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Autore: Hebe Andersen    29/02/2016    5 recensioni
Fu lei la prima ad accorgersi della presenza dell'altro. Aveva annuito nella direzione di quello che doveva essere un leprotto, come se sapesse parlargli, e aveva sollevato la testa puntando gli occhioni ambrati dritti in quelli di James.
Poi aveva riso. Una risata strana, particolare che il ragazzino non aveva mai sentito prima. Sembrava che un coro di campanelle avesse iniziato a trillare assieme nell'aria, come succedeva durante le celebrazioni più solenni. [...]
La piccola rise lieve, portandosi una mano a coprire la bocca e si alzò in piedi, con l'aria di una monella che era stata beccata a rubare la marmellata.
Fu allora che lui le vide. Sottili, leggere, così delicate che davano l'impressione di rompersi al solo tocco, due ali simili a quelle delle farfalle si spiegarono nell'aria dalla schiena della sconosciuta.
Conosceva un solo tipo di creatura con ali del genere. Ma non è possibile, si disse, dovrebbero essere morte!
« Sei una fata. »
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sunflower's promise original fantasy sfida






Sunflower's promise












Prompt:

storia di un tradimento e ciò che provoca nella persona tradita e nel traditore;













James scavalcò agilmente la vecchia staccionata di legno che doveva servire a separare il paese dal bosco, che si stagliava misterioso di fronte a lui.
Che cosa stupida, si ritrovò a pensare, a cosa serve se persino un ragazzino di nove anni riesce a saltarla?
Era sicuro che il re contasse sul fatto che la paura che quel posto incuteva sulla gente del regno fosse più che sufficiente per tenerli lontani.
Sorrise furbo. Non aveva però pensato alla curiosità che suscitava negli animi più coraggiosi, tra cui il suo. Perchè – ed era davvero inutile nasconderlo – tutte quelle strane storie che gli anziani era soliti raccontare ai più piccoli per spaventarli, spesso avevano un esito opposto a quello che si erano prefissati.
Corse svelto sotto gli alberi, in quella che ormai era diventata una prassi da alcuni giorni.
James amava esplorare ed aveva una precoce passione per rompere le regole. Questo non era assolutamente un mistero e gli era costato il soprannome di “Piccolo Vagabondo”, come tutti in paese erano soliti chiamarlo. Il bambino aveva anche l'impressione che, nonostante cercasse di tenerlo ben nascosto, tutti sapessero quali erano le destinazioni delle sue piccole avventure.
In fondo, chiunque sapeva tutto di tutti nel borgo che non era certo famoso per la discrezione dei suoi abitanti.
Si avviò verso il suo angolo preferito, quello che aveva scoperto pochi giorni prima per puro caso, ora con passo più lento dato che nessuno poteva vederlo da lì.
Si trattava di una magnifica radura, una lunga distesa di erba verde e fiori colorati, incastrata nel folto del bosco tra gli alberi, come una piccola oasi nel deserto. Era un posto splendido, un brulichio di vita. James se ne era innamorato all'istante.
Quel giorno però, appena arrivò a mettere piede nel luogo, si rese conto di non essere l'unico essere umano presente nel posto. Quella che sembrava essere una bambina di cinque anni se ne stava tranquillamente seduta al limite della radura, circondata da farfalle e fiori gialli che intrecciava in piccole coroncine. Aveva un aria così serena dipinta in volto che il bambino si rese conto che era impossibile staccarle gli occhi di dosso.
Fu lei la prima ad accorgersi della presenza dell'altro. Aveva annuito nella direzione di quello che doveva essere un leprotto, come se sapesse parlargli, e aveva sollevato la testa puntando gli occhioni ambrati dritti in quelli di James.
Poi aveva riso. Una risata strana, particolare che il ragazzino non aveva mai sentito prima. Sembrava che un coro di campanelle avesse iniziato a trillare assieme nell'aria, come succedeva durante le celebrazioni più solenni.
Senza neppure essersene reso conto, aveva mosso alcuni passi nella sua direzione, la curiosità che iniziava a stringergli lo stomaco. E chi non lo sarebbe stato? Quella bambina sembrava essere uscita da una delle strane leggende che i vecchi raccontavano, una di quelle particolarmente piacevoli.
« Tu non sei del borgo.  »
Cinque parole, semplici e che non richiedevano nessun tipo di risposta.
James l'aveva osservata mentre le si avvicinava ed era sicurissimo di non averla mai vista al suo paese, neppure di sfuggita, neppure per sbaglio. Lei non era da lì e tutto in lei sembrava urlarlo, a partire da quello strano vestito color giallo sole che ricordava terribilmente i petali dei girasoli.
La piccola rise lieve, portandosi una mano a coprire la bocca e si alzò in piedi, con l'aria di una monella che era stata beccata a rubare la marmellata.
Fu allora che lui le vide. Sottili, leggere, così delicate che davano l'impressione di rompersi al solo tocco, due ali simili a quelle delle farfalle si spiegarono nell'aria dalla schiena della sconosciuta.
Conosceva un solo tipo di creatura con ali del genere. Ma non è possibile, si disse, dovrebbero essere morte!
« Sei una fata. »
Di nuovo una sentenza uscì dalle sue labbra. La piccola in tutto risposta annuì appena, alzando leggermente le spalle.
James poteva dirsi davvero molto confuso in quel momento. Perchè era troppo strano collegare quella creaturina alle figure mitologiche di cui aveva tanto sentito parlare. Avrebbe dovuto essere più grande, avrebbe dovuto attaccarlo con qualche strana magia, avrebbe dovuto ingannarlo o quanto meno persuaderlo a fare cose che non avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà, come un angelo caduto, dannato dal cielo. Ma soprattutto, non avrebbe dovuto essere lì. Perchè le fate erano estinte.
Lei, invece, lo guardava tranquillamente, le manine che stringevano una corona di fiori incompleta, lanciandogli sguardi curiosi e di un'innocenza infinita, sorridendo serena. Era impossibile compararla a quanto aveva sempre sentito su di loro, quasi assurdo.
« Tu esisti. Io non sto sognando. » rifletté ad alta voce « Come puoi essere viva? »
La piccola fata sgranò appena gli occhi ambrati, portandosi un dito sul mento con fare interrogativo. Poi, si librò in aria, alzandosi appena da terra e soffiò sulle orecchie di James che, infastidito dal gesto, si strinse un momento nelle spalle.
« Io sono Ghrian, del popolo fatato dei Girasoli. »
Il ragazzino spalancò gli occhi nell' udire quelle parole, fresche come brezza primaverile e come questa altrettanto delicate. Si guardò intorno per qualche momento alla ricerca di colui che aveva parlato, prima di realizzare che era stata lei. La fatina gli aveva rivolto la parola e lui l'aveva compresa.
Istintivamente, sí portò le mani alle orecchie. Ghrian parve capire al volo i suoi pensieri.
« La polvere ti permette di capire la mia lingua, anche se solo per poco. Il suo effetto non dura a lungo. Non spaventarti » aggiunse, notando la sua espressione stupita « Noi fate possiamo comprendere i pensieri di chi ci circonda, se il suo animo è puro. »
James inarcò un sopracciglio quando udì la spiegazione. Se durava poco, allora quale utilità aveva un gesto del genere? Perchè lasciare che lui la capisse solo per qualche ora?
« Si può rinnovare.»  spiegò serafica la piccola « Comunque sarà più che sufficiente per giocare oggi, stai tranquillo. Faccio tutto sempre a puntino, io! »
Lui sospirò irritato. Il fatto che la fatina potesse frugargli nel cervello cominciava già da adesso a dargli sui nervi.


**


Erano passati anni da quel primo incontro ma i due ragazzi non sí erano mai persi di vista.
Quella conoscenza così casuale aveva dato iniziato a una grande amicizia, di cui entrambi erano molto gelosi.
Inizialmente, pur se molto stupito, James non aveva fatto caso alla stranezza di quella relazione ma quando aveva partecipato all'ennesimo incontro serale del paese, attorno ad un fuoco comune, aveva capito la gravità di quello che era successo.
Una fata gli aveva parlato, proprio una di quelle creature che il regno continuava a sostenere fossero estinte da tempo e da cui gli anziani non facevano altro che mettere in guardia i più giovani.
Erano pericolose, capaci di trarre chiunque desiderassero nei loro inganni per sfruttarli come vittime per chissà quali malefici incantesimi. Potevano avere aspetto umano ma non lo erano del tutto. Erano figlie del demonio e tutto quello che nasceva da quell'essere era corrotto e malvagio. Se qualcuno ne avesse mai incontrata una era suo preciso dovere informare il re di dove sí trovasse, così da poterla eliminare. Non che qualcuno degli adulti credesse ancora a certe dicerie – sapevano che erano state uccise tutte da tempo – má sí preferiva che i piccoli fossero a conoscenza di queste cose, così almeno dá tenerli in guardia.
Il ragazzino sí sentiva un verme nel ricordare di aver associato tutte quelle caratteristiche anche alla piccola Ghrian, non appena aveva capito chi sí era ritrovato di fronte. Lei che non sembrava per niente spaventata, al contrario di lui, e che l'aveva osservato con una curiosità così infantile che sí era sentito nudo ai suoi occhi.
La fatina non sembrava essersi preoccupata del fatto che lui invece fosse un umano, anzi era emozionatissima all'idea di averne incontrato uno e l'aveva riempito di domande, restando sempre con le gambette sollevate per aria. Si era dimostrata amichevole e James non riusciva di certo a pensare che lei lo avesse voluto ingannare.
Ci aveva riflettuto a lungo, evitando a malincuore la radura per qualche giorno e poi era giunto ad una conclusione: se davvero avesse voluto fargli del male, lo avrebbe fatto subito e soprattutto non sí sarebbe mostrata candidamente per quello che era.
Inoltre, cosa poteva mai fargli una bambina così piccola? Quanti anni avrebbe mai potuto avere? Cinque, sei al massimo.
Così, dopo un pò di tempo, era tornato a scavalcare la staccionata come aveva sempre fatto ed era corso verso il suo angolo segreto.
Non sí stupì minimamente di trovarla lì, con delle primule in mano mentre le intrecciava al pelo di alcuni leprotti con aria allegra. Aspettò che lei lo notasse – anche se sapeva bene che aveva già percepito la sua presenza – con le braccia incrociate davanti al petto, fissandola con uno sguardo serio, quasi adulto.
Ghrian, con tutta calma, aveva portato a termine il suo gioco e poi aveva nuovamente soffiato della polvere magica nelle sue orecchie, non prima di rivolgergli un sorriso sbarazzino.
« Ti aspettavo. Come mai sei tornato solo ora? »
« Non dovrei trovarmi qui. » rispose, coinciso come sempre.
La piccola fece sbattere le ali più velocemente, mentre annuiva in quello che doveva essere un gesto di comprensione, sbuffando appena.
« So cosa pensano gli umani di noi. Mi ferisce molto. »
Vederla così sinceramente sconsolata, fu un colpo al cuore per James. Voleva farle sapere che lui era diverso in qualche modo, che la considerava un'amica ma non era per niente bravo ad esprimere i suoi sentimenti.
Si limitò a sedersi accanto a lei e a sfiorarle una mano intenerito, rivolgendo domande sul suo popolo. Era sempre stato affascinato dá tutto quello che riguardasse questo strano mondo magico, così odiato dai grandi, ed ora aveva l'opportunità di soddisfare tutte le sue curiosità grazie a Ghrian, facendole capire allo stesso tempo che era interessato a conoscere anche il loro punto di vista sulla faccenda. Perchè se lei era lì con lui, voleva dire che le leggende che sí raccontavano nel regno, sui prodi soldati che le avevano sconfitte, erano solo un pugno di bugie.
Non serviva neanche che parlasse. Ghrian gli diceva tutto quello che lui desiderava sapere, percependo i numerosi quesiti tramite i suoi pensieri, ridendo ingenua a quelli più strani e volandogli intorno mentre tentava di essere più chiara possibile nelle spiegazioni.
Fu così, che l'ombra di tristezza caduta poco prima sui due svanì e che James fece scoperte a dir poco affascinanti su quel mondo completamente sconosciuto.
Perchè le fate erano creature più complesse di quello che sembravano, con una storia lunga di millenni e tante di quelle credenze fantasiose a cui lui non avrebbe mai potuto credere.
Avevano sempre vissuto in simbiosi con la natura, ricavandone energie, cibo e gioia. Scoprì che, molti secoli prima, gli uomini permettevano loro di vivere nei loro paesi, condividendo feste e momenti di allegria. Quelle magiche creature erano considerate benevole, portatrici di buona sorte e per questo venivano tenute sempre in alta considerazione da tutti. I bambini amavano stare con loro, farsi cospargere di polvere per udirle parlare con le loro voci sottili e cantare nella loro strana lingua, fatta di suoni di campanelli. Era tutto perfetto. Fino a quando l'invidia non era entrata nel cuore del sovrano del regno e gli aveva corroso l'anima.
Quel giorno era diventato l'unica ricorrenza triste per il popolo fatato, perchè sí ricordava l'inizio di una guerra considerata fraticida e fin troppo sanguinosa. Lacrime e dolore erano il pane quotidiano di entrambe le fazioni, che dai quei tempi non sí parlavano più.
Le fate sí erano nascoste tra i boschi, in zone in cui nessuno avrebbe potuto trovarle e tra gli umani iniziavano a girare storie su come sí fossero estinte, ben alimentate dal re, smanioso di celebrare la sua grandezza.
James si stupì nel sentire come Ghrian ricordasse tutto alla perfezione ma lei, ridendo, gli spiegò che era importante che tutti sapessero quello che i loro avi avevano vissuto prima di loro, in modo da farne tesoro. Non c'era odio nella sua voce, solo amarezza per quanto successo.
Il ragazzino provò una strana rabbia dentro di sè, un sentimento sconosciuto al suo animo, per quanto ribelle, pur sempre bambino.
La fatina, invece, sembrava non riuscire a provare emozioni negativi per più di qualche secondo per cui, dopo solo pochi istanti, aveva già ricominciato a descrivergli con il sorriso sulle labbra la sua festa preferita, abbondando nei particolari e muovendo le ali dorate con grande entusiasmo.
Era la persona più allegra che James avesse mai incontrato e questo non cambio nel corso degli anni. Più cresceva e più capiva quanto il rapporto di amicizia che aveva instaurato con Ghrian fosse prezioso. Era diventata quasi una sorella minore per lui, un'alleata con cui condividere anche le cose più segrete.
Per questo, qualche anno dopo, la fata sí era presentata un giorno al loro ritrovo con un magnifico girasole tra le mani. James l'aveva scrutata, cercando di capire a cosa potesse mai servire quello splendido fiore e lei, sorridendo, aveva spiegato: « Voglio chiederti di stringere un patto con me. Sappi che se accetti, non dovrai mai infrangerlo o diventerai una persona estremamente infelice. I patti fatati sono sacri. »
« Potrei almeno sapere cosa comporterebbe questo patto? »
« E' una promessa. Tu non dovrai mai rivelare a nessuno della mia esistenza e io non parlerò mai a nessuno di te. Penso che sia giusto farlo, tu sei il mio migliore amico e non voglio perderti. Sai bene cosa succederebbe altrimenti e non voglio che accade. Così, potremo evitarlo. »
James aveva stretto le mani sopra quelle di Ghrian, che teneva al suo petto il girasole, e insieme avevano pronunciato la loro promessa.
Lei, alla fine di tutto, aveva solo sorriso e l'aveva abbracciato, sicura che ora niente avrebbe potuto rovinare quell'amicizia a cui teneva così tanto.


**


Se ne era innamorato subito, non appena lei gli aveva rivolto la parola.
James, tra tutte le storie, odiava quelle romantiche, che raccontavano di cavalieri innamorati di dame irrangiungibili e trovava alquanto stupida l'idea di servire una donna che sí era visto una volta sola. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe successo anche a lui ma ora, alla soglia dei diciotto anni, capiva quello che prima non aveva mai neppure provato a comprendere.
Lei sí chiamava Rose, era più grande di lui di un paio d'anni, aveva modi gentili e sembrava essere anche estremamente intelligente.
Non sí era mai vista in paese prima di allora. Era giunta da poco e aiutava l'erborista del borgo. Le voci delle comari sostenevano che fosse la sua amante e che l'uomo, che non era molto scaltro, aveva deciso di tenerla vicino a se, offrendole quel lavoro.
James rideva a quelle stupidaggini e cercava di rabbonire le chiacchere maligne con la sua logica, causando solo avvertimenti non richiesti da parte delle donne.
« Caro mio, sappiamo tutti che la difendi solo perchè tí piace. Ma credi ad una povera vecchia, quelle là sono tutte da evitare. Girale alla larga, più veloce che puoi! »
Ghrian era di tutt'altra idea invece e aveva gioito non poco alla notizia, confidatale dal giovane.
L'amore era una cosa meravigliosa ed era giunto il momento che anche il ragazzo lo sperimentasse.
James la prendeva in giro bonariamente, chiedendole cosa potesse mai sapere una mocciosa della sua età sull'argomento. Lei, in tutta risposta, sí alzava sulle punte dei piedi, così da raggiungerlo in altezza, e gli ricordava che, anche se dal suo aspetto non sí percepiva, lei aveva più anni umani di lui. Non era colpa sua se le fate invecchiava più lentamente!
Era su sua insistenza che il giovane aveva deciso di provare ad avvicinarsi di più alla nuova arrivata e aveva iniziato a parlare in un modo che sembrasse il più disinteressato possibile.
Con il passare dei giorni, da conoscenti erano diventati amici e poi avevano passeggiato assieme varie volte, lungo le vie del paese, scatenando chiacchere tra gli anziani.
Più ci entrava in confidenza e più Rose gli piaceva, tanto che diventava sempre più difficile cercare di limitarsi e non baciarla, magari causandole così un forte imbarazzo.
Non riusciva infatti a capire quello che la ragazza pensava di lui. Certo, era sempre molto gentile con lui come lo era con tutti – e forse era proprio questo il problema – ma non sembrava mai tradire un interesse maggiore nei suoi confronti. Solo un giorno lo stupì con una domanda insolita, che mai sí sarebbe aspettato uscisse dalla sua bocca.
« E' vero quello che tutti dicono? »
Lui l'aveva guardata un attimo confuso, appoggiando la schiena al tronco di un albero.
« Non voglio essere invadente ma...davvero tu scavalchi regolarmente il confine del regno e tí inoltri nella foresta? In quella proibita?  »
James aveva incrociato le braccia al petto con aria un pò scocciata ma aveva annuito lo stesso. Era inutile negare, tutti avevano notato che lui superava quella benedetta staccionata già da quando aveva incominciato nove anni prima. Era già tanto che nessuno lo avesse mai denunciato a qualche guardia del re ma lo avessero lasciato fare, considerandola solo una delle tante stranezze di quel bambino coraggioso ma anche molto orgoglioso quale era.
Lo sguardo di Rose sí era accesso di una curiosità quasi morbosa a quel gesto, una curiosità che sembrava tutto tranne che sana e il ragazzo ne era rimasto spaventato per un attimo.
Poi gli aveva sorriso di nuovo in modo dolce e quella strana sensazione era stata accantonata.
« Sai, quando ero più piccola adoravo le storie che sí raccontavano su quei posti e avrei davvero tanto voluto vederli. Purtroppo, abitavo in una zona molto distante e non ho mai potuto farlo. Voi siete fortunati ad abitare vicino al confine. » spiegò, fermandosi un attimo per prendere fiato « Potresti...potresti portarmi lì un giorno? Solo uno, per favore! » chiese, stringendogli le mani tra le sue.
Il ragazzo avvertì prepotente il bisogno di accontentarla. Gli occhi verdi della ragazza non chiedeva altro che una fuga veloce in quel posto proibito e l'idea di portarla e condividere con lei il suo angolo segreto lo stuzzicava sempre di più. Poi sí ricordò di Ghrian.
« Io...non posso. » disse semplicemente, abbassando lo sguardo a terra.
Non poteva tradirla così, non poteva – e non voleva – infrangere la loro promessa.
Fu lo stesso terribilmente difficile dire di no a Rose e osservare la sua espressione farsi più triste.
« Non voglio metterti nei guai. » sí giustificò.
La ragazza tentò un abbozzo di sorriso e scrollò le spalle delicate.
« Puoi sempre raccontarmi quello che vedi quando ci vai, no? Sarei così felice di conoscere tutto quanto. » disse solo, scostandosi appena e appoggiando i palmi sulla gonna.
James non la trovò una richiesta particolarmente strana e sí disse che, in fondo, non c'era nulla di male nel soddisfare le sue curiosità. Lo faceva sempre anche con Ghrian, no?
Sarebbe bastato omettere alcuni particolari.
Fu così che incominciò a passare la maggior parte dei suoi pomeriggi a raccontarle quello che osservava in quei posti, in cui la legge non permetteva di andare, e a rispondere alle sue domande sempre più frequenti e puntigliose.


**


Ghrian era strana quei giorni. Anzi, James poteva affermare con certezza di non averla mai vista così irrequieta o silenziosa. Era strano da vedersi. Abituato a vederla volare sempre attorno a lui allegramente, riempirlo con ghirlande di fiori non desiderate e di domande sugli umani, non riusciva a concepire che la fata potesse mai essere così schiva.
Le ali abbassate lungo il corpo acerbo da dodicenne gli ricordavano quello di un cane ferito – paragone che non avrebbe mai pensato di accostare a lei.
« Non ti sembra che qualcuno ci stia osservando? » sussurrò appena la ragazzina.
Il giovane alzò un sopracciglio e, con la mano appoggiata sotto il mento, le chiese decisamente irritato: « Si può sapere da quando sei diventata così paranoica? »
Lei non gli aveva risposto e aveva iniziato a guardare verso la foresta che stava alle sue spalle.
Era una cosa che l'aveva colta a fare ultimamente, precisamente da quando le aveva rivelato quanto curiosa fosse quella che ormai poteva considerare la sua fidanzata. Sembrava che la cosa non le andasse giù, come se non accettasse che qualcun altro sapesse di quel luogo – perchè lui non aveva fatto cenno alla presenza della fatina alla ragazza.
« E' per via di Rose? »
A quella domanda, Ghrian aveva appena stretto i pugni per poi cercare di dissimulare con un sorrisetto che di convincente non aveva niente e una palesemente finta aria serena.
« Guarda che puoi dirmelo. »
La ragazzina aveva sospirato più forte a quelle parole e, tormentando con una mano il bordo del vestito, ammise imbarazzata: « Ho paura che decida di venire qua da sola. »
James dovette ammettere a se stesso che, in effetti, non aveva mai preso in considerazione questa possibilità. Forse, era stato meno accorto di quello che pensava.
« Non mi piace l'idea che possa capitare qui, senza che io ne sappia niente. Sono in ansia quando so che arrivi, ho il terrore che sbuchi fuori dal nulla. »
« Sono sicuro che non avrebbe niente da ridire su di te, se per caso tí vedesse. »
« Non sono tutti come te, James. »
Il commento in qualche modo lo offese, anche se decise di non dirglielo. Che lei avesse così poca fiducia nei confronti di Rose lo rattristava dato che lo diceva senza conoscerla minimamente.
Poi, se la pensava così perchè anni prima sí era fidava di lui? Perchè aveva lasciato che lui la vedesse e le parlasse se credeva che gli uomini fossero meschini?
Doveva concederle che molti umani – se non la maggior parte – pensava alle fate ancora come esseri maligni má non era detto che tutti fossero uguali. Il suo orgoglio fu più forte di lui e non riuscì ad impedirsi di legarsi questa cosa al dito.
« Non tí fidi abbastanza di me. »
Se ne andò deciso, senza nemmeno accorgersi dell'ombra che silenziosa li osservava da dietro un albero, con aria soddisfatta.


**


Avevano deciso di incontrarsi davanti al pozzo quel giorno.
James era arrivato lì, lievemente in anticipo come al solito, sapendo che lei sarebbe arrivata lì dopo qualche minuto, correndo trafelata e scusandosi, spiegando che era arrivato quel certo tizio al negozio e che aveva dovuto per forza servirlo. Quel pomeriggio, però, sembrava essere più in ritardo del solito dato che era passata più di mezz'ora dall'orario che avevano concordato.
Annoiato, iniziò a gironzolare là nei dintorni sperando di vederla apparire ma aspettò ancora molto inutilmente. Quando aveva perso ormai tutte le speranze, vide un bambino del paese corrergli incontro con aria spaventata, mentre agitava le braccia in aria.
« James, James devi venire subito! E' successo qualcosa a Rose, l'hanno portata via! »
« Richard, calmati! » cercò di convincerlo lui, poggiandogli le mani sulle spalle « Chi l'ha portata via? »
Il piccolo aveva preso un enorme respiro in modo teatrale e, fissandolo dritto negli occhi, aveva risposto con tono decisamente ansioso: « Sono state le guardie! L'hanno portata via, io li ho visti! Devi fare qualcosa James, Rose non è cattiva! »
Il ragazzo gli aveva rivolto il suo sguardo più autoritario, mentre sentiva la preoccupazione stringergli lo stomanco.
« Ne sei sicuro Richard? Vedi di non dire bugie. »
Il bambino aveva annuito deciso per poi aggiungere: « Si, sí ne sono sicuro. L'hanno portata al palazzo delle guardie. Devi fare qualcosa! »
« Tu torna a casa, d'accordo? Ci penso io adesso. »
Aveva atteso che il piccolo obbedisse alla sua richesta, prima di partire a correre verso il palazzo.
Se era tutto vero quello che Richard gli aveva riferito, Rose era nei guai. In guai molto seri.


Arrivò davanti al portone del palazzo, dopo una corsa folle.
Era inutile nascondere quanto fosse spaventato, essere d'animo coraggioso per lui voleva dire anche saper ammettere che c'erano dei momenti in cui era bene avere paura e questo era decisamente uno di quelli. Nonostante non fosse mai successo niente di grave, in paese sapevano tutti che quando le guardie sí scomodavano di persona per trascinare lì qualcuno, era successo qualcosa di grosso e raramente chi subiva tale trattamento poteva rivedere la sua casa.
Spalancò la porta, senza badare ai rimproveri che i soldati addetti alla sorveglianza gli rivolsero e marciò dritto all'interno del palazzo, alla ricerca della stanza in cui il capitano risiedeva.
Non era mai stato in uno di quei posti, tutti gli era così dannatamente poco famigliare.
Si sentiva a dir poco inutile ma doveva mantenere la calma o non sarebbe mai riuscito ad uscire da quella situazione
Aprì deciso, senza neppure bussare, la prima porta che trovò che recava segni diversi dalle altre ed entrò, marciando verso il tavolo dietro il quale sedeva un uomo in divisa reale.
« Credo abbiate commesso un errore. » sentenziò duro.
Il soldato non riuscì a nascondere un sorrisetto irritato, prima di chiedergli: « Prego?! »
James prese fiato, sapendo che dare in escandescenza davanti ad un qualsiasi soldato del reame non sarebbe stata la mossa più saggia. Soprattutto in un momento del genere. Era tanto davvero che l'altro non lo avesse cacciato o sbattuto in cella!
« Avete sbagliato a portare qui una persona. » spiegò con calma « Il suo nome è Rose Bowden. Lavora come aiutante dell'erborista del borgo. » aggiunse.
L'uomo in divisa lo fissò divertito, prima di scoppiare a ridere capendo di chi stesse parlando il giovane – cosa che lo infastidì parecchio.
« Ragazzo, non so chi tu sia o per quale dannato motivo tu voglia immischiarti in faccende più grandi di te ma sappi che la prigioniera di cui stai parlando è una nostra vecchia conoscenza. Una delle poche fortunate ad avere avuto la grazia di rivedere la luce del sole dopo sole poche settimane e che non vuole saperne di smetterla, a quanto pare. Quindi, vedi di levarti dalla mia vista e lasciarci lavorare o potresti dire addio al tuo maledetto paese per un bel pò di tempo. »
« Non può essere lei! Ne sono più che sicuro. »
Non sí rese neanche conto di aver sbattuto i palmi delle mani sul tavolo. Non riusciva neppure a concepire la possibilità che Rose avesse avuto problemi con lá giustizia in passato, la cosa era troppo assurda ai suoi occhi. Perchè la ragazza che conosceva lui era così dolce che non avrebbe mai potuto commettere nulla di così grave da costarle la perdita della libertà.
Inchiodò gli occhi a quelli dell'altro uomo che non aveva l'aria di gradire che un moccioso della metà dei suoi anni avesse da ridire sul suo operato.
« Sparisci immediamente o mi vedrò costretto a considerarti suo complice. »
« Ditemi almeno di cosa è accusata. »
Il soldato sí portò una mano al volto, massaggiandosi gli occhi in modo nervoso, stringendo l'altra così forte contro il bordo del tavolo che James era più che certo che avrebbe potuto romperlo se solo avesse voluto.
« Non sarebbero affari tuoi moccioso. »
« Se me lo dite, non mi intrometterò più. »
Le aveva appena sussurrate quelle parole, era troppo doloroso pronunciarle a voce più alta ma aveva capito che con quell'uomo non avrebbe risolto mai nulla. Forse però, se riusciva ad ottenere maggiori informazioni, avrebbe potuto ideare un modo per tirare fuori la ragazza da quell'incubo.
L'ufficiale ponderò per un attimo la sua dichiarazione e alla fine, sospirando arrabbiato, gli allungò sotto gli occhi un disegno che aveva tirato fuori da un libro al loro fianco.
« Questo ragazzino, è il motivo per il quale l'abbiamo rispedita in cella senza tante storie. »
James sgranò gli occhi incredulo e sollevò il foglio, certo di star sognando.
Perchè non era possibile, non poteva essere tutto vero. Quel disegno non poteva rappresentare davvero, con un'estrema precisione, Ghrian. Tutto quello era assurdo.
« Sei sconvolto ragazzo? Che c'è, sei uno di quelli che crede che questi esseri non esistano più? Beh, tí dò il benvenuto nel mondo reale allora. Sappi che la tua amica, non solo continuava a blaterare in giro di stuppidaggini collegati a queste creature ma ne conosceva personalmente una. Inoltre sí rifiuta categoricamente di collaborare, aggravando ancora di più la sua posizione. »
Incrociò deciso gli occhi del giovane, inviandogli l'occhiata più malevole che avesse mai potuto osservare nello sguardo di un essere umano.
« Ho proprio paura che tu non possa fare niente per aiutarla. Ti conviene dirle addio prima che il boia le stacchi la testa da quel suo bel collo. »
Il ragazzo spalancò gli occhi a tale notizia, una forte ansia che mai aveva sperimentato che sí impossessava di lui e la sua testa che continuava a ripetergli che no, non era possibile, sí erano sbagliati, erano lui che cercavano, era tutta colpa sua!
« C'è uno sbaglio! » urlò più forte e, prima che potesse rimangiarselo, sibillò nervoso al soldato « Non è lei che state cercando. »
L'ufficiale lo fissò ora con un interesse nuovo e uno strano sorrisetto sulle labbra.
« Devo dedurre che tu sai qualcosa, moccioso. »
James strinse i denti e annuì piano. Ormai poteva solo andare avanti.


**


Ghrian sospirò piano, allargando le braccia e le gambe, quasi a voler formare la figura dell'angelo sull'erba bagnata di rugiada, invece che sulla neve.
Era ormai parecchio tempo che aspettava di sentir arrivare James ma lui sembrava avere avuto qualche strano imprevisto che gli impediva di giungere alla radura in anticipo come suo solito. Doveva ammettere che sí stava annoiando parecchio nell'attesa e neppure più intrecciare corone di fiori le sembrava un'attività divertente, almeno abbastanza dá intrattenerla nel frattempo.
Accarezzò pigra il pelo bianco di uno dei leprotti che sí trovava sempre lì, ammirando distratta le nuvole che le passavano sopra la testa, cercando di pensare ad un modo con cui tenersi occupata.
« Sono sicura che arriverà a momenti, amico mio. James è un ragazzo di parola, no? »
L'animaletto, come risposta, le salì sullo stomaco alla ricerca di un posto comodo dove sedersi.
La fatina rise leggera a quel contatto così delicato e tirò su la schiena, coccolando il cucciolo più che poteva.
Fu solo grazie al suo udito, molto più fino rispetto a quello degli uomini, che percepì un rumore lontano di scarpe che pestavano il terreno. Senza neppure pensarci un attimo, spostò da sè il leprotto correndo nella direzione da cui quel suono proveniva.
« James! James, era certa che saresti venuto. Cosa è succes- »
Le parole le morirono in gola quando non sí ritrovò di fronte al ragazzo ma ad un quartetto di uomini dall'aria divertita che la guardavano con cattiveria.
« Non so che cazzo tu abbia detto farfallina ma sappi che il tuo amico oggi non potrà venire a svolazzare in giro con te. »
Ghrian spalancò gli occhi, quasi non fosse in grado di comprendere quello che le era stato detto – anche se in realtà, non voleva provare a crederci.
Una cosa era più che sicura: quelli che sembravano essere soldati non avevano di certo intenzioni piacevoli e lei non li avrebbe mai permesso di catturarla.
Si sollevò in volo più in alto che potè, sbattendo le ali con forza per prendere velocità. Non fece però in tempo di alzarsi di più di due metri dá terra che uno degli uomini le strinse una caviglia con presa ferrea, impendendole di allontanarsi. Si divincolò un pò per cercare di liberarsi e poi sferrò un calcio con l'altra gamba sul naso dell'umano, che la mollò subito per il dolore.
« Cazzo avete da guardare? Prendetela! »
La fata, che era caduta a terra, sí rialzò con l'intenzione di seminarli ma sí rese conto quasi subito che avere tre uomini di quella stazza e tremendamente bene allenati alle calcagne non le avrebbe semplificato per niente la cosa. Cercò di confonderli, volando a zig zag in mezzo alla radura ma non  fu un'idea particolarmente brillante. Sarebbe sparita molto più in fretta, addentrandosi nella foresta ma non voleva rischiare che anche tutto il suo popolo venisse scoperto per causa sua. Riuscì a tenerli a distanza per un qualche minuto ma ad un certo punto sí sentì afferrare intorno alla vita così forte, che per un attimo pensò di non sapere più respirare.
Avvertì un tonfo sordo, segno di una caduta a terra, e un corpo massiccio sotto il suo. Un soldato aveva spiccato un salto e l'aveva stretta, nel tentativo purtroppo riuscito di intrappolarla. Continuò ad agitarsi e sbattere i piedi anche quando due mani fresche le chiusero i polsi esili con delle catene, in modo che non potesse più provare a scappare.
« Finalmente sei nelle mie mani, streghetta. »
Era una voce di donna quella che le aveva sussurrato nell'orecchio ma Ghrian non riusciva a vederla in volto, dato che la teneva dá dietro.
« Ah ah » continuò con tono canzonatorio nell'osservare i suoi sforzi per liberarsi « Non tí conviene sprecare tutta questa energia, sai? Penso che il sovrano sarebbe davvero molto più felice di poterti vedere nel pieno delle tue forze, non credi? E noi non vogliamo deluderlo, no? »
La voglia di chiederle chi cavolo fosse era enorme ma la fata sapeva che non avrebbe capito nulla di tutto quello che sarebbe uscito dalla sua bocca. Così, continuò imperterrita a muovere le braccia a scatti, nel tentativo di divincolarsi.
« Suvvia, non tenerci il muso bambolina. Non è mica colpa nostra se tí trovi in queste condizioni sai? Per quello devi ringraziare quell'ingenuo del tuo amico James. » rise velenosa al pensiero « Se non fosse stato per lui, non avrei mai potuto incontrarti di persona. Sarebbe stato un vero peccato, non trovi? »
Un singhiozzo di rabbia le uscì dalla gola a quella dichiarazione. James l'aveva tradita davvero!
L'aveva venduta a quei soldati dietro chissà quale strana promessa e non aveva neppure il coraggio di farsi vedere. Per quanto tempo l'aveva ingannata? Quante informazioni le aveva estratto senza che lei neppure facesse resistenza?
Eppure il suo animo era sempre stato puro e questo lo provava il fatto che lei riuscisse a leggere i suoi pensieri, divertendosi a metterlo in imbarazzo. Per questo motivo – e molti altri che non voleva ammettere neanche a se stessa – voleva credere che quella donna stesse mentendo, ma i fatti parlavano chiaramente e non c'era niente che potesse salvare il ragazzo.
L'ennesima risata crudele le perforò le orecchie, mentre sí lasciava andare a singhiozzi rabbiosi.
Non sí era mai sentita così a pezzi in tutta la sua vita.


**



James continuò a torturarsi le mani, nell'attesa di sapere qualcosa.
Non appena aveva confessato tutto quello che sapeva, l'ufficiale l'aveva fatto sbattere in una cella umida, senza neppure lasciargli vedere la fidanzata un'ultima volta – perchè aveva la brutta sensazione che avrebbe rivisto la luce del sole solo nel momento della sua esecuzione.
Era quella la pena che la legge attuava se un suddito avesse ingannato il suo re. Ovviamente, essere amico di una fata era una di quelle cose che rientravano in quella lista.
Sbattè un pugno sul pavimento freddo, urlando per l'esasperazione e il senso di colpa al ricordo di quello che aveva fatto a Ghrian. L'aveva tradita miseramente, senza la minima esitazione, pur di salvare la vita di Rose. L'aveva usata come merce di scambio ma, continuava a ripetersi, in fondo quella era l'unica scelta intelligente che poteva fare se voleva che non fosse torto un capello alla sua fidanzata. Che altre possibilità c'erano?
Nonostante tutti i suoi tentativi di giustificarsi, James non poteva non sentirsi uno schifo all'idea di aver buttato tra le braccia dei soldati reali la sua migliore amica, ben conscio di tutto quello che le avrebbero fatto. Era stato un vile, un vero codardo.
Il rumore della porta della cella che sí apriva lo distrasse dai suoi pensieri e sí costrinse a tenere gli occhi ben aperti per capire quello che succedeva attorno a lui, nonostante la poca luce che entrasse nella cella gli stesse procurando non poco fastidio.
« Hai visite. Vedi di trattarle bene. » disse secco quella che doveva essere una guardia.
Il rumore di un corpo gettato brutalmente a terra sembrò ancora più forte per via del silenzio del posto, così come quello di un paio di tacchi che varcavano la soglia.
« Ghrian...? »  sussurrò incredulo « Ghrian, guardami per favore! » la supplicò, avvicinandosi in modo dá tenerla tra le braccia.
La fatina aveva una pessima cera. Le catene attorno ai suoi polsi erano troppo strette e le avevano lasciato un segno rosso, dannatamente simile ad una piaga ed era praticamente senza forze.
Non incrociò lo sguardo del ragazzo neppure per un attimo, continuando a tenere la testa girata da tutt'altra parte.
« Che scena commuovente. Potrei perfino piangere se non fosse che sono fin troppo felice di assistervi. »
Era così famigliare quella voce che aveva appena parlato, che James non ebbe neppure bisogno di sollevare il capo per vedere a chi apparteneva.
« Rose...»
« Per favore, possiamo saltare la parte in cui tí mostri deluso e amareggiato dal fatto che l'unica donan che tu abbia mai amato, tí ha preso in giro come un bambino per tutto il tempo? » chiese con finto tono melodrammatico « Vorrei chiudere con questa faccenda il più presto possibile, se non vi dispiace. »
James non riusciva a credere ai propri occhi. Com'era possibile? Stava forse avendo un incubo?
« Oh per favore, non fare quella faccetta confusa che mi irrito solo di più. Non vorrai dirmi che non hai mai sospettato niente. Sarebbe un insulto alla tua intelligenza, no? »
Fu in quel momento che alcune stranezze della ragazza gli tornarono in mente. Lo sguardo morboso e assettato, quando lui le raccontava delle sue fughe, la richiesta ripetuta di poterlo accompagnare e l'enorme insistenza con cui lo pregava di parlarle di tutto ciò.
Poi quel giorno che Ghrian sembrava più nervosa e che continuava a dirgli che le sembrava che qualcuno li spiasse. Tutto in quel momento ebbe improvvisamente senso.
« Tu mi seguivi di nascosto! »
« Alleluja, ci sei arrivato finalmente! Sai com'è caro mio, il mio lavoro purtroppo mi impone anche certi poco gradevoli sotterfugi. Avrei evitato volentieri anch'io cosa credi? » spiegò con voce fintamente scocciata « Ma se sí lavora per persone della levatura di un sovrano, non sí ha molto da discutere, non trovi? Soprattutto quando tí pagano così bene per certi lavoretti. »
« Chi diavolo sei? »
« Mi voglio considerare una benefattrice. Metto le mie abilità a disposizione dei potenti e faccio quanto richiesto. Ultimamente il re era preoccupato, sai? Nel regno sembrava essersi sparsa voce che le fate esistevano ancora e che non era vero che il suo avo le aveva sterminate tutte. Ovviamente, lui sa benissimo che non è così ma non poteva permettere che il nome della sua famiglia venisse infangato a causa di alcune creaturine alate di troppo. » prese fiato in modo teatrale, fissandolo dritto negli occhi « Ed è qui che io entro in gioco. Mi ha espressamente chiesto di girare ogni paese del regno e consegnargli tutte le fate che fossi riuscita a trovare, con l'aiuto dei suoi soldati – oh sì, l'ufficale stava solo recitando una parte su mia richiesta.  Una faticaccia, ma ne vale la pena in fondo. Quindi... » sospirò portandosi una mano al petto « ...non illuderti di essere stato così speciale. Non sei l'unico ad essere caduto nella mia trappola tesoro. »
James lanciò un ultimo sguardo a Ghrian che, per tutto il tempo, era rimasta immobile come una statua tra le sue braccia, senza accennare alla minima reazione. Fu una stilettata al cuore ancora più forte di tutte le rivelazioni che gli erano appena piovute addosso.
« Mi fai schifo. » sputò rabbioso, scatenando solo la risatina divertita della giovane.
« Direi che la tua amica qui la pensa in modo diverso, sbaglio forse? » chiese alludendo allo sguardo spento della fata « E tu avrai tutto il tempo per riflettere su quanto stupido e ingenuo tu sia stato. Sai, sembra che vogliano tenerti qui per tutta la vita. Evidentemente pensano che ucciderti, vista la tua collaborazione sia un atto meschino.  »
Aprì nuovamente la porta con un gesto fluido e fece cenno alla guardia lì fuori di portarle via.
L'uomo, uno dei più grossi che James avesse mai visto, gli strappò Ghrian dal petto come se fosse una piuma senza peso e la tirò malamente per le catene.
A quella vista, il ragazzo sí sentì stringere il petto e cercò debolemente di protestare, pur sapendo di non essere nella posizione più adatta per farlo.
« Lasciatemi almeno parlare con lei una volta. » chiese con una punta di disperazione nella voce.
« Non credo abbia la voglia necessaria, ma se proprio insisti puoi dirle qualcosa. Sei d'accordo farfallina? »
La fata sí scostò come scottata da quelle parole velenose che Rose le sussurrò nell'orecchio e sí limitò ad annuire mesta, fissando per la prima volta il suo sguardo con quello del ragazzo, che ormai sembrava essere in preda ai sensi di colpa.
« ...mi dispiace...» sussurrò solo, così piano che fu certo solo lei potesse udirlo.
La sua risposta non arrivò ma, il cambio, il buio della cella e il suo silenzio tornarono ad avvolgerlo quando fu di nuovo chiuso lì dentro.
Lacrime amare presero a scorrere sulle sue guance, mentre sí inginocchio per terra ricordando le parole che Ghrian gli aveva rivolto molto tempo prima.

“Voglio chiederti di stringere un patto con mé. Sappi che se accetti, non dovrai mai infrangerlo ó diventerai una persona estremamente infelice. I patti fatati sono sacri.”

Fu con questa certezza che sí abbandonò ad un sonno senza sogni, l'unico modo per sfuggire da quell'incubo che lo aveva travolto.
Era solo come un cane e aveva tradito la persona a cui teneva di più.
Dormire per anni gli sembrava l'unica via di fuga. Sperò solo che, almeno in quel limbo, nessuno lo giudicasse mai per i suoi peccati. La punizione che il suo mondo gli aveva riservato era già abbastanza crudele.









































Hebe's Corner:

Ciao a tutti e vi ringrazio moltissimo per essere giunti fino alla fine di quello che è il mio primo esperimento con le originali nonchè la cosa più lunga che io abbia mai scritto - più di 7000 parole se il mio Word non dà i numeri.
Ringrazio moltissimo la pagina Facebook "Efp famiglia: recensioni, consigli e discussioni" che ha indetto la sfida "Un'idea, diversi autori" con cui ho partorito questa coaa.
Ora, queste note sono molto sbrigative e cambieranno nei prossimi giorni ma purtroppo sto morendo di sonno e domani non potevo pubblicare, per cui mi scuso per il poco senso e la lunghezza ridotta.
Le altre ragazze in gruppo con me - il primo - sono Rose A.Morkevar, Laura Labate e Roberta Maiorano, tutte con la stessa consegna.
Spero vi sia piaciuta, io mi sono divertita - anche se non so bene se il risultato mi soddisfi a pieno ecco.
Vi chiedo gentilmente di segnalarmi se ci sono accenti a caso nelle parole, perchè il mio Word si è improvvisato irlandese per questo storia e non ne ha voluto sapere di tornare a parlare italiano.
Grazie mille a tutti coloro che son giunti fin qui, vi mando un abbraccio virtuale grandissimo!

















  
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