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Autore: CHAOSevangeline    22/02/2016    3 recensioni
{ Edmund/OC }
Improvvisamente le tornò in mente il dialogo tra Lucy e Susan, che non sapevano dove si fosse cacciato un certo Edmund.
« Sei la ragazza che è appena arrivata? » le chiese lui, inaspettatamente.
Avrebbe dovuto ringraziarlo: l'aveva appena sollevata dall'incarico di trovare qualcosa di dire.
« Sì, sono Eria, sorella di Caspian. Tu sei…? »
« Re Edmund. »
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction ha decisamente bisogno di qualche nota di pre-lettura.
È la prima storia seria che scrivo inserendo un nuovo personaggio ed è proprio questa presenza ad avermi fatto esitare tanto nel postare. La storia infatti è stata conclusa qualche mese fa e tralasciando qualche modifica da fare suppongo che riuscirò ad aggiornare in modo rapido e regolare.
Ho attinto sia dal film che dal libro, in quanto a idee, anche se ovviamente qualche avvenimento è stato modificato per non rendere la storia qualcosa di trito e ritrito. Quello che ho tentato di mantenere il più fedele possibile è il carattere dei personaggi originali e spero vivamente di esserci riuscita.
Sto seriamente uscendo dal mio proverbiale seminato e devo dire di essere un po' in ansia. Spero che questo primo capitolo vi piaccia e che vogliate dirmi cosa ne pensate!
Ah e ringrazio Jessica. Questa storia non avrebbe mai visto la luce senza la sua sopportazione.


 

Desidus
Capitolo primo


 
 
Nell’entroterra di Narnia, lontano dall’ormai diroccata reggia di Cair Paravel e ben protetta dal fiume Beruna si stagliava fieramente la fortezza di Telmar, un austero monito per chiunque la guardasse da fuori: “Che nessuno si azzardi a sfidarci”, sembrava dire.
Ma le minacce passate e future nemmeno sfioravano il pensiero dei due bambini che giocavano nel cortile di pietra, rincorrendosi e portando colore all’interno di quelle fredde mura. Più volte era stato loro ripetuto che quel luogo non era fatto per giocare, ma non erano mai stati troppo bravi ad ascoltare, soprattutto mentre erano insieme.
Caspian ed Eria, i legittimi eredi al trono, così legati da essere l’uno l’estensione dell’altro.
Il loro precettore aveva detto che un legame come il loro avrebbe potuto superare, per la sua forza ed intensità, addirittura quello di due gemelli.
E nulla era cambiato, nemmeno quando erano cresciuti: non c’era invidia o rivalità per ciò che uno aveva e l’altra no. Eria non bramava il trono di Caspian, lui non immaginava nemmeno di precludere alla sorella la possibilità di regnare.
All’ombra di una rigogliosa quercia, poco lontano dall’uscita della fortezza, stava la sorella. Gli occhi scorrevano rapidamente le parole del libro che aveva in grembo, senza alcuna preoccupazione; i telmarini erano spaventati dagli alberi e se per lei non valeva lo stesso era solo grazie al suo precettore, Cornelius.
Il passare del tempo l’aveva portata ad essere più pacata di suo fratello, ma questo non le impediva di mostrare, talvolta, i resti dell’indole giocosa che aveva conservato. E per fortuna: era stato solo grazie ad una gara di pizzichi se era riuscita a convincere Caspian, rimasto lì con lei fino a poco dopo la pausa pranzo, che si sarebbe dovuto affrettare per raggiungere la sala del Gran Consiglio.
La ragazza aveva esultato senza cattiveria dopo essersi liberata di lui.
Era impossibile dedicarsi alla lettura di un libro con Caspian accanto: parlava in continuazione e sceglieva argomenti pressoché inutili, lamentandosi poi se la sorella non gli dava risposte più soddisfacenti di un sintetico monosillabo.
Eppure, quando il principe cominciò a far tardare il proprio ritorno, le dita della giovane cominciarono a tamburellare contro la coscia coperta dalle morbide pieghe di un abito di velluto blu. Era un regalo di compleanno della sua matrigna, da cui la giovane non si sarebbe mai aspettata un dono. Metteva in risalto la sua pelle di porcellana e gli occhi cerulei, diceva.
Eria avrebbe dato per scontato che fosse sincera, data la poeticità, ma conoscendo chi le aveva rivolto simili parole poteva solo assumere che fossero quanto di più falso avesse mai sentito.
Caspian era arrossito, la prima volta che glielo aveva visto indossare, accorgendosi di quanto la sorella stesse diventando donna.
L’unico che non aveva commentato era stato suo zio Miraz, ma Eria non aveva avuto il coraggio di pretendere qualcosa di più oltre al suo silenzio. Dopotutto non sarebbe mai stato la figura paterna e premurosa di cui aveva sempre avuto bisogno. Né per lei, né per suo fratello.
Fortunatamente c’era il loro precettore, il dottor Cornelius, senza cui, di certo, sia lei che Caspian sarebbero stati perduti.
Dei passi concitati fecero gemere l’erba e subito Eria si sporse oltre l’albero per controllare che fosse suo fratello.
Quel gesto dettato sia dall’impazienza di un resoconto del consiglio, sia da una lieve preoccupazione, le diede una prova sufficiente per calmarsi: era Caspian e nessun’altro. L’unico che non l’avrebbe sgridata vedendola fuori dalle mura.
« Ci hai messo più tempo del solito », gli fece notare lei.
Non lo stava rimproverando, quanto piuttosto incitando a raccontarle cosa si era detto tra le pareti di cui la confidenzialità sarebbe presto stata spezzata.
« Lo so », asserì il ragazzo, che si sedette con un movimento fluido accanto alla sorella. Lanciò in aria una mela rossa dalla parvenza succosa e la porse ad Eria non appena gli ricadde in mano. « Ma non è stato detto nulla di troppo importante. Si è parlato quasi per tutto il tempo del nostro… futuro cugino. »
Caspian esitò prima di dire quelle ultime due parole. Entrambi avevano accolto di buon grado la notizia di un nuovo arrivato nella famiglia reale, ma Eria non aveva perso occasione per riflettere, forse troppo, su ciò che questo avrebbe comportato.
Non era riuscita a non guardare lo zio con un occhio più preoccupato del solito, interrogandosi costantemente su ogni suo atteggiamento.
Caspian l’aveva accusata di paranoia, lei si era giustificata parlando di previdenza.
« Oh. Dovrebbe nascere tra poco, dopotutto. »
« Spero non lo guarderai come stai facendo ultimamente con nostro zio. Credo se ne sia accorto. »
« Chissà che magari non sia un bene. »
Solo allora la ragazza addentò la mela.
« Non lo sarà di certo quando ne parlerà con Lady Prunaprismia. Tra i due, la peggiore è sicuramente lei. »
Caspian voleva solo il quieto vivere e tutte le preoccupazioni e riflessioni su cui la sorella si soffermava troppo erano per lui unicamente fonte di problemi. Problemi che si sarebbero potuti evitare, poi, essendo i suoi timori infondati.
« Posso tener testa alla nostra matrigna, Caspian. »
« Chissà se puoi tenere testa anche alla guardia davanti a camera tua, che ti impedirà di venire qui fuori tutte le volte che vuoi. »
La bocca della ragazza si serrò in una linea, mentre lo sguardo scoccava una scintilla di odio al fratello.
Era libera perché ai sovrani non importava troppo di loro, ma i regnanti sarebbero stati capaci di rendere loro la vita un inferno anche solo per dispetto.
Come sempre Caspian sapeva dove premere per farsi dare ragione, ma non avrebbe ottenuto ciò che voleva così facilmente.
« Nessuno a corte vuole una nipote pazza, suppongo. Se non potessi venire almeno qui otterrebbero quel risultato. »
Eria rilassò la schiena contro il tronco nodoso dell’albero, assaporandone la forma con la pelle lasciata scoperta dal vestito.
Socchiuse gli occhi per un momento, riaprendoli con lentezza qualche attimo dopo.
La vita a corte era monotona, soffocante. Caspian aveva per lo meno degli impegni, ma lei? Poteva solo leggere, studiare ed imparare altre mansioni che non le interessavano. Non che le prime due attività non le piacessero, ma vivere solo di quelle era noioso.
Avrebbe voluto partecipare alla vita politica della città, tirare di spada ed impararne l’arte. E per fortuna che il suo precettore le aveva fatto l’immenso regalo di insegnarle di nascosto, fino a qualche mese prima.
Caspian non disse nulla, perfettamente a conoscenza del disagio della sorella. Si limitò ad incrociare le braccia al petto, osservando i fili verdi che tra le loro gambe venivano mossi dal vento.
« Siamo sempre chiusi tra queste mura, Caspian. Non voglio credere che per tutta la mia vita vedrò solo questo. »
« Non devi, perché non lo farai. Appena avrò abbastanza potere ti porterò dovunque vorrai, d’accordo? Devi solo resistere ancora qualche tempo. »
Caspian poteva essere anche principe, l’erede legittimo al trono, ma era ancora sommerso da doveri e sopraffatto da persone che limitavano la sua possibilità di scegliere e dettare legge in quanto ragazzo e non ancora re.
Eria rispose alle parole del fratello con un sorriso vagamente malinconico; sapeva di potersi fidare di lui, che se solo avesse potuto l’avrebbe portata lontano anche subito, ma un po’ meno sperava nell’avverarsi di quel sogno.
Rimasero ai piedi dell’albero fino al calare del sole. Solo allora rientrarono.


 

Non avrebbe mai creduto che il suo istinto l’avrebbe portata ad occuparsi con ogni energia della sua matrigna, durante la notte.
Il primogenito di Lady Prunaprismia aveva deciso di nascere proprio nel cuore delle tenebre ed Eria non era riuscita a non seguire le nutrici per aiutarle.
La sua unica funzione era stata quella di portare panni puliti e acqua calda. Avrebbe anche tenuto stretta la mano della donna, se solo non l’avesse rifiutata bruscamente.
Quando il bambino era venuto al mondo, la principessa aveva sentito tutta la tensione scemare, abbandonarla e lasciarla più leggera, ma anche sfinita.
L’unica cosa che rimaneva da fare, dopo aver visto il piccolo affidato alle cure amorevoli della donna, era avvisare Caspian.
Il miracolo della vita aveva allontanato dalla sua mente tutti i pensieri di cui aveva discusso con il fratello appena quel pomeriggio e l’unica cosa che ora riempiva la sua testa era l’idea che ci fosse un bambino da accudire, un nuovo elemento con cui riempire le proprie giornate.
Scivolò tra i lunghi corridoi, pensando e ripensando a come dare la notizia al fratello.
Svoltato l’ultimo angolo, quello che l’avrebbe condotta rapidamente alla camera di Caspian, il cuore di Eria cominciò a vacillare, come scosso da un certo tremore. La ragazza non ne capì la ragione.
Bussò alla porta del fratello, più per adempiere all’incombenza delle buone maniere che per ricevere risposta.
Conosceva Caspian abbastanza bene da sapere per certo che non le avrebbe risposto e che, con ogni probabilità, non appena fosse entrata avrebbe nascosto la testa sotto il cuscino pur di non sentirla e continuare a dormire.
« Caspian? Caspian, avanti, ho una bella notizia! »
Era insolitamente energica, per un evento che fino a qualche ora prima le era sembrato solo una pesantissima scocciatura.
Aprì la porta ed entrò nella stanza.
« Brutto dormiglione, guarda che è important- »
La voce della ragazza venne smorzata con prepotenza dal silenzio, lo stesso che l’aveva accolta nella stanza e che lei stessa aveva riempito.
Dalle sue labbra tuttavia non uscì che un piccolo sbuffo: il letto era sfatto in modo scomposto esattamente come quando lei e il dottor Cornelius andavano a svegliare Caspian per una lezione d’astronomia, e lui si alzava colto dall’entusiasmo, dopo aver scacciato il sonno.
Il fatto che fosse stata impegnata nell’assistere la matrigna doveva probabilmente averle fatto perdere una delle sue lezioni preferite.
La prima cosa che Eria fece fu salire sulla torre.
Il castello era letteralmente morto, dopo essersi svuotato delle grida di dolore della moglie di Miraz. In giro non c’era un’anima e il numero di guardie sembrava addirittura dimezzato rispetto al solito.
Nonostante questo, Eria si accertò ugualmente che nessuno la vedesse salire le scale. Incespicò per la fretta fino alla cima, maledendo la propria gonna troppo lunga.
Una volta sul tetto ottenne solo una sferzata di vento dritta in faccia.
Se né Caspian e né Cornelius si trovavano lì, allora erano nello studio del precettore. La cosa le sarebbe suonata insolita anche se per natura non fosse stata diffidente e sospettosa: il dottore guidava sempre lei e Caspian dritti nelle loro stanze, subito dopo aver finito di osservare gli astri.
Le lezioni di astronomia erano un piccolo supplemento che Cornelius aveva sempre aggiunto per la gioia dei due fratelli.
Non sarebbe mai stato abbastanza imprudente da portare Caspian nel proprio studio, soprattutto durante una notte movimentata come quella.
Le scale le parvero interminabili, raddoppiate rispetto a quando le aveva salite. I corridoi erano come un labirinto lungo chilometri e le sembrava che le proprie falcate fossero troppo corte e che la rallentassero.
La porta dello studio del suo precettore era ben chiusa, ma Eria si scordò l’educazione ed irruppe nella stanza.
« Dottor Cornelius? »
La voce le uscì strozzata. Non se lo aspettava nemmeno lei e subito si schiarì la gola.
« Principessa! »
Si sarebbe sentita subito più calma se solo non avesse percepito un certo sollievo nella voce altrui. Esattamente come se le fosse dovuto succedere qualcosa che per fortuna non era accaduto.
L’uomo si spostò da dietro la scrivania, dove si trovava, fino a lei.
Eria si guardò intorno, rendendosi conto che il fratello non c’era.
Sentì di nuovo il tumulto al cuore che l’aveva colpita davanti alla porta di Caspian e si pentì di non averlo considerato un presentimento.
« Caspian non è qui? » domandò. « Che gli è successo? Non riesco a trovarlo da nessuna parte. »
Cornelius, che sapeva quanto i due fratelli fossero legati capì subito che la prima cosa da fare era rassicurare Eria che, senza avere qualche garanzia sull’incolumità del fratello, certamente non si sarebbe rivelata troppo collaborativa.
« Dovete stare tranquilla, principessa. Almeno per la sorte di vostro fratello. È fuggito, o meglio, l’ho fatto fuggire non appena ho saputo del parto di Lady Prunaprismia. »
« Fuggito? E dove? Perché? »
Cornelius spostò uno sgabello, per poi invitare la principessa a sedervisi. Eria però era pietrificata sul posto e non aveva alcuna intenzione di mettersi comoda.
Era sempre stata una ragazza dall’incredibile forza d’animo; era cresciuta in una famiglia nobile e per questo poteva dirsi fortunata, ma certamente la sua situazione familiare non sarebbe stata invidiata da molti.
Alle volte si era immaginata un’esistenza felice con suo fratello ed i loro veri genitori, giù al villaggio, a spezzarsi la schiena come quasi tutti gli abitanti. Sarebbe stato decisamente meglio che vivere tra lenzuola di seta e l’odio di un patrigno ed una matrigna.
L’unica persona capace di darle una buona ragione di non considerare quell’esistenza persa era suo fratello e chissà adesso dov’era, magari indifeso e nei guai. Sempre che fosse ancora vivo.
Eria era decisamente facile ai cattivi pensieri, per quanto tentasse di contrastarli con tutte le proprie forze.
Cornelius fece guizzare lo sguardo fino alla porta come per accertarsi che nessuno la stesse aprendo, poi parlò.
« È per la nascita del bambino, vostra maestà. Sono certo che qualche cattivo pensiero abbia toccato anche voi, di recente: Caspian me l’ha confidato », cominciò, con un tono grave affatto rassicurante ed il volto gioviale ora cupo e serio. « Ebbene, non avevate tutti i torti. Vostro zio stava per rivelarsi per ciò che davvero è. Ho fatto fuggire vostro fratello per evitare che venisse ferito in qualunque modo. »
« Un momento, state dicendo che…? »
« Intendeva assassinarlo, vostra maestà. »
Rimase ammutolita. Amava tanto le spiegazioni plausibili, ma in quel momento sperava di aver capito male. Il suo sguardo doveva essere piuttosto eloquente, perché l’uomo proseguì subito per spiegarsi meglio.
« Sì, avete capito bene. Vostro zio, per il trono. Avrei voluto avvisarvi prima, ma il tempo non mi è stato amico e tutto è stato anticipato rispetto al previsto », si giustificò, mortificato. « Ciò che conta ora è che Caspian è scappato, raggiungendo la foresta. Gli ho detto di dirigersi ad Archen, ma potrebbe anche aver incontrato dell’altro aiuto lungo la strada. I narniani, vostra altezza. »
Ad Eria sembrò quasi che ogni certezza fosse stata risucchiata in un vortice senza fine. Nella sua mente non era rimasto che un baratro, ma un baratro colmato dalla consapevolezza di Caspian vivo. E se era vero questo, allora l’oppressione allo stomaco un poco si affievoliva, costretta a lasciar spazio all’astio che per anni aveva cercato di reprimere e ad una rabbia infuocata nei confronti di proprio zio Miraz.
Poi il suo pensiero si spostò all’ultima parte del discorso di Cornelius, ai narniani. Ora anche la loro esistenza decideva di colpirla all’improvviso.
« I narniani? Ma voi ci avete sempre e solo raccontato leggende. »
« Vi ho sempre e solo raccontato leggende perché era più sicuro che le conosceste come tali. »
« Perciò esistono sul serio? »
« Per quel che ne rimane sì, tanto quanto esisto io. Ho del sangue di nano nelle vene, fino a prova contraria. »
Eria non aggiunse altro in merito all’argomento. Fu come se il suo cervello avesse deciso di archiviare le ultime informazioni decidendo che in quel momento l’esistenza dei narniani non la toccava. Se ne sarebbe riparlato quando si fosse trovata davanti un minotauro o uno gnomo.
In tutta quell’assurda situazione il fatto che esistessero creature magiche non la spaventava, né la lasciava entusiasta come avrebbe creduto dopo aver sperato da tanti anni a quella parte che la magia permanesse in quelle terre.
Decise inconsciamente di posticipare una reazione di sorpresa, che al momento non era rilevante. Non più di altre questioni, almeno.
« Devo andare da mio fratello », fu l’unica cosa che riuscì a dire. « Mio zio dovrà sbarazzarsi anche di me, no? Raggiungendo Caspian sarò più al sicuro. »
« Non è così semplice. Dovete allontanarvi dalla fortezza, questo è indubbio, ma le foreste non sono mai un bel luogo dove scappare se non le si conosce. Potreste perdervi e nessuno sa quanto potreste vagare prima di trovare aiuto. Se foste abbastanza fortunata da trovarlo, certo. »
« E questo non vale anche per Caspian? Ha esplorato a malapena qualche sentiero. E poi avete detto che i narniani potrebbero averlo aiutato. »
« Per lui non c’era tempo di pensare ai dettagli. »
« Chi dice che per me ce ne sarà? »
Eria non era mai stata troppo abituata ad abbandonare il proprio posto, nemmeno con persone che, stando alla dura gerarchia che avrebbe consentito a suo zio di far cadere molte teste, avrebbero solo dovuto tacere di fronte a lei.
Gli occhi si fecero lucidi, ma la ragazza non osò nemmeno singhiozzare. Il dottore tuttavia poggiò ugualmente una mano sulle sue, strette in grembo e gelate per l’ansia.
« Ascoltatemi. Ho detto che sarebbe meglio che voi non fuggiste ora, che sta per fare giorno e soprattutto non da sola, perché vi perdereste. Non ho detto che non dovete fuggire e basta. » Il tono di Cornelius era tornato ad essere rassicurante, ed Eria riuscì a calmarsi quel tanto che bastava da non perdere il controllo. « Vostro fratello ha un giorno per allontanarsi, prima che la sua assenza venga notata da molte persone. Il re e sua moglie adesso hanno ben altro a cui pensare, con il bambino appena nato. Di certo non chiederanno di Caspian fino a domani sera e probabilmente si accontenteranno di una semplice scusa per giustificare il fatto che non sia a cena con voi. Voi fate il possibile per evitare chiunque, nel frattempo. Quando la sparizione di vostro fratello sarà cosa nota a tutti allora prenderemo tutto ciò che io avrò preparato nel mentre e ce ne andremo per raggiungerlo. Di sicuro Re Miraz non vi farebbe del male così presto, se non ha la possibilità di colpirvi insieme a vostro fratello. In ogni caso risulterebbe tutto troppo evidente. »
Eria non poté fare a meno di accettare quelle condizioni.
   
 
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