Ares Chronicles – Destini spezzati
Le
donne erano tre, sedute in uno stretto vicolo ai margini della strada.
All’apparenza sembravano identiche: tre figure coperte da un mantello del
colore della notte, le teste chine e vicine come se stessero confabulando
qualcosa. Sembravano avvolte da una nebbia immobile e nessuno faceva caso a
loro. La gente che affollava la strada sterrata del piccolo villaggio era del
tutto indifferente a quella misteriosa presenza che aveva invece attirato
l’attenzione del ragazzino. Era in piedi fuori da una bottega ad aspettare sua zia
e nel frattempo scrutava curioso quelle tre figure che parevano invisibili agli
occhi degli altri. Aveva la strana sensazione che solo lui potesse vederle, che
volessero essere visibili solo ai suoi occhi. Ma perché?
Indeciso
lanciò un’occhiata all’interno del negozio e sembrò misurare la lunghezza della
strada che lo separava da quelle figure spettrali. Infine decise di
avvicinarsi.
-Il
giovane viene incontro al suo destino-
Esordì
quella al centro. Nessuna delle tre aveva alzato lo sguardo.
-Chi
può dire, Sorelle, se la scelta è saggia o meno?-
A
primo impatto il bambino pensò che, forse, l’idea di andare da quelle donne non
era stata poi così saggia. Un brivido freddo gli corse lungo la schiena: il destino, avevano detto. Loro
conoscevano il suo destino? Nessuno, se non gli Dèi,
era capace di simili prodigi.
-Vuole
sapere: glielo leggo negli occhi-
-Non
ci è dato rivelare il fato ai mortali-
-Tuttavia-
concluse la terza –un monito su di esso possiamo concederlo. Il futuro rimarrà
immutato fino alla sua scelta-
Fino
ad allora era rimasto in silenzio ad ascoltare quelle tre anziane che
discutevano di lui come se non ci fosse. Il ragazzino prese coraggio e si
schiarì la voce: nonostante quello, il suono delle sue parole risuonò assai
incerto.
-Che
cosa potete rivelarmi di ciò che il futuro ha in serbo per me?-
L’aura
intorno alle donne parve intensificarsi mentre le loro voci si sovrapponevano –Vita
o morte. Potere o amore. Cosa sceglierai una volta giunto il momento? Due vite
unite da un vincolo arcano, due destini separati da una scelta cruciale.
Sacrificio o indifferenza? Questo determinerà la tua sorte-
Quella
luce lo abbagliava e diventava sempre più intensa –Non capisco…-
-Tra
sette anni- continuarono le voci –arriveranno. Ma non verranno per te: è tuo
fratello che cercano-
Il
cuore del ragazzino ebbe un sussulto –Mio fratello?-
-E’
tempo di andare-
-Aspettate!-
Ma
in un lampo le tre figure svanirono lasciandolo solo e tremante. Mai, in
seguito, raccontò a qualcuno di quello strano incontro, né fece parola di ciò
che le tre donne gli avevano rivelato. Tuttavia, di tanto in tanto, le loro
parole gli ritornavano alla mente e con loro quel senso di smarrimento e
impotenza che gli avevano mozzato il respiro già la prima volta. Il significato
di quel monito oscuro sembrava sfuggirgli non appena era ad un passo
dall’afferrarne il significato. Con il passare degli anni in petto gli cresceva
un timore di ciò che sarebbe successo una volta giunto il momento di prendere
quella decisione da cui le donne lo avevano messo in guardia.
Pericolo, avevano
preannunciato. Aveva detto che qualcuno sarebbe arrivato a cercare suo fratello
e che allora, in base alla sua scelta, il suo destino sarebbe stato deciso. Ma
di quale scelta parlavano? E perché degli individui misteriosi avrebbero dovuto
dare la caccia a suo fratello?
******
-Arethas!-
Il
gemello agitava un braccio per fargli cenno di sbrigarsi. Lui camminava con
fare svogliato sul sentiero di ghiaia che portava alla casa della zia. Avevano
sempre vissuto con zia Khloe, sin da quando erano piccoli, in un calmo
villaggio non lontano da Atene. Era quasi l’imbrunire, le prime stelle
brillavano nel cielo color indaco mentre gli ultimi riflessi infuocati del sole
svanivano tra le lontane onde di cristallo del mare.
Quella
sera non ci teneva particolarmente a tornare a casa. Quella sera era la sera. Erano passati esattamente sette
anni da quando Arethas aveva incontrato le tre donne. Secondo la loro profezia,
quella sera sarebbe giunto il momento di determinare il suo destino. Ma come?
Quella domanda lo aveva assillato nel corso del tempo, mese dopo mese, anno
dopo anno. Aveva percepito con ansia il tempo accorciarsi come fosse lo
stoppino consumato di una candela che, quella notte, avrebbe smesso di
bruciare. Sentiva che doveva succedere qualcosa, e non era una bella
sensazione. Inoltre, lui non era mai
stato tipo da prendere decisioni importanti. Lui era un tipo timido,
equilibrato, che mai si lasciava andare ad atti violenti o scelte affrettate. In
effetti, lui era tutto il contrario di suo fratello. Sollevò lo sguardo dal
terreno disseminato di pietruzze e incontrò, a pochi metri da lui, gli occhi di
ametista del gemello.
Sosthenes
era l’impulsività fatta persona: era sempre attivo, pieno di energia e voglia
di esplorare. Una testa calda – a parere della zia – dato che spesso era
ritornato a casa pieno di lividi e sanguinante dopo l’ennesima lotta ingaggiata
con i bulli del quartiere.
Lui
sosteneva sempre di aver agito per difesa, sia personale che di altra gente, e
borbottava indignato quando la zia lo pregava di tenersi fuori dai guai.
-Cosa
dovrei fare quando vedo che qualcuno viene maltrattato?- ribatteva tra un
lamento e l’altro mentre Khloe gli bendava strette le ferite –Pensi che dovrei
stare lì a guardare? O che semplicemente dovrei girare i tacchi e non prestare
soccorso?-
-Sosthenes-
sospirava la zia –tu non sei un eroe. Apprezzo questo tuo spirito altruista, ma
non puoi sempre sacrificarti per il bene del prossimo. Vedi tuo fratello? Lui
non mi ha mai dato questo genere di preoccupazioni. Lui sa come stare lontano
dal pericolo-
A
quelle parole, in teoria, Arethas avrebbe dovuto sentirsi fiero di servire come
modello di riferimento, ma ogni volta non poteva fare altro se non chinare lo
sguardo con vergogna. Lui non era mai stato coinvolto in una rissa, era vero,
ma per il semplice fatto che fuggiva qualsiasi problema gli si parava sulla
strada. Se era vero che Sosthenes si sarebbe gettato a capofitto in soccorso di
una persona in difficoltà, lui avrebbe di certo voltato la schiena per
ritornare sui suoi passi.
Spesso
si rimproverava per quei suoi eccessi di vigliaccheria, eppure non riusciva a
superarli. Non riusciva ad imporsi né voleva rischiare anche in minima parte
coinvolgimenti personali in situazioni rischiose. Evitava i guai per quanto gli
era possibile, e le poche volte in cui ciò gli era difficile finiva sempre con
lo scegliere la via più facile per venirne fuori senza lottare un minuto di più
o perdersi in difesa di chi si trovava nella sua stessa situazione.
A
volte Arethas rimpiangeva il fatto di non possedere almeno una parte dello
spirito battagliero del fratello. Tra loro due Sosthenes era sempre stato il
più forte, il vero cuore della famiglia. Sebbene si scambiassero solo di poche
ore lui era sempre stato il fratello maggiore, quello che sapeva sempre come
cavarsela in ogni situazione, quello che era disposto a sacrificarsi per il
fratellino, gli amici o i parenti. A volte Arethas si sentiva la sua ombra, una
fotocopia riuscita male, come se i loro genitori avessero voluto provare ad
eguagliare la perfezione del primo figlio con una seconda creatura del tutto
simile a lui nell’aspetto ma, purtroppo, diametralmente opposta nel carattere. Subito
dopo ricacciava indietro quei pensieri. Lui amava suo fratello nonostante si
sentisse solo una sua pallida imitazione, nonostante non riuscisse ad
eguagliarlo in quanto a forza fisica o a presenza di spirito.
Erano
una coppia speciale, loro, la loro armonia di contrasti era ciò che li rendeva
unici e complementari. Sosthenes era di gran lunga più bravo nell’agire, nel
porre la sua forza a difesa dei più deboli; lui, Arethas, in compenso sapeva
ascoltare, riflettere e donare i giusti consigli al momento opportuno. Insieme
erano il braccio e la mente, il pensiero e l’azione. Erano unici e
indivisibili. E poi erano gemelli, legati sin dal giorno della loro nascita da
un vincolo misterioso quanto potente. Spezzarlo sarebbe stato impossibile.
Dividerli sarebbe stato impossibile.
*****
A
volte era capitato che Arethas colonizzasse il letto del fratello quando era
troppo stanco per fare caso all’errore o semplicemente quando entrambi si
contendevano il posto vicino la finestra. Quella notte invece decise di restare
sul letto di Sosthenes di proposito. Quella notte, a
detta delle tre donne, qualcuno sarebbe venuto a cercare il fratello: questa
era l’unica cosa che aveva chiara; per il resto, aveva deciso di lasciar
perdere tutte quelle farneticazioni sul destino. Ciò che sarebbe accaduto era
un mistero e nessuno, d’altronde, era mai stato capace di sottrarsi al proprio fato:
ciò che gli Dèi decidevano trovava sempre il modo di
avverarsi. Inoltre, per lui era importante solo una cosa: proteggere suo
fratello. Se per riuscirci avrebbe dovuto rischiare, allora l’avrebbe fatto.
Mentre
stava steso nell’oscurità della camera rifletteva su quella sua prima, vera
presa di posizione. Mai aveva pensato di sacrificarsi per qualcuno, nel suo
egoistico modo di affrontare la vita l’unica cosa importante era la
salvaguardia personale. Quella decisione forse avrebbe cambiato la sua vita, o
forse non l’avrebbe fatto. Chi avrebbe potuto dirlo?
In
qualche modo si sentiva responsabile verso un'unica persona, e quella persona
era suo fratello Sosthenes. Forse era per dimostrare l’ammirazione che aveva
sempre nutrito nei suoi confronti, o per ripagarlo di tutte le volte in cui era
stato malmenato al suo posto quando era accorso in sua difesa nel corso degli
anni, o forse perché voleva dimostrare di essere come lui, di avere il coraggio
di affrontare il pericolo come Sosthenes aveva sempre fatto sin da bambino. Tra
quelle opzioni non aveva ancora saputo decidere quale fosse la più corretta, né
se tutte e tre fossero parte di una verità più estesa che si celava alla sua
comprensione. Qualunque cosa fosse, ormai aveva deciso: quella volta era il suo
turno di difendere il gemello.
Le
ore passarono lente senza che nulla turbasse la quiete della casa. Quel
silenzio d’attesa impediva al ragazzo di rilassarsi o anche solo pensare a
qualcosa che non fosse la minaccia imminente di una forza oscura. Arethas si
limitava a stare lì, disteso nell’ombra, ad ascoltare il lontano sciabordare
del mare e le voci della zia e del gemello nella cucina.
Passò
così tanto tempo che iniziò a pensare persino che quella fosse stata tutta una
sua paranoia. A pensarci bene era assurdo: insomma, tre vecchie fantasma gli
avevano predetto che il suo destino era messo a repentaglio da una minaccia
diretta al fratello. Nella sua visione razionale della vita tutto quello gli
era sempre sembrato inverosimile, eppure sentiva che in quelle parole c’era un
fondo di verità. E quell’unico pensiero lo aveva sempre convinto dell’assoluta
veridicità della profezia.
Sosthenes
non era ancora rientrato in camera quando un’improvvisa folata di vento
spalancò la finestra della stanza. Nel buio Arethas ebbe un sussulto, tuttavia
si costrinse a rimanere immobile. Il cuore iniziò ad accelerare i battiti e gli
balzò in gola nel momento in cui due mani di ghiaccio dalla consistenza quasi
incorporea lo afferrarono per trascinarlo via.
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Salve salve! Si capisce che ho una
venerazione per i gemelli? In effetti questa è la prima fic
in cui tratto di una coppia di fratelli, di solito i miei personaggi sono tutti
figli unici. Però… eh, quando si parla di gemelli è un altro discorso *^* poi
si sa… in Saint Seiya non è che i gemelli siano proprio fortunati… cosa ne
dite, sarò più cattiva di zio Kuru? ;)
Dunque, sarà stata una buona idea lo scambio di persona o
sarebbe stato meglio un po’ di sano menefreghismo? A voi i giudizi.
Ringrazio chiunque vorrà seguire questa nuova impresa :) e vi do
appuntamento al prossimo capitolo, in cui entreranno in scena due dei miei OC
preferiti… ehehe!
Buon weekend!
Kisses,
Rory_Chan