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Autore: Vago    04/03/2016    3 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 - Un bambino non dovrebbe mai passare quello che hanno fatto a me… a noi, qui dentro.- si disse Hile risvegliandosi dai suoi ricordi. Lanciò un’ultima volta il coltello in aria e lo riprese tra due dita, poi lo ripose nella tasca.
Era già vestito, aspettava solo che il servitore lo venisse a chiamare. Se non era cambiato nulla, quella mattina doveva andare nell’aula di storia.
“ È incredibile che degli assassini debbano studiare la storia… - pensò Hile - Ma dopotutto, se il direttore della setta dei Sei aveva imposto a tutti gli adepti di tutte le sette dieci lezioni sulla storia delle Terre, avrà avuto i suoi buoni motivi.”
Il servitore bussò alla porta. Con voce bassa disse: - Signore, la sua attività inizierà tra pochi minuti.-
- Grazie.-
Hile era uno dei pochi Lupi che ringraziavano la servitù per gli incarichi che svolgeva all’interno della setta.
Prese il coltello piantato nel mobile e uscì dalla stanza, diretto alla lezione.

Lo storico a cui era stato affidato il compito di spiegare ai Lupi la storia era un certo Nerga, un vecchio ingobbito con il volto pieno di rughe. Sembrava dover morire ad ogni parole che usciva dalle labbra bianche.
Era la settima volta che Hile doveva ascoltarlo, ed ogni volta gli sembrava più vecchio e moribondo.
- Ragazzi… questa è la quarta… volta che… ci vediamo…-
- Signor Nerga, questo è il nostro settimo incontro.- disse un Lupo. Hile non fece caso a chi fosse, era troppo impegnato a seguire le fessure del banco a cui si era seduto. Probabilmente era lo stesso tavolo a cui si era seduto un cavaliere dei draghi.
- Ah… allora… qualcuno può… ricordarmi dove… siamo arrivati?-
- Ci ha raccontato della conclusione della guerra detta degli elementi che vide contrapposti i Sei e il Tiranno. Ci ha spiegato che assieme al re dei nani Vroyer, spero di averlo pronunciato bene, agli storici diplomatici Drake, Nestra e Farionim, al re Foglietta I e al sindaco della Nuova Chiritai, di cui si è perso il nome, stipularono il Trattato delle Razze, che divideva il continente in cinque terre e alla rinascita dell’Ordine dei Cavalieri.-
- Bene,… hai seguito… Quindi ragazzi… Quando Ardof… e il suo drago… Erdost, Frida… e la dragonessa Seisten, Trado… e Reicant… e Vago con… Defost, finirono di… trasportare le torri… dove dormite… voi ora… e vennero istaurati… i nuovi governi… seguirono venti… anni di prosperità. Poi un nuovo morbo… detto… della squama… grigia… perché… causava nei draghi… la diminuzione… dello… spessore delle… loro squame… rendendole di… colore grigio. I draghi… erano molto… più soggetti… a malattie… e la loro… mortalità era… altissima. Dopo… un primo tentativo… di arginare la… malattia… mettendo in quarantena… in malati… e rinchiudendo… i sani… all’interno di grotte… e delle mura… nuovamente… costruite del… palazzo della… Mezzanotte… I draghi sani… tornarono… alla loro isola… natale,… lasciando… la Terra del Fuoco… disabitata. Fu allora… che i… Sei eroi… delle terre,… assieme… ai loro draghi… e a un… piccolo gruppo di… compagni… tra cui… figuravano… Fariuna,… la allora… regina dei… draghi,… il re dei… folletti Rovere e… una fata… messaggera che… si era offerta… di accompagnarli,… partirono verso… il continente… recentemente… scoperto a… sud… ovest delle terre. Lì avrebbero… cercato una… cura per… il morbo… e sarebbero tornati… sulle terre per… distribuirla. Come… ben vedete… probabilmente… non l’hanno trovata.-
Nerga accennò un sorriso ironico. Hile ipotizzò, nella sua distrazione, che quell’uomo fosse profondamente amareggiato per non essere stato scelto come Cavaliere da uno dei draghi che gli erano stati presentati.
Nerga continuò a esporre la caduta dei Cavalieri dei draghi con rinnovato vigore, descrivendo il decadimento dei governi istaurati con il Trattato delle Razze e il loro spostamento nelle rispettive terre.
Lo storico chiuse le labbra piene di saliva solo quando la campana in cima al palazzo suonò, indicando il pranzo.
Hile mangiò in silenzio la minestra che il servitore gli aveva portato, in mezzo agli altri Lupi nella sezione di mensa dedicata a loro. Pesanti tendaggi grigi li dividevano dalle altre sezioni della Setta, ognuna devota a un dio minore.
Hile posò la sua ciotola vuota nella vasca in fondo alla stanza e si diresse spedito verso il campo di addestramento esterno.
Uscì dalla porta principale e vide con la coda dell’occhio un Serpente girare l’angolo. Poi la staccionata gli occluse la vista.
La piazza creatasi tra il palazzo e le mura era stata divisa, dopo la caduta dei Cavalieri e l’insediamento della setta di Sei, in sei spicchi concentrici da un’alta palizzata in legno.
Una freccia fischiò nell’aria, tracciando un arco nel cielo e cadendo nella sezione delle Aquile. Hile sorrise. Probabilmente era arrivato un nuovo Drago da pochi giorni e qualcuno gli stava insegnando a maneggiare un arco.
Il Lupo si posizionò a una decina di metri da un manichino riempito di paglia e prese sei coltelli dalle tasche, posizionandoseli tra e dita.
Quelli erano le sue armi, mortali sia da vicino, come gli artigli dei predatori, che da lontano, se lanciati con sufficiente precisione.
Ne scagliò due in rapida successione, che si piantarono entrambi esattamente sul collo del fantoccio. Ferite mediamente mortali, le lame non erano penetrate sufficientemente da intaccare la colonna vertebrale, ma la vittima sarebbe morta dissanguata senza avere la possibilità di urlare. “Una morte decisamente atroce…” pensò Hile un po’ disgustato.
Ognuno in quella struttura aveva un suo proposito per migliorare, il suo, dato che avrebbe dovuto uccidere, era di diventare bravo a sufficienza da non far soffrire il povero disgraziato che sarebbe finito nel suo mirino.
Una spallata lo fece tornare alla realtà. Un colosso lo spostò con una mano e lanciò tre coltelli, si piantarono sul polmone destro, nello stomaco e nel ginocchio del manichino. Punti scarsamente mortali, ma terribilmente dolorosi. La vittima sarebbe rimasta a terra agonizzante per ore, facendo fatica a respirare e non potendosi muovere se non strisciando, in attesa di morire dissanguata.
Hile scacciò prontamente quel pensiero.
- Hai visto, spellicciato?- chiese il colosso.
- Si, Ernest.- rispose con lo sguardo basso Hile, andando a recuperare i propri coltelli.
Nella setta del lupo si erano create tre categorie, basate sugli anni di esperienza e il numero di incarichi, di omicidi su commissione, che avevano portato a termine. Gli “Spellicciati” erano i ragazzi che erano nella setta da meno di dieci anni e che quindi non avevano ancora ricevuto il loro primo incarico; i “Ringhianti”, che avevano portato a termine con successo una o più missioni; e i “Beta”, quelli che oltre ad aver compiuto almeno quattro incarichi erano all’interno della setta da più di venti anni.
Ernest era un Ringhiante, con due missioni alle spalle, mentre Hile era solo all’ottavo anno di addestramento.
- Che ti ha detto questa volta Ernest?- chiese un Lupo avvicinandosi ad Hile.
- Niente. Per fortuna. Rayn, ti conviene allontanarti da me per un po’… non vorrei che quel Ringhiante se la prendesse anche con te.-
- Ehi, siamo amici, no? E allora, se devo sentire Ernest blaterare per questo a me va bene. Ricorda che il lupo solitario non vive senza un branco.-
Il pomeriggio passò con la solita monotonia, sotto il caldo sole estivo.
La campana suonò altre due volte: la prima per la cena, la seconda per la preghiera serale. Al suono di quest’ultime tutti i Lupi si diressero nella stanza dedicata alla dea Oscurità, in cui una statua troneggiava nella sua terribile bellezza. Lo sguardo, al contempo duro e amorevole rappresentava pienamente ciò che Oscurità era: la punizione per chi rifuggiva il bene e la consolazione per chi invece lo cercava.
Secondo alcuni Beta, usciti in missione con adepti delle altre sette, vi era una stanza identica per ogni dio minore. E che ci fosse, poi, una sala centrale al palazzo in cui un braciere, un flauto, un masso, una ciotola d’acqua e una penna con il calamaio erano stati disposti per formare una stella a cinque punte, circondata da vasi di fiori a formare un cerchio, era risaputo. L’intento doveva essere stato quello di rappresentare, all’interno del Palazzo della Mezzanotte, il simbolo dell’Elementarismo, un pentacolo, per cui ogni punta era un dio primigenio, circondato da un cerchio, simbolo di Natura, ponte tra i primigeni e i minori ma dissimile da tutti questi, e infine un esagono, in cui ogni punta era un dio minore.
Hile piegò il capo, lodando Oscurità per la sua potenza e ripetendo ritmicamente la sua totale devozione. Fu un servitore ad avvertire che il tempo di preghiera era finito e che tutti dovevano tornare nelle rispettive camere in attesa dell’indomani. Come se ci fosse ancora bisogno di ricordarlo. Era una delle regole fondamentali della setta e l’ultimo arrivato era li dentro da tre mesi.
C’era anche una spiegazione per quella regola, l’alta torre poteva amplificare le voci al suo interno e tutta la Terra degli Eroi sarebbe stata invasa da una cacofonia di suoni che avrebbero attirato l’attenzione dei curiosi sulla struttura. La setta era probabilmente sopravvissuta in quegli anni proprio per aver mantenuto la sua segretezza. Nessuno, eccetto chi ne faceva parte sapeva qual era il centro di controllo da cui i migliori assassini prendevano ordini.
Neppure a chi ne richiedeva le prestazioni, ovviamente sotto cospicuo compenso, veniva rivelata tale informazione.
Ma dopotutto gli Stambecchi servivano proprio a mantenere le distanze tra la setta e il resto del mondo, fungendo da tramite per riferire al direttore eventuali nuovi incarichi o notizie degne di nota.
Gli Stambecchi non facevano parte della setta tradizionale, come era stata concepita all’origine. Erano un corpo a parte, addestrato a mimetizzarsi nella folla e a vivere in incognito per molti mesi, a volte addirittura anni, e a procurare impieghi per la setta sempre in maniera impeccabilmente silenziosa.
Hile si tolse di dosso la camicia e si sdraiò sul letto, ammirando il tatuaggio blu sul polso destro. Una zampa  di lupo dai lunghi artigli circondata da un esagono regolare. Il suo marchio e quello dei suoi compagni.
Come ogni sera la figura comparve sul muro alla sinistra del letto. Hile la salutò con un gesto della mano.
- Bello, dopotutto, come tatuaggio. No?-
L’ombra alzò le spalle.
- Non penso che mi sarei mai fatto un tatuaggio, se non fossi entrato qui. E tutto sommato la figura mi piace anche. Chissà cosa ne direbbe mia madre… Non penso avrebbe mai accettato una cosa simile…-
La figura piegò la testa di lato e si appollaiò sui talloni, o almeno così sembrava.
Hile le raccontò la sua giornata, la noia della lezione di storia, i pavoneggiamenti di Ernest… tutto quel che era successo, come al solito. Quello era il suo unico sfogo nella rigidezza della Setta. Dopotutto l’ombra era un’ottima ascoltatrice.
Il Lupo si addormentò parlando, in fondo sollevato per la presenza di quella compagna di sventure.

Il servitore bussò alla porta forse troppo presto, il lanciatore di coltelli non era ancora pronto ad affrontare un’altra giornata. 

   
 
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