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Autore: bridgetvonblanche    28/02/2016    1 recensioni
[One Punch Man]
[Garou x OC]
Avresti persino giurato di aver visto preoccupazione in quelle iridi limpide, ma avevi deciso di scacciare subito l’idea che su questa terra ci potesse davvero essere qualcuno seriamente preoccupato per te.
In fondo, tu eri solo un mostro.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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[I'm not a hero, not yet a villain]
 

Ad Angie96, che al "be my Romeo"
preferisce il "be my Garou".

 


Pugno, calcio, pugno.

Un sorriso compiaciuto si dipinge sul tuo volto di ghiaccio mentre infliggi fiero l’ennesimo colpo sulla nuca del tuo avversario, facendolo inginocchiare ai tuoi piedi. Imperterrito, ostenti sicurezza anche quando la tua mano destra colpisce violentemente il viso tumefatto di quello sfortunato eroe che ha osato intromettersi tra te e un gigantesco mostro dai tratti cerambici che scopri intento e divertito ad osservare il tuo malsano accanimento sul corpo di quell’uomo su cui hai deciso di sfogare la tua rabbia e la tua frustrazione troppo a lungo represse.
La sua colpa? Averti semplicemente ordinato di scappare il più lontano possibile dal centro della città perché troppo pericoloso, dicendoti che presto sarebbero arrivati i veri eroi a sistemare i mostri che sembravano essere emersi dalle fogne per portare scompiglio nella zona bazzicando liberi per le strade. Stanco di prendertela con un giocattolo ormai rotto, sollevi quel corpo inerme e lo scaraventi lontano da te come se stessi scacciando una mosca fastidiosa, sfoggiando poi un nuovo ed ancora più inquietante sguardo di sfida verso il tuo vero avversario. 

Per un momento ti ritrovi ad osservare le tue mani imbrattate di sangue che non ti appartiene: perché solo adesso ti accorgi di aver colpito un innocente? La tua attenzione si sposta così su quel corpo martoriato: vorresti vederlo respirare, poterti accertare che sia ancora vivo, nonostante tutti quei i pugni ed i calci. Vorresti portegli sussurrare all’orecchio che tornerai da lui ancora una volta per poterlo colpire più forte solamente per scorgere un rinnovato terrore farsi largo nei suoi occhi cristallini. Ma non ti è concesso tempo sufficiente per riflettere a dovere sulle tue azioni e sulle loro conseguenze, perciò ti ritrovi a dover porgere un sincero ringraziamento verso quell’enorme insetto nell’esatto istante in cui, con una potenza finora sconosciuta, ti colpisce a tradimento in pieno petto, scaraventandoti proprio vicino alla tua precedente vittima.

Rimani così, immobile, a fissare il cielo azzurro sopra la tua testa per poi chiudere gli occhi, cercando di ritrovare la concentrazione perduta. Basta davvero così poco per trovare un po' di pace? E’ sufficiente un cielo limpido e senza nuvole per placare la tua ira?
Ti sarebbe piaciuto rimanere in quella posizione ancora per un altro minuto prima di accanirti sulla tua nuova designata vittima, se non fosse per una voce che giunge familiare al tuo orecchio e che ti ridesta dal quel panico momento, convincendoti a rimetterti in piedi prima del previsto.

— Perché non abbassi lo sguardo come tutti gli altri sporchi umani?—

— Perché non ti temo —

Pulisci i tuoi pantaloni dalla polvere e dai detriti che edifici ormai a pezzi hanno lasciato sulla terra e sulle strade di quella città ormai distrutta, per poi voltarti in direzione di quella voce che senti provenire alle tue spalle, accorgendoti di non poter fare altro che sgranare impercettibilmente lo sguardo, rimanendo impassibile spettatore di una conversazione a cui non puoi prendere parte.

— Sei più coraggiosa di molta altra gente che ho incontrato sul mio cammino, perciò prometto che ti finirò con un colpo solo, per evitarti inutili sofferenze.—

Lei è sempre stata troppo distante, troppo bella, troppo coraggiosa, troppo gentile, troppo, per te. 
Ed ora si trovava proprio lì, sola, ad affrontare un mostro che, sai per certo, non la risparmierà solo perchè è una donna, solo perchè è un’innocenteSolo a quel punto ti riscopri pronto a schiacciare quell’enorme insetto. Le tue gambe e le tue mani si muovono da sole, governate da una forza che non risiede nella mente, ma al centro del tuo petto, ancora sanguinante per il colpo subìto poco prima. Incassa, schiva e poi colpisci. Una, due, tre volte fino a che non cominci a sentire una calda sostanza sporcare le tue mani, di nuovoProsegui imperterrito nella tua mattanza fino a quando non percepisci il tocco di una morbida mano stringere con determinazione la tua. Sollevi lo sguardo da ciò che rimane di quel lurido insetto per incrociare lo sguardo acceso di quella stessa ragazza che poco prima si era mostrata più lucida e coraggiosa di te.
Istintivamente vorresti prendere quel collo sottile e stringerlo nella tua mano fino a farla soffocare, ma presto ti accorgi di non potere, di non volerlo davvero.
E forse è per questo che rimani lì, con il braccio alzato verso il cielo, pronto a colpire ancora ed ancora, i tuoi occhi felini puntati nei suoi. Ma non c’è rabbia nel suo sguardo, né disgusto per ciò che stai facendo. I suoi occhi non ti hanno mai giudicato, non ti hanno mai rimproverato.
La tua mano si abbassa lentamente, mentre la sua raggiunge il tuo volto, regalandoti una carezza. 
Con lei non hai mai potuto e dovuto fingere.

***
 

— E’ ora della resa dei conti, mostro.—

Non eri mai stato un bambino allegro e solare. L’idea di andare a scuola non ti aveva mai entusiasmato, restìo com’eri all’idea di ricevere quotidianamente svariati obblighi ed imposizioni, ma da quando Tacchan aveva cominciato ad avvicinarsi a te per giocare a fare gli eroi, la mattina svegliarsi presto non era più stato un problema così insormontabile.
Ma dal semplice gioco a qualcosa di più il salto era stato fin troppo breve. Sempre più frequenti erano le richieste di Tacchan per incontrarvi fuori da scuola e, così facendo, erano presto aumentate anche le possibilità che i vostri innocenti scontri finissero tra calci e pugni, lontani dagli occhi vigili delle maestre.

— Tacchan, fagli vedere chi sei!—

Non ti spiaceva essere sempre scelto come l’antagonista dei giochi, il mostro cattivo che uccide i buoni e che vuole governare il mondo: solo l’idea di poter aver il controllo e di riuscire a sottomettere chiunque osasse contraddirti era così eccitante che spesso quasi dimenticavi di essere un ragazzino di 12 anni alle prese con un coetaneo solamente più grosso e alto di te.

— Tacchan uccidi Garou e libera la principessa!— 

Non avresti mai voluto tirare un pugno così forte, non era nemmeno tua intenzione colpirlo in piena faccia, ma quando Tacchan si era avvicinato sussurrandoti di lasciarlo vincere per non avere conseguenze fuori da scuola, qualcosa in te era scattato: desiderio di rivalsa e orgoglio avevano permesso al tuo corpo di muoversi più velocemente e di colpire lo sfortunato Tacchan proprio sul naso, facendolo crollare a terra.
Il forte era riuscito a sopraffare il più debole, il cattivo aveva prevalso sul buono. 

Avevi così alzato le braccia al cielo fiero della tua vittoria, convinto che da quel momento tutti i tuoi compagni ti avrebbero rispettato ed adorato, rendendoti popolare dentro e fuori la scuola. E invece non avevi potuto fare a meno di notare il terrore e paura negli sguardi di tutti coloro che avevano assistito allo scontro, ora chini sul povero Tacchan che ancora non sembrava aver ripreso i sensi. 
Nessuno sembrava essersi reso conto del dolore dipinto sul tuo, di volto: presi tutti com’erano dal ragazzo steso sull’erba verde del giardino che circondava la scuola, il gonfiore e il livido violaceo presente sulla tua mano destra erano passati in secondo piano.
Presto qualcuno avrebbe fatto la spia e la maestra ti avrebbe rimproverato per il comportamento sconsiderato ed irresponsabile; Tacchan avrebbe sicuramente recitato alla perfezione la parte della vittima e tu saresti finito nei guai per l’ennesima volta, senza contare la punizione che avresti ricevuto una volta dopo essere tornato a casa.

Ma, anche in quell’occasione, era stata una piccola mano aperta e calda che avevi sentito poggiarsi delicatamente sulla tua guancia a ridestare i tuoi sensi e a salvarti: i grandi occhi di una ragazzina poco più alta di te che, senza permesso, aveva premurosamente preso la tua mano costringendoti a scappare via da quel luogo dove ormai voci rotte dal pianto di bambini spaventati iniziavano a mescolarsi alle grida di alcune maestre, accorse sul posto per cercare di capire cosa fosse successo.

— Non ho bisogno del tuo aiuto, non mi fa male e non sei mia sorel- ahi!

— Sto solamente cercando di fasciarti la mano, non ho detto di voler essere e nemmeno sembrare tua sorella,— ti aveva risposto lei in tutta fretta, intenta a fasciare con delicatezza e precisione la tua mano gonfia.

— Dovresti metterci del ghiaccio appena arrivi a casa o rischi che si gonfi ancora di più,— si era poi limitata ad aggiungere, una volta dopo aver stretto un leggero fiocco in corrispondenza del tuo pollice, i suoi grandi occhi color nocciola ora fissi nei tuoi. Non erano severi né arrabbiati; avresti persino giurato di aver visto preoccupazione in quelle iridi limpide, ma avevi deciso di scacciare subito l’idea che su questa terra ci potesse davvero essere qualcuno seriamente preoccupato per te.
In fondo, tu eri solo un mostro.

— Non hai paura di me?—

Erano state queste le parole che, pronunciate trattenendo il respiro, tutto d’un fiato, avevano composto una domanda che da tempo frullava nella tua mente all’epoca ancora immatura ed innocente. Ed era stata proprio in quella occasione che la sentisti ridere per la prima volta. Una risata leggera, cristallina, non come quelle che tante volte avevi sentito uscire dalla bocca di quelli che ti piaceva considerare “compagni”.

— E perchè dovrei scusa?— la sua voce già adulta si adattava così bene ai lineamenti del suo viso e a quel sorriso sincero che avresti volentieri riposto la domanda solo per poter rivivere quella scena, — Non sei mica un mostro assassino come io non sono una principessa impaurita e da salvare.—

Avevi subito distolto lo sguardo dal suo, appoggiando la tua mano sull’erba umida del giardino per poi sollevare la testa verso il cielo, azzurro e limpido come poche volte ti era capitato di vederlo: così determinato a voler togliere quell’espressione beffarda dal volto paffuto di Tacchan, non ti eri nemmeno reso conto che fosse proprio lei la ragazza che stavi tenendo prigioniera, lei che probabilmente sarebbe stata tranquillamente in grado di mettere ko sia te che il tuo avversario con un solo colpo.

— Bè Garou, è stato un piacere conoscere il piccolo eroe di questa scuola,— si era limitata a commentare poco dopo, alzandosi in piedi per sistemarsi la gonna e pulirla dall’umido terriccio. 

— Forse non dovresti accettare di essere sempre tu a ricoprire il ruolo del cattivo, non ti si addice,— aveva aggiunto infine, cominciando ad incamminarsi senza fretta lungo il viale alberato, lasciandoti in balia del suo profumo e con quella fascia di un rosa ormai scolorito stretta sulla mano ancora gonfia e dolorante.

— Come ti chiami?— avevi urlato tutto d’un fiato, sperando in cuor tuo che lei fosse ancora abbastanza vicina da riuscire a sentirti.

— Takane,— aveva allora mimato con le labbra, voltandosi ancora una volta verso di te portando le sue braccia sottili dietro la schiena e lasciando che la leggera brezza primaverile le scompigliasse quell’enorme chioma di capelli arruffati.
 

***


— Takane. —

Quante primavere erano trascorse da allora? 

La osservi sollevare impercettibilmente il sopracciglio con fare interrogativo, per poi sbuffare scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte leggermente sudata e tornare così a concentrarsi su quel taglio profondo che ti eri procurato nello scontro appena concluso.

— Perché diavolo lo stai facendo?— domandi, esasperato da quell’assordante silenzio tra voi, mentre con lo sguardo segui incantato ogni suo movimento. 

— Perché non stai zitto e la smetti di fare domande stupide, per una volta?— 

— La parte della sorella premurosa non ti si addice per niente,— ribatti leggermente seccato per le sue risposte taglienti, non riuscendo ancora a capacitarti di come, anche a distanza di anni, il suo tocco premuroso ma deciso non sia cambiato: la sua mano non trema davanti a te, nemmeno la vista del sangue sembra riuscire a scuoterla.

— Mi sembrava di averti già detto di non avere nessuna intenzione di essere scambiata per una tua parente,— trova anche il tempo e l’audacia per ribattere mentre, dopo essersi legata disordinatamente i capelli, comincia ad applicare una benda attorno al tuo torace nudo, stando attenta a non applicare troppa forza lungo la parte colpita.

— Ma, nonostante tutto, sei qui a medicare il mio taglio quando non ti ho chiesto di farlo— 

— Una comune mortale come me deve poter fare di tutto affinché eroi come te non cadano in battaglia,— la senti affermare senza il minimo tentennamento, una volta dopo aver sistemato la fasciatura. Vorresti ribattere qualcosa di estremamente maleducato e sconveniente, ma senti stringere un po' troppo le bende sul torace e sai che Takane lo sta facendo solo per impedirti di aprire nuovamente bocca, perciò decidi di passare i successivi istanti sollevando detriti con la mano e poi lasciarli ricadere a terra sotto forma di piccolissimi granelli di polvere.

— Io non sono un eroe,— riprendi il discorso solo una volta dopo averla osservata sistemarsi di fronte a te con sguardo inquisitorio, incerta probabilmente se tirarti un pugno che certamente non avrebbe mai sortito l’effetto sperato, oppure cercando di trovare parole abbastanza pungenti e dirette da riuscire ad ammutolirti ancora per un po'.

— Ah no? E cosa sei dunque? Illuminami— 

La sua richiesta di spiegazioni ti lascia interdetto: non era un’opzione che avevi previsto. Ma poi un sorriso sghembo si fa spazio sulle tue labbra, quante volte sei riuscito a prevedere qualcosa con lei?

— Il fatto di essere conosciuto come The Human Monster non è sufficientemente inquietante per “una come te”?— accusi ironico a tua volta, stringendo e polverizzando un altro blocco di cemento ben più grande del tuo pugno.

— Per quanto mi riguarda, human monster, mi hai appena salvato la vita,— sancisce Takane, il tono deciso di chi non ha paura di dire quello che pensa, anche se dubiti fortemente che non le sia mai passato per la mente il pensiero di poter essere strangolata in qualunque momento. 

— Dovevo forse lasciarti morire? — 

Cerchi invano di trovare il più piccolo tentennamento nei suoi occhi perché, ancora una volta, è la sua risposta a lasciarti a bocca asciutta e senza parole con cui poter ribattere.

— Un vero cattivo lo avrebbe fatto. —

Preferisci quindi lasciar cadere il discorso, continuando a sbriciolare qualsiasi cosa ti capiti tra le mani. E’ rilassante polverizzare cemento e mattoni quando di fronte a te c’è un avversario che non puoi uccidere.

— Perché non ti unisci all’Associazione Eroi?— 

Il precedente silenzio viene interrotto dalla voce sottile di Takane che nuovamente giunge alle tue orecchie distraendoti da quella non certamente eccitante occupazione. Il tuo sguardo rabbioso incontra per un attimo il suo ora più spaventato e ti fa imbestialire l’idea di non riuscire a compiacerti del fatto che sia proprio tu la causa della paura che riesci a leggere nei suoi occhi, nonostante lei sia maledettamente brava a nasconderlo.

— Dovresti sapere che la parte dell’eroe non mi è mai andata a genio, — ci tieni a puntualizzare facendo leva sulle tue stesse convinzioni, cercando di mantenere un tono di voce calmo e pacato. La osservi sorridere mesta alla tua risposta, lo sguardo probabilmente perso in ormai troppo lontani ricordi. 

E solo a quel punto decidi di rimetterti in piedi, questa volta non curandoti minimamente di ripulire lo sporco e la polvere depositatesi sui tuoi pantaloni da allenamento.

Dandole le spalle per evitare di incrociare ancora una volta i suoi occhi, ti avvii così verso un’imprecisata meta senza averla aiutata a rialzarsi, senza averla ringraziata, senza nemmeno averle rivolto un gesto di saluto.
I pugni chiusi nelle tasche dei tuoi pantaloni sarebbero ora in grado di spezzare a mani nude qualsiasi ostacolo si ponga sul tuo cammino. Con la testa china verso il basso ed i piedi intenti a calciare qualche ciottolo di forma rotonda che -sfortunatamente- finisce troppo lontano per poterlo raggiungere, senti quasi il dovere di interrompere la tua camminata preferendo rivolgere la tua attenzione verso l’alto e rimanendo a fissare il cielo limpido sopra la tua testa, inspirando a pieni polmoni l’aria insalubre della grande metropoli ormai distrutta, cercando in tutti i modi di scacciare dalla tua testa quel viso così familiare. Perché tu sei Garou, l’antieroe per eccellenza, un giovane uomo che non può permettersi di provare alcun sentimento eccetto l’odio per il prossimo, chiunque esso sia.
Ma il sorriso amaro che si dipinge sul tuo volto e si mescola a quell’intrepido orgoglio che da sempre caratterizza la tua persona, non riescono però ad impedire al tuo viso di cercare la figura sottile di quella ragazza che scopri ancora immobile e sporca di polvere sulla strada deserta della città-S.

— La prossima volta che ci incontreremo Takane, — confessi, portando due dita della mano destra sulla fronte in segno di saluto, — Ricordami di rivelarti un segreto — 

—Quale segreto?— la senti ribattere, entrambe le mani vicino alla bocca nel tentativo di amplificare il suono della sua voce. 

—Il motivo per cui non sono mai riuscito ad odiarti, ad ucciderti— 

Il sorriso beffardo che si dipinge sul tuo volto è il più importante segno di un’insperata vittoria: e lo ha capito anche Takane che, dopo non averti risparmiato un ben visibile dito medio forse per la tua sfrontatezza, forse per la tua impertinenza, o più semplicemente, per la tua audacia, non si dimentica di mimare a fior di labbra un più gradito “sbrigati a capire chi sei veramente, perché non ho intenzione di aspettare a lungo!”





bridget's wall:

Anche se penso che la dedica iniziale sia sufficiente per spiegare in quali circostanze questa OS sia nata e si sia sviluppata (prendendo una forma ed una piega davvero inaspettate persino per me), sento ancora il dovere di ringraiare Angie per la santa e benedetta pazienza che ha mantenuto nei miei confronti e nell'aspettare questa fic che le avevo promesso da mesi, ma che solo ora sono riuscita a concretizzare (motivo: esami, lol).
Spero che le sia piaciuta e spero sia piaciuta anche a tutti coloro che in questo momento stanno leggendo queste righe chiedendosi che cosa ho ingerito prima di mettermi a scrivere una storia del genere: bè, sappiate che Garou è fonte di ispirazione costante, il che mi ha permesso di sfociare nelle 7 pagine di Word (record straordinario quando si tratta delle mie OS c':) 
A mia discolpa posso solo confessare che questo è stato il mio primo esperimento di scrittura per quanto riguarda il fandom di OPM (che spero davvero possa avere al più presto una sezione dedicata): perciò ci tengo a scusarmi con tutti coloro che non riterranno perfettamente IC Garou o non interessante la storia.
Alla prossima adorati tomodachi, spero di riuscire a ricevere qualche vostro sincero parere!
Vi abbraccio,

bridgetvonblanche






 
  
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