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Autore: NonnaPapera    01/03/2016    0 recensioni
I fiocchi di neve cadevano piano inzuppando ulteriormente il cappotto ormai fradicio e gelato.
Gennaro camminava a piccoli passi, un po’ per non cadere, dato l’asfalto ghiacciato, e un po’ perché i suoi acciacchi non gli permettevano di andare più veloce.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'Anti Natale'
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Ringrazio con tutto il cuore Musa Talia che mi ha betato la storia

Gennaro


I fiocchi di neve cadevano piano inzuppando ulteriormente il cappotto ormai fradicio e gelato.
Gennaro camminava a piccoli passi, un po’ per non cadere, dato l’asfalto ghiacciato, e un po’ perché i suoi acciacchi non gli permettevano di andare più veloce.
Come ogni santo giorno aveva accompagnato la figlia minore in stazione. Con la macchina si faceva relativamente in fretta, venti minuti e si era arrivati, tuttavia il problema era il ritorno a casa a piedi.
Sospirò rilasciando una nuvoletta di vapore che lo avvolse freddamente per poi passare oltre.
Quando aveva trent’anni, neppure nei suoi più remoti pensieri, si sarebbe mai immaginato di arrivare alla sua età in quel modo.
Tre figlie, tutte ormai molto più che maggiorenni.
La più grande si era sposata quattro anni prima con un omino insignificante che aveva incontrato un’estate quando erano tornati al paese per una breve vacanza.
La seconda aveva seguito l’esempio della primogenita l’anno dopo, convolando a nozze con un ragazzotto arrogante e leggermente maleducato.
Ovviamente entrambi i matrimoni erano stati pagati interamente da lui. Tutti i soldi risparmiati in una vita di lavoro, gettati al vento per due sposalizi che neppure approvava.
L’ultima delle sue figlie, quella nella quale aveva sempre riposto maggiori speranze, era stata invece quella che probabilmente lo aveva deluso più di tutte.
Trent’anni suonati, soldi spesi per gli studi universitari e ancora neppure un sentore di laurea in vista.
Ogni benedetta mattina lui si alzava presto per portarla in stazione a prendere il treno che l’avrebbe condotta all’università, ma ormai era solo un altro dei tanti gesti meccanici che compiva senza gioia o interesse.
La faceva scendere, le faceva compagnia finché il treno arrivava e poi se ne andava, a piedi.
Sì, perché la benzina costava e di soldi in casa entravano solo quelli della sua pensione da operaio.
Perciò parcheggiava la macchina e se ne tornava indietro camminando sotto le intemperie: sole, vento, pioggia… neve. Affrontava con rassegnazione quella “passeggiata” di un’ora e mezza al mattino e di nuovo nel pomeriggio, quando un’ora e mezza prima dell’arrivo della figlia ritornava alla stazione per riaccompagnarla a casa.
Certo, si sarebbe risparmiato tutta quella fatica se solo lei avesse deciso di prendere la macchina e di andarci da sola in stazione.
Però a lei non piaceva guidare, come tutte le ragazze della sua età a diciotto anni aveva preso la patente, ma poi aveva lasciato il documento a far bella mostra di sé e a prendere polvere su una mensola della sua camera.
Così lui era costretto a patire quel supplizio chilometrico ogni giorno.
Non aveva neppure più la forza di disperarsi, e un poco oramai si era convinto di meritarselo quel trattamento.
Da giovane era convinto di essere un buon padre e un buon marito.
Si alzava presto ogni mattina per andare a lavoro e non tornava a casa se non la sera tardi. Un’esistenza intera passata a lavorare come un mulo, sempre a fare straordinari, per portare in casa dei soldi che però non bastavano mai.
Il risultato, alla fine, erano tre figlie che lo trattavano con sufficienza -perché lui a mala pena sapeva scrivere il proprio nome e loro invece erano tutte diplomate-, ed una moglie che due anni addietro era morta di tumore, con il rancore nello sguardo per essere stata costretta a vivere una vita che non aveva mai voluto.
Gennaro sospirò nuovamente, mentre il freddo gli pungeva la faccia. Avrebbe tanto voluto comprarsi un pacchetto di sigarette per farsi avvolgere nel confortante odore del tabacco, ma purtroppo quello era un desiderio che non si poteva permette.
No, decisamente quando era giovane non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi all’età di settantadue anni, senza avere in tasca neppure il necessario per comprarsi delle maledette sigarette.
Ormai il Natale era alle porte: gli alberi erano addobbati, le luci sulle strade illuminate, la gente correva sorridente di qua e di là con un sacco di borse nelle mani; mentre lui continuava imperterrito a camminare verso casa, lo sguardo fisso al suolo, perché ormai aveva smesso di guardare l’orizzonte da anni.
Per regalo alle figlie avrebbe di certo dovuto fare una busta con dei soldi, poiché loro si aspettavano quello e poi –anche volendo- non aveva la minima idea dei loro gusti.
A lui di certo sarebbero arrivati dei maglioni, o dei pantaloni, o qualsiasi altra variazione sullo stesso tema.
L’anno addietro Gianna –la figlia mezzana- gli aveva regalato un maglione, stesso colore, taglio e marca del maglione che gli aveva regalato anche il Natale precedente.
Neppure la fatica di sceglierne un diverso.
I piedi erano fradici, l‘acqua era penetrata dalla suola rovinata.
Pensò brevemente che forse per Natale avrebbe potuto chiedere un paio di stivali nuovi, ma cambiò subito idea. Probabilmente gli avrebbero risposto che le scarpe sono una cosa personale e che uno se le deve scegliere da solo per vedere se ci sta comodo.
Una banale scusa che palesemente diceva altro: i maglioni del mercato costano dieci euro, un paio di stivali molto di più.
Ormai era quasi giunto a casa, lì si sarebbe tolto gli abiti fradici, avrebbe preparato il pranzo da consumare da solo e alla fine si sarebbe messo a sistemare la casa in attesa di dover uscire nuovamente per andare in stazione a riprendere la figlia.
Stava per attraversare la strada quando ad un tratto un piccolo foglietto di carta attirò la sua curiosità.
Era mezzo coperto dalla neve, ma i colori sgargianti avevano permesso che non passasse inosservato.
Era un biglietto del Gratta e Vinci che molto probabilmente era caduto dalle tasche di qualche passante distratto.
Gennaro lo osservò per alcuni lunghi secondi e la sua mente cominciò a vagare.
Forse era assurdo, ma dopo tutti i pensieri deprimenti che gli avevano tenuto compagnia durante quella passeggiata forzata, lasciarsi andare a dei sogni ad occhi aperti parve una cosa estremamente facile.
E se quel biglietto fosse stata la soluzione a tutti i suoi problemi?
Per lo meno a quelli economici, ma conseguentemente anche al resto.
Infine si decise a raccoglierlo e lo rigirò perplesso tra le mani.
Il biglietto era ancora intatto; nessuno lo aveva grattato, semplicemente era un po’ umido per via della neve.
La scritta in alto recitava: “Puoi vincere fino a cinquecentomila euro!”
Cinquecentomila euro! Gennaro per un istante si crogiolò nel sentirsi riempire la mente da quella cifra strepitosa.
Una vincita di quella portata gli avrebbe finalmente permesso di sistemare il tetto della casa che ormai da anni gocciolava creando delle fastidiose infiltrazioni in tutta l’abitazione.
Per tutto quel tempo si era sempre arrangiato salendo sul tetto passando per la soffitta e aggiungendo delle tegole lì dove serviva.
Purtroppo ormai le sue ossa risentivano dell’età e fare quei lavori diventava ogni giorno più pericoloso.
Con una vincita cospicua invece, avrebbe potuto permettersi una ristrutturazione come si deve, con dei muratori professionisti che sapevano fare il loro mestiere.
E poi c’era la macchina!
Come dimenticare quel vecchio catorcio che stava ancora insieme per miracolo?
Il finestrino del passeggero era bloccato ormai da più di tre anni, uno degli specchietti stava insieme solo grazie a dello scotch e i sedili erano ormai tutti sfondati.
Quella machina era già obsoleta e da rottamare quando cinque anni prima l’aveva comprata di quarta mano, figurarsi ora!
Infine il dettaglio più importante: le sue tre figlie, che con quei soldi sarebbero state finalmente sistemate.
Certo, due erano sposate ma quei due fessi ed incapaci che avevano scelto per marito non erano certo in grado di rassicurarlo sul futuro.
Anche se i rapporti famigliari tra lui e le sue figlie non erano mai stati il massimo, Gennaro comunque le amava moltissimo, ed era certo che anche loro gli volessero bene.
La minore poi era quella che lo preoccupava maggiormente. Ormai era una donna adulta ma non aveva ancora trovato la sua strada: avere dei soldi da parte da poter investire o da utilizzare per comprare una bella casa sarebbe stato un sollievo.
Sorrise, mettendo in mostra i pochi denti che gli erano rimasti e con un gesto lieve, quasi protettivo, accarezzò il biglietto che per pochi istanti lo aveva fatto sognare.
Era strano ma in quei pochi momenti di sogno ad occhi aperti si era sentito nuovamente carico, nuovamente… Giovane.
Da quanto tempo non sentiva più l’eccitazione per il futuro? Da quanto, anche se solo con la fantasia non faceva dei progetti?
Sì, era vecchio, però era stato liberatorio concedersi il lusso di quei pochi pensieri per evadere dalla realtà, nella quale da così troppo tempo era immerso.
Aggrottò un sopracciglio e poi sbuffò dell’aria calda per l’ennesima volta.
Senza più attendere oltre frugò nelle tasche e dopo pochi istanti ne estrasse le chiavi della macchina: con delicatezza avvicinò la punta di ferro alla zona argentata e infine, stando attento a non stracciare la carta umida, si mise a grattare.
Neppure si accorse di avere il fiato sospeso, in attesa di visualizzare tutti i numeri su quel pezzettino di cartoncino colorato, che lo separavano dalla sua attuale esistenza o da un futuro tutto nuovo e luminoso.
Chiuse gli occhi per un momento e poi li riaprì, scrutando la superficie ormai libera dalla lieve copertura.
Ci mise qualche secondo per controllare quali erano i numeri vincenti e verificare se ne aveva trovato uno.
Il cuore cominciò a battere in modo forsennato quando si rese conto che il 24 era presente sia tra i premi che tra i numeri vincenti.
Con le dita tremanti riprese in mano le chiavi e si apprestò a grattare meglio per leggere finalmente la cifra che aveva vinto.
Forse era follia, ma si sentiva così vicino che quasi poteva vedere il sogno realizzarsi vividamente.
Quando alla fine anche l’ultima cifra venne alla luce Gennaro rimase per un poco annichilito, fissando con sguardo mesto il pezzo di carta che stringeva con troppa foga tra le mani.
Aveva vinto cinque euro!
Cinque miseri euro! Nulla se paragonato ai soldi su cui fino a poco prima aveva fantasticato.
Scosse il capo, cercando disperatamente di trattenere quell’assurdo magone che sentiva in gola.
Era folle rattristarsi per una cosa così sciocca, però non riusciva a smettere di fissare tutti quei numeri messi in fila, sperando in chissà quale miracolo di Natale.
Comunque, alla fine, fu costretto a riscuotersi da quello stato di apatia nel quale era precipitato.
La neve aveva ripreso a scendere più fitta e ormai le dita dei piedi erano talmente fredde che non riusciva più a sentirle.
Con un sorriso mesto si rimise le chiavi in tasca e subito dopo vi infilò anche il Gratta e Vinci che aveva trovato.
Gennaro, -nonostante la sua esistenza non fosse delle più rosee, era sempre stato un tipo ottimista, perciò poco dopo trovò anche il lato positivo della vicenda.
Per lo meno si sarebbe potuto concedere una bella fumata. Con quei cinque euro piovuti dal cielo avrebbe acquistato un pacchetto di sigarette con cui si sarebbe consolato.
Perciò, anziché andare direttamente a casa, fece una breve deviazione ed entrò nella prima tabaccheria che riuscì a trovare aperta.
Sorrise, salutando qualcuno degli avventori che conosceva di vista e si diresse verso il bancone.
Quando la ragazza gli chiese con tono cortese cosa desiderasse, Gennaro senza esitare mormorò:
“Un pacchetto di Malboro rosse”
La commessa si voltò per prenderle ma in quel momento lo sguardo del vecchio cadde su una fila di gratta e vinci tutta nuova che faceva bella mostra di sé nella vetrina.
“Anzi no! Aspetti. Lasci perdere le sigarette. Mi dia piuttosto un gratta e vinci da cinque euro” la richiamò Gennaro.
La ragazza si voltò e senza fare una piega staccò uno dei biglietti e glielo porse.
Una volta pagato, Gennaro si ritrovò fuori dalla tabaccheria con in mano il nuovo biglietto.
Sorrise incerto, fissandolo curioso e ansioso, e poi frugò nuovamente nella tasca della giacca per recuperare le chiavi.
Prima di avvicinarle al pezzo di carta sollevò un momento lo sguardo per poi mettersi a ridere tra sé e sé, dandosi mentalmente dello stupido per la tensione.
Infine si strinse nelle spalle.
Molto probabilmente non avrebbe vinto nulla, però chissà… Un miracolo di Natale poteva sempre capitare!
 



scritta a dicembre 2011
   
 
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