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Autore: ToraStrife    13/02/2016    0 recensioni
(La bambina della Sesta Luna/Full Metal Alchemist/Duck Tales/Terminator. Citazione di Card Captor Sakura).
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Parodia su richiesta. Le disavventure di una giovane alchimista veneziana e dei suoi amici, tra nutelle filosofali, alchimisti d'acciaio, numeri aurei, fattucchiere partenopee e indistruttibili androidi.
Genere: Avventura, Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nina 3
TerNinator Genysis



Nina chiuse gli occhi per un attimo, aspettando quello schioppo che avrebbe spiattellato il suo cervello sulle rocce vulcaniche.
Lì riaprì quasi subito, quando la voce strozzata e maccheronica della fattucchiera indebolita raggiunse le sue orecchie.

- Guaglioncella, hai un asso nella manica!

Le pupille si si erano fissate in un microsecondo sulla figura di Amelia. Cercò negli occhi della papera la risposta al sibillino suggerimento.
Un asso nella manica? Di che parlava? Era un tranello? Una sorpresa? Un trucchetto?
Poi un rumore meccanico la riportò alla realtà. Il dito sul grilletto stava per essere premuto.
Istintivamente, Nina alzò un braccio nel vano tentativo di difendersi, e lo vide.
Nessun trucco, nessun inganno, nessun enigma.
Il suggerimento della papera andava inteso in senso letterale!
Nina guardò la carta spuntarle dalla manica, e pronunciò qualcosa che non seppe interpretare neppure lei.

RATATATATATA!

Una sequela di colpi ripetuti partì dalla canna della mitraglietta e andò a crivellare le rocce vicine.
Ma nessuna di esse si sporcò di sangue, cervella o resti umani.
Mentre il fumo si diradava dalla canna dell'arma, la vista bionica di Arnold analizzò freneticamente il campo visivo, alla ricerca del bersaglio.

Not found. Not found. Not found.

Il cyborg provò una sensazione simile alla confusione. Girò la testa, smarrito, aumentando l'area di ricerca. Poi, una lontana sagoma in cielo gli fornì la risposta.

Nina, dal canto suo, era più confusa che mai.
In un attimo il Taldom si era trasformato nel Gughi, il leggendario gufo gigante a quattro ali di Xorax, e adesso lo stava cavalcando, a circa cinquecento metri d'altezza.
Ma com'era possibile?
L'alchimista scoprì di avere ancora nella manica quella carta. La tirò fuori.
Scoprì che non era un asso, ma un tarocco. Anzi...

- Un Alchitarocco! - Esclamò. Però era di un tipo che non aveva mai visto prima. Guardò un disegno raffigurante il Gughi, e sotto, una scritta: "The Fly".

- Un Alchitarocco del Volo? - Si chiese ad alta voce.

Ma non ebbe il tempo di indagare oltre, poiché alcuni proiettili fischiarono vicino a lei, costringendo il Gughi a brusche virate. Nina dovette aggrapparsi forte, per non cadere.

Il visore di Arnold aveva già inquadrato la bambina, mentre la grossa scritta "Lock On" lampeggiava nei suoi occhi.
La mitraglietta stava vomitando una gran quantità di cartucce, nel tentativo di terminare una volta per tutte l'obiettivo.
Amelia si limitò a guardare la scena, mentre Paperone ancora era appiattito a terra, tenendosi stretta la tuba contro il cranio.

Nina aveva lo stomaco sottosopra, come quella volta dopo il giro a Gardaland sullo Space Tornado (o era Blu Vertigo?).
Il Gughi stava dando del suo meglio per non farsi colpire, ma così la situazione era in stallo.
Avrebbe voluto rispondere al fuoco tramite il Taldom, ma era troppo distante.
Frugò in tasca, sperando in qualcosa. E qualcosa trovò.

- Un altro Alchitarocco?

Questa volta l'immagine era di un lupo dalla pelliccia piena di spuntoni aguzzi. La didascalia recitava: "The Thunder".

- Alchitarocco del Tuono? - Si chiese.

Come a rispondere al suo nome, la figura del lupo uscì come un lampo e si materializzò vicino a lei, correndo in cielo, senza bisogno di ali.
Nina lo fissò, ricambiata. L'animale neppure si preoccupava dei proiettili che venivano dal basso. Quelli che toccavano il suo corpo lucente si disintegravano sfrigolando e producendo un fumo nerastro.

- Sei un Alchitarocco? - Le chiese Nina. Un ululato fu l'unica risposta, che all'alchimista non parve né un'assenso, né un diniego.
Ma almeno la natura della bestia era evidente.

- Mi puoi aiutare?

Il latrato di risposta aveva già una valenza più affermativa. Nina puntò il Taldom verso il bersaglio, e la bestia si trasformò in una saetta per scendere a terra alla velocità della luce verso il bersaglio.


Ciò che videro i presenti a terra fu spettacolare: l'androide venire colpito in piedi da una scarica di migliaia di volts, come una punizione degli dei, per il solo fatto di esistere in un tempo che non gli apparteneva.
Una fontana di scintille cominciò a piovere dalla figura agonizzante di Arnold, che senza un lamento si accasciò a terra.
Grossi fili di fumo si alzarono dalla carcassa.

Nina atterrò con il Gughi.
Appena i piedi toccarono terra, l'uccello di Xorax sparì insieme il Lupo, e le due carte tornarono a materializzarsi nelle mani di Nina.
Venne raggiunta da Roxy, Paperone e Jet con Dodo in braccio.

- Nina, tutto bene? - Chiese la ricciola, abbracciando l'amica.

- Sì, sì... - La rassicurò lei. - Sono solo un po' confusa.

- Ma come hai fatto, Nina? Prima il Gughi, poi quel fulmine...

- Alchitarocchi. Almeno credo.

La bambina della Sesta Luna  osservò la fattucchiera, ancora debole per gli effetti dell'aglio.

-  Amelia, è opera tua?

- E' solo nu' regalo. - Liquidò la papera, distogliendo lo sguardo. - Pecché tu sì meglio de' a vecchia tuba. Nun so assaie e' chelle carte. Ma so ca' li chiaman "Alchitarrocchi e' Clow"

- Alchitarocchi di Clow? - si chiese Nina. - C'è qualcosa che non quadra.

- Niente quadra qua, se non l'avessi capito! - Sbottò Paperone. - Voi! Quel pazzo armato fino ai denti che non ha becco né tartufo, esattamente come voi!

- In effetti noi non siamo di queste parti. - Spiegò Nina. - Voglio dire, neppure di questa dimensione. O di questo tempo? - Ormai non lo capiva più nemmeno lei.

- Va bene, va bene, i dettagli non mi interessano. - Liquidò il miliardario. Dopotutto De' Paperoni aveva avuto a che fare con divinità, alieni, creature sovrannaturali, popoli sconosciuti, civiltà dimenticate, dimensioni parallele, viaggi nel tempo, di tutto e di più. Sinceramente non gli interessava nulla della natura dei nuovi ospiti.
C'era solo una moneta da recuperare. La sua Numero Uno.

- Jet!

A sentire il suo nome, McQuack scattò sull'attenti come un soldato. Non prima, però, di aver posato delicatamente a terra Dodo.
Tra l'altro quest'ultimo gesto venne notato da Nina, che si allarmò per le condizioni del bambino, e Roxy dovette spiegare tutto per calmarla.
Dopo i chiarimenti, Paperone tornò a rivolgersi a Jet.

- Dov'è la moneta? - Tuonò, come un sergente nei confronti di una recluta dalla coscienza sporca.

- Temo di averla persa, De' Paperoni. - Confessò in un soffio l'altro.

- Che cosa?

Il lamento stridulo del vecchio fece deglutire il pellicano. - E' stato un incidente, De Paperoni.

- E' vero! - Intervenne Roxy. - Jet ha voluto aiutare me e Dodo e...

- Tu non immischiarti, ragazzina! - Paperone la liquidò con un'occhiataccia e poi tornò al suo dipendente. - Incidente un corno, incapace! Adesso la ritroverai, dovessi scavare il Vesuvio palmo a palmo! Marsch!

L'ultima parola fu uno straordinario esempio di ordine militaresco. Il pilota corse subito a darsi da fare.
Non sapeva esattamente cosa fare, né come, ma perlomeno era sollevato da non aver sentito l'infame parola "licenziato!".

Nina guardò storto il signore, trattenendo una gran voglia di dirgliene quattro, quando si accorse da un mugolio che lo svenuto si stava finalmente svegliando.

- Dodo! Stai bene?

Ne seguì un lungo abbraccio. Il bambino si guardò attorno, confuso.

- C-c-che cosa è successo?

- E' tutto a posto, ora. - Gli rispose Roxy. - Tranne per il Numero Aureo.

- E' apparso anche l'androide di Karkon. - Aggiunse Nina.

- A-a-androide? - Balbettò Dodo, con un moto di terrore.

- Sì, ma adesso è sistemato! - Sorrise Nina. Ma Dodo non si tranquillizzò, anzi. Gli occhi divennero iridi minuscole.

- S-s-sei s-s-sicura, Nina?

- Ma certo!

Poi una enorme ombra sovrastò i tre. Nina e Roxy si voltarono, e assunsero la stessa espressione di Dodo.

- Beh, forse no. - Si corresse Nina.


Davanti a loro, Arnold si erigeva in tutta la sua potenza, i vestiti polverizzati. Vale a dire, nudo. Una montagna di muscoli, con in più...
Nina e Roxy distolsero lo sguardò, imbarazzate.

Arnold, con la solita loquacità, disse solo una frase.

- I'm back!


***

Cesco, seduto a terra e con le spalle appoggiate al muro,  cercava per l'ennesima volta di pulire quegli occhiali luridi su un ancora più impolverato vestito.
Fiore era quella che languiva di più, senza la presenza di un libro, o di un I-Pod con qualche rinfrescante brano di Vivaldi.
Ljuba aveva smesso di lamentarsi e si era finalmente assopita.
Peccato che il suo russare fosse così turbolento che i bambini accarezzarono l'idea di svegliarla per farle riprendere i piagnucolii.

A un certo punto, il rumore di alcuni passi spezzò la quiete (ma non il russare della tata).
Si sentì un piccolo e concitato vociare delle guardie. Poi un paio di colpi, lamenti soffocati e corpi accasciati a terra.
Ancora un paio di passi, e poi una voce familiare.

- Ehy, ragazzini.

Cesco e Fiore guardarono con sorpresa, e subito dopo con diffidenza, la faccia di Edward, ricambiati dallo stesso sentimento.

- Che sorpresa, il piccolo signor Elric.

La frecciatina acida di Cesco irritò il biondo.

- Chi è piccolo, bamboccio quattrocchi?

- Cesco! - Lo redarguì Fiore. - Non è il caso.

- Almeno qualcuno che conosce le buone maniere c'è. - Commentò Ed, calmandosi.

L'apprezzamento riempì di orgoglio la bambina, lei che da sempre del bon ton faceva un vanto.

- In che cosa possiamo esserle utili? - Cinquettò deliziata.

- Quello che farò non sarà propriamente legale. - Anticipò Ed a mezza voce. - Ma ho bisogno della vostra collaborazione.

- Collaborazione per cosa? - Domandò Cesco. - E cosa esattamente sta per fare?

- Questo. - Edward unì le mani, poi  le impose sulla serratura della cella.

Questa, semplicemente, si distorse e si piegò, come se fosse stata divelta da una grande forza.
La porta del cancello si aprì cicolando, senza sforzo.
Cesco e Fiore osservarono il fenomeno, scioccati.
L'occhialuto fu quello più colpito.

- Magnetismo? - Ipotizzò. Come Magneto, nei fumetti.

- No. - Edward si stava godendo appieno gli sguardi strabuzzanti dei due. Soprattutto lo spilungone, che aveva finalmente abbassato la cresta. Con la tranquillità più naturale del mondo, spiegò. - Alchimia.

Quella parola venne ripetuta ad alta voce dai ragazzini, in totale incredulità.
Tutta quella enfasi indispettì Edward, trasformando la boria in insofferenza.

- Beh? Che c'è di strano?

- Lei è un alchimista?

- Quattrocchi, sembra che non ne abbiate mai visto. Non è neanche la vostra amica una alchimista?

- Beh, ma da qui a piegare il ferro con le mani!

- A ben vedere, anche quel Karkon ha fatto una reazione simile alla vostra.

- Non è in combutta con lui?

- "Combutta"? Di che parli, bambina?

Fiore si impettì. - "Bambina"? Che modi! Mi chiamo Fiore.

Edward si scusò. Poi riprese. - Comunque quel presunto benefattore mi è sembrato molto sospetto. Ed è per questo che sono qui.

- Per cosa?

- Per accompagnarmi a Palazzo Carte D'Or.

- Nella dimora del Conte? - Sbottò Fiore, incredula.

- Mi sembra la cosa più logica. - Intervenne Cesco. - Se Karkon ha qualcosa da nascondere, sarà sicuramente là.

- Il problema sarà come uscire da qui. - Ribatté la fanciulla. - La sorveglianza è ben stretta.

- Se quella la chiamate sorveglianza. - Fece spalluce Edward.

- Che cos....? - Cesco allungò lo sguardo, e notò i due custodi di guardia accastati l'uno sopra l'altro, con vistosi bozzi sulle teste.

Probabilmente una sorte simile era toccata a tutto il corpo di vigilanza.
Si aggiustò gli occhiali, rassegnato. Dopo la dimostrazione alchemica di prima, stupirsi ancora era da sciocchi.

- Se è così forte, potrebbe andare là e devastare il tutto da solo.

- E creare un incidente diplomatico? A me servono prove. E poi voi sapete come muovervi. Mi hanno detto che in quel palazzo ci siete già stati, vero?

- Più di una volta. - Rispose l'altro, con un sorriso di soddisfazione.

- A proposito, che ne facciamo di...? - Edward indicò la tata, che nonostante tutto il trambusto era ancora immersa nel suo status ronfis.

- Lasciamola qui. - Sentenziò Cesco.

Fiore guardò sconcertata l'amico. - Ma è un gesto da... da...

Stronzi.
Fiore non avrebbe mai osato espletare quella volgarità, ma Cesco l'aveva intuita benissimo, ed era anche d'accordo con lei. Tuttavia...

- Non possiamo certo portarla con noi, e anche se la facessimo scappare, sarebbe braccata dalla polizia. E' più al sicuro qui, almeno fino a quando non riusciremo a scagionare lei e noi.

- Allora è deciso. - Concluse l'Alchimista d'acciaio. Con una trasmutazione riportò la serratura al suo stato originario. - Ed ora sbrighiamoci, che da qui a poco anche io sarò sulla ista dei ricercati.


***

- Geronimoooo!

Un intrepido Jet McQuack aveva voluto intervenire avventandosi addosso a Tiottocento, forte dei suoi muscoli e della massa corporea.
Il risultato fu che Arnold fece una trottola di lui (cit. Principe di Bel Air) e lo lanciò via come un pallone da basket.
Un patetico urlo si allontanò insieme a lui, mentre Nina tentò un attacco con il Taldom, scarica che lo fece appena barcollare.

-
No hay problema.  -  Si limitò a dire.

- Roxy, Dodo, scappate! E' me che vuole! - Urlò Nina.

Il bambino si oppose. - N-nina! N-non non vogl...

Roxy, però, lo prese per mano e tirò con forza. - Nina se la caverà, Dodo! Dobbiamo trovare il Numero Aureo!

- Presto! - Incalzò l'alchimista.

Con riluttanza, il duo cominciò ad allontanarsi, incoraggiato dal fatto che Arnold aveva tirato fuori da chissà dove un lanciamissili.

Nina, intanto, sparava raggi a casaccio, anche perché era troppo imbarazzata per guardare Arnold nella sua nudità.

- Brutto maniaco  esibizionista! Anziché un lanciarazzi, tira fuori un paio di mutande!

Con questo rimprovero, Paperon De Paperoni era saltato direttamente addosso al Terminator.
Se il cyborg avesse avuto le mani libere, il papero sarebbe stato afferrato al volo e rilanciato come una pallina di baseball, anche con un lancio da manuale.
Tuttavia, il fatto che Arnold impugnasse un'arma così ingombrante diede a Paperone il vantaggio sufficiente a far nascere una colluttazione.
Il primo missile sparato per errore finì in aria ad esplodere come un fuoco d'artificio. Ma la cosa più importante era che adesso l'androide si divincolava senza badare a Nina, girandosi finalmente di spalle.

- Dannazione! Ci sarà un modo per spegnere questo affare? - Si lamentò intanto il miliardario, sballottato come cowboy su un toro meccanico, anzi, bionico. - Uno stramaledetto punto debole?

- Un punto debole ce l'ha! - Affermò prontamente Nina, libera finalmente di ragionare. - Può essere distrutto con dell'acciaio fuso, o comunque della lava incandescente. Sì. ma dove posso trovarli?

- Si dà il caso che il Vesuvio sia un vulcanoooooooo - Urlò Paperone, prima di venire scaraventato via da una decisa scrollata di spalle.
Il miliardario andò a finire una decina di metri più in là, atterrando con uno "Squack!"

- E' vero! Però il Vesuvio è un vulcano inattivo... - Nina era sempre più perplessa.

- Gioca bene le tue carte, guaglioncella!

Nina guardò Amelia, che la stava accogliendo con un occhiolino d'intesa.
Gli Alchitarocchi! Forse c'era un modo per risvegliare il gigante dormiente.
Frugò nelle tasche e ne trovò due. The Firey e The Earthy.

- Alchitarocchi del Fuoco e della Terra! - Pronunciò, mentre Arnold l'aveva di nuovo "agganciata" e stava preparando a far fuoco.

I due spiriti elementali si materializzarono, lui focoso, lei terrona (ma perché? perché queste battute?), poi si unirono in un abbraccio e si infilarono sottoterra.
Una violenta scossa di terremoto sconvolse l'ambiente e fece perdere l'equilibrio a tutti, compreso Arnie, il cui secondo colpo finì per fare l'ennesimo "buco nell'aria".
Poco dopo, dal cratere del vulcano cominciarono a partire lapilli e tizzoni ardenti.
Il vulcano aveva ripreso vita!

- Ce l'ho fatta! - Esultò Nina.

- Già, ma aspetterei ad esultare. - Urlò Amelia. - Adesso dobbiamo smammare, che stiamo in guai grossi!

Il riferimento andava alla colata lavica che aveva cominciato a traboccare, un fiume rosso in piena tra fumi di zolfo e vapore acqueo, portando con sé morte e distruzione.


***

Palazzo Carte D'Or.

Dlin Dlon.

- Per la pioggia e per il vento, chi è che suona a sto convent... no, ho sbagliato battuta! - Si lamentò Visciolo, dannandosi per essere già entrato impreparato nel suo secondo e ultimo momento di scena di tutta questa fiction.
In realtà, aveva preparato tutta la mattina proprio quella battuta, salvo poi accorgersi che quello non era un convento, ma un palazzo.
Ma cosa poteva far rima con "palazzo"?

- "Per il matto e per il pazzo, chi è che suona  a sto palazzo?" - Recitò, senza troppa convinzione. Non aveva senso.

Dlin Dlon.

- Un attimo! - Commentò, scocciato. - Dunque, proviamo così, "Mentre io mi faccio il mazzo, chi è suona a sto palazzo?"

Dlin Dlon.

- Arrivo! - Rimarcò il servitore.
La frase non lo convinceva del tutto. Che in effetti lui si facesse il cosiddetto a pulire e stare dietro i capricci del padrone, nonché dei suoi insopportabili gemelli Barbise e Alvessa, pardon, Alvise e Barbessa, era indubbiamente vero.
Ma "mazzo" era una parola volgare, inadatta a una fiction per bambini e se l'avesse saputo l'autrice Moony, sarebbe stato levato di mezzo come i tanti personaggi minori a cui era toccata una simile sorte!
Già nel primo capitolo Max aveva pronunciato una parolacc...

Dlin Dlon!

Dicevo, una parolaccia, ma fortunatamente era censurata.
Poi Arnold Tiottocento nudo era già qualcosa che avrebbe messo sicuramente la fiction a rating giallo, quindi era strettamente necessario modificare quella battuta con qualcosa di meglio.

Dlin Dlon!

Magari si poteva invertire la frase. Visciolo provò.

- Chi è che suona a sto palazzo, per... per...

Dlin Dlon!

- Chi è che suona a sto palazzo... andiamo Visciolo, andiamo! ...

Dlin Dlon!

- Chi ...

Dlin Dlon!

Esasperato, Visciolo aprì la porta e urlò.

- Chi è suona a sto palazzo, perché m'ha già rotto il ca...!

Per fortuna una mano guantata di bianco gli tappò la bocca prima che potesse pronunciare l'irreparabile.

Anche se giunti a questi punto, sia fuori discussione far leggere questa fiction a Moony senza farle venire un esaurimento nervoso (sigh).
Se non altro, non viene shippata la KarNina, o la ViscioKar, la RoxyBar (non so chi sia Bar, ma ci si ritrovano tutti come le star!), o la FiltroFiore, che forse sarà meglio somministrarne alla signora Witcher una tazza, pena l'esaurimento nervoso che le prenderebbe per aver letto questo ammasso di demenza.
Scusate l'Off Topic compulsivo, riprendiamo.



Come a punirlo per la volgarità quasi detta, un pugno raggiunse il povero zoppo, mettendolo K.O.
Fiore, sulla soglia, guardò di sbieco Edward, mentre questi trasmutava l'attaccappanni in metallo per attorcigliarlo attorno al corpo del vecchio, come una corda.

- Era necessaria tanta violenza? - Protestò.

- Perché, lui non stava commettendo violenza verbale? - Ironizzò Edward.

- Avete notato di come le situazioni stiano diventando sempre più demenziali? - Puntualizzò Cesco. - Ed anch'io comincio a sentirmi un po' O.o.c. ...

- Sto provando la stessa cosa. - Convenne Fiore. - Segno che dobbiamo sbrigarci. Anche il "quarto muro" si sta già sgretolando.

- Bene, cercare dove? Fate strada, prego.

- Sicuramente, al Laboratorio Nero.

- Laggiù, Cesco?

- Certo, Fiore, sicuramente troveremo le prove che cerchiamo.

La discesa nel palazzo fu relativamente indisturbata, deludendo un po' Elric, desideroso d'azione.

Si trovarono davanti a una grossa porta blindata, sigillata ermeticamente e a prova di ladro.

- Eccoci a destinazione. - Esclamò Cesco. - Adesso viene il difficile, per poter entrare ci vorrebbe...

Neppure un secondo dopo, la porta era stata trasmutata in una batteria di pentole da cucina, con tanto di Mastrota.
I bambini sospirarono, ormai abituati.

- Metallo, vero? - Puntualizzò Cesco.

- Yeah, Metallo forever! -  Sorrise Edward, mostrando pollice, indice e mignolo.

- Intrusi!

Il trio si voltò.
Tre bambini li stavano guardando, con occhi ostili e carichi di odio. Questo sentimento era ricambiato da Cesco e Fiore.

- Barbise, Alvessa, e Gastilo!

- Avete un bel fegato, a venire nella tana del lupo. - Li apostrofò sprezzante Alvessa.


Edward, intanto, notò le tre K sulle magliette. - K.K.K. uhm, molto sospetto, gli mancano solo i cappucci bianchi. Ma a me sembrano comuni bambini.

- Chi hai chiamato 'bambini', bamboccio? - Soffiò Gastilo, prima di tirare un potente pugno contro Edward.

L'alchimista parò il colpo con il braccio sinistro. Ciò che non si aspettava fu la forza del diretto, che lo fece arretrare di un passo.
Poteva ancora sentire il formicolio al braccio umano.

Che diavolo di forza hanno?

Gastilo ripeté l'attacco, ma questa volta Elric afferrò saldamente il braccio con la mano destra, e glielo storse, costringendolo a terra.

- Non sono semplici bambini!

- No! - Confermò Fiore, prima di venire presa d'assalto da Barbessa. Le due bambine ruzzolarono avvinghiandosi per i capelli.
Fu uno di quei momenti in cui la bambina della Giudecca ringraziò di avere i capelli corti e non vulnerabili trecce come la piccola criminale sua avversaria.
Di contro, però, Barbessa aveva l'indole violenta di una frequentatrice di risse, mentre lei con la lotta era proprio negata.
Fu Cesco ad intervenire, cercando districare Barbessa da Fiore. E nel mentre, completò la frase dell'amica.

- Sono creazioni di Karkon!

Alvise intervenne a sua volta a zittirlo con un calcio nello stomaco.
Edward  abbandonò la presa su Gastilo, lasciandolo col braccio dolorante. Senza fatica, afferrò per la collottola i due gemelli androidi e lì tirò via.

La monella con le trecce si dimenò in preda alla furia. - Dannato nano, lasciaci!

Alvise non fu da meno. - Ce la pagherai, pezzo di m...

Stufato da tanta volgarità, Edward fece cozzare le capoccie dei due zucconi. Il rumore metallico dei crani in collisione non lasciò dubbi sulla natura artificiale di quegli esseri che finalmente avevano deciso di perdere i sensi.

- Dunque, questi sono homuncoli? - Commentò Edward, corrucciato. Aprì le mani, lasciando andare i gemelli.

Sì. - Confermò Fiore, aiutando Cesco ad alzarsi. - Li spaccia come bambini dell'orfanotrofio, ma è tutta una facciata per coprire il laboratorio e i suoi esperimenti!

Edward digrignò i denti. - Altro che reato d'alchimia. Questo è fuorilegge!

Poi alcune grida attirarono l'attenzione. Era Gastilo, strisciante, che stava chiamando a gran voce i rinforzi.
Altre due bambine, infatti, arrivarono sulla scena: Sabina ed Irene. La seconda stava sbocconcellando un topo, cosa che fece inorridire tutti.

- Il laboratorio del Magister è stato profanato! - Urlò la prima.

- Sistemiamo gli intrusi! - Sentenziò la seconda. - Tra un boccone e l'altro.

Edward trattenne una smorfia di disgusto, ma contemporaneamente era contento. Finalmente si parlava la sua lingua: combattimenti e homuncoli.
O Visitors, guardando la mangiatopi.
Si sfilò il guanto destro, rivelando l'automail.

Fiore sussultò, Cesco, avendola già vista, non si formalizzò.

- Voi due, - Li chiamò Edward. - Cercate nel laboratorio! A questi ci penso io.


***

L'eruzione era in pieno atto.
Ai bambini della Giudecca parve di aver fatto un altro viaggio indietro nel tempo, direttamente nel 79 Dopo Cristo!
Nina aiutò Amelia a mettersi in piedi, aiutanto da un borbottante Paperone.
Jet, Dodo e Roxy li raggiunsero: separarsi in quelle circostanze sarebbe stato da folli.

- Dobbiamo andarcene! - Esclamò Nina.

Roxy ribatté. - Sì, ma come?

Fu Paperone a tirare fuori l'idea, letteralmente, dalla palandrana.  - Per fortuna ho con me l'ultima invenzione di Archimede, l'Elicottero Instantaneo!

Tutti guardarono ciò che aveva in mano: una strana fiala con sopra una scritta: "Capsule Corp."
I legittimi dubbi sulla sincerità di Paperone vennero però accantonati dall'eccezionalità della situazione.

- Signor De' Paperoni, si sbrighi! -
Sollecitò Jet. - Così potrò guidarlo e portarvi via da qui!

- Certo!

Il vecchio cilindro premette un bottone all'estremità della fiala con il pollice, e poi gettò a terra l'invenzione.
Da una nuvola di fumò uscì finalmente il mezzo tanto desiderato... peccato che non fosse quello.

- Un motoscafo? - Si lamentò il pellicano. - Signor De' Paperoni, io guido velivoli. Non ho mai pilotato natanti!

-
Chello è o' meno. Nu' motoscaf  'ncoppa terraferma nun serve a niente. - Aggiunse Amelia. - Complimentì, vecchia tuba!

- Squack! Archie mi ha dato la capsula sbagliata! Sapevo che non dovevo fidarmi di quell'inventore!

- Tutti a bordo lo stesso! - Sentenziò Nina. - Voleremo con l'Alchitarocco del Galleggiamento.

Una carta con la didascalia "The Float" era già pronta all'uso.

- Sì, ma chi guida? -Chiese Jet.

- A quello ci penso io! - Rispose Roxy con un lampo di determinazione che non le si era mai visto prima.


Gli adulti avrebbero avuto qualche riserva sull'idea, ma davvero non c'era tempo. Saltarono tutti a bordo e partirono di gran carriera.
Arnod si era nel frattempo rialzato, quando vide un motoscafo levitante discendere lungo il pendio, in direzione del mare.
Il sistema di puntamento ottico si rimise in funzione, e in un secondo il lanciamissili era già pronto all'azione. Ancora qualche secondo, e la scritta "Lock On" avrebbe dato il via libera al lancio del razzo.
Ma quel momento non arrivò mai, perché un fiume di lava travolse l'androide.

Da lontano Nina si accorse di una mano che, quasi implorante, usciva dal fiume rosso, prima di venirne a
nch'essa inghiottita.
La bambina distolse lo sguardo. Era una morte orribile persino per uno come lui.

- Arnold non ci darà più fastidio.

Ma il pericolo non era finito. Il sangue della terra scendeva impetuoso lungo il percorso, tallonando la barca.

- Dai gas! Dai gas! - Spronò Paperone a Roxy. - La lava ci è alle calcagna!

- Ci sto provando! - Rispose la conducente. Evitare alberi e montagnole si stava rivelando molto difficoltoso.

Dopo alcuni minuti di spericolati slalom e saltelli, la barca prese un'ultima montagnola che le fece spiccare un ultimo balzo di parecchi metri. Giusto in tempo, perché l'Alchitarocco del Galleggiamento aveva appena esaurito il suo effetto.
Durante il volo Dodo urlò, tenendosi stretto a Nina.
E finalmente, l'acqua.
Il motoscafo balzellò sull'elemento, e poi le eliche cominciarono a mulinare l'acqua per portarsi via al largo.

-
Puoi rallentare. o' magma si è riversat into mare!

Il gruppo guardò con sollievo il mostro il materiale incandescente che finalmente baciava la superficie salata del Golfo di Napoli. Enormi nubi di vapore acqueo indicavano come un cartello di "Stop" il confine che il vulcano non poteva valicare.
Tutti esultarono e si abbracciarono. Grandi pacche sulle spalle andarono a Roxy da parte di Jet.

- Hai talento, Roxy! Un giorno ti insegnerò a pilotare gli aerei!

Solamente Paperone aveva l'aria moscia. Amelia conosceva bene il motivo: infatti ne condivideva l'umore.

- Il mio decino. - Piagnucolò lo Zione. - Il mio decino è andato perduto.

- Gìà. E io non solo tengo perso il tuo decino. Ma pure a' mia adorat casa!

- Oh, di quello non devi preoccuparti. - Ribatté il vecchio. -
La farò ricostruire a mie spese.

- Cosa senton e' mie orecchie? Tu, viecchio taccagno, ca' fai caccos e' altruìst per me?

- Non te lo meriteresti. - La redarguì con un tono aspro, per poi tornare calmo. - Ma è il minimo che possa fare. E poi ora poco importa, tanto senza la mia Numero Uno diventerò indubbiamente povero.

- Oh, De' Paperoni, un talento finanziario come il suo non ha bisogno di decini magici.

Lo sguardo di Jet era dei più teneri.

- Tu non puoi capire Jet, ma grazie lo stesso. E va bene! Anche senza la Numero Uno, sopravviverò. Alla fine siamo rimasti a becco asciutto tutti. Anche voi, - Aggiunse, riferendosi a Nina. - Qualunque cosa voi voleste farne.

- Devo chiarire un equivoco, signor De' Paperoni. - Spiegò Nina. - noi non volevamo il Numero Aureo per appropriarcene, ma per proteggerlo dalle grinfie di Karkon.

- Karkon? E questo nome da dove salta fuori?

 A rispondere alla domanda del vecchio, Nina spiegò. - Un alchimista malvagio del nostro tempo. Quell'androide era uno suo sgherro. Il Numero Aureo è l'incrediente principale per completare...

- U-un m-momento. - Si intromise Dodo. - C-c-c-credevo ch-che il b-b-bersaglio del Te-terminator fossi tu.

-  Beh, anche. - Rispose Nina. - Ma anche impossessarsi dell'Arcano per...

Uno strillo acuto, anzi, due, interruppero la spiegazione.

Roxy, tremante, insieme a Jet, che ancora non credevano alla situazione.

- Uno scheletro sulla barca!

E con terrore si accorsero dell'essere che si era aggrappato alla barca, per tirarsi su.
Le braccia scheletriche facevano forza per portare a bordo il peso del torace, mentre il teschio guardava a destra e manca con gli occhi iniettati di rosso.
Inumani rumori di automazione e soprattutto, lo sguardo freddo e determinato non lasciavano dubbi sulla natura dell'intruso.

- E' Arnold! - Strillò Nina. - O almeno, ciò che ne è rimasto dopo essere stato nella lava!

- Come può essere ancora vivo, pardon, funzionante? - Chiese Roxy.

- C-c-che d-domande. Do-do-dopotutto è... è.... è... Te-ter-minator.

Ma c'era qualcos'altro che venne notato: Il Numero Aureo che Tiottocento teneva stretto tra i denti.

Ciò donò un'insolita spavalderia sia alla Tuba che alla Fattucchiera, che gli si gettarono addosso.

Lo scheletro bionico quasi li  ignorò, mentre le mani si avventavano su Nina, con l'intento di strangolarla.
Jet e Roxy intervennero, cominciando a martellarlo con due estintori.
Dodo cercava di trovare, nella confusione, il Taldom di Nina.
L'unica cosa che trovò fu una carta.
- Nina! - Urlò confuso, cercando di darla all'amica. Nina riuscì solo a tendere la mano con la voglia a forma di stella, e fu sufficiente.
Appena Dodo le diede la carta, un lampo di luce avvolse l'intera barca, per poi dissolversi.

Era tornato tutto tranquillo. Sulla barca, confusi, erano rimasti solo Amelia, Jet e Paperone.

- Che è successo? - Si chiese Jet.

- Dove sono finiti tutti quanti? - Aggiunse Paperone.

- Dev'essere stato l'Alchitarocco del Tempo. - Fu la spiegazione di Amelia. - Tutti coloro che non faceva parte di questo tempo sono tornati a casa. Più o meno.

Il pellicano si grattò la testa, confuso. - In che senso più o meno?

- Nel senso che la mia Numero Uno se n'è andata con loro! - Il fantastiliardario in quel momento avrebbe voluto mangiarsi la tuba come il suo rivale Rockerduck.

-
Dev'esserc na' ragion valida, viecchio cilindro. Vedraì ca' tornerà.

- Sigh! Sarà come dici tu. Ehy, Jet, puoi provare a guidare questo natante, possibilimente senza farci affondare.

- Non ne sono sicuro, De' Paperoni, ma dopo aver osservato quella Roxy, ci posso provare. Sarò un kamikaze, ma non sono mica Schettino.(Blooper! I tempi di Duck Tales sono ben antecedenti alla tragedia della Costia Concordia)

***

Dopo un volo nello spazio e nel tempo che sembrava essere durato un'eternità, Nina, Roxy e Dodo si materializzarono da un varco  aperto  nel nulla.

- D-dove siamo? - Si interrogò il piccolino.

Roxy non fu in grado di risponderle: era ancora stordita, durante quel pittoresco viaggio in quel tunnel temporale, dalla testata rimediata dallo scontro con un gatto blu alla guida di una enorme slitta.
Il suono metallico le aveva chiarito che anche quel felino era un androide.
Purtroppo non avevano potuto fermarsi a chiarire la situazione con lui e quel suo strano compare, un bambino con gli occhiali dall'aria piagnucolante, ma ormai non aveva più importanza.

Nina fu quella più stupita. Con il Taldom in una mano e il Numero Aureo dall'altra, si era appena guardata intorno e... - Eh?


Riconobbe gli arredi interni, fin troppo familiari. Il palazzo del sindaco.
Doveva far parte tutto di un piano del perfido conte Karkon.
A conferma di ciò, non si stupì infatti di vedere la sua spietata nemesi, pronto con il temibile Pandemon Mortalis.
Con una capriola si rimise in piedi, il Taldom puntato pronto all'azione. Ma c'era qualcosa che non quadrava, e Nina si accorse subito del motivo.
Karkon non le stava prestando alcuna attenzione, intento com'era a difendersi contro un nano vestito di rosso e i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, che lo stava contrastando con una lancia.
Chi diavolo era? Che cosa stava succedendo?
E non solo: vi erano Fiore e Cesco, gli amici che aveva lasciato in attesa a Villa Espasia, con una serie di scartoffie in mano, i quali, appena la videro, urlarono a loro volta il loro stupore e la loro gioia.

- Nina! Roxy! Dodo!

- Cesco, Fiore! - Fece eco la bambina, sollevata dal constatare che stessero bene.

Anche Karkon si accorse quindi nella piccola, e ovviamente quello che soffiò fu molto meno gioviale.

- Dannata mocciosa! Sei sopravvissuta al Tiottocento!

- Questa è una confessione! - Prese la palla al balzo Edward, incalzando con la lancia runica. Karkon parò il colpo, messo in evidente difficoltà.

- E tu chi sei? - Domandò la Bambina della Sesta Luna.

- Edward Elric, alchimista di stato.

Nina non credette, comprensibilmente, alle sue orecchie, e divenne avida di spiegazioni.

- Come sarebbe a dire, un alchimist...?

- Dopo. - Pregò Cesco. - Prima Karkon.

- Giusto. - Convenne Elric. - Dicevamo, signor Ca D'Oro: siamo in possesso dei documenti che mettono alla luce il suo piano per impossessarsi del Numero Aureo, alias la Numero Uno, ai danni del miliardario De' Paperoni. Inoltre ha appena confessato il tentato omicidio su commissione nei confronti della qui presente Nina De Nobili. Una minorenne. E non parliamo degli omuncoli...

Nina era quella più allibita, al di là del nutrito capo di imputazioni. - Un altro dei tuoi piani! Ma perché volevi usare il Numero Aureo?

- ... Fare soldi. Che altro? - Confessò Karkon. - Esattamente come quella fattucchiera napoletana.

- Che banalità. - Commentò Fiore.

- Lo sa che sballerebbe tutta l'economia mondiale, facendo così? - Intervenne Cesco. - Lo sanno anche i bambini.

- Prendetevela col sindaco, è un'idea sua.

- E di grazia, ora dov'è? - Incalzò Ed.

- E' in visita ufficiale ad Hammamet.

- Guarda caso! In compenso c'è qui lei. Grossomodo venti anni di galera. Cinque, con il condono.

- Eh, dovete prima fermarmi.

- Non lo abbiamo già fatto? - Intervenne Nina, con il Taldom Puntato. - Due alchimisti contro uno.

Karkon sorrise. A fianco a lui, un altro sorriso si unì come il sorriso del gatto del Chesire, mostrando una serie di denti metallici

- Due alchimisti contro un alchimista e un cyborg.

- Ancora lui. - Sospirò Nina, davanti allo scheletro di Arnold Tiottocento.

- Un Terminator! - Esclamò Cesco. - Il Conte si è modernizzato!

- Bah, lo farò a fette. - Spacconò Edward, agitando la lancia.

- Signor Elric. Non so se mi spiego, quello è un Terminator. Non lo ferma una lancia, né una spada, né un mitra.

- Un cannone sì?

- E dove lo troviamo un cannone?

- Qui.

L'alchimista abbandonò la lancia e gettò le mani a terra.
Dal pavimento uscì, così grande da occupare quasi tutta la stanza, un ammasso di metallo che si plasmò sulla forma di una bocca da fuoco anticarro.
L'imponenza dell'opera fece strabuzzare gli occhi a tutti.
Nina si chiese se su Xorax esistesse qualcuno in grado di eguagliare un simile prodigio
Fiore non si formalizzò più di tanto: gli androidi di Villa Ca D'oro erano ancora là, rinchiusi in piccole e indistruttibili casseforti "fabbricate" sul momento. Casomai avesse abbandonato la sua carriera attuale, Edward avrebbe potuto benissimo fare il fabbro.
Roxy era ancora knock out, ma siamo sicuri che la cosa l'avrebbe più divertita che altro.
Dodo ammutolì, pallido e con l'espressione ebete, soffiando un misero "Wow".
Cesco scosse semplicemente la testa e si aggiusto gli occhiali. - Il solito esagerato.
Arnold Tiottocento continuava a sorridere, impassibile, ma tutti i Terminator sono così.
Quello con la mandibola spalancata era invece Karkon. - Che diavoleria è questa? - Poi, con un lampo di entusiasmo: - La voglio!

Edward però era di altre mire.

- Hasta la vista, baby! - Pronunciò, nella sua mania di protagonismo.

Il cannone sparò una bordata apocalittica, demolendo, solo di rinculo, la parete e la stanza adiancente.
L'altra parte dell'ufficio venne invece incenerita dal fuoco e dall'energia cinetica, condividendo la sorte di Tiottocento, anche se la sua figura continuò a sorridere fino alla fine.

Subito dopo la detonazione, il cannone scomparve.

Nina e gli altri, che nel frattempo si erano messi in salvo, si guardarono attorno: tutto il piano del palazzo era stato scoperchiato ed era diventato un terrazzo desolato e infestato dalle macerie.
La bambina si guardò attorno e trovò subito un'anomalia.

- Di Karkon nessuna traccia!

- E' sta..sta... E' stato disintegra...gra...?

- Conoscendolo, - Rispose Fiore a Dodo. - E' scappato come suo solito!

Edward intanto si stava spolverando l'uniforme.
- Non era poi un granché quel cosiddetto Terminator.
Cesco guardò prima il paesaggio, e poi lui.

- E sti c... -

Ma prima che lo spilungone potesse completare la volgarità (con gran sollievo di Moony), una scossa come di terremoto interruppe tutti.

- Il palazzo! - Esclamò Nina. - Sta per crollare!

Ed si grattò la testa, imbarazzato. - Dev'essere per via del ferro che ho tirato via dal cemento armato per fare quel cannone.

- Dobbiamo andare via di qui! - Gridò Fiore.

- Impossibile, non faremmo mai in tempo. - Scosse la testa l'alchimista di stato.

- Non puoi fare qualcosa con quei tuoi poteri? - Domandò Fiore.

- E che sono, Superman?

- Super-nan. - Suggerì sottovoce Cesco. Edward gli dedicò solo un'occhiataccia, perché era questione d secondi e tutto sarebbe crollato.

Poi, la soluzione arrivò, da Dodo.

- N-n-nina, il nu-nu...

La bambina guardò la sua mano stellata e ciò che aveva in mano. - Il numero aureo!

Fiore non capiva. - E' che può fare?

- Non lo so, ma val la pena rischiare. Signor Elric, concentri la sua energia di trasmutazione su questa moneta, mentre io vi userò sopra il Taldom.

Il biondo si grattò la testa, perplesso. - E a cosa dovrebbe servire?

- E' il Numero Aureo!

- Qualcosa farà. - Commentò Cesco, facendo spallucce.

Ma ormai non era rimasto davvero più tempo, perché il pavimento si stava riempendo di crepe.
Quindi Edward si concentrò, unì le mani e poi toccò la moneta sulla mano di Nina. La bambina fece lo stesso con la punta del Taldom.
In un attimo, una grossa luce inghiottì tutti, e poi il nulla.


....


Roxy finalmente si svegliò.

- Signor Doraemon, non volevo assolutamente scontrarmi con... - Furono le sue prime parole, poi si accorse di essere cosciente, e non aveva davanti alcun gatto spaziale.

Era piuttosto seduta, davanti a un tavolo che emanava un profumo delizioso: pizza!
Si guardò intorno: era indubbiamente una pizzeria.
Si sentì osservata da tutta una serie di occhi.
Nina, Fiore, Cesco, Dodo: c'erano tutti.
Poi vi era anche uno strano tizio biondo, più piccolo ma dall'aria più vecchia, forse un nano?

- Roxy! - Fiore fu la prima a parlarle, - Stai bene.

- Beh, sì, perché?

- Considerando che tre minuti fa  eravamo sul punto di morire nel crollo di un palazzo. - Aggiunse Cesco.

- Beh, a quanto pare unire due poteri alchemici con un Arcano ha funzionato.

- Va bene, Nina. Ma perché siamo finiti in una pizzeria... e a Napoli?

Fiore indicò fuori dalla finestra: vi era l'inconfondibile golfo con il vulcano.

- Siamo tornati a Napoli! - Disse di getto Roxy.

- P-p-perché pro-pro-prio in questo luogo? -  Si domandò Dodo.

Nina guardò quella moneta, così antica, così speciale.

- Credo che sia una scelta del Numero Aureo.

- Esattamente!

Una familiare voce attirò l'attenzione di tutti quanti.
Era Paperone!

- In carne e piume. - Aggiunse, anticipando gli altri. - E questa è la mia pizzeria.

Poi il mecenate allungò la mano, in attesa. - E' ora che la piccolina torni a casa.

Ci fu un attimo di esitazione.

- Forse è meglio così.

Uno scrollo di spalle, e Nina appoggiò la moneta sul palmo bianco del papero, che richiuse ansiosamente la mano e se la strinse al petto, come un figlio mancato per troppo tempo da casa.

Questo lasciò sbigottiti tutti gli altri. - Ma, la missione...?

- E' grazie al Numero Aureo se siamo salvi. E poi non so, ma in cuor mio sento che non sia quello l'Arcano che cercavamo.

Paperone la guardò, riflettendo.

- Ragazzina, non me ne intendo molto di arcani, ma.. - Si frugò nella palandrana. - Amelia mi ha incaricato di consegnarti questo.

Il papero allungò con due dita una bottiglia. - E' un composto di vari ingredienti distillati tramite un complicato procedimento. Pare contenga un grande potere.

Nina lo prese in mano, scettica. - Non mi sembra poi così speciale, del semplice...

- Amelia mi ha assicurato che le erbe alle pendici del Vesuvio non si trovano in nessun'altra parte del mondo! E, anche se non vorrei mai confessarlo, lei non è una fattucchiera da quattro soldi!

- Interessante. - Concluse Nina, abbozzando un sorriso. - Lo studierò con il
Systema Magicum Universi.

- Molto bene! - Concluse Paperone. - Per festeggiare, offro Pizza Gratis per tutti!

Quella fu sì una notizia così surreale da far saltare sulla sedia l'intera compagnia.
Tutto trascorse poi nel migliore dei modi.
Più tardi i nostri eroi avrebbero fatto ritorno a casa con il solito metodo: Jambir, scalo a Xorax e poi Sbacchio-bus.
La fugace visita di Edward Elric su Xorax fu meno traumatica del previsto: dopotutto, lui stesso aveva avuto a che fare con viaggi in dimensioni parallele.
In tutto quel viaggio, nessuno si domandò nulla.
Solo Cesco prese da parte Nina e gli domandò.

- Io l'ho ben guardata, quella pozione che ti è stata consegnata in cambio del Numero Aureo, ma di alchemico non ci vedo proprio nulla. Sei sicura che quella vecchia tuba non ti abbia truffato, regalandoti del semplice digestivo?

- Non credo. - Rispose lei, con un sorriso. - Le cose non sempre sono come sembrano. E se viene dalle mani di una fattucchiera come Amelia, io fossi in te non sottovaluterei il.... Potere dell'Assenzio!



FINE


P.S. Chissà se poi alla fine di questa storia la povera Ljuba è stata scarcerata.












  
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