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Autore: DarkSide_of_Gemini    06/02/2016    2 recensioni
Dal testo: "-Sembra che tu riesca a capirlo meglio di me. Tu riesci ad essergli di conforto quando io non saprei cosa fare. Tra me e Saga ci sono stati troppi conflitti, troppe colpe che ci siamo scambiati l’un l’altro e che ancora oggi ci impediscono di perdonarci per davvero. Mentre tu, tu lo hai sempre amato, tu sei riuscito ad amarlo anche nella morte, e lui ti ha sempre ricambiato privo di qualsiasi rancore nei tuoi confronti. Noi, come fratelli, ci siamo odiati a tal punto da distruggerci a vicenda. Ma tra di voi c’è stato solo amore. Questa è la differenza tra me e te. Per quanto mi costi ammetterlo, tu puoi guarirlo come io non sarò mai in grado di fare-"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Sagittarius Aiolos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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It’s Time to Forgive

 

La mano di Aioros scivolò leggera sul suo viso in quel gesto che ormai si ripeteva da un paio di sere.

-Tornerò a trovarti domani, va bene?-

Un sorriso riservato si dipinse sul viso di Saga. Per un attimo i suoi occhi erano stati attraversati da un lampo che aveva ridonato vita a quello sguardo del colore del mare.

-Ti aspetterò-

Gli sembrava davvero lunga quell’attesa, il tempo pareva congelarsi e la notte eterna non accennava a fare posto all’aurora.

Saga avrebbe voluto chiedergli di restare, ma qualcosa lo tratteneva sempre. Non era pronto a quel passo, non ancora. Un sentimento disperato gli premeva in petto, il desiderio irrefrenabile di quell’uomo era duro da resistere. Dall’altro lato, c’era il passato. Il passato crudele, sempre pronto a ricordargli ciò che aveva fatto. Lui era stato la causa della morte di Aioros, era stato il primo a gettare infamia sul suo nome. Aveva bisogno di tempo per perdonarsi, per far sì che l’incubo ricorrente del passato svanisse del tutto.

La presenza di Aioros sembrava curarlo, rimarginare giorno dopo giorno le ferite al suo cuore.

Ma c’era qualcos’altro che gli donava conforto e al contempo tanto dolore. Kanon. Suo fratello. Vivevano nella stessa casa, condividevano ogni nuovo giorno di quella vita che era stata loro donata dalla dea Athena. Eppure sembravano due spettri persi entrambi a rincorrere i propri rimorsi, due calamite dello stesso polo che, per quanto simili, non avrebbero mai potuto incontrarsi. Nessuno dei due sembrava voler affrontare il presente, nessuno dei due sembrava in grado di districarsi del tutto dai nodi del passato, nessuno dei due sembrava confidare nel futuro che era stato messo loro davanti.

Saga poteva solo sperare di trovare le forza, un giorno, di poter riprendere la loro vita, di abbandonare per sempre il sentiero dei ricordi di sangue che avevano minacciato di annegarli entrambi. Forse sperava che fosse Kanon a fare il primo passo. Per quanto gli costasse ammetterlo Kanon era sempre stato il più forte tra di loro, sin dal giorno della loro nascita.

Sperava, dunque, che Kanon fosse in grado di riconoscere i suoi errori, e che potesse aiutarlo lì dove lui non riusciva a perdonarsi.

******

Non appena il Saint di Sagitter uscì dalla camera, ebbe l’impressione di ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con Saga. No… quello non poteva essere Saga. I suoi occhi verdi erano di ghiaccio, il suo sguardo pareva trapassarlo da parte a parte come la più letale delle lame. Sul suo viso cupo era dipinta un’espressione di vivo sdegno, chiaro indizio di quanto poco la sua presenza al terzo Tempio fosse gradita.

Aioros non si scompose, rimanendo a fissare l’uomo di fronte a sé.

-Kanon-

-Aioros-

Il suo tono era stato un soffio tagliente, non certo un saluto spensierato. Teneva i pugni serrati quasi fosse pronto alla lotta. Non era un mistero che Kanon non approvasse il suo rapporto con Saga. C’era sempre un’ombra di invidia, nel suo sguardo, mista ad un rimorso logorante che mai avrebbe abbandonato l’animo di quell’uomo. E la cosa peggiore, era che Aioros non sapeva il perché di quella rabbia così bruciante che Kanon provava verso di lui.

Gli bastava uno sguardo per capire Saga, per conoscere ciò che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di dire, per intuire il suo stato d’animo. Tutt’altra cosa era con Kanon: era impossibile capire cosa si celasse dietro quegli occhi di freddo smeraldo, quale sentimento covasse dentro o ancora comprendere il motivo di quel misterioso rancore che gli straziava l’animo giorno dopo giorno.

Con il solo sguardo Kanon sembrava volergli strappare via le dita dalla maniglia della porta e allontanarlo dalla propria casa. Quella situazione rischiava di sfuggire loro di mano. Aioros aveva deciso da tempo che tutto quello meritava un chiarimento al più presto.

-Kanon, tu non mi vuoi qui dentro, dico bene?-

Lentamente un ghigno che pareva più una smorfia di sdegno distorse i tratti del suo interlocutore.

-Non c’è che dire, Ros, sei davvero il brillante genio che tutti adulano-

 Lui sembrò non cogliere l’ironia pungente data alla risposta. Si allontanò dalla porta dirigendosi verso l’uscita del tempio: se doveva parlare con Kanon, non voleva che Saga sentisse. Avrebbe pensato che stessero litigando per lui, che le uniche persone al mondo che lo amavano si stessero facendo la guerra, e quello l’avrebbe fatto stare male. Se proprio era giunto il momento di un confronto, questo andava fatto in privato.

Kanon lo seguì come se avesse capito cosa si stava preparando.

L’aria fuori dal tempio era immobile, il paesaggio era immerso nell’oscurità malinconica della notte. L’unico suono udibile era il lontano e ritmico sciabordare delle onde del mare.

I due rimasero a scrutarsi di sottecchi per alcuni minuti, in silenzio. Infine Aioros si voltò per primo.

-Non posso stargli lontano- andò dritto al punto –non capisco perché questo ti faccia tanta rabbia, ma ti prego di non rendere la situazione ancora più difficile. Stiamo attraversando tutti un brutto momento, Saga forse più degli altri. Ha bisogno di sostegno, da parte di chiunque sia disposto a offrirgliene. Ha bisogno di qualcuno che si fidi di lui, di qualcuno che gli dica che tutto si sistemerà. Ha bisogno di sentirsi protetto e compreso. Se avvertisse il contrasto che c’è tra di noi se ne sentirebbe responsabile, e l’ultima cosa che voglio è dargli altre preoccupazioni. Quindi te lo chiedo per favore: permettimi di aiutarlo, di sostenerlo insieme a te. Nulla gli farebbe più bene di vederci uniti-

Si era voltato nella sua direzione, Kanon sentiva il suo sguardo scivolargli addosso. Non tollerava la vista dei suoi occhi. Erano ancora così puri, così vivi, animati dalla stessa luce che c’era negli occhi di Saga prima di tutto quello.

-Mi parli come se ti avessi chiesto di sparire da qui. Hai ragione, tollero a malapena la tua presenza, tuttavia so che se solo ti impedissi l’ingresso al tempio dei Gemelli mio fratello ne morirebbe. E tu, d’altronde, non rispetteresti il mio ordine. Non riesci a stargli lontano, non c’è bisogno che tu lo metta in chiaro-

Aioros rifletté su quell’ultima frase. Non capiva se Kanon stesse cercando un modo per capire come liberarsi di lui. Qualsiasi cosa volesse significare, non si era sbagliato: ormai detestava l’idea di restare lontano da Saga, anche solo per un giorno. Avrebbe voluto vivere al suo fianco, avrebbe voluto che lui fosse la prima cosa su cui i suoi occhi si sarebbero posati la mattina e l’ultima da vedere la notte, avrebbe voluto poterlo stringere tra le braccia in qualsiasi momento e scacciare i suoi incubi con parole di conforto.

-Io lo amo-

Disse semplicemente, addirittura stupito dalla spontaneità con la quale aveva messo in chiaro la questione. Non lo aveva mai detto a nessuno, neanche a Saga stesso. Aveva conservato quelle parole nel cuore in attesa del momento opportuno per poterle pronunciare, ma adesso non riusciva più a trattenerle né a dissimulare quell’affetto sin troppo profondo che lo aveva da sempre legato al Saint di Gemini.

Un rinnovato velo di rabbia incupì lo sguardo di Kanon. La luce stentata della luna rendeva il suo volto un gioco di luci ed ombre in perenne mutamento.

-Anche io-

Gli aveva rivolto quelle parole con rabbia, la voce rauca e tesa. I suoi occhi fissavano inquieti un punto lontano all’orizzonte. Poi saettarono verso il Saint del Sagittario e il suo sguardo inchiodò quello del Cavaliere.

-Anche io lo amo, cosa credi? Lo amo tanto, più della mia stessa vita. Eppure l’ho ferito. Mi capisci, Aioros? Sono stato io la causa di tutto, io ho scatenato l’inferno qui al Santuario, e tutto per una illogica sete di potere che Saga ha cercato con tutti i mezzi di placare. Allora non l’ho ascoltato. Non avevo bisogno dei suoi consigli, mi dicevo, e le sue parole mi erano sgradite solo perché contrastavano le mie idee. L’ho ritenuto un codardo, un eroe come io non sarei mai stato. La sua fama mi faceva rabbia. Lui non se ne curava, cercava in tutti i modi di non tagliarmi fuori dalla sua vita, e adesso capisco che ero io stesso ad escludermi e allontanarmi da lui. Non avevo bisogno di lui, non avevo bisogno di un fratello sempre pronto a mettermi a tacere. Lo faceva per il mio bene, e io l’ho capito solo troppo tardi. Voleva aiutarmi, e io credevo che volesse recludermi nell’ombra della sua gloria. E quando ha rappresentato un ostacolo troppo grande per me, quando la rabbia ha preso il posto dell’amore, sono stato io a causare la sua disfatta, la distruzione della pace su cui Athena regnava. Mi sembra così assurdo, adesso, così egoista e infantile ciò che ho fatto. Mi sembra così crudele, e questo non riesco a sopportarlo-

Gli aveva parlato con il cuore in mano, confidandosi per la prima volta con qualcuno che non fosse la sua stessa coscienza. Sulle prime si pentì di essersi lasciato scappare quelle riflessioni che gli davano il tormento sin da quando quella nuova vita gli era stata donata. Non voleva parlarne, non voleva ammettere le sue colpe né rivelare le sue debolezze, men che mai ad Aioros. Era convinto che Aioros non l’avrebbe capito. Cosa poteva saperne, lui, di ciò che macchiava la sua anima? Cosa mai avrebbe potuto capire qualcuno che non è mai stato contaminato dal male? Era troppo innocente, Aioros, troppo puro, per poter confrontarsi con il passato oscuro di chi la morte l’aveva causata per un proprio tornaconto personale.

Eppure… una voce fastidiosa metteva in dubbio quelle sue convinzioni. Eppure, Aioros riusciva a capire Saga. Saga, il cui cuore era stato corrotto dalle tenebre proprio come quello del gemello. Perché la sintonia che si era creata tra il fratello e quell’uomo gli dava tanto fastidio? Perché sentiva di essere minacciato dalla presenza tanto luminosa del Sagittario?

-Sembra che tu…-

Kanon si perse in quella riflessione. Persino in quel momento si sentiva inferiore ad Aioros, e quello lo confondeva. Lui si era sempre ritenuto superiore a tutto e tutti, si era sempre ritenuto il padrone indiscusso dell’intero universo. Come poteva quell’uomo distruggere quella certezza con la sola forza della sua presenza?

-Sembra che tu riesca a capirlo meglio di me. Tu riesci ad essergli di conforto quando io non saprei cosa fare. Tra me e Saga ci sono stati troppi conflitti, troppe colpe che ci siamo scambiati l’un l’altro e che ancora oggi ci impediscono di perdonarci per davvero. Mentre tu, tu lo hai sempre amato, tu sei riuscito ad amarlo anche nella morte, e lui ti ha sempre ricambiato privo di qualsiasi rancore nei tuoi confronti. Noi, come fratelli, ci siamo odiati a tal punto da distruggerci a vicenda. Ma tra di voi c’è stato solo amore. Questa è la differenza tra me e te. Per quanto mi costi ammetterlo, tu puoi guarirlo come io non sarò mai in grado di fare-

A quel punto chinò il capo come chi ha appena subìto una profonda umiliazione. Adesso che aveva tirato fuori quei pensieri, adesso che aveva finalmente dato loro una forma vera e propria, si sentiva vuoto, senza più scopo. Era stato come ammettere in un certo senso la superiorità di Aioros, come decretare la sua vittoria e concedergli il primo posto nel cuore del fratello. Nonostante i rimorsi e l’antico odio che ancora gli bruciavano dentro, quello gli faceva male.  

-Kanon-

Con sua enorme sorpresa, Aioros gli aveva poggiato una mano sulla spalla. Era stato un gesto estremamente confidenziale a cui Kanon non era più abituato, né tantomeno che si sarebbe aspettato dopo la sua confessione. Era come se Aioros volesse donargli conforto, come se cercasse un dialogo con la sua anima. Gli occhi verdi del Sagittario vollero incontrare i suoi: erano privi di alcun rimprovero, privi di quella compassione che Kanon detestava. Non voleva fare pena, a nessuno. Gli sembrava persino che Sagitter stesse sorridendo dopo aver finalmente capito il perché di tanta ostilità nei suoi confronti. Ma non era un sorriso di scherno, né di pietà. Era un sorriso appena accennato, aperto e sincero, disposto al perdono verso un odio all’apparenza ingiustificato.

-Noi non siamo rivali. Non dobbiamo dimostrare a nessuno di essere l’uno meglio dell’altro, non abbiamo alcuna ragione di competere. Qualche giorno fa sono venuto a far visita a tuo fratello. Tu eri nella sua stanza, seduto sul letto accanto a lui. Gli tenevi la mano. In quel momento ho visto tutto l’amore che mai avete potuto dimostrarvi, in quel semplice gesto ho avvertito tutta la forza del vostro legame. E’ stata una delle scene più belle che io abbia mai visto, credimi, è stato come capire che tu avresti lottato pur di ridonare a tuo fratello la vita che gli è stato sottratta così tante volte dalla guerra, che avresti lottato nonostante i contrasti che ci sono stati tra di voi, anche a discapito della tua stessa serenità. Mi sbaglio, forse?-

Uno strano moto si era smosso nel petto di Kanon. Era certo che nessuno lo avesse visto quando era rimasto da solo con Saga, quando si era seduto sulla sponda del suo letto a guardarlo dormire e, sì, quando gli aveva preso la mano per dargli conforto da un incubo che era arrivato a turbare la sua quiete. Gli veniva difficile dimostrare quella tenerezza quando Saga era sveglio, aveva paura anche solo a toccarlo. Non conosceva a fondo il motivo di quella paura. Forse era il timore di essere scacciato, o il dubbio di non ricevere conforto a sua volta.

Suo malgrado, dovette ammettere che Aioros aveva ragione. Se voleva essere d’aiuto a Saga avrebbe dovuto lasciare da parte il passato, avrebbe dovuto essere in grado di demolire una volta per tutte le macerie del suo rancore per potervi costruire sopra un nuovo futuro. Solo allora avrebbe avuto quella pace che tanto bramava, per sé e per il fratello.

-Hai ragione, Ros- ammetterlo non faceva più tanta rabbia –non siamo rivali. E Saga ha bisogno di entrambi-

Il sorriso sul volto del Cavaliere si allargò –Me lo prometti, allora? Riuscirai a lasciarti il passato alle spalle?-

Kanon guardò il cielo stellato sopra di loro. Prima riusciva a vederne solo il lato oscuro, nient’altro che un immenso manto nero che avrebbe presto o tardi soffocato ogni singola fonte di luce. Adesso non era più così: vedeva le stelle, ed erano a migliaia, infiniti punti luminosi in cielo, diamanti puri ed eterni. Visto da quella prospettiva, tutto sembrava migliore.

-Farò il possibile. È tempo di cambiare, di scrivere la nostra nuova storia. È tempo di perdonare-

******

La stanza era in penombra, il profilo di Saga si intravedeva appena. Era già a letto, immobile nel silenzio. Kanon sperò che dormisse, così da poteri ritardare il confronto inevitabile alla mattina successiva. Si diede del codardo. La ferma intenzione di parlare con il gemello era svanita. Fece per uscire dalla stanza, e fu allora che la voce di Saga lo bloccò.

-Kanon? Che cosa ci fai qui?-

-Io…-

Non poteva riuscirci. E se Saga l’avesse rifiutato? Fece un passo indietro, voltando le spalle al fratello. Udì un frusciare di lenzuola e subito dopo la voce di Saga lo richiamò indietro.

-Entra-

Il respiro gli si bloccò in gola. Entrare? Gli aveva chiesto di entrare?

Si fece avanti, rimase in piedi davanti al letto, la testa china, senza più sapere cosa fare. Non doveva essere lì. Perché era andato lì?

Infine si sedette, proprio come qualche giorno prima. Ma quella volta era diverso: quella volta Saga era sveglio, e lo stava guardando. Lo vedeva, nella penombra della stanza, in attesa di una parola, di un qualcosa da parte sua.

E ora, cos’avrebbe dovuto dire? Tutto d’un tratto l’idea di Aioros gli sembrò del tutto folle.

-Kanon-

La voce di Saga risuonò tra le pareti della stanza. Non l’aveva mai sentita così vicina da molto tempo, né lo aveva più sentito pronunciare il suo nome. Non c’era traccia di ira, nel suo tono. E ciò che disse dopo, lasciò il fratello del tutto spiazzato.

-Kanon… tutto questo mi dà il tormento. Non riesco più a vivere così, non riesco più a vederti tenere le distanze da me. Ti chiedo solo… perdonami. Avrei dovuto chiedertelo prima. Forse non avrei dovuto chiedertelo affatto. Forse non merito il tuo perdono, in questo caso ti chiedo solo di lasciare questa stanza. Ma se mi ritieni ancora degno della tua fiducia, se mi ritieni ancora tuo fratello, ti prego, ti prego… resta con me. Non ce la faccio più a restare da solo-

Aveva le spalle incassate, lo sguardo basso e sofferente. Kanon lo guardava allibito: mai Saga si era lasciato andare ad una simile manifestazione di debolezza. Allungò una mano, gli sfiorò la spalla con un gesto incerto, certo di essere respinto.

Invece Saga gli strinse la mano, se la portò al viso e si lasciò sfuggire un sospiro spezzato mentre il sollievo di quel contatto gli ridonava la forza che aveva creduto persa per sempre.

I loro occhi si incrociarono in un dialogo silenzioso che solo i due gemelli erano in grado di comprendere.

-Sei tu a dover perdonare me- eccole, le parole che mai Kanon avrebbe pensato di poter pronunciare –io sono stato la causa del tuo dolore, non c’è giorno in cui non mi maledica per questo. Ma adesso, adesso se vuoi potrò essere la tua cura, farò tutto ciò che posso per renderti fiero di me, per poter in qualche modo riuscire a farmi perdonare-

Saga lo ascoltava mentre sul viso iniziavano a farsi largo calde lacrime che non sarebbe riuscito a trattenere oltre. Mai avrebbe pensato di poter udire quelle parole pronunciate dal fratello, aveva sperato tanto tempo in quel sogno all’apparenza irrealizzabile. Un sollievo senza pari lo invase, come se la sua anima fosse riuscita infine a spezzare le catene della sofferenza.

E poi Kanon lo abbracciò, sorprendendolo ancora più di quanto già non fosse.

-Mi sei mancato-

Saga rimase interdetto, e solo dopo che la sorpresa lasciò lo spazio al sollievo ricambiò la stretta.

Non era da Kanon darsi a simili effusioni o a qualsiasi dimostrazione di affetto. Il fatto che avesse cercato di sua iniziativa un contatto fisico per Saga era una cosa del tutto nuova, che lo stupiva ma al contempo gli infondeva speranza.

-Anche tu, fratellino-

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Salveciao! Stavolta sono tornata con qualcosa di serio, come vedete non scrivo solo idiozie.

Perdonate la lunghezza della storia, all’inizio avrebbe dovuto essere la metà, ma poi mi ha preso la mano xD spero che qualcuno abbia voluto leggere fino alla fine.

Magari il tema è visto e rivisto e stravisto, purtroppo l’ispirazione ha voluto così, confido di aver fatto comunque un buon lavoro.

Ringrazio come al solito che leggerà e chi vorrà lasciare un parere ;)

Alla prossima!

 

 

 

 

  
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