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Autore: Final_Sophie_Fantasy    29/02/2016    2 recensioni
Il Fato creò gli Dei; gli Dei l'Universo. La pace saturò in guerra; la guerra frantumò mondi e li convogliò in una dimensione. Un ciclo destinato a durare in eterno, Armonia e Discordia in lotta tra loro. Guerrieri convocati per porre fine al conflitto. Al tredicesimo ciclo, lo scontro sembra giungere al termine con la sconfitta della Discordia. Ma poiché senza l’ordine non si distinguerebbe il caos, senza quest’ultimo il primo cesserebbe. Così Shinryu tornò a purificare i guerrieri, invocati di nuovo a combattere al fianco dell’Armonia e della Discordia. Ma questa volta agli Dei è sfuggito qualcosa… o qualcuno…
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Aggiunta Copertina
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Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ginevra perse la ragione.
Scattò indietro come vide le zanne incandescenti avvicinarsi, gli  enormi occhi fiammeggianti spalancarsi.
Ruggì in difesa.
Agitò la coda per minaccia, gli occhi privi di pupilla e color acquamarina sembrarono voler contrastare con quelli del Dio. Le ali si aprirono mentre gli artigli s’impiantavano nella roccia dura del rialzo.
Paura e rabbia. Terrore e sfida. Questo sentiva dentro. Era con questi sentimenti che stava tenendo testa al primo dei suoi nemici.
Chaos era preso da stupore, non sapeva cosa fare ora che si trovava una tale scena davanti. Per questo stava emergendo il suo lato bestiale.
Ginevra si difendeva, indietreggiando ma senza mai permettere ai denti acuminati del Dio di toccarla, respingendoli con ruggiti potenti, gesti minacciosi, artigliate e rumorosi morsi dati al vuoto. E Chaos per istinto si ritirava, poiché ora era anche lui un animale. Un cacciatore tenuto sul filo dalla sua preda che mostrava un resistenza… inaspettata.
« Sono qui Ginevra… » Si sparse una voce.
Cosmos arrivò dalle sue spalle. Non sotto forma di donna. La nuvola minacciosa che la componeva si frappose tra i due scendendo dall’alto. Dal suo interno arrivò una potente luce che accecò gli occhi del Dio, spingendolo indietro, impantanato nella sua stessa lava.
« COSMOOOSSS!!! » Urlò il Dio pieno di collera.
Una mano di fuoco calò sulla nube, disfacendola. Ma quella si riunì e Ginevra riusciva ancora a distinguere i contorni della donna. Dalla nube vennero scariche d’energia che convertirono in fulmini imponenti, i quali s’abbatterono sul nemico con potenza inaudita.
« Tu non la toccherai, Chaos!! Non finché io sarò con lei! » Rispose la Dea, la voce soave ora era svanita per lasciare posto ad un riverbero spaventoso, potente, minaccioso.
 « Non puoi proteggerla!! » Ribatté il Dio, fuori di sé.
Ginevra e Cosmos lo videro issarsi sulle ginocchia, spalancare le due immense ali incandescenti e rivolgere al cielo un urlo iracondo. Una delle quattro braccia raccolse nel pugno la lava per riversarla dopo poco addosso alle due.
Le nubi si raccolsero veloci in uno scudo che le protesse dall’onda ustionante. Al confine tra gas e fuoco si creavano continue scariche energetiche per l’immensa pressione che veniva esercitata dalla gigantesca mano del Dio.
« Và via, Ginevra! Non è qui la tua battaglia! » Disse Cosmos, il tono riverberante era ora incrinato da una nota di affaticamento e forse anche di dolore.
La dragonessa ubbidì, voltandosi e spalancando le ali. Si gettò dal rialzo e prese il volo, lasciando alle sue spalle la mastodontica battaglia fra i due Dei.
 
Dall’alto vide tutto.
I suoi compagni, i Guerrieri della Discordia, la devastazione che imperversava e cresceva ad ogni singolo attacco.
Incontrò gli occhi blu di Zidane, ferito, debole, straziato dagli spietati attacchi della sua nemesi. Lui ricambiò il suo sguardo e lei vide le sue labbra muoversi a pronunciare il suo nome.
« Ginevra… ? » Sussurrò con stupore, prima di venire nuovamente colpito.
Poco lontano Squall combatteva allo stremo contro la pioggia di frecce violacee della sua nemesi e Laguna cercava in ogni modo di aiutarlo. Lightning resisteva in un continuo soccorso diventato caotico. Ormai anche Shantotto aveva smesso di ridere in faccia a tutti e toccava a Prishe  difenderla.
L’Armonia stava perdendo.
Doveva fare qualcosa.
 
Il guerriero cadde in ginocchio.
Garland gli fu sopra, pochi centimetri tra il suo volto sporco di sangue e sudore e i piedi metallici della nemesi. Tentò di difendersi alzando lo scudo rovinato, ma all’altro bastò afferrarglielo e strapparglielo dalle saldature al braccio, violentemente, rischiando di rompergli un osso. Il guerriero gemette, ricadendo chino su sé stesso, lasciando la spada per stringersi il braccio. Garland gli parlò:
« Sarai il primo fra i tuoi a cadere. Questo ciclo finirà a breve, a quanto pare. »
L’arma fu alzata su di lui.
Un ruggito prolungato che si fece sempre più vicino.
Garland si voltò e vide sei artigli candidi sfoderati contro di lui. Lo afferrarono per sollevarlo da terra e rigettarlo lontano. Lui non si fece prendere alla sprovvista e riuscì comunque con una capriola a tornare su due piedi. Ma si voltò per vedere un drago rialzarsi in cielo, virare e girare in tondo. Occhi acquamarina lo fissavano in un ringhio.
« Che cosa… ? È questo che sei, tu? » Disse.
Ginevra gli rispose con un ruggito.
Garland allungò l’arma in una frusta, una lunga catena con all’estremità la grande punta in ferro. Si mise in posizione d’attacco, guardando con sfida il drago:
« D’accordo. Vieni, mostro! Se la Discordia non può averti, allora nessun’altro deve! »
Ginevra ruggì ancora e gli si gettò contro in picchiata.
Garland stava già preparando la frusta quando una longilinea figura nera bloccò l’attacco della dragonessa, spingendola a terra.
Ginevra si ritrovò avvinghiata in spire nere. E quando tornò a ragionare, vide le sue ali costrette dal corpo del Drago Nero.
Allo stesso tempo, un ragazzo e Tifa arrivarono addosso a Garland, spingendolo lontano. Lui stringeva uno spadone.
« Dannazione… » Si disse quello, per poi cogliere la sfida dei due nuovi arrivati.
Ginevra si ribellò alla stretta, mordendo e graffiando, ma la bestia nera non faceva niente di più che tenerla ferma e istigarla alla quiete con soffi e grugniti. Allora vide non molto distante comparire Golbez.
Si calmò, sopportando la stretta.
Lo Stregone la fissò a lungo, per poi avvicinarsi ancora di qualche passo. Le parlò:
« Non ti preoccupare per loro, Ginevra. Le cose si rimetteranno in sesto, li aiuterò io per quanto posso. Cerca ancora e troverai quello che davvero vuoi in questa battaglia. »
Ginevra guardò nel punto in cui il guerriero era rimasto in ginocchio. Al suo fianco ora c’era Cecil che lo aiutava a rimettersi in piedi.
Il Drago Nero la lasciò libera e finse di scacciarla, colpendo appunto al vuoto come se la stesse mancando. Ginevra riprese il volo, lasciandosi lo Stregone e la bestia nera alle spalle.
Salì ancora più in alto, sorvolando il campo di battaglia. Cercò con occhi. Cercò con udito. Cercò con l’animo. Si spostò più verso una zona in disparte del confine tra Santuario dell’Ordine e il rialzo. E lì allora sentì che qualcosa era vicino.
Qualcosa ricambiò la sua sensazione.
Uno sguardo.
Uno sguardo che lei cercò.
E li incontrò.
In cima ad un bianco pilastro, tanto largo da sembrare un’arena. Due cavità nere sotto cui si celavano misteriosi occhi. Un elmo dalle corna rivolte ai lati. Un completo rosso acceso, sul petto coperto da un’armatura che continuava sulle spalle. Le gambe ferme in attesa coperte da pantaloni neri e gambali in ferro scuro e oro. Manopole in metallo chiudevano le maniche rigonfie all’altezza del gomito. Le mani guantate erano lasciate a riposo lungo i fianchi. Ma come vide la bestia comparire, la destra andò lenta ad una sottile spada munita di pistola riposta sulla schiena.   
Ginevra sentì di aver trovato ciò che cercava.
S’abbassò di quota, arrivò anche lei sulla cima della costruzione e atterrò, grugnendo e alzando un polvere e pietrisco. Quando richiuse le ali sentì i muscoli tesi venire rilassati ma farle male; per un po’ non avrebbe volato.
La figura non era più lontana di dieci metri.
Si guardarono.
Nell’aria era solo rumore di un combattimento lontano, che ormai i due nemmeno più riconoscevano.
Lei muoveva la coda, infastidita. Lui stringeva la gunblade.
« La figlia di Shinryu... è così che ti chiamano? » Fu l’improvvisa comparsa della sua voce, soffocata dall’elmo e resa più profonda.
Lei soffiò fumo dalle narici.
L’uomo ridacchiò:
« Bene… » Fece una pausa per ammirare la sua nemica « Il mio nome è Gaius van Baelsar, il Lupo Nero. »
Attese ancora. Ginevra si chiese il perché di così tante esitazioni.
« Un drago… Meraviglioso animale. Onorato di averti come prima sfidante. Non deludere le mie aspettative, ragazzina. »
Ginevra ringhiò, il muso basso per inarcare la schiena spinosa in una posa di minaccia. Il suo nemico non sembrò affatto impressionato.
Passarono lunghi minuti.
Gaius rifletteva, lei aspettava. Sapeva che il momento sarebbe arrivato.
« Forza, Figlia di Shinryu, mostrami che sangue scorre nelle tue vene! » Disse il Lupo Nero.
Ginevra scattò come una molla, zanne spalancate. Ma quando le richiuse, quelle scoccarono sonoramente, colpendo il vuoto. Gaius aveva già compiuto una capriola in aria ed era dietro di lei, in piedi.
Lei si voltò, ruggendo in minaccia, pensando che l’avrebbe colpita; agitò la coda come una frusta. Ma lui non fece alcuna mossa, evitando l’arto con una schivata elegante, indietreggiando di appena un passo per poi guardarla tornare in una posizione di attacco.
Ginevra cercò di prenderlo di fianco, camminando piano in semicerchio, mostrandogli gli eleganti fianchi squamati. Ma lui prese a sua volta a girarle intorno. Così si ritrovarono in un girotondo lento, teso, sospeso su un minimo movimento brusco. Ginevra, zampa dopo zampa girava, in gola riecheggiava un grugnito basso, ogni tanto scuoteva la testa con uno sbuffo per rilassare i muscoli del collo che dovevano essere pronti a partire. Gaius, piede davanti ad un altro, stringeva la gunblade, dito sul grilletto, proiettili sulla manopola carichi, pronti al colpo, lo sguardo di sottecchi era soltanto indagatore.
Ginevra rallentò ancora di più e gli ruggì contro.
Gaius quasi si fermò.
La dragonessa partì in attacco, il collo scattò come quello di un serpente, sibilando. Il Lupo Nero alzò la gunblade e colpì al muso, deviandolo dal suo corpo. Si trovò gli occhi acquamarina a pochi centimetri. Ginevra caricò con le corna di lato, ma lui si abbassò, sfiorando il sotto gola della bestia. Si rialzò, ritrovandosela alla sinistra. Ancora le zanne s’aprirono e lui con un pugno la colpì, seguendo con un affondo della spada che lei mancò per miracolo. La testa allora s’alzò e si gettò sul nemico dall’alto. Gaius alzò la mano sinistra e sparò tre colpi. Ginevra fermò l’assalto, scuotendo il capo per il dolore e rilasciando un debole ruggito di lamento. Le squame resistettero, scalfendole solo di poco la pelle. Ma lei s’allontanò comunque, girandosi e caricando con la coda. Gaius saltò, in volo caricò altri proiettili, poi fece una mezza volta per trovarsi rivolto verso il basso, sparò. La schiena della dragonessa fu sottoposta ad altre tre mitragliate, ma la corazza la difese bene, facendola solo arrabbiare ancora di più. Il Lupo Nero riatterrò in ginocchio, trovandosi a dover compiere una capriola di lato per evitare una zampa. Arrivò in carica a sfiorare il suolo la testa, zanne socchiuse pronte a mordere. Gaius saltò e fu sul capo della creatura. Ginevra non gli lasciò il tempo per cercare un appiglio e presa dall’adrenalina di toglierlo di lì, scosse il capo violentemente. Lui approfittò e scese lungo il collo, rimanendo in piedi; arrivò alla base di esso e lì conficcò la spada. Ginevra ruggì di dolore. Si contorse, cercò di toglierlo dalla sua posizione, ma ormai era agganciato e non era intenzionato a scendere. La dragonessa si gettò a terra, rotolandosi nel terreno, sperando di scacciarlo via come un parassita. Gaius infatti estrasse la spada dal suo corpo e saltò lontano. Lei rimase a terra, cercando un minimo di riposo. Non gliene fu concesso.
« Fragile creatura di carta… » Replicò indignato il Lupo Nero.
Ginevra ringhiò e si rialzò, il sangue colava dalla spalla. Vide il nemico poco lontano e ruggì. Gli corse incontro, Gaius preparò i colpi nella gunblade. Ma quando lei gli fu vicina di qualche metro, spalancò le ali e combattendo contro il dolore si alzò, passandogli sopra. Lui la guardò planargli intorno, si decise ad agire comunque e le sparò contro. La prese ad una zampa posteriore che la fece vacillare, gli altri proiettili furono schivati. Ginevra si riprese un minimo al dolore e quando si sentì pronta, caricò in picchiata.
Ma Gaius era più che pronto e quando se la trovò quasi addosso, si abbassò, afferrò l’elsa con entrambe le mani e quando vide arrivare il ventre sopra la sua testa, alzò in verticale l’arma.
Ginevra ascoltò la lama entrare attraverso le squame e aprirle uno squarcio lungo tutta la pancia.
Volle urlare, sentire la sua voce di ragazza. Ma dalle fauci venne solo un orribile lamento. Vide buio. Rotolò per metri e metri, un groviglio di coda e ali. Furono gli orli sporgenti della costruzione a fermare la sua tragica caduta. Rimase nella polvere in dolori atroci. La pietra bianca, liscia come il ghiaccio, fu sporcata di vivo sangue rosso.
S’accorse dopo poco di aver gli occhi sbarrati.
Il dolore della sua conversione fu niente in confronto a quello che sentiva.
Si portò una mano al ventre e quando la staccò dal tessuto verde vide il palmo sporco. Non un lamento le uscì di bocca.
Gaius s’avvicinò.
« È questo tutto? »
Una lama si protese verso di lei, sfiorandole il viso.
Proprio ora che si sentiva così vicina alla morte, dentro percepiva forza e lucidità.
Lei alzò lo sguardo, occhi luminosi, ora più vivi che mai.
 
E come le loro pupille furono una infissa in quella dell’altro, tra loro si tesse un filo sottile, un filo che era stato spezzato.
 
“Ricordi?” Sembrò dire una voce nell’ aria.
 
Quella posizione, quella lama, quegli occhi. L’ombra di lui a coprire un minuto corpo di bambina lasciato cadere sulle ginocchia nella polvere.
“Ricordi?”
Il vestito sporco dei comuni plebei. Intorno fuoco, dolore, neve.
 
Sì, nevicava quel giorno… nevicava. E a me piaceva la neve di casa mia, pensò lei.
 
Nei lontani paesi del Nord, in antichi tempi dove la guerra scorreva tra le bianche montagne come una serpe e stringeva tutto in spire mortali.
Il Lupo Nero aveva ululato sulla sua città, sulla sua casa, sulla sua famiglia.
“Ricordi?”
Mamma… Papà… dove siete? Sentiva la sua voce nella testa.
Gli aveva risposto una lama, sottile. La sua.
Aveva alzato i grandi occhi infantili e l’aveva visto, per la prima volta. La bestia famelica.
Non ha occhi in cui guardare…, aveva pensato come lo aveva incrociato nello sguardo.
« Non hai occhi in cui guardare… » Sussurrò Ginevra.
Gaius la fissò, a lungo, infinitamente a lungo.
« Non hai colpa contro nessuno… » Disse lui a sua volta.
L’uomo sembrò venire colpito al cuore come i ricordi si congiunsero e il filo divenne una catena tra i due, mentre lei rimase a fissarlo con un rivolo scintillante di lacrime che cresceva agli orli degli occhi.
Gaius barcollò indietro, una mano voleva andare alla testa, ma nemmeno lui sapeva cosa fare.
No. Invece lo sapeva. Voleva guardarla. Guardarla e non lascare mai quegli occhi acquamarina. Poi vide il sangue, vide la mano della ragazza morta sul pavimento, la lacrima che le scivolò lungo la guancia fino alle squame che comparivano dalle gote pallide.
 
Gaius tornò alla ragione.
Indietreggiò ancora. Poi ruppe quel contatto visivo come dietro di lui comparve Sephiroth, ferito.
« È tempo di ritornare. Ci ritiriamo. »
Il Lupo Nero guardò la ragazza un’ultima volta, impalata al suo posto, lo fissava ancora. Prese determinazione, si voltò definitivamente, saltò e sparì lontano.
 
Ginevra allora non ebbe più cosa guardare.
E solo allora la sua bocca s’aprì in per ansimare, dalla gola uscivano lamenti debolissimi. Chinò il capo e vide il vestito macchiato di un verde tanto scuro da essere nero. Sulle gambe, per terra, il suo sangue brillante scendeva lento come le sue lacrime.
 
« GINEVRAAAA!! »
Vide le figure sfocate di Firion, di Laguna e… Kain.
Ansimava ancora.
Cadde indietro, contro la roccia bianca.
Il ragazzo dai capelli neri sembrò volersi fare avanti, ma il Dragone lo respinse subito e in una frazione di secondo fu vicino alla ragazza.
Lei non vedeva più niente. Il volto di lui era quasi irriconoscibile.
Si sentì prendere da dietro le spalle e sotto le ginocchia con rudezza e agitazione.
Lei fu presa da una follia ceca, dalla disperazione più nera. Portò le mani contro il suo petto, artigliandolo come se cercasse un appiglio.
« Fa male… fa tanto male… » Pianse mentre il Dragone la sollevava.
Trovò finalmente la forza di gridare e nascondendo il volto come meglio poteva, si sfogò in un dolore terribile.
Mentre ancora piangeva senza ritegno, il buio la immerse.
E ricordò.





 

SBA-BAM!!
Eccovi, il capitolo per ora best di questa storia. Cavolo, quanto aspettavo a scriverlo!! 
I ricordi di Ginevra (e di Gaius) fanno riferimento a FFXIV, ad una parte di storia un poco messa in disparte dal videogioco, dove si racconta che nelle terre di Ishgard (qui la casa di Gyn), l'Impero di Garlemald abbia cercato di portare dominio. Ma a quei tempi, uomini e draghi erano amici e insieme riuscirono a mantenere la loro indipendenza. Poi questa unione si sfaldò, ma Ishgard resistette comunque. Se la storia di questi due fosse veramente nel gioco, Gaius non sarebbe nemmeno nell'anticamera del cervello, ma pazienza. Un poco di gioco spazio-tempo non importa a nessuno. 
Il disegno... mi è venuto da fare così, un giorno. Spero vi piaccia ('mazza Gaius che difficile sei!!), è il primo che compare in questa storia, tra l'altro O.o!
Bene! Al prossimo aggiornamento!
 
   
 
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