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Autore: Vanex23    13/02/2016    0 recensioni
[...]
Una ragazza dai capelli biondi stava seduta fuori da un locale alle 22:00 di sabato sera, intenta a finire delicatamente la sua ultima sigaretta, cercando di non pensare a ciò che si stava perdendo all'intero del posto. I suoi occhi color cioccolato si erano quasi incantati a fissare il nulla, all'estremità della strada, da cui passavano auto su auto e aveva ormai perso il conto di quante ne aveva viste in quelle serata.
Si stava annoiando e stava aspettando e ciò la portava alla seccatura più totale perché odiava aspettare, soprattutto chi era in ritardo.
Si stava interrogando se le scelte che aveva fatto fin quella sera potevano essere giuste oppure no, ma d'un tratto si scordò pure perché stava pensando, quando incrociò il suo sguardo con uno sguardo azzurro, che la scrutavano come sempre e, uno sguardo così non te lo puoi dimenticare. Non te lo puoi dimenticare soprattutto se ci sei cresciuta insieme, se ci hai sperato almeno una volta nel vederlo addosso a te. Non te lo puoi dimenticare se ci hai passato tutte le notti più brutte della tua vita con quello sguardo che ti rassicurava [...]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                                                                   Quindicesimo Capitolo


9 anni prima.

L'estate era senza dubbio la stagione preferita di ogni bambino e ogni ragazzo che poteva divertirsi non pensando più alla parola scuola. Era quella stagione in cui non si distingueva più la mattinata dal pomeriggio o dalla serata semplicemente perché il riposo e il divertimento coincidevano perfettamente in tutte le parti della giornata. Non c'era più distinzione tra i giorni, sembravano tanti sabato ripetersi per tre mesi di fila senza lasciare che la mente si appesantisse al solo pensiero del 'no, tra un giorno è lunedì', in questo non vi era alcun pericolo.
Due ragazzi più o meno di 11 anni stavano passaggendo un po' annoiati per la spiaggia, osservando la situazione intorno a loro: la spiaggia praticamente non esisteva più, era popolata da così tanta gente che non capivano nemmeno dove trovassero spazio per camminare e giungere in riva al mare. Lo scenario poteva risultare divertente se accompagnato da tutte quelle persone che trovavo sempre un modo per divertirsi: alcuni giocavano a palla a nuoto in acqua, altri a pallavolo in spiaggia, altri ancora a volano, chi faceva gare di tuffi, chi ancora semplicemente si divertiva osservando gli altri fare qualcosa e chi, come i bambini più piccoli, fare semplicemente castelli di sabbia per far vedere agli altri amichetti chi era più bravo, più bello e più capace.
La loro attenzione nel rilassarsi all'osservare di questa scena, fu interrotta bruscamente da degli schiamazzi che non poco li urtano, costringendoli purtroppo a ritornare da dov'erano partiti.
"Il tuo castello di sabbia fa davvero pena." Disse un bambino, girando intorno da circa cinque minuti, continuando a pensare ad altri insulti.
"Ancora?" Rispose un altro bambino, più basso dell'altro e leggermente più abbronzanto.
"Niente, non mi vengono altri insulti per ora, quindi posso dire che fa davvero schifo." Ritornò al suo castello, il bambino dall'affermazione precedente.
"Ma non vale, devono votare loro, e non tu!" Esclamò una bambina biondina, che stringeva gli occhi perché accecata dal sole che le sbatteva dritto in faccia.
"Ci vuole ancora molto?" Chiese un altro bambino, seduto sulla sbaglia, girando le gambe perché si annoiava.
"Allison, dai, dillo almeno tu che sei intelligente. Qual è il castello di sabbia più bello?" Chiese un piccolo Micheal, sedendosi accanto alla bambina dai capelli neri, sorridendo per ricevere approvazione.
"Perché lo chiedi proprio a me?" Chiese la bambina ritirandosi all'istante verso la spiaggia, spaesata perché tutti la stavano osservando.
"Allora decido io: vince il mio castello perché lo dico io." Rispose risolutivo Micheal trionfante.
"Tuo?" Domandò allora Luke, mettendosi a braccia conserte, arrabbiato perché l'amico non aveva tenuto conto della sua partecipazione.
Il bambino girò solamente lo sguardo verso il biondo, sorridendo per il piccolo errore commesso e ritornò accanto al "suo" castello di sabbia.
"Non vale." Protestò Calum, che cercava in tutti i modi di distruggere il castello di sabbia del nemico.
"Non. Toccare. Il. Mio. Castello. Bellissimo. Di. Sabbia. Capito?" Aveva pronunciato Micheal, questa frase riducendo gli occhi a due fessure mentre con la bocca si limitata a sussurrare in tono di sfida allo sfidante.
"Sennò che mi fai?" Chiese Calum ridendo, non capendo davvero il pericolo di quella frase.
Luke e Keira decisero che forse era il momento più opportuno per abbandonare il campo di battaglia e lasciare i due amici a tirarsi la sabbia addosso l'uno contro l'altro se volevano ancora continuare a sopravvivere.
"Volete un ghiacciolo?" Avevano chiesto insieme Steffy ed Ashton ritornati dal bar trionfanti per il cibo appena acquistato, sfoderando un sorriso così fiero di loro, da poter farci almeno 1000 foto per tutto l'anno.
"Sì grazie." Avevano risposto gli altri, mentre Calum e Micheal continuavano ancora a sfidarsi.
"Mi spiegate cosa succede qui?" Chiese Ashton non capendo davvero perché i due bambini stessero facendo quel che facevano.
"Calum voleva distruggere il castello 'bellissimo' di Micheal e lui per vendicarsi lo sta riempiendo di sabbia." Spiegò Allison, continuandoa mangiare il ghiacciolo.
"Si può sapere cosa sono tutti questi schiamazzi?" Era intervenuto Jake, abbastanza annoiato, seguito a ruota da Eric, perché entrambi avevano abbandonato il loro giro turistico per la spiaggia.
"Calum voleva distruggere il castello 'bellissimo' di Micheal e lui per vendicarsi lo sta riempiendo di sabbia." Ripetè Allison più annoiata di loro.
"Hei, voi due!" Li richiamò all'appello Eric, mentre Jake si avvicinava interessato ai castelli di sabbia.
"E così questi sarebbero i vostri castelli di sabbia? E questo sarebbe bellissimo?" Chiese Jake trattenendo le risate e lanciandosi uno sguardo d'intesa con l'amico.
"Sì, quello è mio!" Esclamò felice Micheal.
"Sai cosa? In realtà fanno schifo tutti e due." Disse sempre Jake, annientando completamente il castello di sabbia di Micheal, passandoci sopra con i piedi.
"Per non parlare di questo." Suggerì Eric, devastando anche quello di Calum.
"No!!!!" Esclamarono in contemporanea Luke, Calum, Keira e Micheal, vedendo i loro castelli di sabbia completamente distrutti.
"Chi arriva ultimo in acqua paga penitenza." Urlò Eric prima di scattare verso l'acqua, seguito a ruota da tutti gli altri.
Quel giorno fu proprio Micheal a pagare penitenza.



***


9 anni dopo



"Quel lato del monastero era contiguo ad una casa abitata da un giovane scellerato di professione. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato. Costui da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Geltrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall'empità dell'impresa, un giorno osò rivolgere discorso. La sventurata rispose.." Il professore stava continuando a spiegare i promessi sposi e ciò che riguardava la descrizione e il capitolo dedicato alla Monaca di Monza.
Luke e Keira erano rientrati in classe dopo pochi monuti dalla ripresa della spiegazione. Avevano così tante cose da dirsi ancora, che nemmeno se lo potevano immaginare. Lui immerso completamente con lo sguardo sul libro, il volto coperto per non lasciar vedere ancora quanto fosse realmente scosso, lei semplicemente colpita nell'animo dalla cosa che aveva cercato in tutti i modi di fermare: ferire chi amava.
Nel mentre della lettura del capitolo, così ricco di informazioni e contenuti, Calum, rileggendo la frase che aveva appena finito di leggere il professore circa un minuto prima, si lasciò scappare un sonoro sospiro, un po' per ciò che stava leggendo, un po' per quello che in realtà stava pensando.
"Qualcosa la turba signor Hood?" Aveva chiesto il professore, sentendolo.
"Cosa?" Aveva chiesto lui, tirandosi su con le spalle e mettendosi composto.
"Ho sentito il suo sospiro, la sto forse annoiando?" Chiese di nuovo il professore.
"No, affatto.. Stavo solamente pensando." Rispose facendo un gesto con la mano come per dire 'non è niente'.
In quel momento si ritrovò lo sguardo di quasi tutta la classe puntato addosso, anche quello di Luke, stranito, che fino a pochi secondi prima era ancora incatenato sul testo.
"Spero sia stato un pensiero riconducibile alla lettura del capitolo, altrimenti dovrei dedurre che non stava seguendo." Disse il professore appoggiando il libro sulla cattedra, per alzarsi dalla sedia e posizionarsi al centro della classe.
"In realtà sì." Rispose di primo impatto senza pensarci.
In quel momento anche la matita di Micheal, con cui un attimo prima stava giocando dietro di lui, cadde improvvisamente dalle sua mani per la risposta dell'amico.
"Non ci posso credere Ashton, lo stiamo perdendo!" Aveva esclamato da farsi sentire quanto bastava da metà classe per far sorridere qualcuno e facendo sorridere anche Calum per questa affermazione.
"Sarei curioso di sentire il suo disappunto. Non penso proprio che quel sospiro sia stato per un qualcosa di positivo nel capitolo." Lo incitò a parlare il professore, realmente colpito dalla sua frase.
"Sono in disappunto perché non mi piace quel 'la sventurata rispose'." Spiegò Calum, sperando di non dare una risposta stupida e banale in quel momento.
Steffy aveva alzato solamente adesso lo sguardo e lo stava fissando, anche se lui non se n'era accorto, per capire cosa realmente stesse cercando di fare o dire.
"Cioè?" Domandò sempre il professore.
"Cioè che, se questo ragazzo ha deciso di darle una possibiltà nonostante lei non potesse far nulla, non vedo perché chiamarla sventurata. Infondo vuol dire che qualcuno si è realmente accorto di lei e che aldilà di tutto, vuole davvero farle vedere cos'è realmente e chi sia realmente. E' comunque vero che è stata costretta a diventare suora, mica lo voleva realmente. E' stata costretta da tutta una serie di azioni contigenti." Spiegò Calum, cercando il più possibile di non mettere troppo del vero nella sua risposta. Non poteva di certo far capire che in qualche strano modo aveva collegato quella frase proprio a Steffy e sapeva
che se lei si stava comportando in quel motivo proprio con lui era semplicemente perché lui l'aveva costretta. E sapeva anche che quando aveva risposto la prima volta al suo bacio era stata una sventurata perché come anche lei stessa aveva pensato, ci avrebbe sofferto, non calcolando però ciò che più di impossibile poteva accadere, che forse, proprio colui che aveva dichiarato di non voler provare sentimenti, forse questa volta e forse davvero, qualcosa la provava e anche tanto.
"E' un'analisi molto critica ma ne terrò conto. Finalmente Hood si è deciso dopo quattro anni e venir fuori anche con me." Disse il professore, riprendendo il libro per continuare la lettura, mentre Calum appoggiava le spalle allo schienale freddo della sedia, ricambiando, dopo molti minuti, per la prima volta, lo sguardo di Steffy ancora verso di lui, in modo del tutto neutro. Aveva ancora tanto da dire e tanto da fare.
Dopo pochi minuti suonò anche la terza ora e i ragazzi dovevano cambiare le classi per i corsi successivi. Keira stava seguendo le sue amiche, non del tutto ripresasi dalla discussione precendente col biondo, che aveva riacceso il lei quel campanello d'allarme che aveva provato a spegnare così tante volte senza riuscirci definitivamente.
Un braccio la bloccò all'istante, cercando la sua mano in modo calmo e tranquillo.
Luke era dietro di lei, era più calmo di prima e la guardava in modo normale, cosa che non si sarebbe più aspettata.
"Noi dobbiamo finire di parlare." Aveva pronunciato solamente.
"Quando?" Chiese la bionda, guardandosi attorno.
"Dopo scuola. Direi da te, da me c'è troppo via vai ultimamente." Rispose Luke, lasciando la presa sulla sua mano.
Keira rispose solamente con un cenno del capo ed entrambi di divisero per andare rispettivamente ai propri corsi.



***


I due ragazzi avevano fatto tutto il tragitto insieme, dalla scuola, a casa di Keira in perfetto silenzio, senza guardarsi, né tanto meno sfiorarsi. Si sentivano entrambi completamente spogliati l'uno dall'altro per ciò che era successo nella prima mattinata. Luke praticamente aveva scoperto metà delle cose che Keira gli teneva nascoste e Keira per la prima volta lo aveva visto piangere a causa sua ed entrambi si ritenevano colpevoli l'uno dell'altra per ciò che avevano visto con i propri occhi in quel momento. 
La ragazza aprì la porta di casa e lasciò lo zaino in cucina, mentre Luke si sedette subito su uno dei due divani del salone, aspettando l'arrivo della bionda in quella stanza. Era sempre stato in quel modo il salone, le pareti erano sempre bianche, le foto al muro erano sempre le stesse, i quadri anche, i divano erano diversi, ma l'odore sempre uguale.
Dopo pochi secondi anche Keira arrivò nel salone insieme a Luke, lesse attentamente il post-it attaccato sul piccolo tavolino in vetro accanto ai divani che aveva lasciato sua madre con la solita scritta sopra, lo staccò, lo accortocciò e lo appoggiò per quel momento sul tavolo.
"Dunque.. Cosa devo dirti?" Domandò Keira, sperando che il biondo potesse in qualche modo alleggerirle il compito chiedendole qualcosa in particolare.
"Tutto." Rispose Luke, torturandosi le labbra perché anche lui estremamente in ansia tanto quanto la bionda. Non sapeva più come comportarsi né tanto meno cosa aspettarsi.
"Ti chiedo solamente di non rendermi tutto più difficile, ti prego.." Sussurrò Keira, con gli occhi lucidi in completa difficoltà.
"Se tu non mi avessi tenuto tutto ciò nascosto e chissà quanto altro ancora non so, non saremmo qui davvero." Disse lui, cercando di risultare il meno duro possibile, volendo sapere solamente la verità, perché sapeva che in un modo o nell'altro, sarebbe stato sempre lui al centro della situazione con Keira.
"Luke, io sono disturbata mentalmente, ho avuto paura in tutti questi anni a dirti la verità perché se io ho già paura di me stessa, figurati chi è esterno a questa cosa come potrebbe reagire?" Domandò Keira in lacrime, completamente distrutta.
"Tu non riusciresti a farmi paura nemmeno se dovessi dirmi di aver ucciso qualcuno." Disse serissimo Luke, guardandola così intensamente da farle per la prima volta davvero paura lo sguardo del ragazzo.
"Ho ucciso qualcuno." Disse lei, mettendo il ragazzo alla prova.
"Non ci provare, devi dirmi la verità e non cazzate." Rispose il biondo, aspettando.
"Beh Luke.. Io realmente non so da dove cominciare.." Cominciò Keira, abbassando lo sguardo, non riuscendo a trovare le parole giuste.
"Comincia dall'inizio." Disse lui, sporgendosi in avanti per guardare meglio il volto della ragazza.
"Ciò ha inizio in seconda media, quindi, circa cinque anni fa. Ricordi l'incontro che abbiamo tenuto con quella psicologa che per un paio di mesi veniva da noi a scuola e cercava di deliniare il nostro profilo psicologico?" Chiese Keira, cercando di prendere tempo per continuare la sua storia.
"Sì, mi ricordo di lei." Annuì prontamente Luke.
"Ecco, il giorno del mio colloquio con lei, impiegai più del dovuto a ritornare in classe, non solo per la lunga chiacchierata fatta con lei, ma anche per il riscontro avuto in seguito. Ricordo perfettamente che aveva chiamato la professoressa per dirle di voler parlare coi miei genitori al più presto, ma io non capivo davvero, poiché mi sembravano quasi normali le cose che le avevo confidato. Più volte lei stessa mi aveva detto che non c'era comunque nulla che non andasse in me, ma aveva preferito voler informare i miei genitori perché ero ancora 'piccola' per sviluppare certi pensieri. Un giorno, nella penultima seduta, che fu quella più importante, ricordo perfettamente che le dissi esattamente tutto quello che mi era accaduto nel mese in cui non era più venuta a scuola. Era maggio, a giugno ci sarebbe stato l'ultimo incontro ed io sentivo di non farcela più, così decisi di dirle tutto: le confidai ogni cosa. Iniziai col dirle che alternavo momenti di felicità a momenti tristezza in un attimo e non capivo neppure perché, magari ciò accadeva pure mentre guardavo un film con i miei o anche mentre stavo con voi ma cercavo in tutti i modi di reprimerlo. Iniziavo ad avere i primi nervosismi, l'ansia cominciava ad aumentare sempre di più per ogni stupida e banalissima cosa, ciò mi portava ad essere completamente irrascibile, ero scontrosa e non riuscivo ad avere una conversazione con qualcuno a meno che finisse con una lite. La notte dormivo male, mentre dormivo mi sentivo nervosa ed evitavo quasi sempre di addormentarmi il prima possibile per poter recupare qualche ora di sonno in più la mattina prima di andare a scuola. Ma ciò che fece sì che la psicologa riuscisse a confermare ogni sua tesi su di me fu l'ultimo pensiero che decisi di dirle nonostante una parte di me volesse tenere ancora tutto nascosto.
Proprio in quel momento anche io da sola mi resi conto di quanto il mio umore stesse cambiando, ero passata da una fase di liberazione a una fase di terrore allucinante e neanche me ne accorgevo. Stavo sviluppando una forma di bipolarismo acuta da non rendermene neanche conto, trasformando il mio terrore in ossessione.
L'ultimo pensiero comunque fu quello decisivo: avevo parlando alla dottoressa di un ragazzino che in quel periodo forse mi interessava, non riuscivo a capirlo perché la mia mentre sovrapponeva ogni pensiero negativo ad ogni pensiero positivo nei suoi confronti, ma non riuscivo molto a distinguire la leggera differenza tra interesse e ossessione compulsiva. Volevo sempre stargli vicino, volevo sempre sapere cosa stesse facendo, perché, quando, dove, magari non come una stalker, ma comunque avevo un certo tipo di modo nel predispormi a lui, che pensai anche di averlo indotto io ad allontanarsi leggermente da me nei primi periodi.." Qui Keira si bloccò un istante, stava riprendendo fiato, si sentiva di nuovo le lacrime agli occhi, decise di allontanarsi da Luke e di alzarsi per stargli il più lontano possibile. Quando Luke la vide, riuscì  a capire a cosa si stesse riferendo la ragazza.
"Ero io quel ragazzino? Pensavi davvero che mi stessi allontanando da te in seconda media perché stavamo sempre insieme? Io non mi ricordo neppure di averti mai allontanata da me, né tanto meno mi ricordo di te così estremamente stalker nei miei confronti!" Esclamò Luke, alquanto stupito per i pensieri di Keira nei suoi confronti, cercando anche un po' di rendere meno tesa la situazione.
"Ti rigrazio per il tentativo di ironia, ma non eri tu il problema, ero semplicemente io. Vedevo cose storpiate dalla realtà, non riuscivo a distinguere le cose negative dalle cose positive, c'era tanta confusione nella mia testa e quando, quando mi sono resa conto che la mia era semplicemente ossessione più che interesse verso di te ho pensato di essere così dannatamente sbagliata che, nel mio cervello è scattato un meccanismo innaturale da farmi pensare e quasi attuare più di una volta il suicidio! Non mi rendevo conto del mio status psicologico, non me n'ero mai resa conto e il saperlo e scoprirlo grazie a qualcun'altro, non mi rese molto fiera di quello che ero come non me lo rende adesso." Rispose Keira completamente furiosa con se stessa, stava piangendo e provava  a mantenere la calma, ma non ci riusciva, la sua ira nei propri confronti l'avrebbe sempre incatenata a se stessa.
Quando Luke sentì uscire quelle parole dalla sua bocca, quando sentì pronunciare la parola 'suicidio', la sua schiena fu percorsa da mille brividi contemporaneamente moltiplicati per ogni qual volta ripensasse a quella parola. Non riusciva neanche a crederci. La 'sua' Keira aveva provato anche a togliersi la vita a soli 12 anni perché si sentiva sbagliata per lui? Non lo avrebbe mai accettato. Per un attimo pensò che se davvero ci fosse riuscita, non se lo sarebbe mai perdonato. Lei meritava più di chiunque altro di passare una vita qui con lui, sulla terra, piuttosto che togliersi la vita per il suo sentirsi sbagliata nei suoi confronti.
Anche Keira, guardandolo si accorse del mutamento del suo sguardo, quasi come se riuscisse anche a capire i suoi pensieri, in che frequenza stessero viaggiando e leggendoli piano piano per decifrarne meglio il contenuto. 
"E comunque i pensieri del suicidio furono scacciati subito, ringrazio ogni tanto i miei sbalzi d'umore improvvisi per avermi sempre colta quando meno me lo aspettavo." Rispose Keira sorridendo amaramente, mentre Luke continuava ancora a torturarsi le labbra per la tenzione che aumentava.
"Perché non me lo hai mai detto?" Chiese lui così spaventato dalla risposta.
"In realtà non l'ho mai detto a nessuno semplicemente perché fino ai 14 anni neanche io ho mai saputo la verità. Dopo questa penultima analisi, la dottoressa sempre più convinta decise di spedire anche una lettera ai miei, mi invitava a fare una seduta al suo studio nei prossimi mesi o anni addirittura, quando ne avessi più bisogno, mi aveva quasi presa a cura, ci teneva al mio caso e all'ultima seduta di giugno mi chiese solamente se continuavano i miei periodi di nervosismo, come andavano gli attacchi di panico e se alternavo ancora momenti di gioia a momenti di tristezza. Ma sempre in modo poco rilevante. Per tutto l'anno della terza media mi comportavo in modo normale, mi sentivo quasi meglio? Non mi sentivo così tanto diversa dagli altri, mi sentivo quasi normale e pensavo che in qualche modo mi avesse curato la psicologa mentre in realtà non era ancora venuto il peggio. Dopo l'inizio del primo anno, le cose peggiorarono. Ero perennemente immersa in crisi nervose, attacco di panico, irrascibilità ed ero stata travolta dal mio bipolarismo acuto, cose che pensavo non si sarebbero mai più manifestate. Decisi di contattare la psicologa e di ritornare da lei. Le dissi tutto: non dormivo più la notte a parte qualche ora quando non ne potevo fare a meno, mi sentivo sempre nervosa, non riuscivo ad esternare ciò che provavo e mi sentivo terribilmente bloccata soprattutto con te. Un giorno credevo di poter reprimere ciò che mi stesse accadendo e il giorno dopo volevo semplicemente morire. Un giorno pensavo che tu saresti stato per sempre al mio fianco e il giorno dopo invece ti sentivo parlare con mio fratello e gli dicevi che ti frequentavi con una ragazza a mia insaputa. Avresti fatto molto meglio a dirmelo piuttosto che dirlo ad Eric, mi avresti risparmiato qualche dolore in meno. La sera, dopo quella discussione che avevo accidentalmente sentito, ho pianto più di quanto potessi mai immaginare, il giorno dopo ero partita dritta per andare dalla psicologa e raccontarle tutto. Ma la psicologa quel giorno non c'era, c'era la sua aspirante amica che doveva far pratica al posto suo ed è così che conobbi Laurell, colei che doveva assistermi mentre la psicologa non c'era. Le raccontai tutto. Avevo perso ogni speranza. Le dissi che era come se parte del mio mondo fosse stato distrutto, come se mi fossi interamente illusa, non riuscivo ancora una volta a distinguere le cose vere da quelle false, non riuscivo più a capire se avessi sbagliato io o tu, e non riuscivo soprattutto a capire perché io, così tanto sbagliata, ossessionata e dipendente da te, così estremamente gelosa di te, volessi in qualche modo renderti infelice con queste situazioni così grottesche? Insomma, mi eviterei anche io! Però a Laurell sfuggivano così tanti elementi di me, che non poteva riuscire a fare un'anali così dettagliata come la psicologa ma a me non importava perché dovevo sfogarmi. 
Due giorni dopo fui contattata dalla psicologa in persona per tornare allo studio, c'era anche Laurell, le aveva detto ogni cosa. Così, lì, scoprii la verità: il mio era un disturbo di bordeline di personalità, anche se con qualche aggravante, collegato alle mie crisi nervose. Ero andata, capisci? Non sarei mai stata più normale, e se in me, ancora prima di sapere la verità, vi era qualche speranza per poter ritornare forse normale, adesso, sapendo tutto e cosa comportava, il mio ottimismo era sparito del tutto. Così, uscita da lì, cominciai a vedermi in modo diverso. Iniziai a fumare, tagliai i capelli e mi feci fare la frangetta che avevo sempre desiderato avere, cominciai a frequentare Scott e gli altri: era il risultato finale di tutto quello che mi era stato detto per annientarmi totalmente più il vedere te con quella ragazza, e quella ragazza non ero io. Ovviamente, se fossi stata una persona normale, non avrei reaggito così, ma in quel momento, l'impormi di comportarmi come tale, mi era completamente stato rimosso dalla mente. Me lo ripetevo ogni giorno: Io non sono una ragazza normale.
Due settimane dopo questo evento avevo deciso di fare l'ultima seduta con la psicologa e nella sala di attesa incontrai un ragazzo, si chiamava Derek, era un bel ragazzo davvero, alto, moro, occhi azzurri, mi chiedevo cosa ci facesse lì, non capivo. Mi si avvicinò chiedendomi se avessi da accendere a ci fumammo insieme una sigaretta. Scambiammo quattro chiacchiere e mi disse praticamente tutto di sé senza nemmeno conoscermi. Mi disse che era sociopatico, che da quando si era lasciato con la sua ex aveva capito che non era riuscito ad amarla realmente perché ciò non gli veniva permesso dal suo modo di vedere le cose, che aveva provato più volte a capire come si facesse ad amare e che non lo avrebbe mai saputo perché semplicemente quelli come lui non possono amare. Era realmente dispiaciuto e non capivo come riuscisse a dirmi queste cose nonostante io non lo conoscessi neppure. Sai quale fu la sua risposta? 'Molte volte è più facile dire queste cose a chi non ti conosce perché non può realmente giudicarti, piuttosto che dirle a chi ti conosce ma è sempre pronto col puntarti il dito contro.' Mi colpì molto questa frase e capii che forse era davvero come diceva lui. Quindi decisi di non dire niente a nessuno fin quando non ne sarei stata consapevole al 101%. Nel frattempo continuavo ad informarmi su ciò che mi aveva detto Derek e mio malgrado scoprii anche che il bordeline aveva alcuni sintomi legati alla sociopatia e forse in quel momento mi resi conto della verità più brutta che potessi mai realizzare da sola: infondo era vero, non avrei mai potuto amare nessuno perché quelli come me non sanno cosa voglia dire amare qualcuno." Keira continuò ad asciugarsi le lacrime mantenendo un certo tipo di distanza con Luke, non solo fisico ma che con gli sguardi. Non lo guardava e ciò lo fece innervosire parecchio.
"Dovresti smetterla di punirti per una cosa che non dipende nemmeno da te." Rispose Luke, cercando di avvicinarsi la ragazza che subito indietreggiò per continuare a mentere una certa distanza.
"Come puoi dirlo? E' la mia mente, dipende da me e da come sviluppo i miei pensieri." Disse continuando a piangere, non sopportando più questa discussione.
"Immagino ci sia altro, io voglio sapere tutto Keira, altrimenti come faccio ad aiutarti?" Chiese Luke, disperato tanto quanto lei in quel momento.
"Non puoi." Si lasciò sfuggire prima di scuotere la testa lievemente scossa.
"Questo lo dici tu." Rispose solamente Luke, prima di rimettersi seduto, aspettando che andasse avanti.
"Dopo questo periodo ne seguì un altro più tranquillo diciamo, posso dire di aver avuto cinque anni pieni di alti e bassi e in questo periodo mi sentivo bene, Scott mi aveva fatto notare un certo suo interesse nei miei confronti e non so perché, ma il sapere che qualcuno potesse realmente interessarsi a me, diversamente da come mi interessavo io alle altre persone mi faceva sentire bene e rilassata. Avevo ripreso a dormire, addio attacchi di panico, addio momenti di crisi, addio anche le crisi nervose isteriche mi portavano ad urlare la notte. Ero normale, forse? Fu in quel periodo che decisi di fare la mossa forse più giusta che avessi mai pensato di fare? Godermi il momento. Così decisi di accettare l'interesse di Scott verso di me e dopo due mesi angoscianti lo baciai. Mi sentivo bene, ma non provavo assolutamente nulla di quello che pensavo di poter provare davvero, o di quello che avevo, anche se in minimo, provato, quando il giorno del mio compleanno, tu mi lasciasti un lieve bacio a stampo prima di andartene. Però mi piaceva, mi piaceva sia come mi trattava che lui come persona. Non ne ero ossessionata, non ne ero dipendente, non ne ero gelosissima, non ne ero possessiva e soprattutto non mi facevo turbare dai suoi umori o lasciarmi trascinare dagli avvenimenti che lo riguardavano. Avevo un certo controllo. Ogni tanto mi creava problemi semplicemente perché non sapeva dove sparissi nei tardi pomeriggi per dargli buca mentre dovevo vedermi con lui, non gli avevo detto che andavo da Laurell e che continuavo la terapia, nessuno sapeva e così doveva essere. Fin quando, una settimana prima di quella famosa serata in cui beh.." Si bloccò ripensando a quando Eric fu ucciso sul ponte mentre lei era lì, dal lato opposto con Luke e gli altri, vedendo la scena sotto i suoi occhi, pur con qualche pezzo del puzzle mancante. I singhiozzi prepotenti diventarono lacrime e Keira dovette nuovamente interrompersi lasciando sfogo ad ogni sua lacrima più nascosta e Luke agì in quel momento, fregondese delle distanze che aveva messo la bionda tra loro due e abbracciandola, stringendola tra le sue braccia.
"Non lo merito, Luke." Aveva detto tra i singhiozzi Keira, mentre rimaneva stretta al petto di Luke che la consolava.
"So io quello che ti meriti e quello che non ti meriti e non penso che tu non ti merita niente, al contrario." Sussurrò lui al suo orecchio continuando a tranquillizzarla.
A tratti Luke sapeva essere duro e dolce nello stesso tempo e Keira per un attimo pensò che quello bipolare tra i due doveva essere senza dubbio lui a questo punto, per avere reazioni del genere e quasi questo pensiero la fece sorridere invertendo il ruolo tra i due.
Keira staccò di poco il corpo di Luke dal suo, per potersi permettere di continuare a raccontare tutta la verità per far capire a Luke cosa realmente sia successo.
"Scott, beh, mi aveva tradita, o almeno così pensavo anche io. In realtà due mesi dopo averlo lasciato, scoprii tutta la verità che non mi era mai stata detta fino ad allora. Dopo la rottura con Scott ero stata male ma non mentalmente, ero stata male emotivamente, mi sentivo di nuovo sola e quei cinque giorni erano passati tra una bottiglia di birra e una sigaretta senza aspettare niente o nessuno, semplicemente volendo capire il perché. Ma questo perché non arrivava mai, semplicemente perché non c'era. Scott era furbo, astuto e semplicemente teneva a me forse più di quanto io avessi mai potuto immaginare e non avrebbe mai usato questi giochetti contro di me, la ragazza che aveva amato per la prima vera e unica volta in quel momento. Aveva scoperto tutto. Un pomeriggio mi aveva seguita, scoprendo dove andassi e cosa facessi al posto di voler vedere lui, e sospettava che avessi qualche disturbo anche se devo ammettere che i suoi filmini mentali erano molto peggio della realtà. Ma non aveva il coraggio di lasciarmi, aveva capito che io non tenevo a lui tanto quanto lui tenesse a me invece e si era addirittura convinto di non meritarmi perché ero troppo per lui, quando in realtà qui, l'unica a non meritarsi proprio nulla, ero io. Quindi decise di organizzare tutto con l'aiuto di Matt, inscenare un tradimento, farmi avere le prove apposta cosiché io, avendo ogni cosa a mio favore, lo avessi lasciato senza alcun rimpianto. Aveva addirittura pagato la ragazza affinché io, non cedendo una prima volta, avrei potuto farlo una seconda volta. Tutto ciò venni a saperlo solamente due mesi dopo la morte di Eric e due mesi dopo la tua partenza. Partenza che, sommata a ciò che era successo con Eric mi fece sprofondare nell'oblio più assoluto. Ero di nuovo sola, e non mi riferisco a Scott, nonostante tutto lui mi era rimasto vicino, mi aveva detto di non aver fatto propaganda in giro e non ha mai detto nulla a nessuno, ero sola perché per la seconda volta il mio mondo era stato distrutto e questa volta completamente. Avevo già perso una parte di me, la più grande, Eric, e ho evitato in tutti i modi di farlo vedere ma, dopo la tua partenza non ce l'ho più fatta. Le crisi erano ritornate, più forti di prima, la notte non dormivo più, avevo gli incubi, quindi eliminai completamente il sonno dalla mia mente, l'unica cosa che riusciva a farmi dormire era la pillola di sonnifero che ogni tanto prendevo perché non riuscivo a rimanere lucida, gli attacchi di panico erano sempre lì pronti quando meno me li aspettavo, ho ripreso ad assumere farmaci rilassanti, per le crisi improvvise con urla sovrastanti da poter uccidere chiunque, i cambi d'umore repentini erano sempre lì ad aspettarmi e in me era ritornata nuovamente la voglia di suicidarmi, solamente perché in camera di mio fratello avevo trovato un libro sulla psicologia di varie personalità e la maggior parte erano tutti serial killer affetti da disturbi mentali. Una volta provai anche a mischiare dei farmaci ma fu tutto impossibile perché mio padre mi scoprì subito e tutto quello che avevo ingerito fu prontamente espulso portandomi subito in ospedale, visto che il reparto era il suo.. Dopo questi due mesi però, in me si era attivato un sensore, come se volessi riprendermi di nuovo tutto in mano, come se volessi comportarmi da persona normale quale non ero. Presi alcuni libri di mio fratello sulla psicologia e li leggevo durante la notte, mentre non riuscivo a dormire. Mi intricavano, potevo scoprire cose nuove anche su di me e magari mettere in pratica qualche lezione utile per la mia mente.
Durante questo periodo a scuola c'era uno sportello per parlare con uno psicolgo e ne approfittai. Ripresi a sfogarmi e a raccontare i miei problemi, con la consapevolezza che stavolta però potevo determinare io gli avvenimenti e non farmi più controllare da loro. E poi beh, in quel periodo ero riuscita a capire che nonostante tutto, avrei potuto averti accanto anche se non fisicamente solamente col pensiero.." Lasciò un attimo la frase in aria Keira, lasciando Luke un po' stranito da quest'ultima affermazione, correndo su per le scale e poi tornare pochi secondi dopo con una felpa in mano.
Era grigia, un po' larga per la ragazza, aveva un piccolo simbolo sul pettorale sinistro, era metà cuore con un filo, come se quel cuore si stesse sfilando piano piano.
"Questa è la mia felpa, quindi ce l'hai avuta tu per tutto questo periodo?" Chiese stupito Luke osservandola.
"L'hai dimenticata qui quella sera che hai dormito insieme a me per la veglia di Eric. Mi dispiace, ma io non me la sono sentita di ristituirtela. Ti avevo detto io di partire per New York, ero anche venuta con la felpa per dartela la sera che sei partito ma, non ce l'ho fatta. Non ho saputo affrontare il momento. E poi, questa felpa mia ha sempre aiutata dopo quel periodo. La mettevo sempre prima di dormire quando ci riuscivo e non mi svegliavo per gli incubi, quando ho deciso di prendere io in gestione il pub e beh, ho preso ispirazione da questa felpa per il mio tatuaggio. Ecco spiegato anche cosa vuol dire: un cuore spezzato che cerca di essere ricucito per funzionare bene." Spiegò Keira, ritornando la felpa a Luke con un lieve sorriso.
"Puoi tenerla." Rispose il ragazzo, anche se in modo freddo stavolta e distaccato. Keira aveva intuito in lui un cambiamento o per meglio dire un turbamento quando stava affrontando il discorso collegato a New York ma non aveva avuto il coraggio di chiedergli ralmente cosa stesse accadendo.
"Cosa..?" Domandò solamente stranita la ragazza.
"Io devo andare adesso, ci vediamo." Rispose solamente Luke tagliando corto, prima di uscire dalla casa e lasciando Keira lì sola, senza sapere cosa fosse realmente accaduto in lui.



***


Erano passati tre giorni da quando Keira aveva detto ogni cosa a Luke ed erano da tre giorni che di Luke non vi era più traccia, né a scuola, né da nessun altro posto.







Angolo Autrice:
Tatatatatatattatatatata! Sono tornata. Che capitolo intenso che vi ho lasciato eh? 
Finalmente sapere ogni cosa (su Keira), ve lo dovevo, altrimenti sarebbe sembrata davvero una pazza. C'è da dire che inizialmente per Keira avevo progettato un destino diverso, nel senso, lei parla chiaramente di essere affetta da disturbo della personalità, mentre volevo renderla più sociopatica. Poi però essendomi documentata ho letto svariate cose quindi ho deciso che è meglio lasciare questo disturbo. Ve lo eravate aspettate questa rivelazione? E soprattutto avevate sperato in qualcosa di diverso per Luke? C'è da dire che ancora ci sono altre cose da scoprire, come ad esempio il famoso viaggio a New York di Luke uheuehe che tranquilli, scopriremo molto molto molto presto.
Ad ogni modo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere come vi sembra, noi ci vediamo al prossimo.
Buona Lettura, xoxo Vanex23.
(Scusatemi per eventuali errori)


 

SPOILER:

[...]
"Io so perché stai con loro, davvero lo capisco, ma non credi di starti facendo del male da sola?" Chiese la ragazza, cercando di consolare la bruna che tentava di asciugarsi le lacrime.
"E' molto più complicato di quello che credi, Keira." Sussultò Evelin.
"E' per Matt." Disse Keira, accarezzando la guancia della sua amica che era stata divisa da lei solamente per dei stupidi gruppi.
"Vorrei fosse diversamente ma non può essere così." Mentì la ragazza, Keira non doveva sapere nulla di quello che in realtà stava succedendo.
[...]
  
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