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Autore: nainai    23/03/2009    3 recensioni
Una mattina come tante in casa..."Mollamy"? Matt, insolitamente, si sveglia prima del proprio compagno e decide di impegnare il tempo. Imparerà il prezzo del "silenzio"...
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Muse, Placebo
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: il presente racconto ha come protagonisti persone realmente esistenti. Non c'è nessuna pretesa di veridicità/verosimiglianza. Non s'intende offendere nessuno. Nessun diritto legalmente tutelato s'intende leso.

Prova d’Amore


Matthew Bellamy sapeva di aver appena commesso un tragico errore. Forse il più tragico di tutta la sua vita, quello che l’avrebbe segnata irrimediabilmente…o peggio, che ne avrebbe segnato addirittura il triste epilogo.
Ed il fatto, che non avesse la più pallida idea di quale fosse l’errore commesso, non valeva minimante a ridurre il sacro e sano terrore che provava in quel momento.
Tuttavia era indubbio che capire quale fosse quell’errore sarebbe servito. Quantomeno a ridurne gli effetti, se e nella misura in cui tale riduzione fosse possibile.
Quindi ricapitolò gli eventi degli ultimi venti minuti.
Si era svegliato. Questo lo ricordava abbastanza bene. Insolitamente Brian dormiva ancora quando Matt aveva aperto gli occhi, nonostante non fosse esattamente “prima mattina” – l’orologio lo sfidava a sindacare quel bel undici punto trenta che sfoggiava, imperiosamente spavaldo – e di solito Brian fosse quello tra loro due che si alzava prima e tirava giù dal letto l’altro a suon di “non puoi davvero avere ancora sonno!”.
Matt aveva provato più di una volta a spiegargli che poteva benissimo. Poteva perché lui aveva la capacità metafisica di accumulare il sonno nei mesi di tour, nei quali dormiva pochissimo, male e solo quando era talmente esausto da crollare ovunque fosse in uno stato di trance catatonica; e quindi, conseguenzialmente, aveva la necessità fisica di recuperare il sonno accumulato quando non aveva più l’obbligo di restare sveglio e concentrarsi su qualcosa. Ossia quando tornava da quei mesi di tour e si rintanava felice in casa propria.
Nonostante le precise spiegazioni di Matthew al riguardo, comunque, Brian sembrava semplicemente incapace di concepire che qualcuno potesse “accumulare il sonno”, contestava le sue capacità metafisiche e continuava imperterrito a svegliarlo ad orari improponibili. Tipo. Le dieci del mattino non sono un orario proponibile quando si è tecnicamente in vacanza!
“Tu non sei in vacanza.”, sospirava invariabilmente Brian, “Dovresti essere seduto ad un pianoforte a tirare fuori rumori dalla tua testa per farli diventare canzoni con cui traviare menti di adolescenti innocenti”
Che poi era, in realtà, quasi la sola, ulteriore attività che occupasse le giornate di Matthew quando era tecnicamente in vacanza.
“…io non travio menti…”, biascicava Matt, seduto nel letto disfatto, fissando da sotto le palpebre pesanti l’uomo che gli stava di fronte, mani sui fianchi e sguardo scettico.
Ecco. Quello era l’andamento normale delle loro iterazioni mattutine.
Ma non quella mattina.
Quella mattina, Brian alle undici punto trenta dormiva ancora e Matthew no. Matthew aveva aperto un occhio, poi l’altro, aveva messo a fuoco la sveglia, poi il lato del letto occupato dal compagno ed aveva sorriso soddisfatto al sorriso soddisfatto con cui Brian dormiva, raggomitolato come una ragazzina contro il suo fianco.
…come accidenti facesse ad essere una ragazzina anche nella vita vera, quella in cui non doveva recitare la parte della frivola donzelletta, rimaneva un mistero sul quale Matthew aveva deciso di non interrogarsi. Non era davvero sicuro di voler conoscere quella risposta.
Comunque, ritrovarti di fianco un Brian Molko con un’espressione felice in faccia, che dorme tenero come l’agnellino che sai perfettamente non essere nemmeno lontanamente, e ripensare che “sì, effettivamente dopo la nottata passata, ci sta che sia stanco”, sono cose che ti fanno sghignazzare di gioia e mettono di buon umore.
Quindi, in definitiva, Matthew si era svegliato di buon umore.
E per lui svegliarsi di buon umore e pensare alla musica erano quasi un tutt’uno inscindibile. Quindi, svegliatosi di buon umore, aveva pensato alla musica. E poi al suo pianoforte. E poi allo studiolo grazioso che aveva finito di arredare solo la settimana prima e che ospitava il suo pianoforte. E poi alle chitarre che aveva amorevolmente distribuito in giro nel suddetto studiolo, solo la settimana prima, e che, pertanto, ancora dovevano finire di essere sistemate nei punti giusti, quelli in cui avrebbero avuto la luminosità corretta ed il calore esatto, senza che l’impianto di riscaldamento le danneggiasse, o l’umidità che filtrava dalla finestra potesse raggiungerle e…
Stava ancora riflettendo sull’opportunità di sostituire la Glitter con la Black, perché era quasi certo che la luce sarebbe caduta meglio sulla prima che su quest’ultima se le avesse invertite di posto, che già muoveva felice vero la porta del detto studiolo e la spalancava per bearsi della vista delle chitarre appese o poggiate contro il muro.
-Buongiorno, bambine!- aveva trillato con gli occhi colmi di gioia.
Loro lo avevano fissato dalle loro curve morbide e flessuose, ricambiando il suo affetto con il proprio, e Matt si era sentito davvero amato. Il mondo era un posto meraviglioso!
O almeno questo era quello di cui era convinto fino a venti minuti prima.
Adesso no.
Adesso il mondo faceva schifo ed anche un po’ paura, visto che coincideva con lo sguardo assassino di un inferocito Brian Molko, che lo scrutava perfidamente dalla soglia della stanza.
Matt si strinse istintivamente addosso la Glitter, cercando di trarne un po’ del confortante coraggio che gli dava sempre durante i concerti. Evidentemente funzionava solo contro il panico da palcoscenico, perché continuava a provare la stessa fottutissima paura.
-Maaatt!- esordì Brian.
E quello era il tono del “sono veramente incazzato con te, quindi sappilo e traine le dovute conseguenze!”.
Matthew, incapace di prendere qualsiasi decisione circa l’opportunità di alzarsi da terra – dove si era seduto a gambe incrociate per poter coccolare adeguatamente la Glitter e la Black prima di cambiarle di posto…mica poteva traumatizzarle così su due piedi! – si limitò a schiarirsi la voce per essere certo che non lo tradisse ed a rispondere prontamente all’appello.
-Sì, Bri?- fissandolo da sotto in su.
-Esattamente quale parte della situazione “il mio ragazzo dorme ancora, suonare chitarre elettriche con l’amplificazione potrebbe svegliarlo” non ti è chiara?
Matt rifletté. Sì, quello era l’errore.
-…sono le undici e mezza…?- provò a dire a propria discolpa.
Brian strinse gli occhi. Quello era il segnale del “adesso hai detto una cosa che è riuscita, non so nemmeno come, a farmi incazzare anche di più!”.
-Tesoro,- pronunciò gelido il bruno, avanzando nella stanza con passo felpato da gatto in caccia- di solito sono io a venire a svegliare te, dico bene?
Matthew annuì, cercando inutilmente di capire quale sarebbe stata la conclusione di quell’attacco. Perché era un attacco, glielo diceva chiaramente il brivido gelato che gli scivolava lungo la schiena in quel momento: da brava preda, Matt sapeva sempre riconoscere le intenzioni del cacciatore.
-E ti risulta che per farlo ti assordi le orecchie con strimpellamenti a casaccio o pestando sui tasti del piano?- domandò Brian mantenendo quella falsa parvenza di calma.
-…no?- ammise Matthew stentatamente.
-No.- concordò Brian annuendo e fermandosi ad un passo da lui, mano sul fianco e sguardo dritto nei suoi occhi.- E sai perché? Perché è carino, quando si sta assieme e si ha davvero poco tempo per fare i piccioncini, che la tua dolce metà, che ha passato la notte a scoparti gioiosamente, ti faccia sentire anche vagamente amato e non solo usato come un fazzoletto sporco, e venga a svegliarti con un bacio, magari il caffè e sicuramente un qualcosa di sufficientemente romantico da non farti pensare di essere meno importante delle sue dannate chitarre!- finì il bruno salendo progressivamente di tono in un’aggressione verbale che non avrebbe avuto nulla da invidiare ad un gancio ben assestato sotto il mento.
Matt, in effetti, si sentì all’incirca come se un pugno lo avesse incassato davvero. Chiuse gli occhi e deglutì a vuoto, conscio di aver appena commesso un errore madornale.
Il peggiore di tutta una vita.
-…Brian, come puoi pensare che io ti ami meno di quanto am…- Un’occhiata impacciata alla faccia dell’altro gli fece capire di stare per usare il verbo sbagliato con il complemento oggetto più sbagliato.- E’ chiaro che ti amo più qualsiasi altra persona, cosa, animale o attività umana in tutto l’Universo!- concluse rocambolescamente, con un sorriso tanto finto quanto terrorizzato.
Brian sbuffò, sollevò le braccia all’unisono e le incrociò sul petto con atteggiamento palesemente ostile. Brutto segno, brutto brutto…
-Stai mentendo.- affermò cattedratico.
-Ma Brian!- s’indignò Matt, sollevandosi di botto da terra. Salvo poi accorgersi che nel farlo aveva fatto cadere la Black, appoggiata al suo ginocchio, per cui fu costretto a deviare pronto la manovra per afferrare la chitarra prima che impattasse sul tappeto e contemporaneamente mantenere la rossa che reggeva ancora tra le braccia. Il tutto accompagnato da uno strilletto spaventato che a Brian non piacque affatto.- Io non amo le mie chitarre più di te!- asserì comunque Matthew quando ebbe recuperato un minimo di dignità e di equilibrio statico.
Brian sogghignò.
-Scoperesti con loro, se non le reputassi al di sopra perfino dei tuoi biechi desideri di maschio!- sbottò acidamente.- Anzi no!- si corresse dopo, come folgorato da un’ispirazione improvvisa- Che cazzo dico?! Ci scopi regolarmente con loro, su quel fottuto palco!
-Non puoi essere geloso di una chitarra!- obiettò Matt in un accenno insolito di ragionevolezza. Mantenere il raziocinio nelle discussioni con Brian poteva diventare immensamente difficile, come succede sempre in qualsiasi discussione con una donna.- E’ una chitarra! È…
-Inanimata.- suggerì Brian a tradimento.
Matthew trasalì, sgranando gli occhi e fissandolo come se l’avesse appena pugnalato.
-Non dire una cosa simile!- strillò.
-…è un oggetto.- fece notare l’altro perplesso.- Gli oggetti sono inanimati.
-Che sciocchezza!- sbuffò l’inglese agitando una mano, ma solo dopo aver posato delicatamente a terra la chitarra nera.- Non tutti gli oggetti sono inanimati! Tu non diresti mai delle tue chitarre che sono inanimate!- colpì poi, fissandolo malevolo e stringendo possessivamente la Glitter al petto.
-Ma io non amo le mie chitarre più di te.- commentò Brian semplicemente.- Infatti non è che ti impedisco anche solo di toccarle.
-…vuoi dire che sono eccessivamente geloso di loro?- indagò Matthew.
Lo sbuffo di Brian suonò tragicamente come un “preferiresti vedere me con un altro, che una di quelle cose in mano a qualcun altro”. Matt si sentì un po’ in colpa.
-Ma se ti permetto anche di entrare nello studiolo quando vuoi!- affermò imbronciandosi come un bambino.
-Oh! Che concessione!- drammatizzò Brian, portandosi teatralmente una mano alla fronte.- ‘Fanculo, Matt, sei uno stronzo!- asserì poi, prima di voltarsi per uscire.
Matthew provò quel familiare formicolio alle estremità delle dita che contraddistingueva una chiara sensazione di pericolo imminente. Se Brian fosse uscito da quella stanza come stava per fare, lui avrebbe dovuto sputare sangue prima di riuscire a farsi perdonare e non era neppure certo di riuscirci senza rimetterci le penne.
-Brian!- lo chiamò, quindi, d’istinto. Non sapeva ancora esattamente cosa avrebbe fatto, ma sapeva esattamente che qualcosa andava fatto. Per cui allungò la mano libera e lo afferrò per il polso, costringendolo a girarsi verso di lui.- O.k., mi spiace. Sono uno stronzo.- convenne rapido.- Ma ti giuro che ti amo alla follia e farei qualsiasi cosa per te! E non c’è niente e nessuno che possa essere più importante di te!
L’altro lo squadrò interrogativo, socchiudendo gli occhi e studiandolo.
-…voglio crederti.- iniziò lentamente, dandogli l’esatta sensazione che stesse per uscirsene con qualcosa di più pericoloso della rabbia controllata sfoggiata fino a quel momento. Matt deglutì ed annuì meccanicamente.- Quindi adesso farai qualcosa per dimostrarmelo.- argomentò Brian intanto.
-…dimostrartelo.- ripeté Matt a pappagallo, senza afferrare esattamente il senso di quello che diceva.
-Sì, Matt. Una specie di “prova d’amore” se ti pare.- chiarì Brian secco, liberandosi con uno scatto dalla presa dell’altro e rimanendogli davanti con aria di sfida.
-A-ahah.- sfiatò Matthew, consapevole di essersi appena chiuso in trappola da solo.
-Oooh! Piantala di fissarmi come se ti trovassi davanti alla strega di Biancaneve!- sbottò il bruno arrabbiato.- Non voglio mangiarti!
A Matt scappò un sorriso nonostante tutto e questo bastò a farlo sentire improvvisamente più rilassato. In fondo, si disse, Brian non aveva tutti i torti ad aver protestato contro l’essere stato così brutalmente buttato giù dal letto. E lui avrebbe potuto essere più carino.
Si avvicinò di un passo, mentre il suo compagno lo fissava sospettoso e si tirava leggermente indietro, ma non abbastanza da impedire a Matt di sporgere il viso a scoccargli un bacio infantile sulla guancia ed a sussurrargli delicatamente:
-Magari mi farebbe anche piacere essere mangiato da te…
Brian roteò gli occhi, sollevando una mano per puntargliela al petto e tirarselo via di dosso. Ma Matt si accorse comunque che sembrava decisamente meno furioso di prima. Non che questo valesse ad impedirgli di punirlo, ovvio, ma non temeva più per la propria incolumità fisica.
A ragione, peraltro. Brian aveva intenzione di attentare all’incolumità fisica di qualcun altro.
-Dammi la Glitter.- ordinò infatti quando ebbe ristabilito le giuste distanze che la sua indignazione esigeva.
Matthew non afferrò subito. C’erano troppe cose sbagliate in quella frase. “Dammi” implicava il passaggio di qualcosa dalle sue mani a quelle di Brian. “La Glitter” era indubbiamente la chitarra che Matt reggeva ancora per il manico e per la quale – dopo la triste dipartita della sorella Silver a Tokyo – avrebbe ucciso. Quindi sì, riepilogando c’erano troppe cose sbagliate nella frase.
-Matt.- chiamò Brian ancora in attesa, la mano tesa davanti a sé.
-Per farci cosa?- sillabò lento e sospettoso Matthew.
Brian sorrise.
-Non le farò del male, hai la mia parola.- promise crocesegnandosi il petto come un bravo boyscout.
Il che, chiaramente, non era affatto sufficiente a dare delle certezze al chitarrista dei Muse. Né a dargliene era sufficiente l’occhiata “finta-bambina-che-porta-i-dolci-alla-vecchia-nonna-malata” di Brian.
Così quest’ultimo sospirò e spiegò meglio.
-Voglio solo suonarla.
E questo aggiungeva errori ad errori nel concetto. Matthew era infilato tragicamente in un bug del sistema! Suonarla? No, suonare riguarda un’attività che si presume uno sappia fare, ed era notoriamente risaputo che Brian non sapesse suonare la chitarra. Lui la chitarra la violentava. Cioè, nel senso che le usava violenza fisica. Le faceva del male! Questo produceva del suono, indubbio, erano i lamenti agonizzanti della poverina di turno, per la precisione. Brian si ostinava a scambiarli per note musicali.
-Discutiamone.- asserì quindi, Matthew ragionevole, spostando all’indietro la chitarra per sottrarla alla portata del braccio di Brian ed insieme allungando una mano a fermarne ogni avanzata.
-No, Matthew.- lo contraddisse il cantante dei Placebo.- Non si discute delle prove d’amore. Non le contratti mica.- affermò.
E sì, questo aveva senso. Ma il bug si ostinava ad opporre un muro alle capacità di comprensione di Matthew.
-Brian…- iniziò tentando di venirne in qualche modo a capo. Ma poi lo fissò con aria smarrita e comprese l’unica verità insita in quella storia.- Non ti permetterò di torturare Glitter!
Brian si arruffò come un pollo da combattimento. Effettivamente Matt aveva appena finito di dargli dell’incompetente. Con uno scatto rabbioso puntò un dito al centro esatto del petto dell’altro, provocando un lieve sbuffo d’aria da parte di Matthew, che rimase comunque imperterrito ad aspettare la tempesta.
-Tu!- ringhiò il bruno feroce.- Sei un lurido e schifosissimo verme! E non so davvero come io ti sopporti ancora dentro questa casa, perché meriteresti di essere messo alla porta adesso!
“In realtà è anche casa mia, l’ho pagata esattamente come te…”, pensò Matt, ma per fortuna si astenne dal dirlo.
-Matthew, dammi quella dannata chitarra o ti giuro che…!- iniziò solennemente Brian.
Lasciò la minaccia chiaramente in sospeso. Le minacce concrete sono valutabili, le minacce in sospeso aumentano la confusione dovuta ai bug di sistema. E Matt, ovviamente, entrò nel panico.
-Bri, ascolta!- piagnucolò.
-Non chiamarmi “Bri”! “Bri” il cazzo, Matthew!- ruggì imperterrito il bruno.- Se mi amassi, ti fideresti di me! Se mi amassi, avresti un minimo di rispetto per me!
-Ma come fai a dire che non ti amo! Ti amo tantissimo! Io…
“ti sopporto” completò il cervello di Matthew. La bocca però fu più saggia e lo lasciò lì ad annaspare senza respiro e senza nulla da dire che potesse completare quel pronome inutile ad inizio frase.
Brian aspettava, i suoi occhi verdi saettavano velenosamente da Matt alla chitarra nella sua mano e Matthew li seguì per incocciare nel colorato effetto di luce di quest’ultima. Era così bella! Si era mai accorto di quanto fosse bella?
Deglutì.
-…solo cinque minuti, eh.- pretese strozzato.
Vide il viso di Brian illuminarsi di gioia autentica, giusto un momento prima che lui allungasse una mano impaziente di ottenere l’agognato strumento musicale. Beh, si consolò Matthew mentre glielo passava, almeno sembrava sinceramente entusiasta di poter provare la povera Manson.
-Sì, però, non agitarti così!- cominciò ansiosamente mentre osservava l’altro far passare la cinghia attorno al collo.
-Rilassati, Matt!- lo derise Brian ridacchiando felice come un bambino la mattina di Natale.- So ancora come si mette a tracolla una chitarra!
“…in effetti…quella è la parte facile”, inviò l’unico neurone di Matthew che non fosse in preda al panico.
-…sì…certo, amore.- bofonchiò stentatamente il frontman dei Muse.- Tesoro.- azzardò poi, allungando istintivamente le mani mentre Brian si preparava ad accendere lo strumento.- Magari…potresti aspettare una qualche occasione speciale per suonare Glitter…
-Non ricapiterà in nessuna vita futura che tu sia tanto coglione da cascare nel trucchetto che ho usato oggi.- ammise Brian blandamente, senza neppure guardarlo in faccia.
-…trucchetto?- s’informò Matthew, talmente basito da scordare per un momento anche il pericolo incombente sulle corde di Glitter e rimanere immobile, congelato, le mani ancora protese verso lo strumento musicale.
Brian sogghignò perfidamente:
-Andiamo!- esclamò un momento prima di sollevare il plettro sulle citate corde.- Nemmeno io sono così donna da fare tante storie per una chitarra!
“Prova d’Amore”
MEM 2008

Nota di fine capitolo della Nai:
Amo scrivere queste cose. E' un modo di scrivere che ho gioiosamente "rubato" a Lisachan e che fa bene all'autrice ed ai lettori.
Per questo non riesco ad accettare l'idea che a me vengano una volta ogni morte di Papa queste storielle "leggere" e taaanto godibili ç_ç
Mi sento di ringraziare la mia ispiratrice e maestra in questo senso, per cui un grazie enorme a Lizzie :***

Ed un grazie altrettanto grande a tutti coloro che passeranno di qui per leggere / commentare questa storia ^_^
Alla prossima!
See you, space cowboys! è_é/
MEM
  
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