Era
una mattinata di metà marzo e la pioggia incessante
non aiutava molto nella mia corsa mattutina. Ci tenevo ad allenarmi
tanto e
correvo almeno un’ora al giorno tutti i giorni, e non potevo
certo rallentare
ora che si avvicinavano le finali del torneo di Tennis.
Uno solo sarebbe stato scelto per la finale ad Ester e quello dovevo
essere io!
Ero quasi arrivato ai campetti di rimpetto all’istituto
quando appostati tra
gli alberi intravedo Jass e la sua banda erano una ventina in tutto, li
si
vedeva spesso a girare insieme e a combinare casini. Faccio un ghigno
schifato
e continuo a correre fingendo di non vederli, quando mi ritrovo a pochi
passi
da loro Jass mi afferra il collo col suo enorme braccio.
“Oi oi oi non allenarti troppo ragazzino, o va a finire che
crepi prima delle
prove finali!”
Lo guardai irritato e mi liberai dalla presa.
“Lasciami in pace idiota!”
“Chi ti ha insegnato a parlare così eh? Tanto lo
sappiamo che se vieni scelto e
solo perché sei raccomandato.” Questa volta a
parlare era stato il mio rivale,
Max, non mi facevo problemi ad ammettere la sua bravura in campo ma era
decisamente al disotto del mio livello. Lui e Jass erano i capo branco
di
quella massa di idioti, ed io ero un loro bersaglio abitudinario, ma
non avevo
certo intenzione di farmi mettere i piedi in testa!
“Max arrenditi, verrò scelto io per le finali
quest’anno!” Dico altezzoso
cercando di camuffare l’affanno per la corsa.
“L’anno scorso sono stato mandato io alle finali, e
ci andrò anche quest’anno!”
“Forse perché gli studenti del primo anno non
possono partecipare ai tornei
esterni, e guarda caso sei di un anno più grande di me! A
quanto pare non è
solo il tuo allenamento a perdere colpi!”
Come di consueto Jass fa un cenno con la testa ad un
“novellino del branco”,
come li chiamavo io, e quello si fionda su di me bloccandomi le braccia
da
dietro. Erano in troppi in quel momento e sarebbe stato stupido
reagire, Jass
si avvicina minaccioso stringendo una mano a pugno.
“Ehi Jass perché non lasci perdere?
L’hai detto anche tu, no? Max lo batterà
sicuramente lasciamo che se la vedano sul campo!” Era
spuntato lui Almasy, era
arrivato al Garden da poco più di un mese e come immaginavo
si era unito alla
banda dei senza cervello. Avevamo cominciato le lezioni nella mia
stanza da due
settimane ma era come parlare con una scimmia, così quel
pomeriggio gli avrei
sottoposto un test per capire come meglio muovermi. Non avevamo
praticamente
scambiato parola oltre che per lo studio, volevamo evitarci a tutti i
costi e
speravo di liberarmi di lui quanto prima, o comunque prima che
diventasse come
gli altri della banda.
Il ragazzino dietro di me allentò la presa e ripresi a
camminare senza
aspettare la sentenza del “capo”
Era sera fuori faceva
freddo, aveva nevicato tutto il giorno. Avevo 5 anni, non capivo ancora
il
perché di tante cose.
Eravamo pochi metri lontani dal cancello di casa e lui mi
portò a vedere il
corpo del cucciolo di un gatto in decomposizione.
“Questo accade quando il genitore sa che il cucciolo non
è abbastanza forte per
sopravvivere alle difficoltà della vita, viene
abbandonato!”
Non piangevo, non lo facevo mai. Ero arrabbiato, solo tanto arrabbiato.
“Allora la mamma è cattiva! Perché ha
lasciato questo piccolo tutto solo!?”
Chiesi indispettito.
“Perché se lo avesse fatto sopravvivere lui
sarebbe morto comunque, perché se
nasci sotto la luna nera della malasorte devi essere forte il doppio
per
sopravvivere!” Disse l’uomo con voce tremolante.
“E’ colpa mia vero? Quello che è
accaduto… non potrò mai essere felice,
vero?”
Questa volta calde lacrime vennero a pizzicarmi gli occhi, puntai lo
sguardo
sulla neve per non cedere, per essere forte!
“Ricordatelo Squall, sarà sempre così:
i bambini cattivi non potranno mai
essere felici!”
Un forte rumore mi ridestò dai miei ricordi, era arrivato
Seifer. Si era seduto
sullo sgabello e aveva lanciato i suoi libri sulla scrivania.
“Oi sei vivo! Ho bussato per un’ora qua fuori e non
ti sei accorto di me
nemmeno quando sono entrato!” poi prese a grattarsi il mento
con fare annoiato.
“Mmm ero impegnato, ripetevo!” la butto
lì cercando di passare velocemente
all’ora di recupero che ci aspettava.
“Come no… cosa sei un romanticone che ti metti a
fissare il tramonto?” Giro la
testa verso la finestra, in effetti si intravedeva un tramonto di
fuoco… da
quanto tempo ero lì?
“Squall, tutto bene?” Mi chiese fissandomi negli
occhi.
“Che ti frega? Si sto bene! Tieni compila questo e poi
cominciamo ok?” Dico
mentre gli porgo il foglio con le domande.
“Non sei un professore non puoi rifilarmi un
compito!”
“Idiota! E’ per vedere il tuo livello di studi, se
hai imparato qualcosa
insomma.” Lui continuò a dire qualcosa riguardo al
compito, poi a lamentarsi e
a chiedermi cosa significasse una parola o un’altra. Quando
vide che non gli
rispondo si mette a leggere in silenzio il questionario.
“Non
hai segni sulle braccia…” Ancora una volta vengo
colto di sorpresa, avevo
ancora lo sguardo verso la finestra, doveva essere passata
un’ora ormai.
“Come hai detto?” Chiesi a Seifer una volta tornato
in me.
“No… niente, beh sei strano! Non hai amici, sei
l’unico studente a stare in una
camera singola, sei a dir poco odioso e poi… beh e poi
guardi la finestra!” Mi
rispose, stava stillando un lista della spesa o cosa?!
“Grazie per le belle parole, ma cosa centra questo con la
finestra? I segni?”
Quella giornata ero stressato più del solito e volevo solo
buttarmi sul letto a
dormire
“Nulla! Sai porti maglie a maniche lunghe e quando sei in
campo hai i polsini e
quindi… ah lascia stare sono un’idiota!”
Aveva una faccia da tonto e
un’espressione confusa.
“Cioè tu credi che io mi tagli? Sul serio sei un
idiota. Tutti portiamo maglie
a maniche lunghe e io faccio Tennis i polsini servono per il
sudore.”
“Senti ma come mai hai una camera da solo? Allora
è vero che sei raccomandato
per via di tuo padre?” Cerco velocemente di cambiare
discorso. Nemmeno a me
interessava continuare quella conversazione e lasciai perdere.
“Non ho alcun favoritismo per via di mio padre, non sono uno
che ama
socializzare, e dopo alcuni mesi passati a cambiare camere per via
delle
violente conseguenze, hanno deciso di assegnarmi questa
stanza.”
“Beh non ti è andata male, è piccola ma
non hai molti oggetti a quanto pare,
hai anche un balcone che affaccia sul bosco, l’unica pecca
è che si deve fare
tutta la scalinata. Nah qui c’è lo zampino di tuo
padre come dicono i ragazzi!”
Si stese un po’ sulla sedia e incrociò le mani
dietro la testa, voleva
provocarmi.
“Ora cominci a essere esattamente come loro… mi
hai visto in campo, credi
davvero che io non valga nulla? Credi che abbia bisogno di
raccomandazioni per
dimostrare di essere il migliore?” Non poteva darmi torto,
capitava spesso di
incrociarsi durante gli allenamenti. Se mi avesse dato torto era un
cretino
come tutti gli altri.
“No è vero te la cavi bene, ma sai tuo padre
è il presidente di Esthar… e poi
sei sempre convito di essere il numero uno, mi sa che
l’aiutino ci sta.” Mi
voltai iroso verso di lui aveva la testa pendete verso destra e un
sopracciglio
alzato. La voglia di afferrarlo per il collo e sbatterlo contro il muro
era
forte, dovevo trattenermi per via delle selezioni
l’allenatore era stato molto
chiaro: “Niente richiami o risse
fino
alla partenza, o ritieniti fuori prima che io abbia deciso chi mandare!”.
Rimasi in silenzio e presi il compito di Seifer, cominciai a cancellare
e
ricorreggere con la penna rossa.
“Dai “numero uno” sii clemente non posso
aver sbagliato tutto. Spiegami come
fai tu, se hai un trucchetto insomma.” Continuava a fare
allusioni su mio padre
e lo sforzo diventava sempre maggiore. Dopo poco staccai la penna dal
foglio
completamente rosso e glielo porsi.
“Tieni portalo al preside, vicepreside, professori non mi
interessa. Sei un
caso perso, non ho intenzione di continuare con te.” Mi alzai
dalla sedia e mi
diressi verso la porta, ma il biondo afferrò la maglia
tirandomi verso di lui.
“Chi ti credi di essere eh? Sei così convinto di
essere il migliore di tutti?!”
Cercavo di non guardarlo negli occhi e non gli diedi alcuna risposta.
“Squall senti…” Cominciò lui
lasciandomi andare “Tu non piaci a me e io non
piaccio a te, mi serve il tuo aiuto ok! Ho il compito di recupero tra
pochi
giorni, magari se mi va bene potrò smettere di venire qui e
ti lascerò in pace.
Magari convinco anche i ragazzi a lasciarti stare!”
“Non ho alcun bisogno che tu dica loro di smettere. So
cavarmela da solo, sono
un mio problema!” Non volevo essere aiutato da nessuno in
nulla, ma Seifer
aveva ragione se volevo togliermelo davanti era meglio usare il
cervello.
Tornai a sedermi alla scrivania
“Allora? E’ già passata l’ora
di recupero oggi faremo gli straordinari, fammi
vedere cosa non ti è chiaro.”
Non vedendolo arrivare mi voltai a guardarlo: aveva le mani appoggiare
ai
fianchi e sorrideva, l’angolo desto della bocca tendeva ad
alzarsi più del
sinistro. Dalla finestra entravano gli ultimi raggi del tramonto, i
suoi
capelli biondi sembravano fondersi con quel colore caldo, il tutto
calcava il
suo viso come a fare de cornice a un quadro perfetto.
“Se passo il test e tu vieni scelto per le finali ad Esthar,
giuro che non dirò
mai che è grazie a tuo padre!” Giunse al suo
accordo e si sedette accanto a me
sorridente. Quel pomeriggio restammo lì a studiare fino
all’ora di cena. Era
strano, non passavo così tanto tempo con qualcuno, pensai
che quando il biondo sarebbe
arrivato in pari con gli studi non ci saremmo più visti. Era
inutile tanto
sarebbe finita presto.
Ero in piedi nell’atrio principale e continuavo a guardare la
bacheca in sughero,
era questione di attimi e sarebbero stati affissi i nomi dei
partecipanti ai
tornei ad Esthar. Ero fermo e tranquillo all’apparenza ma
dentro morivo dall’ansia.
Dietro di me Max e un suo compagno, altro tennista, parlottavano tra
loro,
aveva gli occhi sempre puntati su di me come se avessi potuto
imbrogliare in
qualche modo.
Atri ragazzi per altri sport erano lì in attesa, molto
probabilmente io e Max
saremmo stati insieme comunque, anche se la partita era una singola
serviva
comunque qualcuno in panchina.
Finalmente vedemmo arrivare Quistis con i fogli in mano.
“Ragazzi restate indietro! Fra un attimo saprete
tutto!” Attaccò i fogli e
appena si allontanò di qualche passi ci fiondammo tutti
sulla bacheca, sembrava
la mensa quando stavano per terminare i panini.
E finalmente il momento che aspettavo da anni eccolo lì:
Tennis/Gara singola –
Squall Leonhart! Ce l’avevo fatta! Il cuore sembrava
impazzirmi nel petto!
Tutto d’un tratto mi sentii strattonare via.
“Brutto stronzo!” Max aveva gli occhi pieni di
rabbia e probabilmente voleva
fare a botte. Quistis era ancora lì appena si accorse della
scena venne verso
di noi “ Max cosa hai intenzione di fare!” Non so
se la vicepreside si rendesse
conto che col suo modo di fare aiutava solo a farmi odiare ancora di
più. Max
mi lasciò andare, aveva il viso contratto in una smorfia di
rabbia, perfino i
suoi capelli neri a spazzolino sembravano più ritti del
solito.
“Lenhart questa me la paghi!” Sussurrò
prima di allontanarsi, io ero sempre lì
impassibile con l’espressione di sempre… non avrei
fatti sciocchezze proprio
ora.
Erano le sei di sera e stavo tornando dalla lavanderia, ero ancora
eccitato
dall’idea di partire tra due giorni. Imboccai il corridoio e
mi scontrai con
Seifer.
“Squall! Ma dov’eri? Ti ho cercato. Ho passato il
test! Ma devo avvisarti che
sono ancora indietro col programma, quindi vogliono che continui a
studiare con
te.” Nei giorni scorsi avevamo studiato spesso fino a tardi,
personalmente non
era un gran problema visto che io ero vanti col programma ma la cosa un
po’ mi
infastidiva.
“Non è una novità che sei ancora
indietro, non credere che ti terrò fino a
tardi nella mia stanza, scordatelo!”
“Oh insomma, faremo solo un ora come pattuito, non mi
tratterò ok? Oh ho saputo
dei risultati per le finali. Congratulazioni, non è stato
grazie a tuo padre!”
Lo fissai per qualche secondo
“Sei proprio stronzo!” Gli passai di fianco e
continuai la mia strada
“No no Squall dico sul serio, credo davvero che tu meritassi
più di Max di andare
alle finali. Anche se non è quello che ho detto a lui. Sai
è piuttosto
irritato!” Fini la frase calcando l’ultima parola,
era vero doveva essere
proprio fuori di se.
“Comunque volevo ringraziarti per
l’aiuto.”
“Aiuto? L’ho fatto perché non potevo
fare altrimenti.”
“Non eri costretto a stare tante ore a darmi lezione
però, il patto era solo di
un’ora. Ti sei comportato da amico, per questo ti
ringrazio.” Mi sentivo
confuso, amico? Io e lui… ma cosa aveva capito.
“Seifer cosa cavolo credi? Continuerò ad aiutarti
per un ora al giorno ma io e
te non siamo amici, è impossibile.”
“Certo perché tu sei superiore giusto? E io che ti
ho anche chiesto di aiutarmi!
Sai una cosa Squall tu non vali proprio nulla.” Un secondo
dopo era entrato
nella lavanderia.
Io continuai a camminare fino ad arrivare alla lunga rampa di scale e
scalino dopo
scalino mi avviai alla mia stanza. Seifer voleva farmi credere di
essere suo
amico solo per essere aiutato, questo mi dava la nausea.
L’avrei fatto solo
perché mi era stato imposto non mi interessavano falsi
interessi, non volevo
nessuno intorno a me.
La conversazione avuta con Seifer poco prima continuava ronzarmi per la
testa.
Non ne capivo il motivo, era come se cercassi un ulteriore significato
nelle sue
parole.
Avevo quasi finito di prepararmi per la cena in giardino con parenti
che si
teneva ogni 3 mesi e qualche volta per gli eventi importanti. Mi
infilai il
vestito classico dell’istituto quello che si usa in momenti
importanti tipo
quello, per ultimo infilo la giacca con lo stemma del garden. Do un
veloce
sguardo all’orologio erano le 20:08 stavano già
per cominciare a servire i
tavoli, non tutti i genitori prendevano parte a questo tipo di eventi.
Io ci
andavo sempre nel caso si fosse prestato mio padre. Arrivato in
giardino mi
avviai verso l’allestimento di tendoni bianchi messi apposta
per l’occasione,
non avevo molto appetito avrei soltanto controllato la sicura assenza
di mio
padre e sarei tornato in camera.
Entrai nel tendone. Molte famiglie erano già sedute ai
tavoli in attesa di
essere serviti.
Mi sentivo sempre fuori luogo in quella situazione, era fastidioso
zigzagare
tra i tavoli ed essere osservato da tutti.
“Squall! Hai la luna storta anche oggi? Ho saputo delle
selezioni per le
finali, non ne avevo dubbi! Biondina sexy a ore nove, pare sia la
sorellina di
qualcuno” Irvine, aveva bisbigliato l’ultima frase.
Fastidioso e stupido,
cercava sempre modo di fare conversazione con me, con scarsi risultati
ovviamente.
Lo ignorai bellamente e incrociai le braccia al petto, continuai a
guardarmi
ancora un po’ intorno.
“Oi Seifer tu invece non sei stato preso in nessuna categoria
per la squadra di
Rugby!” Mi voltai e dietro di me era apparso lui, il biondo.
Aveva anche lui l’abito
da sera del Garden, mi stava fissando poi rispose ad Irvine:
“Sono qui solo da un mese e da pochissimo ho cominciato ad
allenarmi con la
squadra, non avrebbero potuto mandarmi!”
“Oppure potresti ammettere di non valere più
nemmeno negli sport fratellone.”
Dietro di lui era spuntato un ragazzino sorridente che sembrava la
miniatura di
Seifer, occhi azzurri capelli biondi e carnagione chiara.
“E tu chi sei piccoletto?” Irvine si
abbassò all’altezza del ragazzino e la sua
lunga coda castana gli cadde da un lato.
“Ah non parlagli così.”
L’avverti Seifer
“Io sono Gaho, non un ragazzino! Sono risultato quarantesimo
ai risultati del
QI di tutta la nazione. Sono il più intelligente di tutti e
da grande avrò un
brillante carriera!”
“Ti avevo avvertito…”
Commentò Seifer tirando dietro suo fratello.
“Seifer non ci presenti i tuoi amici?” Si fecero
avanti altre persone
“Piacere io sono Kojima e lei è mia moglie Selena,
mentre lui è il mio
primogenito Kakuei!” Il padre di Seifer gli somigliava molto,
solo che aveva capelli
e occhi castano scuro.I colori li aveva presi decisamente dalla madre.
“Vedo che avete già conosciuto la piccola peste di
casa!” Disse il fratello
maggiore tirando Gaho vicino a se, lui invece non somigliava agli altri
aveva
capelli e occhi scuri portava gli occhiali e aveva l’aria di
un’intellettuale
più degli altri. Era quasi come se Seifer con i suoi muscoli
e i suoi modi
stonasse lì in mezzo.
“Piacere io sono Irvine compagno di stanza di vostro figlio,
e lui è Squll, l’allenatore
del cervello di Seifer. Non mi avevi detto di avere una famiglia
così numerosa!”
Concluse Irvine, poi tornò a fissare la ragazzina bionda
seduta al tavolo lì
vicino.
“Oh allora sei tu il ragazzo che sta aiutando Seifer! Spero
che non ti crei
tanti problemi!” Il padre di Seifer mi si era avvicinato e mi
aveva stretto la
mano. Mi sentivo a disagio, volevo solo tornare nella mia stanza in
quel
momento.
“Mmm si più o meno, spero che prima o poi si
rimetta in pari.”
“Senti la tua famiglia è qui?” Mi chiese
l’uomo.
“No, in fondo lo immaginavo. Sono molto impegnati, vi auguro
un buona serata.”
Seifer mi fissava da quando era arrivato e non mi staccava gli occhi di
dosso.
Non volevo le carinerie della sua famiglia per litigare ancora di
più con lui.
“Ho saputo che mio figlio ha superato il primo test oggi,
perché non ti unisci
a noi per la cena. Ci farebbe molto piacere.” Era stata la
madre a farmi l’invito,
mi prese delicatamente un polso. Per qualche istante mi persi nei suoi
occhi:
avevano un tratto severo ma allo stesso tempo trasmettevano
tranquillità. Erano
identici a quelli di Siefer.
“Ehm, no io ecco preferirei non distrubare.”
“Non disturbi affatto, ho sentito parlare molto di te. So che
sei molto
intelligente e poi chissà quante cose ha da raccontare il
figlio del presidente
di Esthar!” Disse Kakuei, mi osservava come se fossi un
alieno da ispezionare.
Sembrava analizzare tutte le persone in realtà.
“Non sapevo fossi il figlio del presidente! Mi dispiace ti
sia capitato proprio
mio figlio!” Si affrettò a dire il signor Kojima.
“Vorrà dire che per Natale manderemo alla famiglia
una bottiglia del vino più
costoso esistente.” Finalmente Seifer aveva detto qualcosa.
Forse in quel
momento ci sentivamo allo stesso modo… fuori posto.
Alla fine non ci fu verso e mi trovai seduto al tavolo con loro,
servirono l’antipasto
e Kakuei mi aveva già fatto mille domande sulla medicina,
cose pensassi di
questo o di quello. Erano tutti piuttosto impressionati nel vedere la
mia vasta
conoscenza nelle materie in generale e soprattutto in campo medico.
Sembrava di
essere in un quiz televisivo con tutte quelle domande. Seifer era
seduto accanto
a me e mangiava in silenzio, non ero nemmeno sicuro che stesse
ascoltando la
conversazione.
“Tuo padre deve essere molto fiero di te! Sei molto preparato
e tra poco
partirai anche per il torneo. Un ragazzo a dir poco in
gamba!” Rimasi
interdetto… essere fiero di me? E perché mai
avrebbe dovuto, in quell’istante
ci tolsero i piatti e cominciarono a servire i primi. Non avevo toccato
ancora
nulla.
“Ah come vorrei che mio figlio fosse come
te…” Aveva dichiarato il padre
esausto.
“Oh papà mi dispiace tanto… dai ti
è andato male uno su tre non essere tanto
triste!” Aveva risposto di rimando Seifer. Aveva il viso
imbronciato e
continuava a guardarsi intorno.
“Mi dispiace Signor Almasy ma non la penso come lei. Seifer
mi ha chiesto di
sua spontanea volontà di restare fino a tardi a studiare per
superare questo
test. Sicuramente è molto indietro col programma ma
probabilmente anche per me
sarebbe stato difficile studiare tante materie tutte
insieme.” Mentii, per me
non sarebbe stato difficile. Mi dispiaceva un po’ per come
trattavano Seifer e
quello che dissi mi venne spontaneo senza nemmeno pensarci troppo.
Tutti al tavolo mi fissavano e mi strinsi nelle spalle. Chi diavolo me
lo aveva
fatto fare!!
“Si forse hai ragione Squall. Sei proprio un bravo ragazzo,
ma ho imparato a
non riporre speranze in mio figlio.” Alle parole del padre mi
girai a guardare
suo figlio e lui continuava a guardarsi intorno e capii. Insomma il
ragazzo più
sfigato dell’istituto era seduto a cenare con la sua
famiglia, non doveva
essere il massimo per lui.
Posai le posate sul tavolo e mi congedai immediatamente fingendo un
malore,
salutai educatamente tutti anche il piccoletto che non aveva parlato
per tutto
il tempo e mi allontanai velocemente dal tendone.
Mentre camminavo respiravo lentamente scrollandomi di dosso il peso di
quell’insolita
serata.
D’un tratto mi sentii afferrare il polso. Era Seifer, e ora
cosa voleva.
“Senti non era mia intenzione metterti in imbarazzo ok? Non
mi ero accorto che
tutti mi fissavano, sono stati i tuoi ad insistere!” Non
avevo intenzione di
farmi provocare, non avrei resistito ad un’altra lite.
“Ok sono stato un coglione a sentirmi a disagio. Volevo solo
ringraziarti!” Si
passò una mano tra i capelli tirandoseli
all’indietro sulla nuca. Sorrideva.
“Nessuno ha mai parlato così di me con mio padre.
Anche se non siamo amici ti
sei comportato ancora una volta come tale. Ti sono debitore
Lenhart.” Mi fissò
un ultimo secondo e poi tornò al tendone.
Mi ero comportato da amico… non capivo, ero confuso. Per
quella sera cercai di
non pensarci troppo. Dovevo concentrarmi per il torneo, finalmente un
altro
giorno e lo avrei rivisto!
Bussai alla porta ancora una volta, e finalmente il volume dello
sterio, che
proveniva dalla stanza fu abbassato.
Zell aprì la porta
“Ciao Squall, come butta? Scusa ascoltavamo musica non ci
eravamo accorti che
stessi bussando!” Disse Zell, a volte cercavo di capire chi
fosse più cretino
tra lui e Irvine, di sicuro insieme erano insuperabili.
“Sono solo venuto a vedere se Seifer è qui. Devo
consegnargli una cosa e pare
che oggi abbia saltato alcuni corsi. Non riesco a trovarlo.”
Era tutta la
mattina che cercavo Seifer, tra poco avevo gli allenamenti poi mi sarei
congedato, visto che l’indomani c’era la partenza.
“No amico, qui non si è visto. Vuoi che gli dica
qualcosa?”
“No. Mmm si, digli solo che lo cerco ok?” Senza
aspettare risposta me ne andai.
Ero stanco non vedevo l’ora che quella giornata finisse. Mi
diressi verso i
campetti avrei chiesto al suo allenatore a quel punto. Era tutto il
giorno che
lo cercavo. La sera scorsa ero stato in libreria, avevo fatto un
piccolo
riassunto di cose che sarebbe stato in grado di studiare anche senza di
me, così
al mio ritorno avremmo ripreso insieme a studiare. Solo che non avevo
idea di
dove si trovasse, Eppure era sempre in giro, trovava sempre modo di
farsi
notare.
Arrivai al campo da rugby, dove da poco aveva cominciato gli
allenamenti, ma
nemmeno l’allenatore aveva idea di dove fosse. Non si era
presentato nemmeno lì.
Alla fine decisi di dirigermi all’allenamento. Dopo avrei
consegnato i
riassunti a Zell sperando che non li distruggesse in qualche modo.
Mi cambiai e cominciai il riscaldamento. Katsuo, il mio allenatore, era
sorridente e di buon umore, anche io lo ero. Erano anni che aspettavo
quel
momento, oltretutto sapevo che lui era fiero di me e la cosa mi faceva
sentire
bene. L’idea che qualcuno avesse scommesso senza pensarci
troppo su di me mi
rendeva in qualche modo felice.
Quando l’allenamento finì l’allenatore
venne a parlare con me
“Bene Squall vedo che sei in ottima forma. Domani faremo un
figurone, continua
così. Sta rilassato e tutto andrà per il
meglio!” Voleva incoraggiarmi, la cosa
mi faceva piacere ma ormai non erano più tanto le partite a
darmi ansia.
Mi diressi alle docce, quelle nel giardino. Era una struttura costruita
sotto
terra, era il bagno meno frequentato e quindi il mio preferito.
Lanciai i panni nell’armadietto assegnato a me e mi lanciai
sotto la doccia.
Pensai molte cose in quel momento, l’adrenalina era viva in
me. Nonostante la
stanchezza sarei stato ancora in campo a giocare. Ma non dovevo
esagerare
troppo. Infine i miei pensieri andarono anche a Seifer, pensai al
comportamento
dei suoi genitori a lui che mi ringrazia e mi dice che sono come un
“amico”.
Come si faceva l’amico? Non ne avevo mai avuto uno, e non
reputavo lui tale.
Mi infilai i boxer e mi asciugai i capelli. Fuori cominciava a fare
scuro era
meglio darsi una mossa.
Mi incamminai nella sala dove c’erano gli armadietti per
infilarmi i vestiti.
Appena oltrepassai la porta ad arco mi ritrovai davanti Seifer
“Hei, ma dove eri finito?! Ti ho cercato tutto il
giorno!” Lui non rispose, lo
guardai con più attenzione: era scuro in volto e aveva un
espressione seria.
Non eravamo soli nel camerino, pensai che qualcun altro fosse sceso a
farsi la
doccia. Erano troppi e tutti nello stesso momento.
Mi guardai intorno e vidi Jass appoggiato al muro in fondo agli
armadietti, poi
Max e gli altri della loro banda.
Il cuore cominciò ad accelerarmi nel petto. Mi voltai a
guardare ancora una
volta Seifer
“Cosa sta succedendo…”