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Autore: LammermoorLace    06/02/2016    2 recensioni
Qualche volta, soltanto, morti tornano, e iniziano a bussare alle porte del ricordo, chiedendo a gran voce di entrare, di tornare nel cuore di coloro che li hanno conosciuti da vivi.
Quand’è così, vanno sepolti di nuovo; Cicerone lo ha imparato sulla propria vecchia povera pelle, sulle corde della propria anima. A nulla vale il rimpianto.
Cicerone/Catilina post mortem
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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- Catilina… Catilina, perché mi perseguiti? -
Cicerone mormora in un tono secco, stanco, che nasconde una profonda vena di dolore, passandosi una mano sul capo, ormai parzialmente calvo, e respirando a soffi affannati nella notte nera e fresca, pervasa dal sentore dei fiori e dei pini della villa.
La fronte dell’uomo è resa lucida da un velo di sudore freddo, e il cuore gli batte in petto poderosamente, senza dar cenno di volersi calmare, ancora scosso dal sogno che l’ha svegliato.
La cosa va sempre peggio.
Anche durante il giorno, ormai, non passa ora che il pensiero di lui non gli infuochi la mente, e non passa notte che Cicerone non si svegli preda di sogni che, sul razionale e saggio cicerone, hanno l’effetto di incubi.
A volte è l’immagine del suo viso, di quel viso bastardo, fiero, giovane nonostante l’età, che lo fa sobbalzare e distrarre dai suoi pensieri nel foro. A volte è invece un lembo qualsiasi della sua pelle; le vene delle sue braccia, i suoi forti polsi, i talloni stretti dai lacci di cuoio dei sandali. Uno scintillio dei suoi capelli venati appena di grigio, il ricordo di un’inflessione della sua voce… di un suo insulto, o di una sua battuta. Basta così poco, per riportarglielo intero, vivo e bello e audace come Cicero lo ricorda; e allora Catilina, prepotente e lusinghiero come la memoria di Cicero l’ha cristallizzato nei suoi ricordi, è di nuovo lì, invitto, sorridente.
E’ di nuovo nel foro, chino, pensieroso; la mascella contratta e il profilo deciso, che complotta contro il Senato. Ma Cicerone sa.
Ed è ancora con la sua tunica bianca da senatore, che discorre all’ombra di una colonna con i suoi congiurati; e Cicerone vede.
Ed è di nuovo in piedi, di fronte a Cicerone, ad ascoltare sprezzante l’orazione di lui, che lo accusa, svilisce… condanna.
E Cicerone trema.
 
Perché mi perseguiti? Chiede ancora, e poi ancora, Cicerone alle stelle. Ma è un chiedere invano; l’Ade è muto e distante, e le ombre dei defunti non potranno mai ritornare fra gli uomini, e rivedere il sole.
Catilina è stato sconfitto e ucciso; un soldato ha portato la sua testa indietro dalla carneficina che si è fatta a Pistoia, come pegno di trionfo, come segno di vittoria.
Cicerone ha vinto.
Catilina è morto.
 
Eppure.
 
Eppure c’erano stati quegli sguardi… e quelle parole non dette, e quei gesti.
Cicerone non è uno stupido.
Sa, da buon politico, mentire; ma sa bene che mentire a sé stessi non porta a nulla.
La verità non conosce maschere.
E la verità, per quanto complicata e inammissibile, era una sola.
Si desideravano, loro due.
Si erano sempre desiderati. L’attrazione, la sfida, la soddisfazione della lotta con un pari erano cose che li guidavano irresistibilmente l’uno verso l’altra.
Se solo…
 
No.
… in un altro mondo, forse. In un’altra vita.
 
Cicerone inspira il profumo dei pini. E’ passata. Anche stanotte, è finita.
I morti non ritornano. Qualche volta, soltanto, si intestardiscono e iniziano  a bussare alle porte del ricordo, chiedendo a gran voce di entrare, di tornare nel cuore di coloro che li hanno conosciuti da vivi.
Quand’è così, vanno sepolti di nuovo; Cicerone lo ha imparato sulla propria vecchia povera pelle, sulle corde della propria anima. A nulla vale il rimpianto.
 
La notte è splendida, ma un sonno morbido intorpidisce le membra dell’uomo. Cicerone si volta, e torna all’interno dell’abitazione. Passerà una notte tranquilla e riposante, e al mattino il sole non sarà più splendente né più caldo di ieri, e si comincerà ogni cosa da capo. Ma ora va bene. E’ passato.
La tenda scorre, e ondeggia brevemente dopo il suo passaggio.
Fuori non resta che lo stormire delle fronde, e il pianto
di una qualche lontana rondine.
 
 
  
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