Fanfic su attori > Robert Pattinson
Ricorda la storia  |       
Autore: Doomsday_    21/03/2009    8 recensioni
Maggie, proprio nel giorno del suo compleanno, scopre di essere affetta di una grave malattia.
Così, accompagnata dalle sue amiche, decide di realizzare alcuni suoi desideri nel poco tempo che le rimane.
Fra questi suoi desideri, in particolare, c'è quello di conoscere il suo attore preferito: Robert Pattinson.
Ma da questo semplice incontro, nascerà qualcosa di più.
*Storia in fase di rielaborazione*
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


< Precisamente 17 anni e 2 ore fa sei nata >, mi disse mia madre con un sorriso; mise la torta davanti a me e accese le candeline.

Tutti i miei amici che erano venuti alla mia festa di compleanno iniziarono a cantare “tanti auguri a te”.

Alla fine della canzoncina, quando iniziarono ad applaudire, soffiai sulle candeline. Spenta la diciassettesima candelina, sentii un dolore forte alla pancia, come se qualcuno mi avesse tirato un pugno.

Successe tutto molto velocemente, ma mi sembrava che tutto andasse a rallentatore. Guardai il volto di mia madre che mutava mentre mi vedeva cascare sulle ginocchia per il dolore.

Cercando di prendermi fece cadere la torta; tutti gli invitati, che erano persi in varie conversazioni, si girarono verso di noi e guardarono spaventati il mio corpo rannicchiato su se stesso in preda alle convulsioni.

Ginny, in meno di un secondo, si chinò su di me cercando di aiutare mia madre ad alzarmi. < Chiamate l'ambulanza! >, gridò mia madre.

Mia sorella, rimasta immobile per lo shock fino a quel momento, si riprese improvvisamente e compose il 114.

Mio padre mi sollevò da terra, mentre mia madre cercava di pulirmi le gengive insanguinate. Susan si precipitò ad aprire le porte davanti a noi, i suoi occhi spaventati furono l’ultima cosa che vidi, poi si fece tutto buio.

Non sentivo più il dolore alla pancia, ma sentivo ancora il sapore del sangue in bocca. Dovevamo già essere arrivati all’ospedale perché all’improvviso mi arrivò un forte odore di varechina.

Dovevano avermi dato un sedativo, visto che recuperavo i vari sensi molto più lentamente di quando mi svegliavo da una normalissima dormita.

Quando recuperai sensibilità alle dita, mi accorsi che qualcuno stringeva quelle della mano sinistra.

Anche se ormai ero completamente sveglia, non aprii gli occhi per ricostruire meglio quello che era successo prima di essere abbracciata, strizzata e interrogata da tutti.

Doveva essere ancora notte perché la luce che percepivo da sotto le palpebre non era molto forte; quindi avevo dormito per poche ore.

Oddio, ero del tutto confusa, non ero sicura neanche del mio nome.

Quel casino doveva essere successo quasi sicuramente alla festa del mio compleanno. Quindi il 31 ottobre, ma adesso sicuramente è il primo novembre.

Avevo la febbre quindi avevamo fatto la festa a casa.

Ecco le immagini che all’improvviso mi esplosero nel cervello.

La torta che cadeva, la fitta alla pancia, lo sguardo terrorizzato di mia madre, di Ginny e di Susan.

Mentre il mio corpo si risvegliava completamente, sentivo nuovi dolori che venivano dalle braccia, le ossa sembravano rotte per quanto mi facevano male; le gengive non sanguinavano più ma formicolavano tutte.

Un rumore improvviso alla mia destra mi interruppe dal mio controllo generale. Qualcuno è entrato, sicuramente un dottore.

< Buona sera signora. Sono il dottor Cullen. Sta ancora dormendo sua figlia? > disse una voce che non avevo mai sentito prima. Era una bella voce.

< Si, è un problema? Doveva essere già sveglia? >, disse la voce di mia madre; sicuramente in questo momento mi fissava spaventata, anche la sua voce tremava e tradiva questa emozione.

< No. Stia tranquilla Signora. Più dorme e meglio è. Le analisi sono quasi finite, ma volevo chiederle delle informazioni in più >, la rassicurò il dottore.

La persona che prima mi accarezzava la mano ora la stringeva.

Avrei voluto aprire gli occhi, parlare con il dottore e rassicurare la mia famiglia, ma non ci riuscii. Ero ancora troppo debole.

< In queste ultime settimane ha avuto strani sintomi, oltre a quelli che ha avuto questa notte? >, chiese il dottor Cullen.

< No, gravi come questi almeno. Però ha la febbre da una settimana.> rispose mia madre. .

< Prego… >, questa volta rispose mio padre. Anche la sua voce era tormentata.

Una mano fredda mi tolse le coperte e mi alzò i pantaloni del pigiama fino al ginocchio; la persona che mi stringeva la mano e una accanto a lei trattennero il respiro rumorosamente. Ancora non riuscivo ad aprire gli occhi per la stanchezza e a muovere i muscoli per il dolore.

Il dottore toccò la mia gamba destra con la sua mano fredda e invece di darmi fastidio mi diede quasi sollievo; poi mi prese un braccio e lo strinse, sentii un dolore acuto e feci una smorfia di dolore.

< Mmm… si sta svegliando… Bè almeno ora so cosa cercare con precisione >, disse il dottore con voce stanca. Nessuno parlò e lui uscì di corsa dalla stanza.

Dopo alcuni minuti, con un grande sforzo, finalmente, aprii gli occhi.

Davanti a me si trovavano mio padre e mia sorella, lei scriveva al cellulare e lui parlava con mia madre che si trovava seduta su una sedia alla mia destra.

A sinistra, Susan mi teneva la mano e Ginny guardava le strade di Grimsby con aria assente.

Solo quando Susan, che non smetta di fissarmi, quasi urlò: < Maggy! >, tutti si voltarono a guardarmi.

Ginny si sedette sul letto, vicino le mie gambe e mio padre e mia sorella si appoggiarono alle sbarre ai piedi del letto.

< Tesoro! Come ti senti? >, mi chiese subito mia madre.

< Tutto ok >, cercai di dire, ma non mi uscì molta voce, < cosa è successo? >, riprovai a parlare. Sapevo cosa era successo, ma forse mi erano sfuggite alcune cose.

, mi rispose mia madre vaga, accarezzandomi il viso.

< E che ho? >, questa volta la voce uscì abbastanza chiara.

< Ancora non ci hanno detto niente, ma sicuramente ti ha fatto male la torta >.

Mi ricordavo bene che la torta era caduta per terra, glielo stavo per dire quando mi accorsi che era un tentativo per non farmi preoccupare.

< Mi serve un caffè… mi accompagni papà? > disse all’improvviso mia sorella Valery; < Certo, ne ho bisogno anche io… Tere vuoi qualcosa te? >.

< No, Max. Vado solo un attimo al bagno > rispose mia madre alzandosi di scatto.

< Volete qualcosa ragazze? >; mi prese un attimo di panico.

Mi volevano lasciare qui tutta sola?!

< No, grazie > risposero in coro. Sospirai di sollievo, almeno loro restavano con me. Gli altri uscirono insieme dalla stanza, lasciandoci sole.

< Finalmente 17 anni, eh? > disse Ginny,, sorridendo.

< Yuppie >, sussurrai con falso entusiasmo. Sia Susan che Ginny si alzarono e si scambiarono di posto: Ginny mi si sedette vicino e mi strinse la mano, mentre Susan si sedette sul letto accanto ai miei piedi.

Alzai un sopracciglio, < Vi date il cambio? >.

< Più o meno > dissero insieme, ridendo.

< Allora, cosa è successo? >, Ginny stava aprendo bocca per parlare ma la fermai, specificando :, richiuse la bocca.

< Te cosa ti ricordi? >, chiese Susan.

È furba… Sicuramente non mi dirà più di quel che so…

La guardai per un po’, indecisa se dirgli veramente cosa mi ricordavo o fare finta di non sapere nulla. Scelsi una via di mezzo.

< Qualche cosa, non molto chiara… mi ricordo la torta che cadeva, quindi quello che mi ha detto mia madre non è vero… >.

< Bè in effetti ha detto una cosa un pò stupida… >, disse Susan.

< Allora, hai spento le candeline e poi sei mezza svenuta; ecco cosa è successo… >, riassunse Ginny facendola sembrare una cosa quasi stupida.

< Veramente dovresti dirci tu quello che è veramente successo, noi ti abbiamo visto cadere all’improvviso, ma non sappiamo il motivo >, precisò Susan.

Aveva ragione.

< Bè ho sentito un forte dolore alla pancia e sono caduta a terra e poi ho sentito sapore di sangue alla bocca, sono svenuta prima di uscire dalla stanza in cui ci trovavamo >, dissi con un fremito.

< Io pensavo che eri svenuta quando sei caduta a terra…Ora come ti senti? >, chiese Ginny, stringendomi la mano.

< Un po meglio, ma mi fanno male tutte le ossa >, ripensai a quando il dottore aveva alzato il pigiama e tutti si erano spaventati, ma non feci in tempo a chiedere che Susan disse con un sorrisetto: < Indovina come si chiama il dottore che ti ha presa in cura? >.

< Come? >, chiesi, notando l’espressione di Ginny, forse non voleva toccare l’argomento, invece io ero felice che l’aveva tirato fuori.

< Cullen! > disse ignorando Ginny. < Fico. E cosa ha detto? > risposi.

< Veramente non ha detto niente… ti ha visitato e poi è uscito… > rispose Ginny prima di Susan.

Si guardarono male. Trattenei una risata. Mi alzai il pigiama prima che me lo potessero impedire e rimasi di stucco: erano ricoperte di lividi neri.

Bè almeno era spiegato il motivo del dolore alle gambe.

Susan e Ginny evitarono di riguardarmi le gambe, fissando il pavimento. Non potevo dargli torto.

< Magari venisse Edward a consolarmi > sospirai, rimettendomi sdraiata.

< Perché noi non ti andiamo bene?! >, disse Ginny, fingendo si essere offesa.

< Si, ma vuoi mettere… >, ridemmo tutte e tre.

Papà, Mamma e Valery sentendoci ridere, entrarono sorridendo.

Passarono altri minuti, forse ore, ma non riuscivo ad addormentarmi. Al contrario Ginny si addormentò quasi subito, ancora stretta alla mia mano.

Susan si era messa sulla sedia alla mia destra e giocherellava con una ciocca dei miei capelli. Mamma e Papà stavano abbracciati su una poltroncina a sinistra, sotto la finestra, mentre Valery giocava con la PSP che le aveva portato da poco Flavio, il suo fidanzato.

< Mi dispiace disturbarvi… >, disse il dottor Cullen entrando, < …ma mi sono arrivati i risultati delle analisi. Potrei parlare con voi, in privato? >, chiese indicando i miei genitori che si erano già alzati.

Passarono parecchi minuti, Ginny si era svegliata e ora guardava di nuovo fuori dalla finestra; mentre, grazie a Susan ora avevo tutti i capelli della parte destra, impicciati.

Valery era l’unica che non aveva cambiato posizione, non staccava gli occhi dal giochetto.

< Sorellina? A che giochi? >, chiesi per fare qualcosa, < Loco Roco, perché? >, rispose.

< Così… stavo pensando… non dovrebbero dirlo prima a me i risultati delle analisi, visto che sono io quella attaccata ad un flebo?>, dissi lanciando un'occhiataccia all'ago nella mia mano.

< Mmm…probabile…Ma questo cosa c’entra con il mio gioco? >.

< Niente…Avevo solo voglia di parlare…si può? >, stranamente alzò gli occhi dal gioco, ma solo per lanciarmi un'occhiataccia.

Rientrarono.

Sicuramente non erano notizie molto piacevoli: mamma sembrava più morta di me e mio padre sembrava che fosse stato appena esorcizzato.

Il dottore mi guardò cercando di capire se era il caso di parlare anche a me o no; intanto Ginny si era riseduta vicino a me e Susan smise di lisciarmi i capelli con la mano.

Mia madre si lasciò cadere sulla poltroncina e ci rimase immobile.

< Cosa ho? >, chiesi un po’ preoccupata dalle facce dei miei genitori.

< Allora, si chiama leucemia acuta >, disse sedendosi sul letto, accanto alle mie gambe. Restai in silenzio per farlo continuare.

< I primi sintomi sono la febbre, ecchimosi, sangue dalle gengive e dolore osseo… come puoi notare tu hai tutti i sintomi… in futuro si possono verificare altri sintomi come emorragie celebrali o polmonari, molto spesso proverai nausea e avrai conati di vomito provocati dalle cellule leucemiche che si infiltrano nel sistema centrale. Con i vari medicinali riusciremo a diminuire questi sintomi, alcuni li potremo perfino neutralizzare >.

< Cosa mi può fare? >.

< Questa malattia distrugge lentamente l’organismo >.

< Quanto…? >.

< Due o tre anni, ma si stanno svolgendo molte ricerche e quindi potremo avanzare anche a quattro >.

O mio Dio… Non è possibile…

< O Cazzo >.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Robert Pattinson / Vai alla pagina dell'autore: Doomsday_