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Autore: Kerberos 1001    01/03/2016    1 recensioni
I grandi assi non muoiono mai: vivono nel ricordo di chi li ha conosciuti, di chi li ha affrontati e di chi ha letto il resoconto delle loro gesta leggendarie.
Ma se non fosse solo questo?
Se la realtà fosse un'altra?
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono sotto attacco.
Gli avversari sbucano dal relitto di un trasporto sventrato in orbita alta; intercettori anti-missile pesantemente corazzati, ad alta manovrabilità. Decisamente non standard.
La prima raffica di mass-driver mi manca per un soffio, complice la manovra vietata che metto in pratica: nonostante nello spazio il suono non si propaghi, ho la netta sensazione di udire il ronzio delle flechettes ipersoniche che sfiorano la mia carlinga. Un solo buco, uno soltanto e tutto ciò che resterebbe di me sarebbe un cumulo di rottami in rotta verso il sole …
Ovviamente, quello era solo un diversivo: sfruttano il tempo rubatomi per disporsi in una stretta formazione tridimensionale, ai vertici di un tetraedro con me al centro.
Non c’è che dire, sono bravi. Molto bravi.
Ecco perché aumento di tre punti l’output del reattore principale: ricevo la spinta in piena schiena e al diavolo ciò che dicono i teorici e gli scienziati con i loro smorzatori inerziali!
Se non senti, se non assapori ogni minima variazione di accelerazione, non potrai mai pilotare uno di questi gioielli nel modo corretto. La brusca accelerazione mi libera dalla trappola, lungo una traiettoria rettilinea facilmente calcolabile, perfetta per testare l’effettiva efficienza e precisione dei loro sistemi di puntamento: fasci laser ad alta potenza convergono da quattro diverse direzioni nel punto esatto in cui avrei dovuto trovarmi di lì a sei secondi; un paio di inversioni, a dritta e subito dopo a babordo, sono sufficienti ad ingannarli, costringendoli a sprecare energia preziosa e munizioni. Però non demordono, i maledetti! Capito il mio trucchetto, danno fondo ai propulsori, cercando di precedermi, di intrappolarmi nuovamente nella loro formazione d’attacco preferita.
Schematici; troppo schematici. Se dessi loro una bella scossa? Si potrebbe tentare con …
L’allarme antimissile? Ma che diavolo …?
Sul visore appaiono sciami di puntini in rapido avvicinamento, puntini che seguono fin troppo bene ogni mia manovra evasiva, tanto che devo ricorrere al mio asso nella manica: con una smorfia di rammarico, attivo gli inversori di spinta, e scarico il generatore EMP nel bel mezzo della nube di
mini-vettori, friggendoli ben bene. Una frazione di secondo più tardi, spingo al massimo per uscire dal raggio letale delle esplosioni, schizzando a casaccio nello spazio per non offrire un facile bersaglio. Come dicevo, sono bravi: uno, forse due di quei bastardi si sono fatti installare dell’armamento aggiuntivo, nella forma di canister lanciamissili, al solo scopo di cogliermi di sorpresa, per sfruttare a loro vantaggio il tempo a me necessario per evitare la trappola; nel caso non ci fossi riuscito, loro avrebbero già potuto invertire la rotta e tornare alla base. Ora invece …
«Alphie, non riusciamo a fermarlo! È troppo veloce!»
«Non importa! Dobbiamo riuscirci! Cristo! Noi siamo in quattro, vi ricordo!»
«Potremmo anche essere in venti, non credo che cambierebbe molto: è più sfuggente di un’anguilla oliata, dannazione a lui!»
«Quanto tempo abbiamo, ancora?»
«Non molto, ma abbastanza: se riuscissimo ad impedirgli di manovrare …»
«E come? Hai visto cosa ha fatto per evitare i missili miei e di Jock?»
«Certo che ho visto! Proprio per questo sto proponendo di spingerlo in una zona dove gli sia difficile manovrare a suo piacimento.»
«E dove la troviamo una simile zona? Aspetta! Marcus, non starai parlando del …»
Il Cimitero degli Insepolti. Un volume di spazio a metà strada da Marte, dove galleggiano migliaia di tonnellate di ferraglia e relitti secondo orbite non calcolabili, i resti della flotta d’assalto che tentò di cogliere di sorpresa le difese orbitali. Ormai ci siamo molto vicini e sarebbe un vero peccato non sfruttare l’occasione, anche perché sospetto che sia nei loro piani sospingermici, per limitare le mie possibilità. Bene, vediamo di cosa sono capaci!
«Ce l’abbiamo fatta! Siamo riusciti a spingerlo sino a qui: ora non ci resta che finirlo!»
«Vacci piano: non credo che sia tanto pazzo da rischiare di infilarsi in quel ginepraio! Saprà senz’altro che una volta là in mezzo si troverà in svantaggio.»
«È proprio questa l’idea: se ci si infila, non potrà manovrare e noi avremo facile gioco ad abbatterlo; se non lo fa, sarà il Cimitero stesso a limitare i suoi movimenti. In un modo o nell’altro, è comunque in trappola. Ormai è nostro!»
«Alphie …»
«Schieratevi in modo da tagliargli ogni possibile via di fuga, presto!»
«Alphie!»
«Che cosa vuoi, Dana? Sei ancora convinta che non ce la faremo? Ricordami di spiegarti come si combatte, dopo il debriefing!»
«Razza di idiota! Smetti di parlare a vanvera e stammi a sentire!»
«Dana, non osare …»
«Dannazione, Alphie! Guarda i sensori! Ha accelerato!»
«Quindi ha deciso di entrare nel Cimitero! Bene, meglio di così non poteva andare! Cercherà di nascondersi, ma se noi iniziamo a bombardare i relitti …»
Un incrociatore leggero, davanti a me. Per iniziare andrà benissimo! «A.I.: rimuovere limitazioni.»
«MI È IMPOSSIBILE ESEGUIRE: PROCEDURA VIETATA. RIPETO: IMPOSSIBILE ESEGUIRE. PROCEDURA VIETATA!»
Al diavolo! «A.I.! Codice di override: “A-GALLAND”. Eseguire e confermare. Subito!»
«CODICE OVERRIDE “A-GALLAND” IN ESECUZIONE. CONFERMATO. ATTENZIONE! PERICOLO! SISTEMI DI SICUREZZA DEL VOLO DISATTIVATI SU RICHIESTA DEL PILOTA: ELEVATO RISCHIO DI SUPERARE I LIMITI DI SURVAIVABILTY DEL PILOTA STESSO.»
«Lo so benissimo da me, stupida macchina! Ora sta zitta e lasciami lavorare!»
«Cosa diamine pensa di fare? Sta puntando dritto contro quel relitto! Ha forse intenzione di suicidarsi, piuttosto che ammettere la sconfitta? Non capisco!»
«State attenti, potrebbe trattarsi di un diversivo.»
«A quella velocità?! Non diciamo fesserie! Piuttosto, puntate tutto quello che avete sui suoi propulsori e cercate di immobilizzarlo! Abbiamo ancora cinque minuti!»
Mi seguono ancora, ovvio, anche se più da lontano: credo che la mia ultima mossa li abbia, come dire, spiazzati. Ai loro occhi, ora sono soltanto un vettore in rotta di collisione a tutta velocità con la prua corazzata di un vascello che assommerà, da sola, trenta volte la mia massa! Reagiscono in fretta, però: mi stanno già sparando addosso. Stupidi dilettanti! Stanno mirando ai motori, per portarsi a casa il trofeo. Devo ricredermi: non sono poi così bravi; se lo fossero, si renderebbero conto che, colpendoli, otterrebbero solamente di impedirmi di cambiare rotta, condannandomi a morte certa. Tutto considerato, credo che sia ora di insegnar loro qualcosa!
«Non capisco …»
«Jock? Hai detto qualcosa?»
«Alphie! La sua traiettoria …»
«Cosa? Cosa! Non abbiamo più tempo per le stupidate! Sparate e cercate di colpirlo!»
«Sta virando? No, impossibile! L’accelerazione sarebbe eccessiva! Eppure …»
Inversori. A piena potenza per dieci secondi, correggendo la traiettoria con i motori d’apogeo, in modo da sfiorare appena la ceramica della corazza esterna. Faccio fatica a respirare, l’imbracatura non basta, ma si tratta di soli dieci secondi. Visione rossa. Sette, otto, nove … dieci. Glisso verso l’alto, stacco gli inversori, ridò piena potenza ai motori, lasciando gli apogeo attivi: la vite mi porta rapidamente sul lato in ombra del relitto, poi al di sotto. Perfetto! È tempo di danzare, signori!
«Non ci credo! non può essere ancora vivo!»
«Certo che è vivo! Chi credi che abbia spento gli inversori? Un fantasma?»
«Dov’è? Lo vedete?»
«No! È finito dietro il relitto!»
«Cercatelo! Abbiamo due minuti!»
Interrompo la vite, proseguo diritto lungo l’asse dello scafo distrutto, poi punto in alto, in candela, fino sbucare di nuovo sopra l’incrociatore: eccoli, tutti e quattro in formazione allargata per coprire un’area più vasta con i sensori. Eseguo un cobra, anche se credo che nessuno mai, nella storia, si sia azzardato a farlo a questa velocità: al culmine della manovra, due dei miei quattro missili partono diretti contro i loro bersagli. Non sto neppure a vedere, sono già lontano, diretto verso il relitto, per riguadagnare la copertura. È il mio centro di gravità, vedete: lo uso come riferimento per tracciare il mio programma acrobatico. Alle mie spalle, due esplosioni, due segnali in meno sul radar di cui preoccuparmi. Cinico? Non posso non esserlo: si tratta della mia pelle!
«Alphie! Ha preso Marcus e Jock!»
«Come?! Come c’è riuscito?»
«Missili!»
«Intendevo …»
«Missili, ho detto! Di coda! Attento!»
Proseguendo nel mio programma, sbuco alle spalle del comandante: uscendo dal Fieseler, sgancio il terzo e quarto missile, prima di entrare in vite piatta per schivare l’attacco dell’ultimo gregario. Il comandante schiva a sua volta, ovviamente, ma i missili non erano diretti a lui: quando il primo dei due svelle la protezione dei tubi di lancio sul relitto, è ormai già troppo vicino. L’intercettore viene investito in pieno dall’esplosione dei missili antinave innescata dal secondo: semi distrutto, si allontana dal Cimitero lungo una traiettoria sghemba, inerte. Ho quasi finito …
«Bastardo! Maledetto bastardo! Ti ucciderò!»
In preda alle emozioni non si ragiona: questo ci insegnavano all’accademia. Quanta verità, in questa semplice frase! Rallento, mi lascio andare alla deriva per dodici secondi esatti, in modo da dare il tempo al mio avversario di accodarsi. L’allarme di coda risuona nell’abitacolo, sono sotto tiro: ancora un poco, ancora … ancora … Ora! Verso il basso, in verticale, non ho nemmeno bisogno degli inversori, tanta è la foga con la quale mi sorpassa! Di nuovo su, nella sua scia, sfruttando il punto cieco. Faccio fuoco, bersaglio distrutto.
«A.I.: fine override. Rientriamo.»
«CONFERMO FINE OVERRIDE. ROTTA DI RIENTRO IMPOSTATA.»
«Fine simulazione! Preparare l’analisi dei dati di missione.»
Il colonnello era in piedi in mezzo ai cinque simulatori ovali in sospensione idraulica; la sua espressione non era per niente soddisfatta. Li gratificò di un’occhiata che avrebbe fuso un sole: «Voi quattro sareste i nostri assi!» commentò, glaciale «Bella roba davvero!»
«Signore …»
Non lo lasciò neppure iniziare: «Siete stati abbattuti in cinque minuti in una zona di spazio che voi avevate scelto! Avevate in dotazione dei modelli speciali, li avete configurati personalmente, avreste dovuto conoscerli meglio di voi stessi, e questo è il risultato?» Si volse a guardare il quinto simulatore, ora spento, poi di nuovo loro: «SIete stati battuti da un videogioco!»
Il capitano Alfred Sorenson sbuffò: «Signore! Questo non è giusto, da parte sua! Quell’A.I. si è comportata sin da subito in maniera strana, e lei deve saperlo, se ha monitorato la simulazione. E quelle manovre poi! Un vero pilota sarebbe morto alla prima accelerazione …»
Il colonnello aveva fissato Sorenson sempre più a disagio: «Ma di cosa sta parlando, capitano? Là dentro non c’è nessuna dannatissima A.I.! È solo un programma di addestramento standard, impostato sul livello più difficile! Come dicevo, un videogame!»
«Colonnello, non è possibile! Noi …»
«Non cerchi scuse, capitano! Lei e la sua squadra …»
Ho staccato l’audio, non mi serve sentire altro. Poveretti, che lavata di capo! Anche visti attraverso le telecamere del sistema di sicurezza, avevano l’aspetto di cani bastonati …
Mi fanno sentire in colpa.
Quasi.
Del resto, meglio essere sconfitti qui, che là fuori, nello spazio reale.
È curioso: quand’ero il Barone Rosso, prima di arrivare chissà come in questo strano mondo, non la pensavo così …
   
 
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