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Autore: Natsu_Fire    20/02/2016    5 recensioni
[SPOILER 6X03]
Ambientata alla fine della 6x03: Ian, dopo aver litigato con Lip, torna nel South Side, dove ha un incontro alquanto spiacevole.
E' quindi una What If: cosa sarebbe successo se Ian non avesse incontrato i pompieri su quel ponte?
Ho provato a dare una svolta alla serie inserendo la nostra amata Gallavich.
C'è un po' di Angst, spero vi piaccia se date un'occhiata!! Buona lettura :)
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Phillip 'Lip' Gallagher, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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TELL HIM, PLEASE

 

Era sera e lì, lontano da casa sua, Lip Gallagher non sapeva che fare se non guardare il soffitto con aria pensierosa. Quella sera Helene era impegnata, così era rimasto solo con i suoi problemi. Quella mattina lui e Ian avevano litigato, o meglio, Ian gli aveva sbraitato contro quanto fosse egoista. E Lip non capiva il perché, o forse non voleva capire. Aveva fatto di tutto per aiutarlo, lui e il suo bipolarismo di merda. Ecco, il bipolarismo. Era quello il vero problema, era lui che gli aveva portato via suo fratello, quello con cui si confidava, che aiutava sempre tutti col sorriso sulle labbra nonostante i mille problemi della sua vita, quello che si era innamorato follemente di uno stronzo come Mickey Milkovich, quello che a causa dello stesso Milkovich era scappato dal South Side, si era arruolato, era finito nella prigione militare, quello che ha dovuto vedere cadere in mille pezzi se stesso, il suo sogno e il suo amore tutti insieme. Suo fratello stava male, e non solo per la malattia, e lui che faceva? Fissava un soffitto, crogiolandosi nell'odio che Ian provava per lui, per il suo egoismo, per l'enorme cazzata che aveva fatto: lo aveva cacciato via, perché ora ha i "suoi spazi". Lip aveva capito che suo fratello odiava sentirsi trattato da malato, ma non aveva capito che averlo allontanato gli avesse fatto ancora più male. Per questo quando guardò pigramente il cellulare, pronto a rifiutare la chiamata, rimase sorpreso: per quale motivo c'era il nome di Ian in maiuscolo, con in sfondo una sua foto di qualche anno prima a riempire lo schermo, a quell'ora?

~

Ian Gallagher era stanco, si sentiva più pesante ogni passo che faceva. Doveva tornare a casa, lo sapeva. Aveva litigato con Lip quella mattina, perché odiava quando si preoccupavano per la sua malattia e non per il vero Ian Gallagher, perché se solo vedessero veramente ciò che il rosso chiedeva, sarebbero stati tutti più felici: voleva essere trattato come una volta. Sapeva di aver reagito male, aveva esagerato, ma non se ne pentiva. Lip era stato la sua ancora da sempre, da quando erano bambini. E ora? Ora non potevano nemmeno condividere la stessa stanza, tutto era svanito in meno di un attimo quella sera prima, sul pavimento pieno di vomito di quel college di merda. Ian camminava a passo veloce, quando si ricordò di aver litigato con Fiona proprio il giorno prima. Rallentò di colpo, come se quei pensieri iniziassero a pesare troppo. Fiona era come una madre troppo apprensiva, che non ti lascia respirare se non c'è lei al tuo fianco. Le prendeva, lui, quelle maledette medicine, e non doveva ricordarglielo nessuno, perché era già abbastanza difficile da accettare per lui, ma se gli veniva ricordato ogni momento...era davvero troppo. Eppure era sua sorella, si preoccupava per lui come forse nessun altro avrebbe mai fatto.

Si fermò. Si guardò intorno, era sul marciapiedi parallelo alla casa di Karen Jackson, la puttanella che si scopava suo fratello anni prima. Si appoggiò distrattamente al muro, tolse fuori le sigarette e se ne accese una. Era buio e i rumori nel vicolo di lato a lui non promettevano promesse felici, ma erano nel South Side, in fondo. Sospirò chiudendo gli occhi.

Sí, c'era qualcun altro che lo avrebbe fatto, che non si sarebbe stancato di prendersi cura di lui. Ma Ian non poteva permettere che perdesse la sua vita con uno come lui, passando il tempo a temere l'ennesima cazzata o l'ennesima crisi di depressione. Non poteva continuare a fargli condurre una vita così incasinata, lui che di casini ne aveva già. Non riusciva ancora a crederci che era in prigione per colpa sua, in fondo non avrebbe mai attentato alla vita di Sammie se lei non avesse chiamato i militari. Sapeva di avergli spezzato il cuore, quel cuore che nelle notti di fuoco batteva all'unisono col suo, anch'esso ormai rotto. E lui glielo aveva detto, dopo così tanti anni, dopo così tante speranze.. Mickey alla fine glielo aveva detto, quel "ti amo" sempre sottinteso e mai sussurrato, e quando era successo Ian si era sentito un mostro, perché l'uomo che amava si era aperto totalmente a lui, e ora gli voltava le spalle. Aveva deciso di non vederlo più, perciò quando era andato a fargli visita la salivazione si era azzerata, il suo cervello, o quello che ne rimaneva, non aveva nessuna facoltà di scegliere: amava Mickey anche con addosso quell'orribile uniforme arancione. Lo ringraziò mentalmente quando ruppe la tensione che aleggiava tra loro e gli mostrò il tatuaggio. Sorrise al pensiero, perché era la prova che avrebbe continuato ad amarlo.

Tirò un'ultima volta dalla sigaretta, prima di lanciare il mozzicone al centro della strada. Sospirò per l'ennesima volta, indeciso se tornare a casa o passare la notte su un marciapiedi, magari con Frank e una bottiglia di Jack Daniel's, quando sentí dei passi svoltare l'angolo del vicolo vicino per poi arrestarsi bruscamente.

"Tu!"

Si girò, poco interessato, convinto fosse un qualche ubriacone che lo aveva scambiato per qualcun altro. Ma appena i suoi occhi incontrarono quei due crudeli pezzi di ghiaccio si arrestò sul posto, incapace anche solo di respirare.

"Tu!" ripeté quell'orribile voce gracchiante, mentre si avvicinava velocemente.

"Terry" il sussurro che uscì dalle labbra di Ian fu appena udibile dal ragazzo stesso. Provò a fare anche solo un passo indietro, ma l'uomo l'aveva già afferrato per il colletto e sbattuto al muro.

"È colpa tua! Gallagher di merda!" nella poca luce di quegli scarsi lampioni Ian vide arrivare a malapena il gancio destro di Terry, più incazzato che mai. Sentí il sapore ferroso del sangue invadergli la bocca e scendere giù per la gola.

"Tu e la tua fottuta frociaggine del cazzo!" gli sbatté la testa al muro ripetutamente tanto che Ian non sentiva quasi più nulla se non quei colpi incessanti. Non riusciva a pensare a nient'altro, Terry era tornato, lui ne pagava le conseguenze..e se ne sentí quasi sollevato, perché era lui e non Mickey a dover sopportare gli abusi di Terry, stavolta.

"Ti scopi quel pezzo di merda di mio figlio e pensi di poter farla franca?" caricò bene il pugno diretto allo stomaco, prima di affondare con rabbia sul corpo del rosso.

"Ti ammazzo, ti ammazzo!"

Ian cercò invano di liberarsi: Terry era una furia, e le strade erano deserte. La testa pulsava e quasi non sentiva più il resto del corpo mentre con un silenzioso lamento assorbiva i colpi ben mirati del più vecchio.

Quando sentí il rumore di una macchina in lontananza Ian pensò che finalmente era finita, Terry lo aveva mollato di colpo, con in mano la sua fidata pistola macchiata di sangue. Forse l'aveva colpito anche con quella, e nemmeno se ne era accorto. Mentre il più piccolo si reggeva a malapena in piedi, appoggiandosi al muro tra gli ansiti, l'altro sembrava indeciso sul da farsi: ma i Milkovich non esitano.

"Vaffanculo, tanto nessuno verrà a sapere che sono stato io. Non finirò di nuovo dentro" borbottò. Poi Ian lo sentí distintamente caricare la pistola, afferrarlo per la maglietta e piantare l'arma nel suo stomaco, prima di fare fuoco e sentirlo scappare.

Il rosso percepí, insieme agli altri dolori, quello fresco della pallottola. Gli mancò il respiro e iniziò a tossire e sputare sangue, mentre si accasciava a terra.

"Merda" riuscì a borbottare. Non riusciva a respirare e credette che stavolta era davvero finita. Ma prima doveva fare una cosa, doveva far sapere a tutti quanto gli dispiacesse. Provò a mettersi seduto, rovistò bella tasca del giubbotto emettendo un gemito di dolore e finalmente tirò fuori il cellulare, andò nelle ultime chiamate e, con gli occhi appannati dal sangue, vide distintamente un nome così corto da identificarlo come quello di Lip.

~

"Ian?"

Lip sentí tossire dall'altra parte del telefono, e la cosa lo confuse. E lo preoccupò.

"Ian?!" chiese con un tono più alto e allarmato, alzandosi dal letto e mettendosi qualcosa addosso, pronto ad andare ovunque pur di aiutarlo.

"M-Mi dispiace" lo sentí buttar fuori con voce rotta. Ma Ian non stava piangendo, e quindi non si spiegava il perché di quella voce così strana.

"Dove sei?!"

Lo sentí muoversi e simulare una risata mezza divertita, ma capiva che di divertente non c'era nulla.

"Davanti alla casa di Karen Jackson, t-te la ricordi, n-no?" il rosso ansimò, riprendendo il respiro.

"Che diavolo è successo?" Lip si stava mettendo i pantaloni, pronto a partire con la macchina del suo professore anche a quell'ora, se necessario.

"S-Senti Lip.." Ian si era fatto serio e questo era un cattivo segno "Mi dispiace per stamattina..e per tutte le altre volte che ti ho trattato da schifo" un sospiro mozzato "anche se s-sei un bastardo ti voglio b-bene lo stesso"

"Che cazzo dici? Che è successo?!" credeva di aver messo la maglietta al contrario, ma al momento non era importante.

"Ho una cazzo di pallottola ficcata nello stomaco, q-quindi ascoltami"

Lip si congelò, che cazzo aveva detto?

"Dí a Fiona che mi dis-dispiace per ieri, e dí a Debs, Carl e Liam che gli v-voglio fottutamente bene"

"Cazzo Ian, resisti! Resisti.. Un'ambulanza, presto! A questo indirizzo muoviti!"

Lip non tentava più nemmeno di fermare le lacrime mentre incaricava un ragazzo di chiamare l'ambulanza. Suo fratello era solo e ferito per chissà quale motivo e gli stava rivolgendo le sue ultime parole. Quello che stava parlando era l'Ian di anni prima, che si preoccupava per gli altri..o forse quell'Ian, in fondo, non se ne era mai andato: era stato lui a non volerlo vedere.

Il rosso iniziava a credere che seduto con la schiena appoggiata al muro stesse perdendo più sangue, perché iniziava a non sentire più le gambe, la testa pulsava e gli bruciava tutto, ma ormai non gliene importava. Però aveva ancora una cosa molto importante da dire, doveva resistere ancora qualche attimo.

"E poi.." prese un respiro, come se dirlo gli risucchiasse tutte le energie "Diglielo Lip, t-ti prego" e Lip poteva giurare che stavolta quei respiri spezzati erano davvero singhiozzi. Non era difficile capire di chi stava parlando. E gli si strinse il cuore, il suo fottuto fratellino aveva bisogno di aiuto.

"Glielo dirò, Ian"

"Digli c-che non è stata colpa sua e che..cazzo.. Lo amo un casino"

"Glielo dirò, ma tu resta con me, ok?"

Nessuna risposta.

"Ok? Ian?!"

Nessuna risposta.

"IAN?!?!"

~

Il carcere era stato sempre la seconda casa di un Milkovich. Non si sapeva se per un paio di mesi o per un paio d'anni, ma era sempre casa. Questo era uno dei motivi per cui chiamava gli agenti coi loro nomi, come fossero ormai fratelli da una vita.

"Milkovich!"

"James, sei venuto a liberarmi? Questo letto è fottutamente scomodo" scherzò il Milkovich. L'altro sorrise, aprì la cella e lo ammanettò, accompagnandolo nella stanza delle chiamate.

"C'è una chiamata per te" lo informò James. Il cuore del Milkovich saltò un battito, forse perché sperava che dall'altro lato ci fosse un particolare rossino con mille lentiggini. Venne liberato e afferrò con foga il telefono portandoselo all'orecchio.

"Pronto?"

"Mickey, sono Lip" la speranza svanì di colpo, sostituita dalla rabbia.

"Che cazzo vuoi, cervellone?"

"Si tratta di Ian" e Mickey si fece subito serio.

"Cos'è successo?"

~

"Dicono che sia un miracolo.. Non ha nemmeno bisogno dell'ossigeno. L'hanno operato d'urgenza appena arrivato in ospedale, e la situazione era critica..non si spiegano come non sia morto sul colpo o per la perdita di sangue, o ancora per i colpi alla testa.. Ma ora... Cazzo,

dicono che sta solo riposando. È imbottito di antidolorifici, ma dovrebbe comunque svegliarsi tra qualche ora e..voglio che ci vada tu, Mickey."

Erano queste le parole che gli aveva rivolto Lip quando era giunto in ospedale, con la sorveglianza naturalmente. Si era fatto abbastanza amicizie da farsi concedere qualche ora fuori dal carcere. Ora in quella stanza dalle pareti bianche e dall'insopportabile puzza di disinfettante fissava il corpo immobile di quel ragazzo forte e fragile di cui si era innamorato anni prima. Aveva il viso pieno di lividi e di ferite incrostate. Aveva controllato anche la ferita della pallottola, alzando le coperte e vedendo quel corpo mezzo nudo fasciato all'altezza dello stomaco. Non sapeva cos'era successo ed iniziava a non sopportare più quell'attesa snervante. Sollevò lo sguardo verso quell'oggetto infernale e allo stesso tempo rassicurante che segnava il battito di Ian. Regolare.

Mickey sospirò chiedendosi cosa avesse fatto il rosso per essere conciato così. Ma aveva come la sensazione che non fosse qualcosa dovuto al bipolarismo, perché Svetlana gli aveva detto che prendeva le medicine ogni giorno. Allora, perché? Se solo avesse saputo chi fosse stato avrebbe volentieri passato altri trent'anni in carcere per omicidio.

Tornò con lo sguardo sul rosso, che ogni tanto faceva inconsapevolmente qualche smorfia dovuta al dolore e nemmeno se ne rendeva conto. Quando però iniziò a tossire Mickey capí che era arrivato il momento. Si trovò nel panico, forse avrebbe dovuto chiamare la sorella mamma chioccia, o quel teppistello di Carl.. Ma quando vide aprirsi quei pozzi verdi si bloccò, tornò a sedersi sulla sedia accanto al letto e aspettò.

Ian chiuse di nuovo gli occhi e provò a mettersi seduto ancor prima di rendersi conto di dove si trovasse, ma fallì miseramente e si accontentò della posizione precedente.

"Merda"

"Bel modo di uscire dalla convalescenza"

Il rosso si voltò velocemente, peggiorando l'emicrania, e sbarrò gli occhi alla vista di Mickey in quella fottuta divisa arancione guardarlo con gli occhi lucidi e con il suo sorriso strafottente. Ma Mickey era in carcere, non poteva essere vero. E fra tutte le possibili soluzioni arrivò alla risposta.

"Sono morto?"

L'altro sbarrò gli occhi e sollevò le sopracciglia, indeciso se ridere o picchiarlo a quella domanda, mentre segretamente godeva di avergli fatto accelerare i battiti solo alla sua vista.

"Non pensarlo nemmeno, cazzo"

Mickey sospirò, pensando che aveva poco tempo e avrebbe voluto sapere cos'era davvero successo. Gli prese una mano, nascondendo l'imbarazzo, perché quella era sicuramente una cosa da froci. L'altro gliela strinse di rimando.

"Come ti senti?"

"Come se fossi stato preso in pieno da un camion" gli sorrise, e il cuore del Milkovich si alleggerí, Ian non ce l'aveva con lui.

"Chi ti ha conciato così?"

La mente di Ian lavorò velocemente: era sera, lui fumava, poi era arrivato..

"Non tornare a casa!"

Il tono spaventato e supplicante confusero il più grande. Era ovvio che non poteva tornare alla casa del South Side, per ben otto anni sarebbe stato il carcere la sua casa.

"Perché?"

"Stavolta ti ammazza, non andare!"

"Chi? Chi cazzo mi dovrebbe ammazzare? Quella psicopatica di Sammie?" mollò la mano del rosso per gesticolare come suo solito, perché diamine, la sua pazienza aveva un limite.

"Terry"

Mickey si gelò sul posto, Terry era tornato? Quando? Perché non ne sapeva niente? Aveva picchiato e sparato Ian, quel bastardo? Stava per rispondere quando gli agenti irruppero nella stanza, salutando con un cenno Ian, e portandosi via Mickey. I due si rivolsero uno sguardo pieno di parole prima che la porta venisse sbattuta violentemente.

Appena fu fuori Mickey sentí ribollire la rabbia dentro di sé, e a malapena sentí Lip chiedere qualcosa ai poliziotti, prima che questi lo mollassero e gli dessero altri cinque minuti prima di tornare al carcere.

"Ehi Mick, si è svegliato? Che ti ha detto?"

L'altro sembrò svegliarsi e lo fulminò con lo sguardo.

"Tu sapevi che Terry fosse tornato? Dovete stargli alla larga, cazzo! Per poco non me lo ammazzava!"

"Terry? È stato lui?" alla vista di Lip in quello stato Mickey si rese conto che nessuno sapesse della liberazione di suo padre.

"Senti, fatelo denunciare. Quel pezzo di merda deve marcire dentro" proprio quando Mickey si voltò per tornare dagli agenti Lip lo bloccò per un braccio, porgendogli un telefono.

"Lo voglio morto quanto te, credimi. Ma prima.. Ieri sera, quando Ian mi ha chiamato, mi ha detto di dirti una cosa. Poi mi sono accorto che nel panico ho premuto qualche tasto di troppo e che ho registrato la chiamata.. Quindi se vuoi..puoi sentirlo tu stesso, se te la senti"

Mickey prese riluttante il telefono. Appena Lip si fu allontanato lo pose all'orecchio e iniziò ad ascoltare, con la paura che le ultime parole che avesse voluto rivolgergli non sarebbero state piacevoli.

Era stato difficile trattenersi per tutta la chiamata, la voce di Ian era rotta e sofferente, poteva immaginarlo su quel marciapiedi, dolorante e disperato. Ma equando lo sentí piangere per lui, rivolgergli quelle poche parole "Diglielo, Lip, ti prego. Digli che non è stata colpa sua e che, cazzo, lo amo un casino". Quelle parole erano state troppo. Sentí le lacrime scorrere come un fiume inarrestabile dai suoi occhi azzurri, allontanò il cellulare, perché Ian era già svenuto, e lo porse a Lip dopo essersi asciugato per bene il viso, nonostante i suoi occhi rossi lasciassero trasparire tutto.

~

Mickey ispirò un paio di volte, imprimendosi quell'orribile odore di muffa e di chiuso che non vedeva l'ora di dimenticare. Era passato un anno da quel casino, e finalmente James lo accompagnava alla porta per una bella ragione, mentre i 'compagni' lo salutavano da dietro le sbarre.

"Sei libero, amico" gli disse James, prima di aprire la porta e farlo uscire fuori, coi suoi vestiti, senza più quella terribile uniforme del cazzo a renderlo uguale agli altri idioti finiti dentro.

Si guardò intorno e perse un battito quando vide una scena che gli apparí come un flashback nella sua mente: Mandy ed Ian lo stavano aspettando mentre chiacchieravano fra loro di solo Dio sa cosa. Quando gli occhi del rosso si alzarono a qualche strana battuta della sua migliore amica incontrarono per caso gli zaffiri del Milkovich più grande, che si lasciò andare ad un lungo sospiro di liberazione, ripassando di colpo tutti i muscoli che non Sapevo nemmeno di avere in tensione. Mandy si fermò a guardarli qualche attimo - perché, diavolo, vedere Mickey così docile le faceva un certo effetto - prima di lasciarli soli, allontanandosi silenziosamente, sicura che Ian avesse capito le sue buone intenzioni.

Mickey fece qualche passo verso il rosso, che lo guardava come se fosse la cosa più bella del mondo. Si era sempre comportato così con lui, aveva sempre visto del bene in Mickey, che Mickey stesso non sapeva nemmeno esistesse. Grazie ad Ian era uscito dopo solo un anno di

prigione, perché grazie alla denuncia contro Terry, di nuovo dentro, gli era stata pagata un'assicurazione abbastanza alta da pagare la cauzione di Mickey. Avrebbe potuto salvare qualcun altro, la sua famiglia ad esempio, in fondo erano davvero in condizioni disastrate..ma aveva scelto di nuovo lui. Da allora Ian andava a fargli visita ogni settimana, come se fossero tornati a tanti anni prima: Mick in riformatorio e Ian con la mano appiccicata al vetro che li separava.

"Ehi"

Sentire la sua voce senza un fottuto telefono era la cosa più bella che potesse desiderare. Ma ancora più bello era stato il momento in cui il Milkovich si avvicinò all'altro, racchiudendolo in un abbraccio così forte da temere di soffocarlo. L'altro ricambiò con altrettanta urgenza e in quel momento si sentí davvero completo.

"Andiamo a casa?" doveva riabituarsi a tutto quell'affetto, ma era sicuro che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per recuperare quello che avevano perso...

"Mi sembra che abbiamo un appuntamento in sospeso, io e te"

...ma non pensava di iniziare subito!

 

#Corner

Salve a tutti! È la prima volta che scrivo qualcosa su Shameless, e naturalmente non potevo che soffermarmi sulla coppia più bella della serie!

Ian e Mickey sono i personaggi più belli che abbia mai visto, e insieme poi..sono sicuramente l'OTP di tutte le ragazze!

Questa fanfic è ambientata nella 6x03, dopo che Ian va via dal college. Non mi piace il fatto che non ci sia Mickey, quindi perché non farlo tornare? Così ci togliamo Caleb dai piedi XD

Ho provato a dare un altro epilogo (spero decente) alla loro magnifica storia. Che ne pensate? Spero di sentire le vostre opinioni :)

kisses

Natsu_Fire♥

  
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