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Autore: SnixxAnatomy    04/03/2016    1 recensioni
One shot senza troppe pretese sulle nostre amate Brittana.
"Il fiato le si mozzò in gola quando vide contro chi era andata a sbattere. Era bellissima. Una ragazza bionda, ben vestita. Lineamenti dolci, alta, slanciata. Ma gli occhi la colpirono davvero. Aveva gli occhi azzurri, gli occhi più puri, innocenti e buoni che avesse mai visto. E fu quando si specchiò in quei pezzi di cielo. Fu in quel momento. In quel momento, qualcosa avvenne. Qualcosa all’infuori dell’odio cominciò a scorrere nelle sue vene."
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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20 Marzo.

Santana Lopez era una ragazza a cui apparteneva un passato complicato, un passato di cui preferiva non parlare per non far riaffiorare ricordi che si illudeva da sola di aver cancellato, quando la notte, invece, scorrevano vividi nella sua mente sotto forma di incubi. Nessuno aveva mai conosciuto la vera Santana. Aveva una maschera diversa per ogni persona, e per ognuna la capacità di calarsi perfettamente nel ruolo che avrebbe dovuto interpretare; Una volta la simpatica, una la vittima, un’altra la timida. Erano talmente tante che aveva perso il conto. Già dalla più tenera età aveva imparato ad ingannare, il suo vissuto l’aveva plasmata rendendola una persona piena d’odio. Odio, ripugnanza verso ogni singola cosa. Così le era stato insegnato, e mai aveva provato a cambiare per rendersi migliore, la cosa non la toccava. Era solita far innamorare la gente di lei, farla affezionare fin quando non l’aveva in pugno, a quel punto la manipolava, rendendola totalmente impotente a lei, e fin quando le era di qualche utilità se la teneva stretta, la trattava bene, fingeva interesse a sua volta, quando però questa finiva di darle benefici, e restava solo con l’amore da donargli, era quello il momento di scaricarla, di tagliare i rapporti, senza alcuna pietà, nessun senso di colpa, quelle cose non le appartenevano.
Chiunque si chiederebbe come facesse ad attirare così tante prede nella sua trappola, ma la risposta è semplice. Non aveva chissà quale superpotere, né comprava la fiducia più totale con il denaro. Assolutamente no, ma aveva il fascino. E ne era consapevole.
Occhi profondi, scuri, neri pece, come la sua anima. Capelli altrettanto corvini, fisico asciutto, abiti dozzinali. Sapeva padroneggiare alla perfezione l’arte del mentire. Le menzogne erano il suo forte, era capace di inventare intere storie mozzafiato in pochi secondi e senza il minimo sforzo. Sapeva di attirare la gente solo con quel suo fare magnetico, e sfruttava questo privilegio a suo completo vantaggio, egoisticamente, senza curarsi dei sentimenti altrui, dal momento che lei non ne aveva. Il suo cuore, presente solo fisicamente ma non spiritualmente, batteva con l’unico scopo di tenerla  vita, né per qualcuno, né per qualcosa.
O almeno, fu così fino a quel giorno. Fino a quel 20 Marzo. E mai maledisse abbastanza quella data.
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Santana era a scuola quel giorno, come al solito. Una classica scuola pubblica a Lima, Ohio, il William McKinley High School, niente di speciale. La frequentava solo per evitare altri casini con la legge, non voleva starsene un’altra nottata con il culo al fresco per rissa, e la scuola la teneva occupata, almeno fisicamente. Con il pensiero ripercorreva i ricordi, e cercava di trovare una motivazione per sentirsi almeno un po’ colpevole, ma non ci riusciva. Comunque, le lezioni erano semplici, gli insegnanti erano dei rompi coglioni assurdi, ma, a parte quello, sembravano apposto. Solo la preside era davvero squilibrata. C’era lo Spagnolo come seconda lingua, che lei padroneggiava perfettamente, essendo ispanica e avendo passato la prima infanzia a Puerto Rico, in  tutte le materie raggiungeva la sufficienza e, in alcune, la superava. Ma ce n’era una che non gli entrava in testa, una e una sola. Letteratura. Insomma, non capiva le persone in generale, perché doveva sforzarsi di comprendere qualche autore squilibrato senza un cazzo da fare? Proprio non ci arrivava. E per questo non studiava, ergo, si portava dietro quell’insufficienza da anni. Ed era proprio la materia che avrebbe avuto l’ora successiva.
Stava camminando per i corridoi con lo zaino sulle spalle, scansando in malo modo chi gli sbarrava la strada. Non poteva sapere che la sua vita stava per cambiare drasticamente, non poteva, ma sarebbe stato sicuramente meglio essere avvertita. Proprio durante quell’opera di zig zag, infatti, si scontrò con qualcuno che stava procedendo nella direzione opposta alla sua. Lo scontro non fu nemmeno troppo violento, ma quel giorno era proprio di cattivo umore, e non si fece sfuggire l’occasione di sfogarsi, pur avendo un pretesto così banale.
“Ma io mi chiedo, fanno entrare solo teste di cazzo patentate in questa scuola?!” Cominciò, rimettendosi in piedi. “Ci sono delle selezioni particolari per cas-“ Il fiato gli si mozzò in gola quando vide contro chi era andata a sbattere. Era bellissima. Una ragazza bionda, ben vestita. Lineamenti dolci, alta, slanciata. Ma gli occhi la colpirono davvero. Aveva gli occhi azzurri, gli occhi più puri, innocenti e buoni che avesse mai visto. E fu quando si specchiò in quei pezzi di cielo. Fu in quel momento. In quel momento, qualcosa avvenne. Qualcosa all’infuori dell’odio cominciò a scorrere nelle sue vene.
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Era rimasta ipnotizzata da quella Dea scesa in terra che quasi si dimenticò chi fosse. Il suo volto colmo di stupore venne sostituito da una maschera di disprezzo in pochi istanti, non poteva cedere così ad una biondina. Proseguì il suo monologo, cercando di ignorare quella fastidiosa sensazione allo stomaco.
“… Per caso? Guarda dove vai e stacca un attimo gli occhi da quel cazzo di cellulare se vuoi evitare di uccidere qualcuno!”
La diretta interessata non si scompose minimamente, anzi, con infinita classe, fissò il suo sguardo in quello della ragazza con determinazione, rispondendo a tono. Ma con molte meno parole.
Vaffanculo, Lopez.
Santana, in altre circostanze, avrebbe ribattuto pesantemente, dando il via ad insulti veri e propri, altro che un semplice vaffanculo. Ma in quello stato non trovò niente da dire, il vuoto più totale. Si limitò ad incenerirla con lo sguardo, per poi sorpassarla tirandole una lieve spallata, camuffando il suo interesse per lei.
Ebbene sì, qualcuno era riuscito a zittire Santana Lopez.
Entrata in classe si diresse all’ultimo banco, lasciato libero appositamente per lei, con un chiodo fisso. Cosa aveva appena provato? Lei non provava sentimenti, lei manovrava le persone, le controllava, le usava come marionette e poi le buttava nel mucchio dei giocattoli difettosi. Così le era stato insegnato.
Mentre tentava di trovare un senso logico a quell’emozione (Che parola strana), l’oggetto dei suoi pensieri entrò dalla porta, precedendo di pochi secondi il professore, accomodandosi al banco di fronte al suo. L’insegnante, Mr. Lucifer, come sempre, senza nemmeno fare l’appello, si sedette sulla cattedra, poggiandosi gli occhiali sul naso e prendendo un libro, incitandoli silenziosamente a fare lo stesso. Sapeva di non avere quel testo, quindi aspettò l’inesorabile destino che gli sarebbe toccato.
“Lopez!” Ecco, appunto.
“No, non ce l’ho il libro, non l’ho mai comprato e mai lo comprerò” Rispose prontamente.
Tutta la classe scoppiò in una risatina, mentre il professore, sbuffando, diede ordini.
“Pierce! Siediti vicino a Lopez, magari le dai un po’ d’esempio.”
Non aveva la minima idea di chi fosse questo o questa “Pierce”, ma quando vide la biondina davanti a lei alzarsi, divenne un pezzo di marmo. Internamente, si intende. Fuori aveva l’assoluto dovere di fingersi indifferente. Così le era stato insegnato.
Seguì tutta la lezione con lei praticamente attaccata, mentre si stuzzicavano. Dopo l’ennesimo richiamo, Mr. Lucifer esplose. “Lopez! Pierce! In presidenza!” Gridò infuriato, indicando con la mano la porta. Le due si alzarono, una con lo sguardo basso e imbarazzato, l’altra a testa alta, spavalda.
Quando arrivarono davanti l’ufficio della preside, Santana bussò.
“Entrate, marmocchi!”
Aperta la porta, si ritrovarono in una stanza piena zeppa di trofei di ogni tipo, dietro la grande scrivania in ciliegio si trovava Sue Sylvester, donna famosa per la sua brutalità.
“Lopez! Che disgustoso piacere ritrovarti, dopo quanto? Tre ore?” Esclamò, diretta alla latina, che rispose con un cenno del capo.
“E tu chi saresti, ragazzina?”
“Brittany Pierce, signora.” Rispose, fingendo sicurezza.
Si sedettero, mentre la preside cominciava un lungo monologo.
“Bene bene bene, vi manda Lucifer, suppongo. Brutto avanzo di galera.” Borbottò tra sé e sé. “Passiamo subito al sodo. Pierce, a quanto pare” Cominciò, tirando fuori un pesante archivio. “Sei la mia alunna migliore. Lopez, non so nemmeno se posso considerarti una mia alunna. Ma, visto che mi ricordi una piccola me, Melontana, non ti sospenderò, anche se avrei dovuto già dall’episodio della colla sulla sedia di Lampert.”
Ottenne un sorrisetto soddisfatto dalla latina.
“Mettiamola così. Brittany, darai ripetizioni di letteratura ad Airbag almeno due volte a settimana, oppure” Fermò le loro proteste sul nascere. “Vi boccio entrambe e vi faccio pulire la scuola a fine lezioni per tutto l’anno.”
Brittany impallidì, terrorizzata. Santana, al contrario, lanciò alla Sylvester uno sguardo di sfida, provocatorio, con tanto di sorrisetto.
“Faccia pure, poco mi importa.” Disse.
Ma quando vide Brittany bianca come uno straccio, qualcosa si insinuò in lei, qualcosa che le impedì di comportarsi come al suo solito. Erano sensi di colpa.
Decise di non pensarci troppo e di darla vinta a loro. Sostituendo la sua sfacciataggine, rimise su la maschera di indifferenza.
“Va bene, se ci tenete tanto a perdere tempo.” Sputò con freddezza, e potè giurare di aver visto un accenno di delusione sul viso della bionda.
“Ci vediamo in biblioteca.”
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Dopo il pranzo, si trovarono nella libreria della scuola, mentre Brittany cercava di spiegare qualcosa a Santana che, cocciuta, continuava a giocherellare imperterrita con due matite rovinate.
“La vuoi smettere?” Sbottò a bassa voce la più alta.
La latina in risposta parlò. “Ascolta, non mi importa un emerito cazzo della Letteratura e della Sylvester, mi bocciasse, sopravvivrò.” All’improvviso i sentimenti per Brittany tramutati in rabbia.
“Senti-“ Provò quest’ultima prima di venire bruscamente interrotta. Santana era furiosa.
Le capitava spesso, di dare di matto senza nessuna ragione apparente. Ma di ragioni ne aveva fin troppe.
“No, senti tu, Pierce. Non ho intenzione di stare un minuto di più qua dentro. Tutto ciò è inutile!” Disse, posando le cose nello zaino.
“Si può sapere perché fai così!?” L’urlo di Brittany squarciò il silenzio.
Santana la guardò negli occhi, e alzò le spalle. Poi, se ne andò.
Arrivata a casa era di nuovo solo un contenitore vuoto, senza niente all’interno. Aprì la porta malandata con un paio di spallate dopo aver girato la chiave, trovando l’interno un porcile, come al solito. Sua madre, collassata sul divano, circondata da superalcolici , con una bottiglia di vodka in una mano e una di tequila nell’altra, non appena la vide, cominciò a biasciare le solite frasi.
“Assassina. E’ solo colpa tua. Dovresti esserci tu, sotto terra, ora, non loro.” Tentò di scandire, guardandola con disprezzo.
Lei, incurante, decise di ignorarla, chiudendosi in camera sua. Guardò le vecchie foto di famiglia, alla ricerca di un minimo di dolore, ma niente. E, per l’ennesima volta, si rese conto che provare sofferenza sarebbe stato meglio di non provare nulla.
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I giorni passarono, le maschere di Santana cambiarono, sempre più persone venivano intrappolate nella rete del suo fascino e poi buttate via come oggetti inutili, ma non le importava. Erano ormai passati due mesi dall’incontro-scontro con Brittany, e da quel giorno non le aveva più parlato Stava tranquillamente camminando per i corridoi, intimorendo qualche fresh-man con lo sguardo, quando qualcuno la spinse in un’aula usata come magazzino. Quando si rese conto di chi, perse le staffe.
“Tu sei pazza, Pierce!”
“Sta zitta!”
Decise di tacere, benché sprezzante.
“Ho fatto ricerche per due mesi. Ho ascoltato ogni tipo di voce su di te, cercando di capire meglio. Ho aspettato che sbollissi, per parlare civilmente. Ora, devi spiegarmi.”

Il primo pensiero di Santana fu che quella biondina aveva pensato a lei, aveva perso tempo per capirla. Era confusa, e lei le aveva ricordato il suo passato. Pensò che, forse, Brittany meritava di sapere. E parlò.
“Sono nata a San Juan, a Puerto Rico, da un tradimento. Mia madre, alcolizzata, aveva pensato bene di scoparsi il migliore amico di mio padre. Con quel filo di umanità che le era rimasto, decise di non abortire. Avevo un fratello, Luis, tredicenne a quel tempo. Il primogenito, ottimi voti e spiccato talento nello sport. Era perfetto, e i miei l’amavano. Quando avevo 8 anni ci trasferimmo in Louisiana, anche mio padre, solo per non dover vedere più subire l’umiliazione che sentiva costante in quel paese. Io ero trattata come figlia indegna, perché ero frutto dei loro più brutti ricordi. A Natale non ricevevo regali, se volevo vestiti un po’ più carini li dovevo comprare con i pochi spiccioli che guadagnavo dando una mano a mia zia con le faccende di casa. Ero trattata con disprezzo. Ogni mattina ricevevo un bel ceffone, con la scusa che durante la notte avevo fatto rumore.” Si fermò un attimo. “Un anno dopo mio padre pensò di portare me e mio fratello al supermercato con lui. Io ero seduta dietro, e al ritorno cominciai a fare i capricci perché volevo il gelato e mio padre, cercando di tirarmi uno schiaffo per farmi stare zitta, perse il controllo dell’auto. Rotolammo giù per una collina, mi ero salvata solo perché avevo la cintura. Loro due morirono sul colpo. Quella che avrebbe dovuto essere mia madre sparì dopo l’incidente, così finii in mano ai servizi sociali, che mi affidarono a una famiglia.” Fece un sorriso amaro. “Bella famiglia del cazzo. Stavano messi peggio dei miei. Costantemente drogati. Quel poco tempo in cui erano sobri mi insegnavano a non dover provare pietà per nessuno, a manipolare tutti. A 15 anni mia madre si ripresentò, e, dopo un anno di processi, tornai in mano sua e ci trasferimmo qui in Ohio. Ogni giorno la trovo praticamente in coma etilico sul divano, e mi ripete che sono un’assassina e-“
Non la fece finire. Si ritrovò un paio di braccia strette attorno alla schiena e istintivamente strinse a sua volta. Nessuna delle due disse niente. Ma era come se si fossero dette tutto.
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Le cose, dopo quella confessione, potevano andare solo in due modi; Evolversi o scemare inevitabilmente, e per loro (s)fortuna il rapporto crebbe. Avevano imparato a sopportarsi a vicenda, per Santana l’unica cosa di valore era Brittany, l’unica cosa che valeva la pena avere.
Passarono tre mesi dalla confessione e la loro amicizia andava crescendo. Si scambiavano sorrisi complici continuamente, e più volte era sfuggito dalle labbra della bionda un timido “Ti voglio bene”, e in risposta aveva ricevuto uno sguardo dolce.
Dopo un’estate passata separate, si abbracciarono fortissimo, per interi minuti, senza dire niente, solo ascoltando il respiro regolare dell’altra. E quello era stato il primo segnale che qualcosa di più forte stava nascendo.
Una calda sera di Maggio, sottò il porticato di casa Pierce, scattò il fatidico bacio. Stavano parlando del più e del meno e Brittany l’aveva baciata, sussurrando poi “Credo di amarti.” Santana, però, non era pronta per mostrare le sue debolezze. “Io non amo nessuno.” Diede in risposta, fuggendo da lei e dai suoi sentimenti, lasciandola in lacrime su quello scalino.
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Quello fu il loro ultimo incontro. Brittany, a pezzi, dopo quell’episodio cambiò scuola. Santana, distrutta, finse noncuranza.
L’anno dopo scoprì che la bionda si era trasferita a Miami, con la sua nuova ragazza. Santana, quella sera, si ubriacò fino a collassare e distrusse ogni cosa in casa sua. Si trasferì a Boston, intenzionata a lasciarsi dietro tutti i ricordi.
Brittany alla fine aveva sposato quella donna, Amanda si chiamava, non l’amava, era solo un rimpiazzo. Lei amava Santana.
Morì il 16 Marzo 2029, in un incidente stradale. Venne sepolta, come da lei voluto, nel cimitero di Lima. Tutta la città si presentò al suo funerale, anche Santana. Lei, intanto, aveva portato avanti la sua vita vuota. Aveva deciso di sposarsi solo per avere un porto sicuro. Christine, era il nome di sua moglie. Non l’amava. Lei amava Brittany.
Il giorno del funerale della bionda, la moglie di quest’ultima si avvicinò a Santana con un biglietto.
“Brittany, prima di morire, mi ha detto di dare questo all’unica latina che ci sarebbe stata al suo funerale. Sei tu.”
Lo aprì freneticamente, rivelando solo qualche parola.
“Tu mi ami, mi hai sempre amato. E anche io. E il mio unico rimpianto, è stato non aver passato la vita con te.”
Santana, distrutta, si rinchiuse per tre giorni nella sua vecchia casa. All’alba del quarto, il 20 Marzo 2029, venne trovata morta suicida nella sua stanza, con una rosa rossa stretta in mano e un biglietto sul letto.
Caso vuole, che quel fiore fosse il preferito della bionda.
Solo la migliore amica di Santana, Quinn, ebbe il privilegio di leggerlo.
“E’ troppo tardi ora, lo so.
Ma la verità è che io ho cominciato a vivere quel giorno. Quel 20 Marzo. Ho passato 13 anni senza lei al mio fianco, ma prima almeno, sapevo che lei era felice li, da qualche parte tra le spiagge di Miami. Ma ora, chi mi assicura che lei sia felice? Lei merita tutte le cose belle di questo mondo. Britt, hai detto che il tuo unico rimpianto era non aver passato la vita con me. Non importa, passeremo l’infinito insieme, adesso. Ci sarò io ad assicurarmi che tu stia bene. Sto arrivando, piccola. Ti amo.”
 
Solo pochi furono così fortunati da conoscere cosa accomunava quelle due ragazze con le lapidi vicine.
Ma, quando quelle persone dovevano parlare d’amore ai loro figli, ai loro nipoti, a chiunque, loro parlavano di Brittany e Santana. Perché, come Santana amava dire, se due pesci sono destinati ad incontrarsi nel mare, non servirà al mare essere cento volte più grande.
 
 
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Ciao a tutti! Questa one-shot è nata da una giornata molto noiosa e un po’ di tristezza. Spero vi piaccia.
                                                                                         -SnixxAnatomy
   
 
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