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Autore: DaisyBuch    23/02/2016    0 recensioni
Vivienne ha vent'anni ed è rimasta orfana da poco. Insieme ai suoi due fratelli Gabriel e Dianne si trasferisce nella casa in campagna dei nonni, lontana dai suoi amici e soprattutto dalla sua amata casa in città. Sempre razionale e introversa, scoprirà che la vita nel paese nasconde molti segreti e l'incontro con lo psicologo Gustav non farà che confonderla sempre di più sulla realtà della storia
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passò una settimana, e tornai di nuovo in paese per iscrivere Dianne alle elementari. Oltre che alla scuola dovevamo anche fare un giro in cartolibreria per comprarle il materiale scolastico, e io  avrei messo gli annunci delle ripetizioni un po’ ovunque. Le scuole erano nella parte più moderna del paese, insieme ai nuovi complessi residenziali e all’ospedale. Dianne mi teneva per mano, quando stavamo guardando l’interno della scuola, l’ala est era dedicata alle elementari mentre quella ad ovest era per le medie. Le superiori erano invece in un’altra parte del paese. Mentre osservava rapita i quadri molto colorati fatti dai bambini attaccati alla parete vide una porta aperta da cui proveniva una musica classica. Dianne andava pazza per la danza classica, e dunque veniva attirata immediatamente dalla musica che la accompagnava.
-No! Dianne vieni qui!- sussurrai sgridandola, ma lei correva attratta nella sala dalla quale proveniva la melodia.
-Dianne!- la chiamai, ma era entrata nella stanza ormai, allora decisi di entrare anche io per recuperarla.
Entrai e vidi una stanza molto piccola e marrone, le pareti erano tristi e cupe, l’unico sprazzo di vitalità proveniva dalla musica che rasserenava l’ambiente. C’era una cattedra con molti quadri e libri, e davanti ad essa due poltrone in pelle marrone scuro e consumate. La musica si spense non appena recuperai Dianne.
-Non devi fare così, capito? Non si entra senza il permesso.- le presi la mano stringendola più forte ed alzando la voce, quando sollevai lo sguardo e vidi un uomo che doveva essere sulla trentina, forse di più, aveva una barba rada ed era appoggiato allo scaffale nella penombra: aveva appena interrotto la musica.
-Oh, mi scusi tanto. Non lo ha fatto apposta.- mi scusai, -Chiedi scusa al signore.- intimai a mia sorella, e lei fece la vocina dolce e gli occhioni che faceva sempre per scusarsi.
-Scusi signore.- disse a bassa voce.
Il signore venne verso di noi, potei vedere che era molto alto e slanciato, aveva i capelli mori e sembrava non avere più di trentacinque anni. Si abbassò verso Dianne e le sorrise.
-Come ti chiami?- le chiese sorridendo amichevole. Un sorriso dolce che mi ricordava qualcuno.
-D-Dianne.- tentennò lei.
-Che bel nome.- si complimentò.
-Lei è..?- si alzò e mi guardò con gli occhi azzurri come il ghiaccio.
-Vivienne, Vivienne Fabre – Boyer.- mi presentai stringendogli la mano. Avevo deciso di affiancare il mio cognome Fabre, a quello di mia madre e dei miei nonni Boyer. Volevo che fossero insieme.
 Lui diede una rapida occhiata che non mi sfuggì, e poi sorrise di nuovo.
-Non ti preoccupare piccola.- si rivolse un’ultima volta a Dianne.
-Non la ho mai vista qui in paese,Io sono lo psicologo della scuola, Gustav Colin.- si presentò.
-Ci siamo trasferiti da poco.- spiegai.
–Se dovesse avere qualsiasi problema di qualsiasi natura si può confrontare con me.- disse.
-Oh, grazie mille.- sorrisi amichevole.
-Questo è il mio biglietto, ho anche un ufficio privato.- mi porse il biglietto tra le dita.
-Grazie ancora, vieni Dianne.- la presi per mano e uscimmo dalla stanza.

Facemmo un rapido giro in cartolibreria, le feci comprare il diario ed un nuovo zaino, nuovi libri.. tutto quanto. Comprai anche qualche quaderno per Gabriel, nel caso decidesse di iniziare le superiori. Dato che aveva tutti i suoi amici in città aveva deciso che non sarebbe più andato a scuola. Avevo provato a parlarci, ma nulla. Non sapevo cosa fare con lui.
Uscite dal negozio tornammo di nuovo in macchina, stavo girando alla rotonda mentre Dianne mi ripeteva una filastrocca che aveva imparato quando un tipo in bicicletta mi tagliò la strada. Stavo per metterlo sotto.
Suonai scocciata a lungo.
-Guarda dove vai!- gli urlai violentemente sfogandomi un po’. Evidentemente stavo dando spettacolo dato che nessuno aveva mai avuto queste abitudini proprie delle grandi città. Tutti si girarono a guadarmi, compreso il ciclista che si girò verso di me: era il ragazzo che l’altra settimana mi aveva bussato al finestrino.
Lui portò il suo dito sulla tempia e cominciò a ticchettare: mi stava dando della ritardata?
Gli feci il dito medio, lo so.. non una buona educazione per Dianne, ma in quel momento ero troppo nervosa.
-Ti serve uno strizza cervelli!- mi gridò di rimando. Certo.. dopo avermi vista con la testa sul volante a grattarlo e dopo avergli suonato ero ufficialmente pazza?
Sgommai rumorosamente per superarlo e me ne andai infuriata.
   
 
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