Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: moni93    25/02/2016    4 recensioni
I sogni sono bizzarri.
Possono mostrarci i nostri desideri più profondi, illuderci di poter leggere sprazzi del nostro futuro, tramite la loro interpretazione. Tuttavia, possono fare anche male, mostrandoci un passato che non sarà mai più nostro.
Ma è vero che le nostre memorie servono unicamente a procurarci rancore e rimpianti?
Forse, i sogni sono una speranza.
Un messaggio che ci invita a vivere...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Personaggi Lost Canvas, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IL RICORDO PIÙ DOLCE

 

Un delicato profumo svegliò il bambino.

Era lieve, appena percettibile attraverso la porta socchiusa della sua cameretta. Gli stuzzicava le narici come una piuma, leggera eppure insistente; un simpatico solletico che lo sollecitava a svegliarsi. Ancora assonnato, ma attratto da quell’aroma come da una suadente melodia, il piccolo aprì lentamente gli occhi. Fu faticoso abbandonare il mondo onirico in cui si trovava, sebbene avesse già dimenticato le sue forme. Stava bene lì doveva si trovava, così al caldo ed al sicuro, poteva quasi immaginare di trovarsi tra le braccia di suo padre. Era un espediente che usava spesso per prendere sonno, ora che era diventato ‘grande’ e possedeva una stanza tutta per sé. I suoi pigri occhietti già si stavano richiudendo, convincendolo a rimanere in quello stato di piacevole torpore. Quel pizzichìo che gli saltellava dispettoso sul naso, tuttavia, non gli dava pace e, con esso, la curiosità di scoprire da dove provenisse quel particolare odore. Si obbligò a scacciare il dio dei sogni con le proprie manine, mentre scostava le coperte che lo avvolgevano con fare protettivo. Per lasciarsi del tutto alle spalle il suo bel sogno senza memoria, il piccolo si sciacquò celermente il volto con una carezza d'acqua.

Rabbrividì a contatto con essa sulla sua morbida pelle da bambino, ma non fu unicamente quello a provocargli un tremito. C’era qualcosa nell’aria, in quegli spifferi che si udivano di sottecchi tra gli stretti spazi della sua finestra, ancora chiusa. La cameretta si trovava nella semioscurità, fatta eccezione per quella lama di luce che proveniva dalla porta che dava sul soggiorno. Eppure, anche quel raggio di Sole appariva differente, più freddo e spento.

Senza nemmeno cambiarsi d'abito, il piccolo spalancò la porta e si diresse in cucina.

Si dovette soffermare un istante sulla soglia, strofinandosi il viso con il palmo delle mani. Sebbene più tenue, la luce invernale era ugualmente accecante per lui. Guardò distrattamente fuori dalla finestra e vide che il cielo era ricoperto da pesanti nubi grigiastre, cariche di pioggia. Chissà se, a causa del gelo, si sarebbero tramutate in fiocchi di neve?

Ci sperava tanto, il pargoletto, non avendo mai avuto l’occasione di vederla, la Signora Neve.

Voltandosi alla sua sinistra, si diresse finalmente in cucina. Ad ogni passo il profumo si faceva più intenso e vivace, in perfetta antitesi con il clima rigido di metà Febbraio. Al cucciolo d’uomo non piaceva particolarmente quella stagione, preferiva di gran lunga la Primavera, che portava con sé meraviglie per tutti i sensi. Esattamente come il dolce richiamo che lo stava guidando passo dopo passo. Pensò ancora un poco alla neve, a quanto gli sarebbe piaciuto giocare con essa, tastarne la consistenza, ma per quello ci sarebbe stato tempo più tardi. Le bellezze del mondo potevano attendere, anzi, dovevano attendere. Prima il piccolo aveva l’obbligo di svolgere i suoi incarichi giornalieri. C’erano, infatti, gli allenamenti nel giardino scarlatto, nei quali perlopiù ammirava le movenze e l’abilità del proprio maestro e genitore. Solitamente i fiori appassivano e seccavano in quella stagione, ma le rose coltivate da suo padre avevano qualcosa di speciale. Rimanevano rigogliose ogni giorno, per tutto l’anno, qualunque intemperia granasse su di esse. Al bambino piacevano tanto, perchè gli ricordavano il suo caro papà: erano piante forti e bellissime al tempo stesso, inoltre, persino il loro colore rassomigliava a quello dei capelli del suo amato genitore.

La giornata non sarebbe terminata lì, tuttavia. In seguito vi era la visita al Gran Sacerdote, nella quale lui sarebbe rimasto, come sempre, in attesa nell’immenso atrio sorvegliato dalle guardie. Non importava molto al bambino questo dettaglio, sebbene la curiosità di vedere quell’anziano e saggio uomo ed investigare sui dettagli di quella nuova stanza fossero grandi. A lui bastava poter accompagnare suo padre lungo quella lontana e impegnativa meta. Doveva e voleva stargli accanto il più possibile, sia per assicurarsi che il genitore non si sentisse solo, sia per mero egoismo, per smania di condividere con quell’uomo più tempo possibile. Nei suoi giovani sogni poteva monopolizzarlo fino ad un certo limite, poiché la sua infantile coscienza vagava da un’esperienza, ricordo e desiderio all’altro. Almeno da sveglio, pensava il piccolo, voleva stare con lui ininterrottamente, come una fedele ombra o la sua brillante armatura ricolma della luce delle stelle.

Giunto al termine di tali meditazioni, si ritrovò dinnanzi alla sua meta e a suo padre che, voltato di spalle, era intento a creare e diffondere quell'irresistibile quanto particolare essenza.

“Buongiorno papa!” lo salutò il bambino che, nonostante sapesse pronunciare perfettamente la parola ‘papà’, si ostinava a mantenere quella cadenza puerile e scorretta.

Gli piaceva e basta. Il genitore, dal canto suo, non aveva cuore di correggerlo, trovandola una peculiarità del suo figliolo. Un sottile nastro che, unito a tanti altri, formava la matassa del loro legame speciale. Un’esperienza che l’adulto non si sarebbe mai permesso nemmeno di sognare, ma che gli dei, per qualche strano scherzo del destino, gli avevano concesso.

L’uomo sorrise al suo personale miracolo quotidiano, prima ancora di voltarsi a salutarlo.

“Ben svegliato... hai dormito bene?” volle subito sapere il padre.

Era molto presto, perfino per i canoni che egli aveva imposto al piccolo, e ciò non poté che impensierirlo. In fondo, suo figlio aveva appena compiuto quattro anni, era troppo innocente per la vita che gli si prospettava dinnanzi... ma, un giorno, presto, sarebbe avvenuto. Le sue paure avrebbero preso forma, l’avrebbero avvolto e, infine, distrutto uno ad uno i fragili fili del loro affetto.

“Non ora. Non oggi.” pensò con sollievo l'uomo, godendosi lo spettacolo di quel viso impastato dal sonno e di quegli occhietti vispi e luminosi.

“Sì...” mormorò in risposta il bimbo, avvicinandosi in modo tale da permettere alla sua testa di poggiarsi sulle gambe del genitore.

Era la sua tacita richiesta di attenzioni, che permetteva così all’uomo di lasciare che la sua mano carezzasse i suoi capelli, col pretesto di pettinarli. Una leggera carezza carica di tantissime parole e sentimenti, che non sempre si permetteva di esprimere a voce.

“Ma ho ancora un po' di sonno... cos'è questo profumo?” concluse infine il bimbo, dopo essersi gustato le sue coccole mattutine.

L'uomo permise alle sue labbra di incresparsi come non avveniva da tempo. Anzi, come acconsentiva che ciò si verificasse sempre più spesso ogni anno, da quando quel meraviglioso fiore aveva preso a sbocciare nella sua sterile vita. Issò sulle proprie gambe il pargolo, così da consentirgli di osservare cosa si trovasse sull'alto tavolo della mensa. Mostrò dunque, con orgoglio, un enorme dolce rotondeggiante color pandispagna. Era assai semplice, cucinato da mani inesperte, ma il profumo che emanava sapeva d’impegno e amore sincero. Possedeva l’inconfondibile aroma di famiglia e di un sentimento che avrebbe attraversato il tempo e le difficoltà.

Un sentimento che avrebbe sostenuto entrambi fino alla fine dei loro giorni.

“Buon compleanno, Albafica!”

 

***

 

Il cavaliere della Dodicesima Casa si svegliò di scatto, quasi come se qualcuno avesse suonato la campana d'allarme. E fu un bene, poiché si accorse che il Sole iniziava ormai a levarsi, sinuoso e possente, lungo il confine dell’orizzonte. Segno evidente che aveva dormito troppo quella notte, maledizione a lui. Si cambiò in tutta fretta, sciacquandosi appena il volto e precipitandosi fuori dalla sua dimora. Quella mattina toccava a lui addestrare le reclute, come aveva potuto rischiare tanto per... per cosa?

Aveva forse sognato, quella notte?

Si fermò, il bel giovane, ormai giunto in mezzo alle scalinate della Terza Casa.

Si concentrò, tentò di richiamare a sé quel sogno. Un’impresa assai ardua, che quasi mai si prefissava di compiere. Che senso avrebbe avuto, in fondo? I sogni non erano altro che ricordi sbiaditi o desideri irrealizzabili, questo aveva sempre pensato. No, non era vero. Quando era ancora bambino, non la pensava affatto così; lui credeva in un futuro radioso e felice, nella perpetua fragranza emanata dal suo mentore e genitore...

Un lampo, una visione frammentata, gli abbagliò la mente.

Non rammentava i dettagli, ma ricordava la sensazione di profonda gioia che l'aveva cullato fino al risveglio. Immagini a tratti nitide e sbiadite, come di un dipinto antico, riportato alla luce per caso. Avvertiva ancora tra i capelli la mano gentile che, ogni mattina, per tanti brevi anni, aveva carezzato il suo cuore. I contorni della sua casa, il gelo del Sole invernale...  e il sorriso di Rugonis, il suo amato maestro.

Quel calore improvviso che gli investì le membra, lo lasciò come folgorato. Non poté far altro che fissare davanti a sé un panorama che in realtà non esisteva, non più, in quanto racchiuso nel suo passato. Era una sensazione talmente bella, inaspettata, da fargli venir voglia di sfogarsi, di liberare anche solo una flebile lacrima, per quel ricordo che sapeva di dispiacere e conforto.

“Ehilà, Albaficucciolo! Che fai lì in mezzo, dormi in piedi?”

Nemmeno si scocciò del saluto indelicato di Manigoldo, né respinse con furia la mano che gli aveva colpito giocosamente la spalla. Albafica era troppo di buon umore per prendersela con il suo amico. Sì perchè, alla fine, Pesci aveva scelto la via della vita e della gioia; perchè sapeva che era questo che Rugonis voleva che facesse. Anche se non era esattamente quella che il suo maestro si era immaginato per lui. Tuttavia, avrebbe continuato a percorrerla, e non solo in quel mentre, ma per tutta la sua esistenza.

“Buongiorno a te, Manigoldo.” disse con pacatezza, voltandosi verso quell’inguaribile mascalzone.

Gli sorrise, perfino. Un lieve incresparsi di labbra ed un fiero luccichio di nostalgia negli occhi.

Il cavaliere del Cancro rimase stupito, con le iridi fisse ed ingigantite come quelle di un felino.

“Ti è successo qualcosa di bello?” volle subito sapere il cavaliere, condendo il tutto con un'occhiatina maliziosa.

Il compagno ridacchiò, più di se stesso che del commilitone. Guardò il cielo, così sereno e profondo, e immaginò di nuovo quel profumo di felicità.

“Sì... solo che lo avevo dimenticato.”

Manigoldo inclinò il capo, confuso, ma si affrettò a raggiungere il cavaliere che, senza preavviso, aveva ripreso a camminare. Non lo riusciva proprio a inquadrare quella mattina, ma forse ciò era dovuto al fatto che si trattasse di una giornata speciale.

“Oi, aspettami! Ah, e prima che me ne dimentichi!”

L’italiano saltò al collo di Albafica che, stavolta, lo strattonò via, fino a sbatterlo a terra. Nonostante questo trattamento poco delicato, il sorriso del moro non svanì, neanche per un secondo. Anzi, fu quasi soddisfatto di poter riammirare il suo Albafica, quello asociale e permalosetto.

“Buon compleanno, Albafica!” esclamò dunque, mentre si trovava ancora steso a terra.

Albafica lo odiò profondamente per questo. Soprattutto, perchè non poté evitare di sentirsi ancor più felice e speciale. Iniziava a credere di stare esagerando, non era abituato a provare tutti quei sentimenti in così breve tempo.

“Grazie... idiota.” bofonchiò in risposta il greco, maledicendosi per aver permesso ad un’insensata punta di imbarazzo di sbocciare tra le sue candide guance.

L'altro si rimise in piedi, più pimpante che mai, mentre Albafica voltava il capo dall’altra parte e si portava istintivamente una mano alle labbra, come a voler cancellare la sua gioia.

“Prego! Se non ci fossi io, chi te lo ricorderebbe?” scherzò lui, superando l’amico e facendogli marameo da lontano, in una tacita richiesta di complicità, che il cavaliere dei Pesci pensò bene di ignorare palesemente.

Manigoldo non sapeva di essere stato il secondo, anche quell'anno, a fare gli auguri al cavaliere della Dodicesima Casa, ma era giusto così. Non andava al festeggiato di rovinare l’umore del suo giullare personale.

In fondo, pensava Albafica...

‘Anche questo profumo non è male.’

 

Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti,

mentre non si preoccupava di educarci.

Ci si forma su scarti di saggezza.

(Umberto Eco)

 

 

 

FINE

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Salve a tutti! =)

Dopo secoli di inattività, finalmente mi rifaccio viva! (ogni tanto fa bene ricordare a me stessa e ai lettori che non sono deceduta xD)

Ho avuto un periodo difficile, seguito da esami importanti e coronatosi con il non superamento di uno dei suddetti. La fortuna vuole però che abbia ancora tempo per mettermi in pari e, soprattutto, che ciò mi darà nuovamente occasione per scrivere. Quindi, per chi aspetta l’aggiornamento delle mie long, tirate un sospiro di sollievo: stanno per tornare alla ribalta.

Adesso, parliamo brevemente di questa one-shot! ^-^

È nata in un giorno molto lontano, parliamo di almeno almeno sei mesi fa... ahahah, come vola il tempo, quando l’Uni ti succhia l’anima! xD

Dicevo, ha preso vita tempo fa assieme ad altre, che avevano come filo conduttore la narrazione di un episodio sull’infanzia dei gold saints, che poi terminava con una riflessione di loro stessi da adulti. Siccome, però, non ho più avuto tempo/ispirazione per scriverne più di quattro, avevo accantonato il progetto. Tuttavia, mi spiaceva lasciare nell’angolino queste mie creazioni. Così, dato che non ho ancora nulla di pronto come aggiornamenti, ho pensato di rispolverare queste storielle e di pubblicarle come singole. Il primo della lista non poteva che essere Albafica, essendo il mio favorito! =3

Non ha grandi pretese questa fic, voleva semplicemente regalare un poco di gioia al mio protetto e a voi lettori, lasciandovi con un retrogusto amaro, dettato dai ricordi... che dite, missione riuscita?

Ringrazio tutti per aver letto fin qui e spero di rivedervi anche in altre mie storie!

Un abbraccio,

 

Moni =)

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: moni93