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Autore: Tizio_Caio    07/02/2016    0 recensioni
Il racconto qui pubblicato è una storia tra l'epos e il fantasy, poichè lo stile è chiaramente epico.Narra la guerra tra il principe Airel di Alra e di Calior signore di Sirica nella terra di Airan. In seguito ho intenzione di pubblicare altri capitoli. Se la storia vi piace, fatemi sapere ;). Leggete, commentate e se avete miti o leggende di qualsiasi divinità di qualsiasi civiltà, ditemi subito, sarete ascoltati. Buona lettura :)
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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L’INGANNO DEL GUIDRIGILDO

Così, trascorsi due giorni e una notte, l’alba del terzo giorno vide il risveglio del prode Calior signore di Sirica, il quale scese cautamente dal suo comodo ricovero e poté finalmente sedersi di nuovo alla mensa di Airel scettro luminoso. Ricominciò a vagare per le ampie stanze della sontuosa reggia, a camminare, seppur con grande sforzo, lungo i viali dei grandi giardini del palazzo; ma non era ancora giunto il momento dell’affronto diretto col signore di Alra, e si dovettero aspettare altri tre giorni. Così, al mattino del giorno fissato, il principe Airel tenne grande adunanza al cospetto del re suo padre, così come lo richiedevano le circostanze, e invitò i nobili e il popolo tutto a vedere il re che riceveva le adeguate scuse da parte del siricano. La Sacra Legge, quella che i padri della terra di Airan avevano stabilito cogli dei, poiché ad essi era ispirata, prevedeva che, qualora vi fosse stata contesa tra i nobili per l’uccisione di un parente, i familiari del defunto avrebbero dovuto ricevere un guidrigildo pari al rango dell’ucciso più un tributo per un periodo di tempo che variava tra l’uno e i tre anni, consistente in una parte del proprio raccolto stabilendolo sempre in base al rango dell’ucciso, partendo dal minimo di un decimo, misura usata nei ranghi più bassi della nobiltà, arrivando fino alla misura di un terzo, raramente applicata, usata solo nei casi in cui la famiglia fosse di sangue reale o principesca: Calior queste cose ben le sapeva, ma confidava nella ricchezza della sua terra, tra le più prospere di messi che tutta Airan avesse. Il siricano era dunque pronto a pagare il riscatto, qualsiasi fosse il prezzo, tanto era addolorato per la morte di Leinar. E vedendo che qui i suoi sogni di vendetta contro gli dei suoi pari e l’insolenza della casa di Baler venivano messi a repentaglio, l’Artefice di ogni male prese a pensare altri e più loschi piani per nuocere il regno degli uomini. Questo è dunque ciò che Egli nella sua mente contorta riuscì a tramare: vi erano molti uomini al servizio di Airel e di suo padre Baler, tra guardie, servitori, ancelle e consiglieri. Ma il più fidato, quello sul quale entrambi, sia padre che figlio, riponevano una gran fiducia, era il generale Ilguid, consigliere militare e politico del saggio re Baler: uomo dalla grande forza, era di un acume e di un intelligenza tali da superare tutti gli abitanti di Alra, oltre ad essere un valoroso soldato. Ebbene, l’astuto fece calare un sonno pesante sull’uomo e quella mattina prese le sue sembianze alla grande adunanza. Quando tutti arrivarono nell’ampia sala, il grande Baler, re di Alra, parlò agli astanti:
“Oggi si compirà quanto è stato prescritto nella Sacra Legge. Un pegno sarà pagato, in base al lignaggio dell’ucciso, e da là in poi ogni dissidio tra noi e il popolo di Sirica sarà eliminato. Ma adesso, fate venire l’assassino, nonostante mi duole chiamarlo così. Fate avanzare il principe Calior, signore di Sirica dalle splendide mura: sentiamo le sue scuse e le sue offerte per il pegno.”
Ciò detto, si alzò, e venne innanzi al re e al principe suo figlio. Prese la mano del primo, si inginocchiò e baciò il suo anello; dopodiché i coppieri portarono due calici, uno per Calior e l’altro per Baler il giusto, e versarono del vino scuro. I due furono serviti e porsero i calici l’uno alla bocca dell’altro, sicché Calior pronunciò l’atto di perdono:
“Oh buon re, accetta questo calice come segno del mio perdono. Umile mi sono inchinato a te, e umilmente io ora ti chiedo formalmente scusa: rimpiango la morte del tuo amato figlio Leinar, e per questo offro il calice come segno di perdono. Il vino rosso sia simbolo del mio sangue, quello che versai e che io ora vengo a restituire, poiché la mia vita ti appartiene.”
Bevve il saggio sovrano e ringraziò il colpevole, perdonandolo:
“Ti ringrazio del calice, simbolo del tuo sangue, e per questo sei perdonato. Ma ora dimmi: quali le offerte per il guidrigildo?”
“Ebbene, mio buon re, queste sono le mie offerte: per il riscatto della morte di tuo figlio, ti darò ben trecento libbre d’oro, altrettante d’argento e ben cinquecento di ferro; vi donerò le migliori primizie della terra di Sirica: cinquecento sacchi di bianca farina, cinquecento di grano, mezzo quintale di carni e selvaggine, oltre mille anfore di olio e miele, il doppio di vino e birra schiumante. Saranno vostre ben due casse con dentro ogni sorta di gioiello, monile, bracciale e preziosi; cinquanta otri di profumi e fragranze provenienti dai paesi al di là dal mare, venti libbre di incensi, di mirra e nardo, oltre a più di duemila panni di stoffe, di sete e di pelli pregiate e ben lavorate; sette bellissimi e bianchi cavalli e due coppie di buoi con gioghi, gualdrappe e finimenti vi saranno dati. Vi faccio in oltre dono di cento graziose ballerine, tre dei miei migliori cuochi, e ancora, spade, scudi, elmi. Una sarà forgiata personalmente dai miei migliori fabbri per te, principe Airel, e sarà in duro acciaio; il pomo e il fodero saranno cesellati e rivestiti d’oro, con incastonate le gemme più belle che io possegga; a tua moglie regalo una preziosa veste bianca di lino pregiato, così bella e sottile che ad ella sembrerà quasi di non averla addosso. Ma per te, mio re, riservo il regalo più grande: la mia stima e riconoscenza.”
Tutti erano soddisfatti. Ma fu in quel momento che l’Artefice parlò: “Le tue parole sono state udite, principe Calior. Ma cosa se ne può fare del nostro anziano re della tua gratitudine? La perdita di Leinar per me vale molto di più!”
Rispose dunque il sovrano, rimproverando colui che credeva il suo consigliere più fidato:
“Che stai dicendo, mio buon amico? Ti è forse mancato il senno?”
“Proprio perché sono tuo amico, ascoltami, oh re! La morte di tuo figlio Leinar vale forse l’ammirazione di quest’uomo? L’ammirazione, certo, è gran cosa: per tutti è gradita, poiché suscita nell’animo il rispetto, sia per paura che per bene riguardo alla nostra persona. Ma come può uno come te, sire, dare ascolto a colui che ha ucciso tuo figlio, il sangue del tuo sangue?”
“Proprio perché con il sangue” - intervenne allora il principe Airel- “si ha suggellato la pace! Non basta più dunque il calice a sancire il perdono?”
“Il calice” - riprese l’Astuto- “è un mero simbolo. Noi tutti sappiamo come, in passato, il popolo siricano abbia prestato la sua fedeltà al primo governante di turno, ribellandosi ogni volta che esso lo voleva. È noto come, durante la guerra appena conclusa, sebbene Calior fosse con noi a combattere a Neapala e a Gradine,
Molte nobili famiglie del suo popolo abbiano fornito sussidi e aiuti ai ribelli! Come possiamo noi fidarci della parola di quest’uomo quando egli stesso non riesce a tenere a bada il suo popolo?” “Come osi insultarmi, cane insolente!”
“Lo avete sentito? Ascoltate! Lo avete sentito?”
“Lo abbiamo sentito.” - rispose il principe Airel- “e mi stupisce la sua insolenza: amici miei, popolo di Alra, ascoltiamo la voce di Ilguid! Come possiamo noi fidarci di un tale uomo?
“Figlio mio!” - lo rimproverò il padre- “ritira subito quello che hai detto! Come puoi trattare così l’ospite?
Le persone cominciarono a parlare tra di loro, e nessuno sapeva più cosa dire. Fu allora che, a malincuore, pronunciò ciò che segue:
“Credevo di essere stato perdonato. Oggi vedo come la casa di Baler figlio di Iluir si sia dimostrata indegna nei riguardi dell’ospite. Piange il mio cuore, giacché credeva di avere in voi degli amici. Con lingua viscida e biforcuta ha parlato Ilguid, il servo di Baler, che mi accusa ingiustamente. Dico a voi tutti: mi rifiuto di pagare il guidrigildo così come mi rifiuto di chiedere di nuovo scusa, poiché dubitate della mia parola. Casa di Iluir, grande è la colpa di cui ti sei macchiata, dato che, avendo insultato l’ospite, hai insultato gli dei stessi! Predico sciagura, morte e distruzione: maledetta la tua insolenza, maledetta la tua stirpe! Calior di Sirica va or aa casa senza pagare il riscatto, e con ciò si congeda da te: ritorna alla sua terra, sperando di non rivederti mai più, o terra di Alra!”
L’impeto scoppiò in tutti i presenti, tale fu la rabbia che suscitarono nei cuori queste parole.
“Calior”- disse così il sovrano- “Perché ci fai questo? È la guerra ciò che vuoi? Se cerchi questa, allora, eccola!”
Si congedarono dunque principi e sovrani, ciascuno incredulo alla notizia: quando pochi giorni prima si era lì giunti per concludere la pace, ora tutti se ne tornavano a casa col pensiero di una nuova guerra.P.
   
 
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