Giravano storie,
tra le colonie inglesi in asia, che raccontavano di
un uomo: un pirata spietato e crudele che navigava
per le acque dell’oceano indiano. La sua nave
poteva volare sul filo dell’acqua, il suo equipaggio era
formato da mastini
infernali, o diavoli di fuoco, o feroci non morti condannati a servirlo
per
l’eternità. Quell’uomo –se
tale lo si potesse ancora definire- era la creatura
più malvagia che avesse mai messo piede su questo mondo:
aveva tagliato più
gole di quante se ne potessero contare, aveva ricoperto il fondo
dell’oceano
indiano con migliaia di carcasse di navi inglesi, filippine, bangladesi
e
malaysiane; non lo faceva per i soldi né per la fama, ma per
sentire l’odore
del sangue, e del legno pregno di salsedine in fiamme, per godere delle
urla
strazianti dei marinai prima che la morte li portasse via dalle sue
grinfie. Si
diceva che una volta avesse provato a vendere la propria anima al
demonio, in
cambio della vita eterna, ma lucifero in persona rifiutò la
sua offerta
disgustato a tal punto da quell’anima putrida e marcia, color
della pece, che
decise di donargli ugualmente l’immortalità per
non permettergli mai di
discendere nel suo regno. Questo gli costò un marchio a
fuoco sul ventre, ed il
nome di Reietto di Satana.
Queste sono
alcune delle tante leggende che giravano in quel tempo tra
le colonie. Solo leggende, fiabe che le vecchie usavano per spaventare
i
bambini, storielle che i vecchi ubriaconi raccontavano volentieri in
cambio di
un altro giro di Rum; solo leggende, e nulla di più.
Il Reietto di
Satana, il Capitano Ismael, era molto peggio di quanto
si raccontasse in qualsiasi leggenda.