemmeno tutte le pareti intatte.
Sulle pedane da teletrasporto, poi, evitò a prescindere un qualsiasi quesito riguardo le condizioni.
Uno sbuffo scocciato alle sue spalle le mosse appena i capelli corvini – sì, doveva farle pesare la loro differenza d’altezza ad ogni occasione.
«Senti, ci vivono e lottano degli spettri squattrinati, maleducati e nella maggior parte dei casi pure piromani, non puoi pretendere che sia tutto pulito e profumato come nella tua!» ribatté la strega di Lavandonia, cercando di giustificare quel putiferio.
E poi, ora che ci pensava, era un bel po’ che non si presentava nemmeno un allenatore per sfidarla… quindi perché prendersi il disturbo addirittura di pulirla?
«Devo ricordarti che nella mia palestra ci vivono delle piante? Foglie ad ogni cambio di stagione, germogli, petali, veleni, spore varie e-»
«Va bene va bene, ho capito, perfettina!» brontolò nel rendersi conto che, effettivamente, la sua scusante non avrebbe potuto reggere poi molto.
La dolce morettina avanzò di qualche passo, quasi a volersi rendere conto meglio della situazione e, dunque, decidere come procedere per dare una sistemata a quel luogo: sì, decisamente avrebbe dovuto aumentare le visite alla Palestra di Sabrina, se Kanto avesse voluto mantenere la propria credibilità… anche perché le era giunta voce che anche il tenente Surge non fosse particolarmente avezzo alla cura della Palestra, forse avrebbe dovuto fare un salto anche da lui.
Una baby sitter, in poche parole.
«Dunque, i muri da ricostruire completamente mi sembrano tre, visto che sono pericolanti. Ci vorranno almeno una decina di lampadine nuove, direi di quelle a scarica, viste le dimensioni dell’ambiente. E per la pulizia direi che–»
«Sì sì, tutto molto interessante, secchioncella, un’analisi coi fiocchi» la interruppe la compagna, arrivandole alle spalle ed avvolgendola con le proprie braccia, quasi avesse voluto tenerla tutta per sé.
No, con quel brutto vizio della possessività non aveva ancora fatto poi molti progressi. «Ma io avevo in mente un altro tipo di attività, per oggi…» le sussurrò all’orecchio con tono alquanto malizioso, tanto che bastò la semplice vicinanza per far sussultare appena la bella morettina – sussulto che dette una certa soddisfazione a Sabrina, sapeva fin troppo bene come stuzzicarla.
«N-Non cambiare argomento, sono venuta per aiutarti…» rispose, sforzandosi di mantenere lo stesso tono sicuro di prima, nonostante fosse evidente quale effetto avesse la strega su di lei.
E sì, Sabrina sapeva maledettamente bene anche questo.
La costrinse a voltarsi, pur mantenendola saldamente tra le proprie braccia e rivolgendole quel suo solito sguardo altezzoso quanto ben poco rassicurante.
«E chi ha detto il contrario? Sei venuta per aiutare un’acida strega in carenza d’affetto» concluse sorniona ed alquanto soddisfatta, trattenendo la morettina ulteriormente a sé.
Erika sorrise con fare rassegnato, portando delicatamente una mano a sfiorare il viso dell’altra che, per ragioni tecniche, si stava lentamente abbassando per raggiungerla.
Quando le loro labbra si trovarono a soli pochi millimetri di distanza, qualcosa interruppe il momento squarciando il silenzio: un cellulare.
E considerando l’avversione per Sabrina a qualsivoglia marchingegno umano – infernale, a suo dire! – non era difficile intuire che appartenesse ad Erika.
Riaprirono gli occhi all’usino, Sabrina la fulminò con lo sguardo e lei tentò di scusarsi con un sorriso angelico, leggermente colpevole.
Non si azzardò a lasciarla, naturalmente, tenne ancora ben salde le braccia attorno ai suoi fianchi mentr’ella frugava nella borsa alla ricerca del cellulare.
«Pronto? Oh, signor Alfredo, buongiorno!» rispose con quel suo solito fare accogliente, mentre Sabrina roteava le iridi al cielo: le telefonate di Erika erano sempre spaventosamente lunghe, ma sperava che, essendo il suo interlocutore l’anziano e silenzioso Capopalestra di Mogania, forse non avrebbe dovuto aspettare un paio di lustri.
«Un torneo tra Capopalestra?» Sabrina sgranò gli occhi. «Oh sì, trovo che sia un’idea fantastica!» e li roteò al cielo nuovamente, nell’udire l’entusiasmo della compagna.
Possibile che qualsiasi occasione per ritrovarsi con chiunque la cogliesse al volo?
Solo lei – la strega – se ne stava così bene sola soletta nel proprio antro ammuffito ed invaso da spettri?
«Sarà un’ottima occasione per approfondire i rapporti, insomma, siamo di due Regioni adiacenti e ci saremmo visti neanche tre volte!» Era entusiasta, letteralmente entusiasta, le brillavano gli occhi e per quanto l’idea di una “rimpatriata” rigirasse completamente lo stomaco della strega, non poteva negare che osservarla così felice lenisse ampiamente il suo disgusto.
«Sì, naturalmente, riunirò i Capipalestra di Kanto entro quella data, non si preoccupi. Ci teniamo aggiornati, buona giornata!» salutò col suo solito fare solare ed espansivo, per poi riattaccare e riporre il cellulare nella borsa solo qualche istante dopo.
«Non è magnifico? Ci rivedremo dopo tanto tempo!» Sabrina era lapidaria, letteralmente.
Piuttosto che andare a quella rimpatriata si sarebbe fatta esorcizzare – il ché era tutto dire.
Erika, tuttavia, non si arrese nemmeno per un attimo, abituata com’era al comportamento della compagna, tanto che andò tatticamente a portarle le braccia attorno al collo.
«Non fare quella faccia…» asserì più teneramente, provocando una smorfia sul volto della strega.
«Non ci provare, bambolina. Vengo solo per fare il culo a quel bambinetto col retino, com’è che si chiama?»
«Raffaello, Sabrina…»
«Ecco, proprio quel moccioso!» bofonchiò, dimostrando il solito fare particolarmente socievole ed educato.
Erika, nel mentre, aveva dato un altro sguardo alla Palestra, considerando che la penultima lampadina si fosse bruciata proprio in quel frangente, lasciandole praticamente nel semibuio.
«Sarà meglio cominciare i lavori, altrimenti non farò in tempo ad avvisare gli altri, ad organizzare e– »
«Non se ne parla proprio, tesoro. Devo ribadire l’attività che stavamo per svolgere e la tua caritatevole missione di beneficenza affettiva?» la prese in giro, tornando ad assumere quel sorrisetto ambiguo, ironico ed alquanto malizioso.
Erika arrossì per un attimo: per quanto avesse imparato a convivere con quell’atteggiamento, non era ancora riuscita ad abituarsi all’imbarazzo che le provocava, facendo di lei una preda particolarmente succulenta, per una predatrice senza scrupoli come Sabrina.
«N-Non ora… avremo tempo questa sera, ora io devo– » ma non terminò la frase, poiché l’altra azzerò completamente le distanze tra loro, prendendosi la libertà di imprigionare letteralmente quelle labbra carnose tra le proprie decisamente più sottili.
Non le lasciò scampo, letteralmente, mentre anche l’ultima lampadina si spegneva, lasciandole al buio completo.

(…)
Lo sportello del piccolo pullman venne chiuso quando anche Blaine, non senza una certa fatica, salì a bordo.
I posti erano praticamente contati affinché i Capopalestra si sedessero in coppia e, una volta che tutti furono seduti, la bella signorina dei fiori prese parola, restando in piedi all’inizio dei sedili.
«Bene, ci siamo tutti!» cominciò, tenendosi stretta onde evitare di perdere l’equilibrio, benché la sua espressione fosse particolarmente decisa.
«Approfittate del viaggio per riposarvi: andiamo a trovare dei colleghi quanto degli avversari, dovremo essere in completa forma e dare assolutamente il meglio di noi! Saranno scontri amichevoli, naturalmente, ma questo non deve rilassarci troppo!» li incitò, lei che era stata designata come leader della coalizione di Kanto pressoché all’unanime.
Ringraziò poi l’autista per la disponibilità, dicendogli che potesse partire e solo a quel punto andò ad occupare il proprio posto in fondo, accanto all’unica Capopalestra rimasta “sola” per ovvie ragioni.
E per volontà, naturalmente, figurarsi se avrebbe tollerato la presenza di qualcuno per tutto quel tempo!
«Sei quasi convincente quando parli, saputella» la punzecchiò immediatamente, già rannicchiata nell’angolino più buio che avesse trovato all’interno di quell’odioso pullman – poteva forse aspettarsi qualcosa di non colorato, considerando che l’organizzatrice fosse un’insegnante di composizioni floreali?
«Pensavo di averti convinta già da tempo…» asserì con tono apparentemente tranquillo e sincero, ma il piccolo sguardo provocatorio che le lanciò lasciava intendere tutt’altro.
Sabrina allargò appena le labbra in un sorrisetto ambiguo, facendo pian piano scivolare le braccia attorno ai fianchi morbidi dell’altra, approfittando spudoratamente di ogni spiraglio che le lasciava aperto.
«Perché non mi rinfreschi la memoria, piccoletta morbidosa?» Sì, in quel momento Erika comprese perché avesse voluto occupare l’ultimo posto ma, prima che potesse anche solo avvicinarsi a lei, alle spalle di Erika comparve la figura euforica di Misty.
«Erika!» esordì, facendole prendere un mezzo infarto e provocando in Sabrina una reazione omicida così intensa che la morettina dovette letteralmente frapporsi tra le due, impedendo la completa visuale della compagna sulla pel di carota.
«Dimmi, cara» le rispose cortesemente, accogliendola col solito sorriso disponibile.
La Capopalestra acqua, come da copione, non considerò minimamente Sabrina, appoggiando i gomiti sugli schienali dei due sedili adiacenti, come avesse tutte le intenzioni di farsi una lunga chiacchierata con l’amica.
«Ho bisogno assolutamente di un consulto! Gli altri Capopalestra non hanno Pokémon forti contro i miei, quindi devo assicurarmi la vittoria a tutti i costi!» asserì grintosa, cominciando ad esporre la sua “infallibile” strategia.
Erika naturalmente l’ascoltava, dava qualche consiglio, mentre Sabrina affianco a lei era tornata a rannicchiarsi contro il vetro, tappandosi le orecchie: no, non sarebbe mai riuscita a tollerare quella spocchiosa pel di carota, figurarsi ora che le aveva interrotte!
Ma si impegnava, Sabrina, si impegnava per non aggredire verbalmente – e non solo – chiunque non le andasse a genio… e considerando che la stragrande maggioranza degli esseri viventi non erano considerati degni di essere sopportati, avrebbe fatto fuori mezzo mondo.
Quando, finalmente, Misty tornò al proprio posto accanto a Brock, Sabrina avvinghiò Erika e la trascinò addosso a sé con una certa irruenza.
«Se viene qualcun altro lo uccido» brontolò. Erika le diede un bacino sulla guancia, con quel suo solito modo dolce di placarle l’animo.
«Non esagerare, voleva solo un consiglio» le spiegò garbatamente, ma la compagna non parve per nulla convinta.
«Ed io voglio solo che sparisca dalla faccia di Kanto» concluse con un sorrisone falsamente innocente.
La morettina sospirò, appoggiandosi a lei quasi a volersi addormentare.
«Oggi sei particolarmente altruista…»
«No, solo quando– » ma vennero nuovamente interrotte dall’arrivo di Surge, il quale parve completamente infischiarsene della loro vicinanza – si era abituato alle stranezze di Sabrina, nei Rocket, e quel momento non faceva differenza.
«Capitano, devo parlarle!» cominciò con tono deciso ed un pochetto altino, tipico di un militare.
Erika tornò quindi in posizione eretta, allontanandosi da Sabrina per volgere la propria attenzione al Tenente.
Sabrina che era sul punto di esplodere, specie con una persona con cui non doveva trattenersi.
«Certamente» si propose, ma l’uomo aveva praticamente cominciato a parlare ancora prima ch’ella acconsentisse, almeno fino a quando dalle spalle della morettina non spuntò una Sabrina particolarmente indiavolata, gli occhi infiammati dal nervoso mal celato.
«No, devi solo toglierti dalle palle» strillò, tanto che Blaine e Green nei sedili davanti si zittirono.
Prima che Erika potesse aprir bocca, la strega letteralmente gliela tappò con una mano, continuando il suo sclero.
«Sono l’unica che l’ascolta quando parla, questa secchioncella? Ha detto di riposarsi, fila via!» lo ammonì.
Il Tenente sospirò e sbraitò qualcosa, mandandola a quel paese con un cenno della mano, prima di tornare a sedersi altrove.
A quel punto, prima che la bella Capopalestra erba potesse opporsi, Sabrina la cambiò di posto, così da assicurarsi che nessuno potesse più contattarla, essendo vicino al finestrino. Non la lasciò parlare nemmeno questa volta.
«Sì, sono una persona di merda, egoista, possessiva e tutto quello che vuoi, ma » e le puntò il dito contro « sei stata tu a venirmi a recuperare dall’inferno, salvatrice, quindi ne paghi le conseguenze!» la ammonì, decisamente irritata dal fatto ch’ella fosse costantemente sotto l’attenzione anche di qualcun altro.
Qualcun altro che non fosse solo lei, s’intende: faceva ancora parecchio fatica a rinunciare all’idea di chiuderla in una campana di vetro.
Erika non si arrabbiò, al solito sembrò riuscire a scorgere il lato positivo di quel modo di fare scontroso, tanto che le prese delicatamente una mano e la tirò verso di sé, così da farle appoggiare la testa sulla sua spalla.
«Mai negato di volerlo fare» rispose con quella sua infinità calma, accarezzandole i capelli così dolcemente che l’altre avrebbe potuto addormentarsi in due nanosecondi.
Sì, se da un lato la strega sapeva come stuzzicarla, dall’altro la morettina era in grado di quietarle l’animo, sempre e comunque.
Si avvinghiò a lei e socchiuse gli occhi, quasi stesse abbracciando un morbido pupazzo.
«Sei mia» ci tenne a precisare.
Erika sorrise di nuovo, lasciandole un dolce bacio sulla fronte.
«E se mi opponessi?» Sabrina la fissò di scatto, in modo particolarmente penetrante. Poi sorrise malignamente.
«Mi premurerei di eliminare ogni essere umano di genere maschile e femminile fino a rimanere solo noi due» e lo disse con un tono tanto ovvio che pareva crederci per davvero, tanto che tornò ad appoggiare la testa su di lei, chiudendo gli occhi con espressione soddisfatta: sì, forse sarebbe stata in grado di farlo davvero, dopo essersi resa conto a tutti gli effetti del rischio che aveva corso…
Del rischio di perderla.
Solo al pensiero, un brivido gelido le percorreva la schiena, costringendola a stringere ulteriormente Erika a sé: no, non avrebbe più permesso a niente e a nessuno di allontanarla da lei, nemmeno a se stessa, ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter udire sempre il battito del suo cuore.

(…)
Gli scontri proseguivano ad intervalli regolari, i due Capitani avrebbero dovuto attendere l’ultimo turno, godendosi gli altri dalla rispettiva tribuna.
Sabrina aveva appena terminato il proprio, vincendo senza subire nemmeno troppi danni: un pokémon psico che sconfigge il proprio punto debole – il coleottero – grazie all’intelligenza ed all’astuzia era sicuramente una soddisfazione non da poco, per la squadra di Kanto.
Per quanto non le fosse mai importato troppo dell’opinione altrui – anzi, meno che zero – la strega di Lavandonia aveva, allo stesso tempo, sempre nutrito una certa soddisfazione nello sconfiggere i propri avversari in una lotta… quella, in particolar modo, era una sorta di rivincita che si stava prendendo contro quel sistema tanto organizzato e perfettivo che aveva cercato di sbaragliare.
Il Team Rocket era finito, sì, ma non per questo le persone che vi avevano fatto parte non avevano creduto in quegli ideali… non tutti, almeno.
Erika l’aveva osservata con espressione estremamente soddisfatta, felice – dopo così tanto tempo – di sentire anche i colleghi fare qualche apprezzamento positivo nei suoi confronti: non aveva mai chiesto nulla del genere, Sabrina, eppure per Erika era sempre stato molto importante, forse perché le sembrava assurdo che nessuno vedesse nella compagna ciò che vedeva lei, la bellezza, l’intelligenza, il talento… o forse, più semplicemente, la dolce morettina era tanto altruista da desiderare che anche il mondo desse alla compagna la possibilità che meritava, che venisse sinceramente apprezzata per ciò che era.
Scese le scale della tribuna con un sorriso raggiante, intenta a raggiungere Sabrina all’ingresso dell’arena quando, con un certo stupore, notò uno stuolo di ragazzini – ragazzi così come ragazze – che l’avevano letteralmente attorniata per… chiederle autografi?
Non poté non sorridere dolcemente dinnanzi a quella scenetta, non si mostrò, restò in disparte con una spalla appoggiata alla parete, godendosi appieno quell’imbarazzo generale che animava la compagna nel vivere una situazione del genere, per la prima volta.
Già, per la prima volta sembrava che qualcuno di “normale” riuscisse ad apprezzarla, proprio come Erika aveva sempre sperato.
E Sabrina era lì in mezzo – di certo, data la statura, non faticava a svettare su di loro – alquanto disorientata, lei che detestava avere a che fare con più di una persona alla volta si ritrovava letteralmente sommersa.
Erika quasi se la rideva, i ragazzi avevano cominciato a farsi un po’ troppo insistenti – era chiaro che una come Sabrina avrebbe cercato di rifiutare qualsiasi approccio, ma qualche autografo era stata costretta a concederlo! - come avessero avuto davanti agli occhi una sorta di divinità.
«Possiamo toccarla, signorina Sabrina? Eh, possiamo?» a quella domanda tanto esplicita e nemmeno troppo innocente, l’espressione della dolce morettina mutò.
Da radiosa ad appena sorridente.
Sabrina si rifiutò, naturalmente, quella banda di mocciosetti cominciava a darle alquanto sui nervi, quando qualcuno cominciò ad allungare le mani.
Da appena sorridente divenne seriosa, stranamente seriosa.
«Che cazzo fate?! Non vi ho detto che– »
«Chiedo scusa» la voce posata di Erika attirò l’attenzione dei presenti, compresa quella della strega che rimase alquanto perplessa di vederla così quieta… anzi, no, non se ne stupì per niente, era nella sua natura.
Ciò che non la convinceva era quel sorriso… finto? Da quando Erika – Biancaneve, l’innocenza, la purezza e quant’altro – non allargava appena quelle deliziose labbra carnose per uno stato d’animo sincero?
I ragazzini avevano bloccato le proprie mani, senza tuttavia rinunciare a quell’invadenza.
Erika si fece avanti in tutta calma.
«La vostra ammirazione verso una Capopalestra così dotata è sicuramente apprezzabile… ma non si può dire altrettanto dei vostri modi» e sottolineò quella parola in modo alquanto ambiguo, tanto che tutti i presenti – Sabrina compresa – cominciarono ad avere una qualche sensazione spiacevole, per nulla rassicurante.
La dolce Capoaplestra erba avanzò di nuovo, li raggiunse e, con un gesto quasi delicato, prese il polso di una ragazza un po’ troppo invadente e lo spostò, costringendola ad indietreggiare.
A Sabrina cominciava a gelarsi il sangue nelle vene senza riuscire a capire ciò che i suoi sensi extra sviluppati avevano percepito sin dal primo momento.
Il sorriso non era scomparso dalle sue labbra.
«Ora, vi chiedo cortesemente di allontanarvi…» asserì educatamente, qualcuno di loro sembrò riprendersi da quel momento di incantamento – che fosse seria, arrabbiata o benevola, a quanto pareva Erika sortiva sempre lo stesso effetto… - e tentare di opporsi e solo a quel punto la dolce morettina sfoggiò uno sguardo così deciso e fulminante che il contrasto con il sorriso le diede un’aura stranamente inquietante.
«… a meno ché non vogliate che sia un Venusaur di qualche centinaio di chili ad invitarvi a farlo» concluse, come se non avesse minimamente badato a chi era sul punto di interromperla.
Sabrina – per quanto possibile – sbiancò.
I ragazzini rimasero a bocca aperta e, nemmeno troppo lentamente, indietreggiarono sino ad allontanarsi completamente da loro.
Sabrina era impietrita… ed era assurdo, visto che, solitamente, era lei a fare quell’effetto alla gente!
«Ora ho paura» asserì schiettamente. Erika si voltò, con ancora quel sorriso ambiguo sulle labbra ed al contempo quel fare apparentemente innocente.
Spaventare ragazzini con urla, spettri e sceneggiate era più che comprensibile, ma… con un sorriso e due parole quasi dolci? Sì, decisamente aveva paura.
«Non sei l’unica a cui preme rimarcare il proprio territorio, sai?» le fece notare, questa volta assumendo un’espressione completamente sincera, per quanto non mascherasse un filo d’ironia.
Era vero, dopotutto, anche Erika voleva tenersi stretta ciò a cui teneva, la differenza tra due stava semplicemente nei modi e nei momenti: Sabrina sbraitava contro chiunque anche per la minima cosa, come una sorta di cane da guardia particolarmente rabbioso, mentre Erika… Erika rimaneva educata e gentile, con una nota particolarmente inquietante nel caso in cui qualcuno superasse un po’ troppo i limiti.
Sabrina rimase così, le iridi scarlatte ancora perplesse fisse nell’altra, quasi a voler capire da dove fosse saltato fuori quel suo lato… geloso?
Il sol pensiero le fece mutare radicalmente espressione, tornando ad assumere quel sorriso maligno e spaventoso di sempre.
«Quindi anche la dolce ed innocente Biancaneve conosce la gelosia…» asserì con un certo orgoglio: sì, decisamente quella manifestazione di gelosia da parte dell’unica persona di cui le importasse davvero al mondo era stata ben più appagante di un gruppetto di mocciosi petulanti.
Erika, naturalmente, non si scompose – possibile che riuscisse a rimanere così impeccabile in qualsiasi situazione?!
«Nei casi estremi» rispose in tutto candore, ma la mente alquanto iperattiva di Sabrina era già andata oltre, tanto da incrociare le braccia sotto quel misero seno che si ritrovava.
«Interessante… quindi, se questi casi estremi si verificassero più spesso, vedrei di nuovo quel tuo bel visetto angelico?» domandò ironica al massimo, come se avesse già pianificato un'altra decina di quel genere d’incontri, solo per vedere l’amata fare – per una volta – la parte della gelosa.
«Devo dedurre che sia tu, a volertela vedere con Venusaur?» l’ennesima risposta candida, sincera, dannatamente naturale.
Un brivido percorse la schiena di Sabrina, ma non aveva più niente a che fare con l’inquietudine di poco prima, nossignore, era piuttosto… eccitazione?
Sì, lo era a tutti gli effetti, considerando che fosse più facile vedere un Giratina a spasso per Zafferanopoli che una Erika gelosa.
Si avvicinò fulminea a lei, andando a portare le proprie labbra ad un soffio dal suo orecchio, le dita longilinee avevano furtivamente cinto il collo della bella morettina con tocco delicato, come a voler provocare in lei la medesima sensazione.
«Spero per te che tu abbia scelto una stanza lontana da tutti gli altri, bambolina, perché non ho alcuna intenzione di trattenermi…» proferì maliziosa.
Era sul punto di lasciarle un morso alquanto consistente al lobo dell’orecchio quando, quasi di scatto, Erika si allontanò di qualche centimetro, quanto bastava per fissarla intensamente negli occhi.
«La sceglierò quando non ti farai toccare dal primo che passa, bambolina» ribatté ricalcando l’ultima parola con un’ironia alquanto innocente.
L'aveva davvero ammonita?
Sabrina si ritrovò spiazzata, mentre l’amata andava a scostarsi da lei e poi a superarla, intenta a ritornare sulle tribune, così, senza lasciarle concludere il suo consueto sproloquio di provocazioni e frecciatine, come se nulla fosse accaduto.
E la lasciò lì, impalata, con ancora le mani tese in avanti e lo sguardo perplesso.
Scosse il capo, lasciando ondeggiare i capelli liberi: no, decisamente Erika gelosa non l’avrebbe tollerata tanto facilmente…
Forse, che anche lei fosse dannatamente insopportabile, quando manifestava la propria sfrenata gelosia in scenate, grida, insulti e quant’altro in pieno pubblico?
Scosse nuovamente il capo: non poteva fregargliene di meno, non era mica lei la signorina!
  
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