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Autore: Scemochiscrive    07/02/2016    0 recensioni
"Sara Collin si era appena abituata al suo nome, alla sua vita, al freddo di quell’Università e dopo tre anni, avrebbe dovuto cambiare tutto, un’altra volta? Tutta la sua esistenza, così insulsa, rispetto a quella vissuta nelle sue “vite precedenti”, tutta la sua sudata tranquillità, tutta quella calma apparente, quella normalità ostentata. Avrebbe dovuto cambiare maschera per l’ennesima volta? Il suo destino dipendeva nuovamente dalla volontà del burbero Nick Fury."
Cosa succede quando gli Avengers in persona hanno bisogno d'aiuto? Il destino dell'umanità è messo a repentaglio da un vecchio nemico che non muore mai. Per salvare il mondo c'è bisogno dei guerrieri più forti. Per salvare il mondo c'è bisogno di Sara Collin.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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“C’è una locanda, si chiama Poison Ivy, non è molto lontana, disterà circa 1 kilometro, alle 18 servono un pollo fritto buonissimo.” Ripensò Sara, salendo sul bus che portava al famoso ristorante. Il messaggio era ben chiaro, almeno lo sarebbe stato per Fury: dovevano vedersi all’una al Poison Ivy, tavolo 18. Così Sara doveva anche sbrigarsi: il locale era nel bel mezzo della statale. Si direbbe più un autogrill che un ristorante di lusso, ma era davvero in voga tra gli studenti sfigati, le settimane lunghe, così li chiamavano, quelli, cioè, che non tornavano a casa per il weekend. Molti erano lontani dalle loro famiglie, altri una famiglia non ce l’avevano più. Il viaggio sarebbe stato lungo, ma con poche curve. La ragazza si sedette al centro del pullman, cercando un posto isolato, senza nessuno che la disturbasse. Aveva portato i libri e gli appunti che era riuscita a riprendere, di fretta e furia, in caffetteria, ma non le andava di studiare. Era totalmente deconcentrata, non avrebbe capito nemmeno una parola. Si limitò a guardare fuori, ascoltando qualche canzone deprimente, mentre il paesaggio montuoso e alberato le passava di fianco. Cosa voleva? Cosa cercava Fury da lei? Dopo tutti questi anni, dopo tutti i cambiamenti che la ragazza aveva dovuto affrontare. Sara chiuse gli occhi per un attimo e tutto le tornò in mente, con una forza inaspettata.
«Mi avevi detto che non sarei mai rimasta sola, che tu mi saresti restato accanto. Perché mi mandi via, adesso? »
«Non puoi, ti troverebbero. È pericoloso, lo stiamo facendo per te…»
«Per me, Nick? Restare qui è l’unico modo per non farmi trovare. Ovunque io vada potrebbero venirmi a cercare, ma qui ci sarebbero loro ad aiutarmi, a proteggermi. Adesso, di botto, è diventato “pericoloso” per me?» la giovane era fuori di sè. Alcuni ragazzi, in corridoio, non poterono fare a meno di fermarsi davanti  a quella stanza da cui fuoriuscivano tali urla, ma furono subito scacciati via dai professori e ricondotti a lezione.
«Lo è sempre stato, ne avevamo già parlato. Questa era una sistemazione provvisoria. Ricordi quando non volevi nemmeno metterci piede? »
«Ma sono passati tre anni, è cambiato tutto. Non sono più quella di una volta. I miei poteri si sono evoluti, qui mi danno una mano, qui non mi sento sola e per la prima volta, posso anche io svolgere il mio ruolo nella società, come tu mi hai insegnato. Perché, Nick? Perché mi fai questo? »
«Ne ho discusso con Charles, lui è d’accordo, tu devi solo …»
«Lui è d’accordo? Lui … pure lui è dalla tua parte, ora? Tutto, di colpo, cambierà di nuovo e io che devo fare? Cosa?  Stavolta, sarà per il bene di chi? Della nazione, della società, della razza umana o di quella mutante? Mi avete solo usata, finché vi ho fatto comodo. Siete tutti uguali! Mi avete riempito la testa di belle parole, ma poi non avete dato seguito alle vostre promesse! Capite che sono una persona, che ho dei sentimenti? » La studentessa scoppiò in lacrime.
Lo studio del prof. Charles l’aveva sempre intimorita, dal primo giorno in cui ci aveva messo piede, con Nick al suo fianco. “Questa è la scuola che fa per te. Sarai con i tuoi simili, potrai interagire con loro, potrai usare i tuoi poteri per fare del bene e il professore è un mio caro amico, ti seguirà personalmente.” Le aveva detto un giovane Fury, mentre lei, appena quindicenne e fragile come un giunco, gli si stringeva al braccio. Il professore le fece un cenno di assenso con il capo pelato: “Ti stavamo aspettando, abbiamo davvero bisogno del tuo aiuto, cara. Vuoi darci una mano per una nobile causa?” le aveva chiesto con aria rassicurante. La giovane aveva accettato, quasi costretta e dopo anni in quell’accademia, accudita come in una vera famiglia, aveva imparato a migliorarsi, giorno dopo giorno. Aveva messo alla prova se stessa, era entrata in un vero team e nonostante la giovane età si era subito fatta notare da tutti. Aveva stretto dei rapporti che sperava sarebbero durati per sempre e aveva conosciuto una delle persone più importanti della sua vita. Dopo tre anni, si ritrovava nello stesso posto della prima volta, seduta su una sediolina di pelle blu, stavolta, però, doveva compiere la scelta opposta: abbandonare l’accademia per mutanti e intraprendere quella che a tutti gli effetti sarebbe stata “un’altra vita”.
«Avrai una nuova identità, da oggi il tuo nome sarà Sara Collin, Natasha ti guiderà verso un’università dove ti abbiamo già iscritta, lì condurrai la vita di un normale comune mortale e non potrai usare i poteri nè in pubblico né in privato. Per non farti riconoscere, ti cambieremo anche il colore di occhi e capelli, devi essere un essere umano come tutti gli altri. » rincarò la dose Fury. A quelle parole la ragazza, non riuscì a trattenere nuovi singhiozzi, accasciandosi sulla sedia, con le mani davanti al viso.
«Non puoi farmi questo, Nick. Ti prego!»
«Mi ringrazierai un giorno.» disse l’uomo con la sua solita sicurezza. E con questo, le voltò le spalle, bofonchiando un «Non c’è bisogno che tu prenda la tua roba, Romanoff ti aspetta. Forza!»
Sara aprì gli occhi. Il pullman si fermò. Quella scena era stata rinchiusa in un cassetto della sua memoria, per così tanto tempo, non aveva mai voluto rispolverarla, anzi, voleva che fosse solo un brutto ricordo, uno di quelli che non sai nemmeno più di avere, dopo un po’. Ma i brutti ricordi sono come gli esattori delle tasse: tornano sempre a presentarti il conto. Troppo da gestire in una volta sola, specialmente in pubblico, su di un autobus pieno di gente. Sara Collin si era appena abituata al suo nome, ai suoi capelli, alla sua vita, al freddo di quell’Università e, dopo tre anni, stava anche per laurearsi. Proprio allora, avrebbe dovuto cambiare tutto, un’altra volta? Tutta la sua esistenza, così insulsa, rispetto a quella vissuta nelle sue “vite precedenti”, tutta la sua sudata tranquillità, tutta quella calma apparente, quella normalità ostentata. Avrebbe dovuto cambiare maschera per l’ennesima volta? Il suo destino dipendeva nuovamente dalle volontà del burbero Nick Fury. Adesso che ci pensava, avrebbe avuto una conversazione con lui, per la prima volta, da quell’addio brusco. Non sapeva come comportarsi. Per tutti quegli anni, soprattutto nel primo periodo, aveva provato così tanti sentimenti contrastanti per Nick e per il dolore inflittole dall’uomo bendato. Lui non si era curato di lei, dei suoi pensieri, delle sue volontà, ma infondo, lo sapeva anche Sara, lo aveva fatto per il suo bene. O questo lei voleva continuare a pensare e a credere fermamente. Non poteva averle voltato le spalle anche lui. Certo, nemmeno una lettera, una cartolina, anche sotto mentite spoglie, tutta quell’attesa di notizie mai ricevute, quell’addio che, in fin dei conti non c’era stato, queste ed altre cose le pesavano molto. Non sarebbe stata pronta a scusarlo, a perdonargli tale severità, tale ingiustizia nei confronti di una povera ragazza, totalmente impotente. Finalmente quel viaggio, che sembrava interinabile, stava per concludersi. Prenotò la sua fermata e scese poco prima della stazione di servizio. Che posto affollato! Si era dimenticata quanto potesse creare confusione il rientro al Campus di un gran numero di universitari, dopo le vacanze invernali. Si diresse spedita verso l’entrata del Poison Ivy. In quel caos di motori rombanti, studenti, camionisti e viaggiatori, entrare in quel locale dall’arredamento “anni 50” con musica a tema, naturalmente emessa dal jukebox, era una sorta di piccolo paradiso, una minuscola isola felice. Sara salutò con un sorriso forzato la cameriera, tale Lucy, ragazza carina, ma troppo espansiva. Quante domande, mai un attimo di silenzio. Un fiume in piena di parole usciva dalla sua bocca rossa perennemente calcata da matita e rossetto. Prima che la cameriera potesse iniziare a proferire parola, Sara si diresse verso il Tavolo 18. Era in una zona appartata del ristorante, così avrebbero potuto parlare con calma.
A pochi passi dal tavolo ovale, nero splendente e circondato da divanetti rossi, fu presa da grande spavento. Voleva scappare il più lontano possibile, dimenticare tutto. Ma lei era troppo “brava”, era la solita ragazza accondiscendente e non sarebbe mai venuta meno al suo dovere. Nemmeno alla vista di quella schiera di soggetti, tutti seduti allo stesso tavolo, come una corte pronta a giudicarla. “Oh mio Dio!” pensò, ma decise di essere più forte delle sue ansie; si mise la maschera di “donna forte” e decise di recitare la sua parte, entrando in scena con uno spavaldo: «Mi auguro che tu mi abbia almeno ordinato il pollo fritto, Fury! »
  
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