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Autore: Kathermiontrisbethlen    12/02/2016    1 recensioni
Una guerra tra Ateniesi e Spartani, tra strateghi e combattenti.
Le sorti della terra sono nelle mani degli Dei; soccomberanno o salveranno l'umanità?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carthos aprì gli occhi all’alba, come di consueto, disturbato da un raggio di sole che filtrava tra le assi del soffitto.
C’era qualcosa però che lo rendeva irrequieto, come un brutto presentimento: non aveva fatto altro che rigirarsi tutta la notte, ed era riuscito a riposare solo poche ore.
Si levò dal letto e cominciò a lavarsi e vestirsi scrupolosamente: l’acqua fresca gli rinfrescava il volto stanco e la bianca tunica pulita gli cadeva morbidamente sui muscoli, alleviando la calura dell’afosa giornata di fine luglio.
Afferrò la sua fedele spada che giaceva sul letto e la studiò attentamente: lunga circa un metro, perfettamente bilanciata, di ferro nero con l’elsa decorata da rubini rosso sangue; era perfetta per lui, non lo affaticava tenerla in mano e quando la usava nelle lotte la sentiva come una parte di sé, quasi come se fosse il prolungamento del suo braccio.
Afferrò elmo e scudo e uscì di casa, desideroso di dirigersi presso il Partenone, dove avrebbe dovuto incontrare i suoi soldati prima della scelta delle guardie d’onore per la processione del pomeriggio.
Camminò lentamente, gustandosi la vista del sole ancora basso sulla città e l’odore dei gelsomini in fiore, calciando le pietre che incontrava sul sentiero.
Raggiunse in poco tempo l’acropoli e, con sua grande sorpresa, vi trovò tutti i suoi opliti, in netto anticipo: stavano correndo e facendo flessioni, pronti a una nuova ed estenuante giornata; tra loro scorse anche Arethas.
<< Soldati! >> urlò Carthos, riuscendo ad ottenere l’attenzione; tutti i giovani si sistemarono in fila di fronte al generale.
<< Oggi è un grande giorno: uno di voi verrà scelto e diventerà guardia d’onore insieme a me e ad altri cinque generali. >>
Fece una pausa studiando lo sguardo dei giovani uomini che aveva di fronte, impauriti, timorosi, nervosi, quando incontrò gli occhi di Arethas: non c’era tensione nei suoi grandi occhi blu, né un minimo di dubbio; Carthos vi scorgeva solo tenacia.
Alzò gli occhi al cielo e riprese: << Una guardia d’onore deve essere uno stratega, prima che un  guerriero. Deve difendere la sua patria, i suoi uomini e per farlo bisogna che sia astuto; poprio con questo spirito vi sfiderete oggi. Lasciate gli scudi, soldati. >>
Le sue parole stupirono i giovani che, riluttanti, sistemarono le armi accanto alle bianche colonne del tempio e si organizzarono in una lunga fila orizzontale.
Carthos cominciò a elencare le regole del gioco: ogni uomo avrebbe finto di essere un generale e esposto la propria strategia d’attacco contro l’esercito nemico.
I soldati presero la sfida sul serio, ma il generale si accorgeva sempre più di come fossero uomini che puntavano solo sulla propria forza bruta: attacchi frontali, sfide singole tra generali nemici, assalti.
Ad uno ad uno scartava gli opliti, fino a quando non arrivò il turno di Arethas che cominciò a parlare di stratagemmi e astuzie, di attacchi laterali affidati a piccole circoscrizioni e di strategie di difesa: era talmente appassionato e convincente che tutti si fermarono ad ascoltarlo ammaliati, senza accorgersi del tempo che passava.
Quando finì, Carthos si alzò in piedi, senza parlare, annuì e si allontanò.
Al suo ritorno reggeva in mano un elmo di bronzo lucidissimo che rifletteva i raggi del sole e sembrava brillare di luce propria.
C’era un religioso silenzio attorno al generale, si sentiva solo il vento soffiare tra i rami di quei pochi ulivi argentei che profumavano l’acropoli; perfino gli uccelli si erano zittiti.
Carthos alzò l’elmo e lo posò delicatamente sulla ricciuta testa corvina di Arethas che gli restituì uno sguardo a metà fra lo spaesato e lo sconcertato e, dopo qualche secondo, si levarono urla di gioia e congratulazioni tra i compagni soldati; nessuno era invidioso o geloso, tutti conoscevano e stimavano le capacità del giovane ed erano sicuri che avrebbe portato a termine il suo compito.
Tra i canti e le risate degli amici, Arethas cercava solo un paio di occhi, quelli profondi come gli abissi del suo generale; li trovò che lo stavano fissando, colmi di stima e di orgoglio.
E in quel preciso momento Arethas capì che era l’uomo più fortunato del mondo.
Quanto vale uno sguardo? Può sanarci e distruggerci, plasmarci e disfarci e può farci sentire immensamente adeguati; ed era così che il soldato si sentiva: non aveva timore o ansia, sapeva che, se il suo generale aveva scelto lui, sarebbe stato pienamente adeguato al suo compito.
   
 
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