La
missione della Maga
“Riuscite
a immaginarlo? Muoversi in un mondo di cui si conoscono le regole, un mondo il
cui Creatore mormora al tuo orecchio. Poter conoscere esattamente come ogni
situazione si evolverà, come ogni personaggio reagirà e sapere di essere
l’unico con queste conoscenze. Questo, cosa farebbe di voi? Un dio o un
mostro?”
Prologo: “Alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.”
La pioggia cadeva fitta e
la Maga si strinse il mantello attorno al corpo consapevole che si sarebbe
bagnata comunque. Lo scroscio del ruscello ingrossato dal piovasco rivaleggiava
con quello delle foglie dall’acqua. Malgrado il disagio non si mosse attendendo
che il suo messaggio giungesse alla Regina.
“Mia madre vi manda i suoi
saluti.” La Maga si alzò abbassando la testa in silenzio davanti alla
principessa ondina. “Mi è stato detto che vi serve il nostro aiuto.” Era
curioso come la sua voce superasse tutti gli altri suoni senza sforzo.
La giovane era immersa
nell’acqua, i capelli nerissimi ricadevano sulle sue spalle nude perdendosi nel
lago in cui si precipitava il ruscello.
“Sì.”
“Quando?”
“Tra due giorni, alla taverna
del Lupo, nelle Riverboot.”
La ragazza annuì, la Maga
scorse nei suoi occhi un brivido di paura, sapeva che per un’ondina uscire dal
suo elemento e mescolarsi ai terrestri non era cosa comune. Probabilmente solo
la Regina lo aveva fatto ed era stato grazie a lei.
“Verrò.” La ragazza si
voltò e in un istante sparì tra le acque.
La foresta era calma, il
temporale di quella mattina era ormai lontano e il sole iniziava a fare
capolino tra le nuvole, facendo brillare le gocce d’acqua rimaste sugli alberi.
La Maga alzò lo sguardo lasciando che la leggera brezza le accarezzasse il viso
e alle narici le giungesse il profumo dei fiori.
“Sapevo che un giorno
saresti tornata a esigere il tuo prezzo.”
“No, non esigerò nulla, ma
chiederò aiuto. Ho bisogno di te, della tua forza e del tuo coraggio.”
“Non otterrai nulla con le
lusinghe.”
“Lo so.”
“Verrò, ma a una condizione,
vorrò sapere ogni cosa.” La Maga sorrise mentre dall’ombra usciva un elfo, la
sua pelle scura e i capelli bianchi, sottili come fili di ragno lo
identificarono subito come un drow, un elfo scuro.
“Saprai tutto quello che
so io.” Promise.
“Quando?”
“Tra due giorni, alla taverna
del Lupo, nelle Riverboot.” L’elfo annuì, poi tornò a
fondersi nell’ombra sparendo alla vista della Maga.
Le stelle erano nascoste dalla folta vegetazione in
cui si era immersa, ma poté scorgerne il brillare quando raggiunse lo spiazzo
davanti alla montagna. La porta per il villaggio scavato nella roccia era
illuminata da un certo numero di torce e protetta da una palizzata di aguzzi
pali.
“Alto là!” L’intimidazione non la preoccupò invece
abbassò il cappuccio che la proteggeva dal freddo della notte e mostrò il viso
alla guardia. “Oh… perdonate, mia signora.” La Maga sorrise.
“Sai con chi voglio parlare.” La guardia saltò giù
dalla palizzata e sparì. Non dovette aspettare molto, qualche minuto e il
pesante portale si aprì. Il nano che si fece avanti era imbronciato, le braccia
ricoperte da strisce rosse che brillavano alla luce delle fiamme, come tracce
di sangue appena disegnate.
“Mia signora.” La salutò il nano.
“Vedo che la mia magia funziona.” Il nano era un powrie che una maledizione aveva privato del caratteristico
cappello rosso sangue, grazie a lei l’onore del guerriero non era più compromesso,
ora il sangue delle vittimi rimaneva impresso sulle sue braccia.
“Sì, funziona. Ditemi quali nemici devo uccidere per
voi e lo farò.”
“Avrò bisogno di te, per un lavoro.”
“Quando?”
“Tra due giorni, alla
taverna del Lupo, nelle Riverboot.”
“I miei coltelli saranno a
tua disposizione.”
L’alba tingeva di rosa l’orizzonte,
il bosco in cui la Maga stava camminando era ricco di suoni, gli uccelli
cantavano inseguendosi tra i rami mentre gli insetti volavano rapidi di fiore
in fiore. Una farfalla le si posò sulla mano per poi volare via e raggiungere
le sorelle, come lei nate quella stessa mattina.
La Maga si fermò
osservando il sileno. Vari animali erano fermi accanto a lui che leggeva
assorto e ignaro.
“Puoi interrompere le tue
letture per un momento?” La sua voce fece fuggire gli animali mentre il sileno
scattava in piedi, gli zoccoli che risuonavano sulle rocce.
“Oh, sei tu…”
“Non volevo spaventarti.”
Il sileno annuì, la mano ancora premuta sul petto, segno che il cuore gli
batteva veloce. “Mi serve il tuo aiuto.”
“Il mio aiuto? Sono sicuro
che puoi trovare qualcuno di più adatto.”
“No, mi servi tu.”
“Perché? Lo sai che non
sono fatto per le avventure, ti ricordi cosa è successo quando sono uscito dal
bosco?”
“L’ultima volta ti ho tirato fuori dai guai,
sei ancora tutto intero, non mi piace chiedertelo, ma come ho detto: ho bisogno
di te.” Il volto della donna si era fatto serio e il sileno impallidì.
“Quando?”
“Domani, alla
taverna del Lupo, nelle Riverboot.”
“Va bene… io ci sarò.”
Il sole era alto e l’aria
era limpida. Faceva caldo, le pianure erano secche e l’erba era marroncina. Alcune
pecore brucavano quel poco che trovavano muovendosi in branchi. La Maga posò la
mano sulla daga cercando di rassicurarsi. Quell’ultima visita poteva essere un
pericoloso azzardo eppure aveva bisogno di quel quinto elemento.
Lo vide ben prima che lui
vedesse lei. Era seduto su una roccia, la sua imponente massa si stagliava
evidente nella brulla pianura.
“Hai un gregge tuo
adesso.” Il ciclope si voltò con tutta la rapidità che il suo grande corpo gli
permetteva la mazza di legno già nel pugno.
“Tu.” La riconobbe,
l’occhio rosso che la fissava.
“Io. Hai un debito con
me.”
“Noi ciclopi siamo
disonesti ed egoisti, cosa ti fa pensare che non ti mangerò?”
“Puoi provarci.” La Maga
guardava il gregge con indifferenza, ma la minaccia nelle sue parole non sfuggì
al ciclope che annuì tornando a sedersi.
“Bene, cosa vuoi?”
“La tua presenza per una
missione. La tua parole che ubbidirai ai miei ordini e che non farai nulla di
ciò che io potrei considerare riprovevole e questo per tutto il tempo che
saremo assieme.” L’essere storse il naso, sapeva che se avesse accettato non
sarebbe riuscito a svincolarsi dalla parola data.
“Ero il più piccolo dei
miei fratelli, mi picchiavano e maltrattavano, mi hai dato un secondo occhio…
sì, credo di poterti concedere il mio aiuto.” Lo sguardo della Maga cadde
sull’occhio inciso nella cintura del ciclope. Grazie a quello poteva percepire
la profondità e dunque divenire un guerriero temuto, malgrado i suoi soli
quattro metri di altezza.
“Quando?”
“Domani, alla taverna del
Lupo, nelle Riverboot.”
“Molto bene.”
“Voglio la tua parola.” Il
ciclope sbuffò.
“Ebbene, hai la mia
parola, mi comporterò bene e ubbidirò ai tuoi ordini fino a quando non saremo
separati, poi non ti dovrò più niente.”
“Poi non mi dovrai più
niente.”