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Autore: NonnaPapera    01/03/2016    2 recensioni
Due zombie innamorati alle prese con i piccoli problemi che la condizione di non morti comporta
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ZOMBIE IN AMORE
Quando Eku uscì dalla sua tomba, sentì il vento freddo attraversargli il torace putrefatto e sorrise felice. Quel giorno dopo mesi di fidanzamento aveva finalmente deciso di concedersi al suo amato Emes.
Saltò fuori dalla fossa nella quale era e, con un agile balzo, uscì sul terreno umido di brina del cimitero. Con passo svelto e deciso si incamminò verso la grande cripta della famiglia Zerbi, dove alloggiava il suo amore.
Fece in tempo a fare solo pochi passi quando si accorse che qualcosa non andava.
Si sentiva inclinato! Per confermare la sua ipotesi si avvicinò ad una lastra di marmo della tomba vicina e si specchiò, scrutandosi.
In effetti assomigliava decisamente alla Torre di Pisa. Preoccupato si tastò tutte le ossa del corpo, alcune le estrasse pure dalle loro sedi, per verificare che non fossero danneggiate.
Ad un primo controllo pareva non ci fosse nulla di strano, perciò iniziò a preoccuparsi, come poteva rimediare al problema se non sapeva quale fosse? Era impensabile che si presentasse così dal suo fidanzato.
Fortunatamente dopo alcuni istanti scoprì cosa non andava nel suo cadavere. Era senza una rotula, non se ne sarebbe mai accorto se la mamma di Kiki non fosse arrivata da lui tutta trafelata con in mano il suo pezzo mancante:
“Sono desolata, lo dico sempre a Kiki che è maleducazione rubare le ossa degli altri per giocarci” mormorò mortificata e poi salutando con il braccio tornò nella sua fossa, trascinandosi dietro il figlio recalcitrante.
Eku sospirò, i bambini zombie non erano più come un tempo, almeno lui quando era piccolo aveva rispetto per gli adulti, non si sarebbe mai neppure sognato di rubare un dente, figurarsi una rotula!
Comunque decise che quel contrattempo non lo avrebbe abbattuto, in fondo quello era il gran giorno e nulla al mondo avrebbe potuto impedirgli di coronare il suo grande sogno d’amore.
Saltellò così di tomba in tomba felice come una pasqua –sia per la rotula ritrovata, sia per il pensiero di ciò che lo attendeva- e con velocità si portò proprio davanti al portone di pietra dell’edicola del fidanzato.
Non stava più nella pelle, erano giorni ormai che il suo cervello – o meglio la parte che ne era rimasta intatta- elucubrava sui possibili sviluppi di quella giornata.
Avrebbero fatto l’amore nell’umidità di una fossa scavata di fresco; la terra sarebbe entrata nelle loro ferite aperte e i vermi li avrebbero percorsi in lungo ed in largo mentre loro due si univano per la prima volta.
Sospirò estasiato, i pensieri romantici avevano sempre la capacità di farlo commuovere, se i suoi condotti lacrimali fossero stati ancora funzionanti di certo avrebbe pianto di gioia.
Bussò con decisione al portone, forse con troppa decisione, visto che un dito della mano gli saltò via e cadde in mezzo ad un cespuglio di rose.
Quel giorno non gliene andava bene una! Mentre stava trafficando tra le spine per ritrovarlo Dalv, il maggiordomo della famiglia Zerbi, aprì il pesante uscio.
Con un sopracciglio alzato fissò scettico lo zombie scarmigliato che gli si parava davanti.
“Si?” chiese caustico.
Uff, come se Dalv non sapesse chi era! Incredibile avere per maggiordomo un vampiro era anche la moda del momento, però quanto erano antipatici qui succhia sangue!
“Son qui per vedere Emes!” disse comunque per riempire il silenzio.
Il pipistrello troppo cresciuto si scostò lentamente e così Eku poté finalmente entrare.
Neppure ebbe il tempo di abituare il suo unico occhio funzionante al buio, che due braccia forti lo afferrarono alla vita con possessività.
“Ciao amore, come va?” mormorò al suo orecchio una voce profonda e sexy.
“Emes” urlò Eku dalla gioia e con un salto gli fu in braccio, iniziando subito a riempirlo di baci.
“Quanta foga” mormorò il più grande quando finalmente riuscì a scrollarselo di dosso.
Poi con una mano –l’unica che gli era rimasta, perché l’altra gli era caduta chissà dove anni addietro- afferrò il mento di Eku e poggiò le sue labbra su quelle del giovane zombie.
Il contatto tra quelle due superfici della consistenza del cuoio fu approfondito e profondo, quando Emes si staccò da lui Eku sospirò estasiato per quel bacio al sapore di muffa.
Senza attendere oltre, Emes lo portò lontano dagli occhi indiscreti di Dalv e lo guidò per i cunicoli della grande tomba, per condurlo infine nel suo loculo.
Davanti al piccolo ed angusto buco della parete Eku ebbe un tremito ed esitò. Quello era un passo enorme per loro due e per il loro rapporto. Nella cavità stretta e d angusta si sarebbe concesso al suo amato Emes.
Il più grande intuì l’esitazione perciò lo rassicurò con un bacio, posandogli le labbra sul collo scoperto, annusando l’odore di decomposizione dell’altro.
Eku a quelle gentilezze si sciolse, e più convinto che mai entrò nel loculo, subito seguito dallo zombie più grande.
Inizialmente si limitarono ad accarezzarsi a conoscersi con tranquillità. Eku visto che aveva a disposizione ben due mani, ne staccò una per lasciarla libera di correre per tutto il corpo del suo bello.
La mano mossa da vita propria iniziò ad accarezzare il volto di Emes, ma poi stanca delle semplice coccole prese l’iniziativa e si tuffò nei pantaloni del grande.
Se Eku avesse avuto ancora una circolazione sanguigna sarebbe arrossito come le interiora di un topo morto.
“Mi-mi spiace, scusa… quella stupidissima mano…” e con impaccio tentò di farla uscire dai pantaloni dell’altro.
Quando alla fine riuscì a riacchiapparla se la rimise a posto e, cercando di vincere l’imbarazzo, baciò con irruenza Emes sulle labbra. Lo scontro però fu troppo forte, perché la lingua gli si staccò e finì nella bocca di Emes, che tossicchiò cercando di sputarla.
“Credo che questa sia tua!” mormorò Emes dopo che l’ebbe espulsa dal buco che aveva sulla gola.
“Oh si… gra-grazie”
Eku non riusciva a crederci, mai avrebbe immaginato che le cose tra loro andassero così bene!
Pareva che si conoscessero da duecento anni, anziché da appena settanta.
Emes portò la sua unica sulla schiena di Eku e con una mossa veloce lo fece stendere sotto di sé.
Ci vollero poche ma accurate mosse per togliere i vestiti e poi entrambi furono nudi davanti alla vista dell’altro.
“Come sei bello” sussurrò Emes estasiato di fronte alle frattaglie esposte dello stomaco di Eku.
Il minore non avrebbe potuto esserne più felice. Temeva di non piacergli ma le sue parole lo avevano rassicurato.
Così preso da una sicurezza improvvisa, allungò la mano ed afferrò l’erezione di Emes, con decisione la tirò verso di sé e… La staccò.
Infine con fare lascivo si portò il membro alla bocca e lo leccò ammiccante.
Emes rilasciò un sospiro eccitato e frustrato.
Voleva possedere Eku, e voleva farlo subito.
Perciò senza troppe cerimonie si riappropriò del suo sesso, rubandolo dalle mani del compagno se lo rimise al giusto posto e poi sollevò le gambe di Eku sulle sue spalle, per avere un visione totale del suo bel fondoschiena.
Un crack sospettò lo fermò proprio sul più bello.
Sollevò lo sguardo sul compagno interrogativo e l’altro esitante azzardò:
“Mi sa che mi hai rotto la schiena”
“Sul serio?” domandò incredulo Emes, non immaginava di averci messo così forza.
Però la conferma arrivò subito visto che si rese conto di tenere in mano la parte inferiore di Eku, mentre quella superiore era stesa sulla terra e lo fissava ansiosa.
“Umm, senti vuoi che ci fermiamo per riattaccarti le gambe?” chiese Emes titubante, sperando che la risposta fosse No.
“Ma sei matto? Proprio sul più bello? Non ci pensare neppure e continua quello che stavi facendo”
Rincuorato Emes riprese dal punto in cui si era interrotto e senza più attendere oltre entrò in Eku –o per lo meno nella sua parte inferiore-.
Il più piccolo emise un gemito di piacere e Emes iniziò mano a mano a spingere più forte e più intensamente.
In un tripudio di budella putrefatte e di ansiti animaleschi conclusero la loro prima volta venendo insieme.
Rimasero in silenzio per alcuni istanti abbracciati con i corpi avvinghiati l’uno all’altro –anche perché le gambe di Eku si erano attorcigliate attorno alla vita di Emes.
Infine fu Emes quello che per primo parlò:
“E’ stato bellissimo…”
“Sì”, confermò Eku in estasi “ Non sarebbe potuto essere più perfetto.”










Vecchia storia che non ricordavo di aver scritto .-. 2010 credo 
   
 
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