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Autore: ina6882    08/02/2016    1 recensioni
In tutte le fiabe che si rispettino ci deve essere per forza la presenza di un giovane e aitante principe, di bell'aspetto e di altrettanta presenza, che possa con le sue azioni conquistare il cuore di una bellissima fanciulla, per giungere a quell'agognato lieto fine che ben si addice al tipo di storia.
Ma cosa accadrebbe se i personaggi di quella stessa fiaba, all'apparenza normalissimi come in tutte le altre fiabe, si rivelassero invece stupidi e allo stesso tempo comici?
È qui che entrano in gioco i protagonisti di questa storia, all'apparenza come tutte le altre, ma ricca di eventi comici quasi assurdi.
Il principe in questione è Lysandro e spero che la sua storia, ricca di colpi di scena e tante peripezie, che lo porteranno a compiere un lungo viaggio insieme a degli strambi compagni, vi faccia ridere e divertire! Come sempre il lieto fine è scontato, ma questa volta credo che ci sarà un po' più strada da compiere prima di giungervi!
Spero comunque che la noia non vi assalga e che decidiate di accompagnare lo strambo gruppo durante questo viaggio.
Perciò vi auguro buona lettura!
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Atto I 

 

Quando il protagonista non è il solito principe senza macchia e senza paura
 
 

In un regno molto lontano, viveva una volta un giovane e aitante principe. 
Aveva un bellissimo portamento, un corpo prestante, capelli argentei e occhi monocromatici ammalianti, in grado di conquistare il cuore di qualunque fanciulla. 
Peccato che al suo brillante aspetto non accompagnasse un'altrettanta mente, le cui caratteristiche, assai strane, lasciavano svanire ogni desiderio di conquista.
Non che fare la sua conoscenza non si rivelasse piacevole, perché la sua peculiarità principale era quella di essere un abile poeta che non solo componeva bellissimi versi, ma aveva la dote, se così si può definire, di considerare la vita stessa un componimento.
Figurarsi quanti, dopo averlo incontrato e aver conversato con lui, dopo un primo momento di sconcerto, avevano riso di gusto alle sue spalle e nel regno era spesso schernito da molti.
Fortuna che egli accompagnasse a questa caratteristica un'altra, cioè quella di non ricordarsi di nulla, una cosa molto grave, visto che spesso si scordava di adempiere ai suoi doveri, ma che in questi casi ritornava assai utile visto che gli faceva dimenticare tali offese, anche se il padre più volte gli aveva ribadito quanto fosse importante l'onore per un principe. 
Ma Lysandro, questo era il suo nome, non pensava molto al suo onore. Per lui era più importante scrivere nuovi componimenti  sul suo taccuino dalla copertina scura, che portava sempre con se, (quando si ricordava dove lo aveva posato nei precedenti momenti di ispirazione), e soprattutto dedicava gran parte delle sue giornate e recitare tali versi nella maniera più naturale possibile, per renderli propri del suo linguaggio.
La sua famiglia si disperava per questo e soprattutto chi più di tutti si dispiaceva per la personalità del principe, era il vecchio re, suo padre, nonché responsabile del triste destino in cui era incappata la sua progenie.
Sua maestà, uomo minuto e canuto, con una folta barba bianca e un naso a patata con la punta rossa, passava la maggior parte delle giornate seduto sul suo trono, coperto da un rosso mantello, a crogiolarsi continuamente sull'infausta sorte toccata al figlio per causa sua, cosa che, oltretutto, sua moglie, la regina, non dimenticava mai di ricordargli in ogni occasione.
«Già cantastorie a chi lo dici...».
Comunque... Il giorno in cui ebbe inizio la nostra storia i due sovrani stavano proprio discutendo ancora sull'argomento. 
«Devi fare qualcosa per questa situazione. Non puoi permettere che tuo figlio, l'erede al trono, venga ingiuriato e divenga oggetto di scherno da parte dei suoi sudditi. Sei o non sei il re, nonché la causa di questa nefanda sorte? Allora devi trovare il modo di risolvere la faccenda, prima che tuo figlio prenda le redini del regno».
L'uomo ascoltava senza replicare il discorso della donna che, ormai aveva sentito un sacco di volte.
«Abbiamo, anzi ho provato di tutto. Ho chiamato i più importanti dottori ed esperti guaritori del reame, ma nessuno è riuscito a trovare una cura e mi sorprende che ancora tu, che sei il diretto responsabile non abbia trovato un modo per venire fuori da questa faccenda,» continuava intanto la regina.
«Un modo ci sarebbe, ma è già stato tentato e non ha avuto l'effetto che speravo,» sbuffò il re.
«E quale sarebbe? E perché non me ne hai parlato prima?».
«Perché non ero sicuro che avrebbe funzionato, come infatti è stato. Consiste nell'andare a chiarire con quella fata che aveva preso male le mie parole, tanto da lanciare quell'orribile sortilegio» .
«Ma certo! Come avevo fatto a non pensarci! E come mai non ha funzionato?».
«Perché non ha voluto sentire ragioni. Ha ammesso che, nonostante siano passati degli anni, non ha ancora dimenticato il torto subito ».
«Ma allora dobbiamo trovare un'altro rimedio».
«Per questo ho giusto fatto chiamare il ciambellano Nathaniel, che saprà dirci qualcosa».
In quel momento, infatti, si presentò il ciambellano, un giovane ragazzo biondo, di bell'aspetto che camminava tutto impettito nel suo elegante abito rosso coordinato con un monocolo all'occhio destro e un orologio da taschino appeso al panciotto, che egli continuava quasi ogni minuto a controllare.
«Mi ha fatto chiamare signore?,» disse facendo un inchino tanto da arrivare col viso rasoterra.
«Certo. Voglio che cerchi una soluzione alla questione che riguarda mio figlio».
«Se permettete sire avrei in mente di proporle una cosa».
«Avanti dimmi subito senza indugiare,» rispose questi drizzandosi a sedere.
Anche la regina non poté che tendere le orecchie sperando che Nathaniel trovasse la soluzione migliore.
«Potreste,» continuò il ciambellano sicuro di se e della riuscita di quella proposta, «inviare il vostro stesso figlio dalla fata, affinché sia lui a chiedere di ritirare l'incantesimo».
«Cosa? Mio figlio? No, no, no,» irruppe il re tutto paonazzo in volto, alzandosi di scatto dal trono e iniziando a camminare agitato, rendendo evidente la sua bassissima statura, «Non se ne parla, non si può fare! Quello lì si dimentica persino il suo nome e io dovrei mandarlo ad affrontare quella potente creatura magica tutto da solo? Per di più col rischio che si perda strada facendo? Preferisco che rimanga qui piuttosto che fallisca e ritorni più scemo di prima!».
«Ma caro che idiozie stai dicendo?!,» si agitò subito la regina, «Perché parli male del nostro bambino? Se dovessi parlare male di qualcuno non sceglierei certo di partire dalla mia prole. Dare dello scemo a tuo figlio...».
«Non è una novità ciò che ho detto. Lo sanno tutti e anche tu fino a pochi minuti fa non facevi che ribadirlo».
«Sono sicura che Lysandro saprà affrontare bene la situazione,» continuò la regina neanche del tutto convinta delle sue parole.
«Stai cercando di insinuare che c'è la farà e ritornerà qui sano e salvo? Non credo proprio!».
«E invece sì. Lo lascerai partire e lo farai accompagnare dal valoroso cavaliere Kentin. Con lui non potrà fallire la sua missione,» asserì la regina molto contenta della sua geniale trovata. Il marito non avrebbe sicuro obiettato.
Il re non sapeva cosa pensare. Forse la moglie aveva ragione, in compagnia non gli sarebbe potuto accadere nulla e forse sarebbe riuscito anche a raggiungere il castello delle fate; e chi sa se la regina, mossa a compassione dal suo aspetto, non avrebbe annullato l'incantesimo? In fin dei conti non era una strega e aveva sempre un buon cuore tipico di ogni fata.
Persuaso da queste osservazioni fece pertanto chiamare il cavaliere e il principe che arrivò dopo aver vagato nei corridoi alla ricerca della sala del trono, assorto nei suoi pensieri, fino a quando, richiamato all'attenzione, ridestandosi si rivolse al padre: «Essendo stato chiamato al vostro cospetto, la situazione ho preso di petto. D'innanzi a voi mi son presentato, per dirvi: "Ditemi padre che cosa è stato?"».
Il re roteò gli occhi al cielo e bisbigliò alla moglie: «Sei proprio sicura che mandarlo dalla fata non ci procurerà più fastidi di quanti ne abbiamo?».
«Non essere sciocco e comunica la notizia,» rispose la regina dando un colpo col suo ventaglio sulla spalla del marito che sospirando si rivolse al figlio: «Certo Lysandro ti ho fatto chiamare per annunciarti che partirai oggi stesso in compagnia di Kentin... ehmm... e di Nathaniel, alla volta del castello delle fate per parlare con la regina, la sola che, possiamo sperare, potrà sciogliere l'incantesimo che ti avvolge».
Il ciambellano che sino a quel momento aveva ascoltato senza parlare, appena udito il suo nome, strabuzzando gli occhi, non poté fare a meno di chiede: «Io sire? E perché mai dovrei andarci pure io?».
«Niente storie ragazzo. Hai proposto tu questa genialata e andrai con loro per controllare che non capiti nulla di grave. Inoltre con le tue abili capacità oratorie e la tua petulanza potrai essere utile a qualcosa»; poi rivolgendosi al cavaliere proseguì, «Coraggioso Kentin, lo affido alle vostre mani. Conoscete molto bene la situazione e vi prego di prendervene cura».
«Sarà fatto sire,» rispose il cavaliere. Il re continuò con volto serio, rivolgendo il suo sguardo e le sue parole più a quest'ultimo che agli altri due: «Il tragitto verso il castello delle fate è molto tortuoso soprattutto perché dovrete passare attraverso un bosco magico dove si possono fare strani incontri. Fate quindi attenzione e cercate di tornare sani e salvi» .
Dopo aver ascoltato questo discorso, Lysandro si fece avanti dicendo: «Padre amato non temete, questo viaggio compirò come volete. Affronterò ogni avversità, che davanti mi si presenterà. Del nobile cavaliere e del ciambellano mi prenderò cura, e tornerò sano e salvo senza paura...».
«Certo, certo figlio mio, sono sicuro che sarà così» lo interruppe il sovrano, liquidandolo con un gesto della mano, mentre tornava a sedere; «Comunque Kentin, Nathaniel, lo affido a voi».
E così il principe, il cavaliere e il ciambellano partirono per quella che si rivelava essere una grande avventura.
Il re li aveva forniti di forti destrieri, una buona dose di provviste e... di una doppia spada il cavaliere.
Ma permettetemi sire. Come mai doppia? Perché una non l'avete consegnata a vostro figlio?
«Ma stiamo scherzando cantastorie? È capace che quel rincitrullito la regali al suo aggressore. No. È meglio che la prenda il cavaliere non si sa mai che possa trovarsi utile. Per quanto riguarda Lys sicuramente una buona dose delle sue stronz... ehmm... rime, insieme alle abilità del ciambellano basteranno a tenere lontano un qualunque bandito che si rispetti».
Già, forse non è una cattiva considerazione.
Comunque, dicevamo, Lysandro, Kentin e Nathaniel, in sella ai loro destrieri, partirono per il loro viaggio verso il castello delle fate. 


 

 

 

Ciao a tutti ^-^
Rieccomi con una nuova storia fresca fresca e, aggiungerei, assai folle, a scrivervi dopo la fine di questo primo atto.
Innanzitutto grazie per aver letto! Credo che la storia non sarà molto lunga e dovrebbe durare pochi capitoli, sempre se strada facendo non sorgano nuove e strambe idee che si andranno ad aggiungere alla trama che ho in mente. ;)
Il protagonista, come si è capito, è Lysandro, anche se saranno presenti molti altri personaggi. Lui però con le sue caratteristiche mi sembrava il più adatto ad interpretare il ruolo del mio "strano" principe. 
Non me ne vogliano le sue fan se ho accentuato un po' i suoi difetti, facendolo apparire molto stupido; il mio intento era quello di far divertire, per quanto mi è possibile, il mio lettore e, da come spero si sia capito, state certi che nessuno dei personaggi presenti in questa sorta di fiaba subirà un trattamento diverso.
Spero che la storia nel suo insieme sarà di vostro gradimento, anche se non prometto nulla riguardo la demenzialità dei fatti in essa contenuti.. :D
Ringrazio comunque chi sarà tanto coraggioso da avventurarsi nella lettura di questa follia e anche chi la recensirà se ne a voglia..

Ina


 

   
 
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