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Autore: blackmiranda    05/02/2016    12 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bon Voyage






Persefone allungò il collo oltre lo scafo ricurvo della nave per dare un’occhiata alle ultime operazioni di carico prima della partenza. I marinai di cui era composta la ciurma del mercantile erano degli omaccioni duri e temprati dalla calura e dalla salsedine, con delle facce truci, i volti bruciati dal sole e grandi mani callose, che non facevano altro che lanciarle occhiate strane da quando era salita a bordo. Per quel motivo, e anche perché il pensiero che a separarla dall’affogamento ci fossero poco più di un paio di assi di legno la inquietava parecchio, da quando aveva messo piede sulla nave era praticamente rimasta sempre appiccicata a Ercole, ovvero l’unico, lì in mezzo, che le ispirasse fiducia.

Abbassò lo sguardo a scrutare l’acqua sotto di sé, poco convinta. Buffo come avesse trascorso la maggior parte della propria vita su un’isoletta nell’Egeo senza imparare mai a nuotare. Del resto, lei era (o meglio era stata, si corresse con una punta di amarezza) la dea della primavera, non una ninfa acquatica…

Il capitano, che a causa dei commenti di poco prima le stava decisamente antipatico, stava sbraitando a destra e a manca, intento a completare i preparativi per la partenza. Poseidone, a poca distanza da lei, aveva lo sguardo fisso sulle onde verdastre che si infrangevano sulla chiglia; tuttavia, al contrario della ragazza, non sembrava minimamente rendersi conto di quello che gli accadeva attorno, come ipnotizzato dall’andirivieni dei flutti.

“Gira voce che tu sia quell’eroe di Tebe di cui tutti parlano da un po’ di tempo a questa parte.” fece il capitano all’improvviso, avvicinandosi ad Ercole, che stava accarezzando Pegaso sul muso. Persefone fece un passo nella sua direzione, staccandosi dal parapetto.

Ercole annuì, sorridendo caloroso. “Sì, è così.” rispose, aggrottando poi lievemente le sopracciglia. “Ė per caso un problema?”

Il capitano si strinse nelle spalle. “Ah, no, certo che no. Un paio dei miei ragazzi potrebbe volerti chiedere l’autografo, tutto qui…” spiegò l’uomo, mentre alle sue spalle due marinai arrotolavano le grosse cime che tenevano la nave ancorata al molo. “Ah, e il cavallo…per quanto mi riguarda, sarebbe meglio che venisse legato…” aggiunse, e Pegaso nitrì subito, scalpitando nervosamente.

Ercole si fece improvvisamente serio. “Non credo sia una buona idea. A Pegaso piace poter volare in libertà.” Persefone annuì con vigore, incrociando le braccia, mentre il cavallo alato le andava vicino, i passi che rimbombavano sul pavimento in legno della nave.

“Uhm…” borbottò l’uomo, apparentemente considerando la cosa. “Beh, suppongo che, finché non darà problemi…” continuò, con tutta l’aria di star facendo loro un grande favore. “Ma sì, voglio essere buono oggi. Giusto perché abbiamo una celebrità a bordo.” disse infine, azzardandosi a mollare una pacca sul braccio muscoloso del ragazzo.

“Sono certo che si comporterà bene.” gli assicurò il ragazzo, mentre Persefone lo fissava con lo sguardo più torvo che le riuscisse di fare (avendo a che fare con Ade, si era allenata parecchio). Mordendosi la lingua, pensò a cosa avrebbe detto, quell’uomo rozzo, puzzolente e avido, se avesse scoperto che, oltre al famoso e possente Ercole, si stava apprestando a trasportare nientepopodimeno che Zeus, Poseidone e Ade…

…e anche lei, ovviamente…altro che avere una donna a bordo..!

Come se le avesse letto nel pensiero, il capitano la squadrò con un cipiglio piuttosto scettico, dopodiché chiese: “E i tuoi amici, grande eroe, anche loro sono gente che dovrei conoscere, per caso?”

Zeus, alle loro spalle, a quelle parole parve irritarsi quanto se non più di lei. “Per tua informazione, mortal-“ esordì, e Persefone, Ercole e Pegaso si girarono all’unisono verso di lui, nel tentativo di zittirlo prima che dicesse cose di cui era meglio tacere, ma Ade intervenne prima che potessero fare alcunché: “Nessuno di importante, buon uomo: parenti, tutto qui.” disse in tono sbrigativo, con lo stesso sorriso falso che aveva usato con lei quando l’aveva rapita e portata nell’Oltretomba.

Ercole gli lanciò uno sguardo a metà tra il sorpreso ed il perplesso. “Ehm…sì, esatto.” balbettò, girandosi di nuovo verso il capitano, che lo teneva d’occhio con sguardo indagatore. “Lei è…uh…mia cugina Persea, e lui è mio padre Ze…none, e lui…” continuò, indicando Ade, “lui è mio zio…Adone.” Persefone, impegnata a fare cenno di sì con la testa per reggergli il gioco, strabuzzò gli occhi nell’udire il nome che Ercole si era inventato per Ade. Gli lanciò un’occhiataccia, che però il cugino non colse, ma che non sfuggì al marito, il quale si lasciò andare ad una breve risata: “E come amo il mio nome!” esclamò, chinandosi a posarle le mani sulle spalle. “Anche lei lo adora, vero Riccioli d’oro?” la punzecchiò, ghignando apertamente.

Il capitano sollevò un sopracciglio. “Ma…voi due siete sposati o che?” domandò bruscamente.

Purtroppo sì.” sibilò lei, scrollandosi di dosso le manacce del consorte e avviluppandosi nello scialle.

Ade si strinse nelle spalle, per nulla impressionato dalla reazione di lei. “Donne, che vuoi farci.” si limitò a commentare, sempre col ghigno stampato sulla faccia.

“Ah, non dirlo a me.” gli fece l’uomo ridendo sotto i baffi. “Almeno è carina. Mia moglie è più mascolina di me!” aggiunse, tossicchiando.

Ade gli passò un braccio attorno alle spalle. “Sì, beh, dovresti vedere sua madre…” mormorò, ma non così piano da rendersi inudibile alle orecchie di Persefone. La ragazza arrossì dalla rabbia, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani. Un giorno te le farò pagare tutte. Non so come farò, ma in qualche modo giuro che avrò la mia vendetta., pensò, cercando di calmarsi, onde evitare un litigio nel bel mezzo della nave in partenza. Ercole le si avvicinò, un’espressione dispiaciuta dipinta sul volto.

“Certo, è un po’ bisbetica.” borbottò nel mentre il capitano, accarezzandosi piano la barba.

Un po’? Temo che non basterebbero due secoli per renderla meno acida!” sentenziò Ade, subito prima che un paio di uomini chiamassero a gran voce il suo interlocutore.

Il capitano si girò, rispondendo bruscamente al marinaio che l’aveva interpellato. Congedatosi seccamente  da loro, fece un giro veloce della nave per controllare che tutto fosse a posto. “Le anfore sono fissate? Se si rompono un’altra volta, vi avverto, vi butto tutti in mare!” sbraitò, guadagnandosi un paio di gestacci da parte degli uomini a cui dava le spalle. “Vi ho visti!” replicò, burbero. Persefone tenne bene a mente il gesto che aveva appena visto fare ai marinai; magari, si disse, le sarebbe potuto tornarle utile…

“Suvvia, Ade, perché devi sempre offenderla in questo modo?” intervenne allora Zeus, con un’innocenza che quasi le fece venire da ridere.

“Vuoi dire Adone…” osservò il fratello, la voce colma di sarcasmo, facendole digrignare i denti.

Zeus sbuffò. “Lo sai cosa voglio dire. Insomma, è tua moglie o no? L’hai voluta per te, hai fatto un tale pandemonio per averla…e adesso la tratti così?” A quelle parole, lo sguardo di Persefone intercettò quello di Ade per un breve istante, e la ragazza si ritrovò, suo malgrado, a pensare che tutto sommato in quel momento qualcosa in comune ce l’avevano: l’espressione di incredulità mista ad una buona dose di insofferenza dipinta simultaneamente sui loro volti. Davvero Zeus non aveva capito che Ade non l’aveva sposata perché era innamorato di lei? La ragazza lanciò un’occhiata in direzione di Ercole, stupita che non avesse informato il padre di quanto lei gli aveva riferito una manciata di sere prima. 

Nel frattempo, Ade aveva alzato gli occhi al cielo, evidentemente indeciso se degnarsi di rispondere o meno alle proteste del fratello. Dopo qualche secondo, tuttavia, parve decidersi: “Il fatto è, mio acuto fratello, che io e Seph, qui, abbiamo un rapporto di, beh, una specie di odio-amore, ecco.” spiegò. “Più odio che amore, in effetti…” aggiunse, lanciandole un’altra ironica occhiata, per poi chiederle: “Non è vero, Seph?”

Lei sbuffò sonoramente. La sua sfacciataggine le dava oltremodo sui nervi. “Decisamente più odio. Anzi, direi solo ed esclusivamente…” assentì, la voce piena di livore.

“Visto? Su certe cose andiamo pure d’accordo.” osservò l’ex-dio dei morti, tornando a rivolgersi a Zeus, che non sembrava del tutto convinto. “Ma tu non preoccuparti di queste cose, non devi, sul serio. Ecco, magari passami il nome del terapeuta di coppia da cui andate di solito tu ed Hera, e magari dopo che, sai, avremmo risolto quest’altra brutta faccenda di Urano, potremmo anche farci un pensierino.” aggiunse, rifilandogli un paio di pacche sul petto a mo’ di contentino.

Persefone scosse la testa, voltando stizzita le spalle a tutti quanti indistintamente, proprio quando il capitano diede l’ordine di partire. Le vele giallognole vennero spiegate, gonfiandosi quasi subito grazie al vento che spirava da est. La nave prese a staccarsi lentamente dal molo, provocando la prima vera reazione di Poseidone da quando si erano imbarcati: improvvisamente febbrile, raddrizzò la schiena, prendendo un’ampia boccata d’aria.

Persefone socchiuse gli occhi, facendo del suo meglio per godersi quello strano momento, nonostante la compagnia poco piacevole con cui viaggiava. Per un attimo le sembrò quasi di essere tornata indietro nel tempo e di essere ancora una giovane dea ignara di tutto, sulla sua piccola Nysa sperduta nel mare. Attorno a lei, i marinai urlavano tra le grida stridule dei gabbiani, in un tendersi di corde e vele.

In quello che le sembrò un battito di ciglia, si erano già allontanati dalla banchina. Vide il porto, con le sue persone e le sue merci traboccanti da ogni angolo, farsi sempre più distante, e restò immobile a fissarlo finché non riuscì più a distinguere chi fosse chi e cosa fosse cosa.

Un’altra manciata di momenti, ed erano partiti, definitivamente, allontanandosi sempre di più dalla costa, la prua della nave che si faceva strada tra i flutti, spezzandoli in un gorgoglìo di schiuma.  

Da allora in poi, realizzò la giovane trattenendo il respiro, anche se lo avessero voluto, non sarebbero più potuti tornare indietro.

Pegaso si alzò in volo nitrendo gioiosamente, la criniera celeste scompigliata dal vento.


***


Euristeo scivolò nel corridoio con una destrezza che nessuno, incluso lui, si sarebbe mai aspettato che possedesse. Era un uomo piuttosto tozzo, con un ventre che, per quanto si sforzasse di nascondere, diventava anno dopo anno sempre più prominente, un paio di gambe secche dalle ginocchia a punta e la schiena resa curva dal lavoro nei campi…non quello che si direbbe un bell’uomo, in effetti, né tantomeno fortunato.

...almeno fino a quando, una notte di non molto tempo prima, quella dea oscura, il cui nome non era riverito né nominato volentieri da nessuno, non gli era comparsa di fronte come una visione delirante e febbrile.

Gli aveva promesso ricchezza, gli aveva riempito le mani di oro e argento, assicurandogli che ne avrebbe ricevuto ancora, se solo l’avesse servita. Era stata l’occasione migliore che gli fosse mai capitata nella vita; non poteva non accettare.

Quello stesso oro ora gli danzava in tasca, mentre faceva del suo meglio per apparire innocente, nient’altro che un poveraccio di campagna ammaliato dalla maestosità di Tebe e dalla sfarzosità della villa del cugino – cugino che, beninteso, aveva visto solo una volta, quando era ancora solo un contadino come lui, nella vecchia casupola di Anfitrione. Se lo ricordava goffo, con lo sguardo perennemente fisso a terra, Ercole: chi l’avrebbe mai detto che uno così sarebbe diventato un eroe ricco e famoso, con uno schianto di donna come moglie…

Ma magari, pensò l’uomo adocchiando un servo di mezz’età poco distante da lui, magari tra qualche anno la gente avrebbe pensato lo stesso di lui. In fondo, erano i soldi che importavano. Ci potevi comprare tutto, con i soldi. E lui ne avrebbe avuti in abbondanza, fino alla fine dei suoi giorni.

Prese a scambiare qualche battuta con il servitore, facendo casualmente tintinnare le monete al suo fianco. Che peccato che Ercole non c’era, si lamentò in tono contrito. Avrebbe davvero desiderato passare del tempo col cugino, non lo vedeva da tanto! Per caso non sapeva, quel brav’uomo, dove fosse andato Ercole? Per caso non sapeva quando sarebbe tornato? Dove era diretto?

Al cenno negativo del servo, passò oltre, una smorfia appena accennata sul volto: l’ennesimo tentativo fallito, ed era certo che, per quanto cauto potesse essere, alla lunga la gente nella villa avrebbe iniziato a parlare.

Anfitrione e Alcmena erano stati i primi a cui aveva cercato di carpire qualche informazione in più, ovviamente, ma gli avevano dato solo risposte vaghe, che era certo alla dea non sarebbero bastate. Così aveva provato ad interrogare gli altri ospiti della villa, che però erano estremamente diffidenti e sembravano inclini a stare solo ed esclusivamente tra loro. Aveva qualche speranza ancora riposta nel grassone festaiolo - magari avrebbe potuto offrirgli da bere una di quelle sere - ma nel frattempo aveva risolto di provare a chiedere alla servitù, la più suscettibile, si augurava, di farsi corrompere con un po’ di denaro…

Quando, all’improvviso, si sentì posare una mano sulla spalla, sgranò gli occhi, in preda al panico, temendo che l’avessero scoperto.

Si voltò di scatto, la bocca semiaperta, ritrovandosi di fronte un giovanotto muscoloso che lo superava in altezza di tutta la testa e che, nonostante l’abbigliamento anonimo, aveva tutta l’aria di essere un soldato. Sentì le gambe cedergli dall’angoscia, ma non fece a tempo a inventarsi una scusa che quello disse: “Ho sentito che stai cercando Ercole.”, ammiccando al borsello che Euristeo teneva legato alla cinta.

Si rilassò, prendendo un respiro profondo. “Per Zeus, figliolo…” sussurrò, trascinandolo in un angolo del corridoio, “mi hai fatto prendere un colpo!” I due si fissarono per un istante, studiandosi a vicenda, poi Euristeo riprese la parola: “Sì, sto cercando mio cugino. Vorrei sapere dov’è andato. Immagino che tu sappia che sono disposto a pagare…”

Il giovane si aprì in un sorriso smagliante. “Sarà meglio. Sono il tuo uomo, se ti serve sapere dove sono andati, lui e quegli altri…” dichiarò, gli occhi verdi che non si staccavano dal borsello gonfio di monete. 

Euristeo sogghignò, esultante. “Parla, dunque.”

L’altro ridacchiò. “Prima dobbiamo accordarci sul prezzo.”

“Se le informazioni che mi darai saranno valide, ti darò tutto ciò che ho in tasca.” ribatté Euristeo, facendo lavorare la mente nel frattempo. Quel ragazzo aveva parlato di altri…così come aveva fatto Eris, l’ultima volta che l’aveva vista… “Ercole non è partito da solo?” indagò sottovoce, assicurandosi che fossero soli.

“No, sono partiti in cinque, più il cavallo.” rispose il giovane. “So che sono andati a ovest. Devono attraversare il mare, e credo sarà un viaggio piuttosto lungo.”

Euristeo avvertì i battiti del proprio cuore accelerare. Finalmente un indizio! “Lungo, dici?” lo incalzò, guardandolo dritto negli occhi. “Sai dove sono diretti?”

L’altro scosse la testa. “Non me l’ha detto. Ha detto solo che dovevano andare a ovest, al di là del mare.”

“Te l’ha detto Ercole?”

“No. Con loro c’è una ragazza, me l’ha detto lei.” Il ragazzo si strinse nelle spalle. “Da come ne parlava, sembrava una questione di vita o di morte…”

Euristeo annuì, cercando di tenersi tutto bene a mente. “Una ragazza, Ercole, il cavallo, e poi? Chi altri?”

“Non so chi siano. Erano tre uomini, uno di loro era grande e grosso, un altro calvo…non sono di qui, sono arrivati da poco in città.” Si grattò il mento cesellato. “Non conosco i loro nomi, ma la ragazza si chiama Persefone.”

Euristeo annuì nuovamente, al settimo cielo. Eris sarebbe stata soddisfatta, ne era certo...

“Non so altro.” fece intanto il giovane servo, incrociando le braccia al petto. “Allora, il mio compenso?”

Euristeo gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla. “Mio giovane amico, mi hai fatto davvero un grosso favore. Tieni, te lo sei meritato.” disse, di ottimo umore, consegnando il borsello in cuoio nelle mani del ragazzo. “Sappi che, se in futuro ne vorrai ancora, potrei aver bisogno nuovamente dei tuoi servigi.” Detto questo, si allontanò quasi saltellando, lasciando il giovane a contare avidamente le monete scintillanti.



 
 
 
 
 
 


Eccoci di nuovo qui, gente! Non so se questo capitolo si possa considerare un capitolo di passaggio o che, ma dal prossimo le cose inizieranno davvero a movimentarsi. Quindi stay tuned! xD
Ringrazio nuovamente tutte voi per i commenti e anche per i consigli che mi avete dato nelle recensioni del capitolo scorso.
Vi lascio con questa piccola considerazione: Euristeo un po’ me lo immagino come Edgar ne Gli Aristogatti. Non so se questa cosa è condivisa da voi lettrici. xD Mentre Adone (spero si sia capito che era lui!) inizia un po’ a ricordarmi Gaston, anche se non l’avevo scritto con questa intenzione all’inizio. ;P Saranno i muscoli. 
   
 
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