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Autore: Annie LaFleur    18/02/2016    0 recensioni
Annie prese coraggio e col cuore che le martellava il petto iniziò a fare qualche passo lento nel corridoio.
Il pavimento freddo riecheggiava di un rumore sordo a ogni suo passo.Vide una telecamera attaccata al muro, che seguiva i suoi movimenti. Rabbrividì, fissandola.
Annie non si era accorta che più andava avanti più quel luogo diventava stretto.
Si fermò, riprendendo fiato, disgustata dalla puzza di acqua stagnante che le entrava nelle radici.
Appoggiò le mani alle ginocchia, il fiato corto.
Il freddo le tagliava la gola come un coltello. Cominciò a respirare tra i denti stretti per attutire il dolore alla gola.
Le gambe, sempre più indolenzite e affaticate, avevano iniziato a tremarle.
Cosa diavolo era quel posto?
Come poteva essere quel corridoio così grande?
Quando rialzò lo sguardo, il terrore le soffocò un grido in gola. Non era andando avanti che il corridoio si stringeva. Anche stando ferma, aveva continuato a rimpicciolirsi.
La puzza diventava sempre più soffocante. La luce iniziava ad offuscarsi. La sua vista ad annebbiarsi.
«Non è reale! è tutto nella tua mente!» le gridò una voce «ora dobbiamo correre, FORZA!»
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A qualche centimetro dalla sua testa si aprì uno spiraglio orizzontale, dalla quale entrò una luce accecante che la costrinse ad abbassare lo sguardo. La porta a serranda davanti a lei si spalancò dall’alto verso il basso, accecandola.
Non appena la porta fu completamente aperta si accorse di quanto avesse bisogno di aria fresca. Uscì incespicando su un gradino attaccato al muro e cadde a terra con tutto il suo peso, supina, a bocca spalancata per fare dei respiri profondi.
A contatto con l’aria fresca, il sudore sulla schiena e sul petto iniziava a raffreddarsi, provocandole un brivido.
La luce era intensa, fredda. Piano piano Annie riuscì a mettere a fuoco quello che la circondava.
Era una stanza non troppo grande, senza alcun mobile o finestre. Nessuna decorazione. C’era solo un arco nel muro, senza porta, che portava a un lungo corridoio, anche questo – come la stanza in cui si trovava – completamente bianca. Il pavimento, le mura e il soffitto erano di un bianco brillante, che rifletteva la luce fredda che proveniva da un lampadario a soffitto. Sembrava una camera imbottita, se non fosse stato per la mancanza della porta.
Nonostante il lungo corridoio, quella stanza era claustrofobica.
Ancora sdraiata, Annie guardò lì da dove era arrivata. un piccolo ascensore dentro il muro.
Anche questo era totalmente bianco. Troppo piccolo per fare qualsiasi movimento all’interno. Non si poteva nemmeno sollevare o piegare un braccio.
Annie vide come nell’ascensore ci fossero due fori per lato, simmetrici, all’altezza dei fianchi, probabilmente per legare le braccia della persona all’interno.
Annie si guardò i polsi. Erano cerchiato di rosso, come se un forte laccio li avessi stretti per tutto il tempo.
Al polso sinistro, inoltre, uno strano orologio con un schermo elettronico, spento.
Ma quanto tempo era passato?  Dove si trovava?
Dolorante per motivi che non ricordava, si alzò in piedi lentamente.
Nessun suono riecheggiava in quella stanza.
Non indossava i vestiti che ricordava di aver indossato quella mattina. Ora aveva una maglietta bianca candida, con un paio di pantaloni neri. Era senza scarpe. A piedi nudi.
Sulla maglietta, un logo: un ottagono nero, con al centro una grande “A” dorata.
Rabbrividì per l’aria fredda che le colpiva il corpo sudato e per i piedi congelati che erano costretti a stare a contatto con il pavimento di linoleum freddo.
Sentì il respiro velocizzare, e insieme a quello il suo battito cardiaco. Dove si trovava? Chi le aveva cambiato vestiti? Dov’era suo padre?
Annie prese coraggio e col cuore che le martellava il petto iniziò a fare qualche passo lento nel corridoio.
Il pavimento freddo riecheggiava di un rumore sordo a ogni suo passo. Nel corridoio vide una telecamera attaccata al muro, che seguiva i suoi movimenti. Rabbrividì, fissandola.
Rimase impietrita per un attimo, poi riprese a camminare, con passo più veloce.
Continuò il suo percorso senza esitare, alla ricerca di qualcosa, ma l’unica cosa che trovò furono altre telecamere.
Si fermò solo quando il corridoio bianco si apriva in due diramazioni.
Scelse di andare a destra, ma quella fu solo una delle tante svolte che dovette fare. Se all’inizio il corridoio era una lunga strada diritta, ora era pieno di diramazioni e svolte. Andò a sinistra, poi a destra, poi a sinistra, e continuò così a lungo, con passo sempre più veloce.
Camminava da quelle che le sembravano ore, ma che probabilmente non erano nemmeno trenta minuti, ma già non sarebbe più stata in grado di tornare al punto di partenza.
Il respiro le divenne affannato e il cuore le batteva così forte che riusciva a sentirlo.
Il silenzio, oltre al rumore dei suoi passi, era assoluto.
All’improvviso però, Annie si accorse che non era più il solito tonfo sordo. Ora era un rumore diverso, gracchiante.
Abbassò gli occhi e si guardò i piedi nudi. Intorno a questi una grande pozzanghera d’acqua si allargava, riflettendone il volto di Annie.
Era pallida, i capelli spettinati.
Guardò davanti a sé. Il corridoio era allagato da un sottile strato di acqua. Si guardò indietro, ma decise che andare indietro non avrebbe avuto senso. Continuò a camminare, fissando di volta in volta le telecamere che si muovevano al suo passaggio.
I piedi avevano perso sensibilità a causa del freddo. Dalla sua bocca uscivano nuvolette di vapore a ogni respiro.
Più camminava, più l’acqua diventava marrone, sporca. Sembrava l’acqua di una fogna. La puzza iniziava a salire fino a infastidirla.
In poco tempo, l’acqua era ricoperta da fango, muschi, alghe.
Al suo passaggio Annie faceva un fastidiosissimo “chack” e le alghe conservavano l’impronta del suo piede nudo.
Annie scivolava, perdeva l’equilibrio, poi ricominciava a camminare.
Se prima era spaventata, ora era letteralmente terrorizzata.
Iniziò a correre, come se avesse un posto dove rifugiarsi, pentendosi di essersi allontanata così tanto dalla stanza iniziale, che in confronto  a quello stretto corridoio sembrava il luogo più sicuro della terra.
Stretto. Annie non si era accorta che più andava avanti più quel luogo diventava stretto. Se prima poteva allargare le braccia con tranquillità, ora probabilmente non sarebbe riuscita a stenderle entrambe.
Si fermò, riprendendo fiato, disgustata dalla puzza di acqua stagnante che le entrava nelle radici.
Appoggiò le mani alle ginocchia, il fiato corto.
Il freddo le tagliava la gola come un coltello. Cominciò a respirare tra i denti stretti per attutire il dolore alla gola.
Le gambe, sempre più indolenzite e affaticate, avevano iniziato a tremarle.
Cosa diavolo era quel posto?
Come poteva essere un labirinto così grande?
Quando rialzò lo sguardo, il terrore le soffocò un grido in gola. Non era andando avanti che il corridoio si stringeva. Anche stando ferma, aveva continuato a rimpicciolirsi.
Annie non poteva nemmeno allargare un solo braccio, adesso.
La puzza diventava sempre più soffocante. La luce iniziava ad offuscarsi. La sua vista ad annebbiarsi.
Il corridoio continuava a stringersi. Annie iniziò a correre, tornando indietro, ma prima di raggiungere l’ultima svolta che aveva effettuato, un grande, freddo muro le si era piazzato davanti, bloccandole il passaggio. Lo tastò velocemente, spaventata, poi corse di nuovo dalla parte opposta.
Il corridoio era sempre più stretto. Continuò a correre, cadendo più volte. Le mani e le braccia si erano sporcate con quell’acqua stantia. Il freddo era sempre più intenso.
Si rialzava di corsa, continuando a correre senza meta. Quando il corridoio divenne talmente stretto da sfiorarle entrambe le spalle, iniziò a gridare.
Si fermò, paralizzata dalla paura. Gli occhi sgranati a guardare il corridoio diventare sempre più stretto. Il muro avvicinarsi sempre di più.
Cercò di respingerlo con le mani, ma non poteva fermarlo.
Le mura iniziarono a farle pressione sul corpo. Stava per morire schiacciata.
«papà!» gridò disperata.
Un grido acuto le uscì dalla bocca. La gola le bruciava. Il grido diventò un pianto disperato. Chiuse gli occhi.
 
«zitta! Sta’ zitta maledizione!»
Una voce la costrinse a tornare in sé. Stava per guardare cosa stava accadendo, quando una mano calda le si mise davanti gli occhi.
«zitta!»
Subito dopo una seconda mano le bloccò la bocca.
Annie era terrorizzata.
Un suono, un allarme, le entrava direttamente nell’orecchio. Subito dopo una sirena iniziò a suonare, stordendola.
«cavolo..» sentì pronunciare alle suo spalle. Era un ragazzo, non poteva essere troppo più grande di lei.
«dobbiamo correre, okay? Tieni gli occhi chiusi. Non aprirli mai. Ti porterò io, ma devi correre veloce! Pronta?»
Annie stentava a sentire la sua voce coperta dalla sirena incessante. Sembrava quasi che fosse una sirena anti bombardamenti, quelli che si sentivano nei film di guerra.
Appena il ragazzo le lasciò libera la bocca, Annie si divincolò «il muro! Il muro si sta stringendo!»
Poi un dubbio le martellò la mente. Come faceva quel ragazzo a stare dietro di lei? Il passaggio ormai doveva essere davvero molto stretto, come aveva fatto a passare attraverso il muro che un attimo prima le aveva tagliato la strada? .
«non è reale! Devi concentrarti e mandarlo via!» la sua voce era decisa, sicura. Annie si stupì di quanto riuscisse a rassicurarla persino in quel momento.
«ora non abbiamo tempo. Dobbiamo correre. Forza!»
Il ragazzo si alzò in piedi, afferrandola per le spalle e aiutandola a mettersi in piedi. I muscoli delle gambe le bruciavano.
«non aprire gli occhi!»
Subito dopo lo sentì davanti a lei, che le afferrava la mano con la sua e iniziava a correre.
«non aprire gli occhi!» gridò di nuovo.
Annie fece come aveva detto, correndo dietro di lui.
I piedi le sguazzavano ancora nell’acqua gelata, facendole arrivare gli schizzi sulle gambe. La puzza era insopportabile.
A ogni svolta che il ragazzo prendeva a quella velocità Annie rischiava di andare a sbattere contro il muro, o di scivolare rovinosamente a terra.
Il ragazzo correva troppo veloce per lei, che si stava graffiando le dita dei piedi per lo sforzo di seguire quel ragazzo.
Continuava a trascinarla velocemente dalla mano, senza lasciarla mai.
La tentazione di aprire gli occhi era fortissima, ma a ogni svolta il ragazzo non perdeva occasione di ripetergli di non aprirli.
«devi andare più veloce! Così non farò in tempo!» gridava. La sua voce tradiva una nota di preoccupazione.
Ma Annie più veloce di così non poteva andare. Il ragazzo la trascinava già più veloce di quanto potesse andare.
Sentì il fiato corto, aveva bisogno di fermarsi.
Non aveva più il controllo delle gambe.
I piedi le bruciavano. L’acqua sul pavimento stava sparendo e l’attrito della corsa le stava ferendo i piedi.
Il ragazzo continuava a correre, senza pause, aumentando sempre di più la velocità.
«basta!» iniziò a gridare Annie «basta, fermati!»
Mentre gli gridava quest’ultima frase, Annie cadde a terra, carponi.
Appena le sue mani toccarono il terreno, aprì gli occhi.
Il pavimento era rovente, e le sue mani si stavano bruciando al contatto.
Si sollevò sulle ginocchia, che anche attraverso lo spesso tessuto dei pantaloni neri stavano iniziando a risentire del dolore. Si guardò le mani, terrorizzata.
Ogni suo arto tremava. Le mani si erano totalmente ustionate.
Si alzò di scatto, camminando all’indietro. Si guardò i piedi – totalmente bruciati e sanguinanti, avevano lasciato impronte di sangue per il tragitto dietro di lei.
Terrorizzata, iniziò a gridare.
Il ragazzo davanti a lei la guardò a occhi sgranati. Si guardò l’orologio, identico a quello che aveva anche lei, e subito dopo le si piombò addosso imprecando.
«chiudi gli occhi! Chiudili!» le bloccò le braccia con le sue, cercando di non farla agitare.
Annie continuava a gridare scalmana, dimenandosi. La presa del ragazzo non fu abbastanza forte e Annie cadde di nuovo a terra, bruciandosi il braccio. Il grido di dolore fu atroce. Lancinante.
Guardò il soffitto. Il bianco candore della parete era ricoperta da insetti.
Viscidi vermi neri strisciavano sul soffitto, cadendo a terra di tanto in tanto. Accanto ai vermi, enormi ragni pelosi camminavano veloci sul muro. Uno di loro cadde sulla spalla del ragazzo.
Erano ragni grandi più del suo pugno.
Piccoli insetti marroni camminavano veloci, facendo vibrare nell’aria il suono delle loro zampette sul muro.
Il bruciore del pavimento era lancinante, Annie iniziò a piangere disperata, cercando di alzarsi in piedi senza toccare il muro o la terra.
Il ragazzo, ancora con il ragno che gli camminava lungo il collo, le si avvicinò, coprendole gli occhi.
Anche la mano del ragazzo era bollente. Annie cercò di divincolarsi, ma lui era troppo forte.
«non è reale! Sono solo allucinazioni! Nulla di tutto quello che vedi è vero!»
Ma il dolore era vero. Il suo corpo ustionato non poteva non esserlo.
Annie gridava, colpendo malamente il ragazzo che cercava di bloccarle i movimenti.
Lui le afferrò di nuovo la mano malata, poi iniziò a correre, trascinandola.
Corsero ancora per qualche metro. Svoltarono due o tre volte, poi il ragazzo si bloccò di scatto.
Annie gli finì addosso, facendogli perdere l’equilibrio.
«sta’ zitta» le sussurrò.
Annie aprì gli occhi. Non c’era nessun insetto. Le sue mani non erano bruciate. Le sue gambe asciutte.
Annie si accorse che la sirena si era improvvisamente fermata, facendole fischiare dolorosamente le orecchie.
Anche il ragazzo aveva il fiatone, ma restava attento a percepire qualsiasi suono.
Annie si guardò intorno. Il corridoio era molto più grande. Ai due lati, si potevano intravedere delle porte blindate, anche quelle bianche.
Il ragazzo restava immobile.
«cosa..» osò Annie.
«silenzio!» le ordinò in modo brusco.
Dopo alcuni secondi, lentamente, iniziarono a fare qualche passo.
«quando sei arrivata?» le chiese. L’improvvisa domanda stupì Annie.
«non lo so. Alcune ore. Forse»
«non dovresti essere qui» capitolò lui di corsa «c’è qualcosa di strano»
«dove siamo?» gli chiese
«gli SG dovrebbero essere nell’altra ala» continuò, senza rispondere. Il ragazzo scuoteva la testa, confuso.
«I cosa? Dove mi trovo? Chi sei tu? Cos’era quella sirena? Dove stiamo andan..»
«oh santo cielo, stai zitta» le rispose «è normale che tu non stia capendo nulla. Non iniziare a fare domande. Rispondi alle mie, piuttosto»
Sentì le lacrime salirle agli occhi. Cercò in tutti i modi di ricacciarle indietro, senza riuscirci. Le gocce iniziarono a scenderle lungo le guance.
Quando il ragazzo se ne accorse, inspirò profondamente, poi si fermò e si voltò verso di lei, mettendole le mani sulle spalle.
«so che hai tantissime domande. Che hai paura. Che sei preoccupata per le persone a cui vuoi bene. Ma tu non capisci che la tua presenza qui è davvero strana» sospirò rumorosamente «io ora non dovrei essere qui. Quella sirena, e l’allarme dell’orologio, erano un richiamo. Dovevo andare velocemente dagli altri, ma ero lontano e quando ti ho sentito gridare ho voluto aiutarti.
«Devi raccontarmi chi sei, come sei arrivata qui»
Nonostante avesse voglia di sfogarsi, Annie si trattenne.
«no. Devi spiegarmi cosa sta succedendo»
Il ragazzo si sforzò di mantenere la calma. Stava per dire qualcosa, quando alle sue spalle comparve un ragazzo, che non avrà avuto più di quattordici anni.
Notò allora che erano tutti e tre vestiti uguali – pantaloni neri e maglietta bianca con il logo d’ oro- se non fosse che il ragazzo appena comparso all’angolo del corridoio aveva una felpa rossa, mentre il ragazzo vicino a lei, ne aveva una nera.
«Matt… ma che diavolo..»
Matt. Il nome del ragazzo con cui aveva passato l’ultima ora si chiamava Matt.
Si voltò di scatto verso di lui, spaventato.
«ehi Lukas» lo salutò con voce tremolante. Istintivamente cercava di nascondere la ragazza dietro di lui, in modo totalmente inutile.
Lukas fissò Annie a lungo, poi spostò lo sguardo da lei a Matt, più volte.
«L’ho trovata in preda ad allucinazioni nel corridoio periferico» spiegò Matt, quasi per giustificarsi.
«hai interrotto l’esperimento?»
«sì. Lei… stava gridando»
«perché eri lì? Perché non sei andato al richiamo?» gli chiese Lukas
«posso farti la stessa domanda, Luke»
Il ragazzino fece una smorfia con le labbra. Matt avrà avuto almeno quattro anni più di lui.
«la porti dai tuoi?» continuò il ragazzo più giovane.
«io… non lo so»
«gli altri SG sono nella camera 10, Matt. Portala lì, dove dovrebbe stare. Anche se è una ragazza. Non puoi portarla dai tuoi, non la conosci. Potrebbe essere solo un esperimento, o… una di Loro.» le ultime parole le pronunciò scandendole, con un tono più cupo.
Annie seguiva il loro discorso, confusa.
«gli dirai che l’ho trovata?» chiese Matt.
Il ragazzo guardò in basso, fissandosi le scarpe. Poi fece spallucce, con fare innocente.
«no, non glielo dico, se la porti con gli SG. In fondo oggi non l’ho visto da nessuna parte»

Matt gli fece un cenno con la testa, riconoscente. Poi guardò Annie e iniziarono a camminare, lasciandola ancora più confusa. 
Quando arrivarono davanti all’ennesima porta bianca, Matt si fermò.
Il suo fisico era asciutto, i capelli lunghi fino alla nuca, spettinati. Avrà avuto diciotto anni, ma presentava un viso maturo, serio.
Si voltò verso di lei, con uno sguardo che Annie non riuscì a distinguere tra pietà o dispiacere.
«devi entrare qui, Annie» le disse. Poi sospirò «il punto è che…»  si interruppe. Guardò in basso, incerto. Annie non riusciva a proferire parola.
«Mi dispiace, ma ormai Lukas ti ha visto e se scoprono che ho trovato…» la guardò, dal basso verso l’alto, poi con un gesto della mano disse «te!» come se questo dovesse significare tutto, per Annie.
«Mi lasci qui?» gli chiese. Le lacrime quasi iniziarono a scenderle per le guance. Matt abbassò di nuovo lo sguardo, per non guardarla in quello stato.
«Non posso fare altrimenti. Mi dispiace»
«che diavolo vorrebbe dire?» Annie era rossa in viso «mi sono ritrovata in questo luogo, in questo labirinto con quelle… visioni, o quello che erano. Non ho idea di dove mi trovi, e tu non vuoi spiegarmi nulla! E adesso vuoi lasciarmi qui? In questa stanza? Cosa c’è dentro?»
La voce era sempre più alta, sempre più rotta dal pianto.
Ormai non provava nemmeno più a trattenersi.
Sembrava quasi che Matt non sopportasse di vederla piangere. Guardava in basso, facendo spostare lo sguardo da destra a sinistra, imbarazzato. Si sentiva colpevole per quello che stava facendo alla ragazza.
«Ascoltami» iniziò «io non posso darti tutte le risposte che vuoi. Ho già… » sospirò, abbassando le spalle. Poi la guardò negli occhi «ho già interrotto il tuo primo esperimento. Tu non puoi capirlo, ma è una cosa molto grave. In più non ho risposto al richiamo, prima, a causa tua, e questo porta sempre delle…» fece una pausa. Le sue labbra ebbero un tremito «conseguenze» continuò.
«vorrei dirti che andrà tutto bene, ma non posso. Devi entrare in questa stanza. Dentro ci saranno altri ragazzi. Loro sono arrivati oggi, proprio come te. Questa è la stanza dove dovresti essere, ma non eri lì.» la guardò, mentre le lacrime le scendevano lungo il viso. Annie non emetteva nessun suono, ma tutto il suo corpo era pervaso da spasmi che la facevano tremare. Aveva paura, freddo. La pelle d’oca sulle braccia nude le conferiva un’aria innocente. Al solo vedere quella ragazza in quello stato, Matt aveva la tentazione di abbracciarla, scaldarla e tranquillizzarla. Ma non poteva. L’unica cosa che poteva fare per il bene di tutti era lasciarla lì dove doveva stare. Doveva solo sperare che sarebbe stata abbastanza forte da resistere, sola.
«non incontrerai molte ragazze, qui» le disse qualche secondo dopo «in sei anni, ne ho viste solo tre»
Annie lo guardò, impietrita. Gli occhi sgranati.
«Bhe, tranquilla, non sarà certo un probl..» Matt stava per finire la frase quando Annie lo bloccò. La voce era talmente terrorizzata che non sembrava sua.
«Sei anni?» il suo corpo prese a tremare più forte «tu sei qui da sei anni?»
Matt, al sentire quelle parole, fece un passo indietro, mordendosi il labbro come per punirsi di aver detto qualcosa di troppo.
«andrà tutto bene» fu l’unica frase che riuscì a dire. L’unica bugia.
«ora basta, è ora di andare» annunciò con voce seria.
In quel momento le cose accaddero troppo veloci. Matt afferrò velocemente Annie per la testa, si mosse talmente in fretta che la ragazza non riuscì nemmeno a vederlo. Annie gridò, ma il grido le morì in gola, perché in quell’istante la mano di Matt le si mise davanti le labbra, mentre l’altra muoveva veloci le dita sul suo collo, premendo talmente forte che la ragazza pensò che le stesse per staccare la trachea.

Poi svenne.
   
 
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