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Autore: Assiage    07/03/2016    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se sul promontorio le cose fossero andate diversamente, e Uncas e Alice fossero sopravvissuti? Con un futuro ancora tutto da scrivere, le cose non saranno semplici per loro. Riusciranno a mettere da parte le loro differenze e vivere il loro amore?
Traduzione di: Eilan21
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dimmi della tua casa.”

Londra? Bé-”

No. La Scozia.”

Alice smise il suo ricamo. Spostando lo sguardo su Uncas tremò impercettibilmente e non rispose.

Mi chiedi sempre della mia gente,” le fece notare Uncas, portando ad Alice una fumante tazza di tè dal focolare. Lei la accettò con un ringraziamento sussurrato.

Alice prese un piccolo sorso, assaporando il sapore di menta e il gusto del tè che Uncas le preparava tutti i giorni. Il profumo le faceva sempre pensare alla foresta nel pieno dell'inverno, alle fate di ghiaccio dei racconti popolari.

Ora al settimo mese della sua gravidanza (basato sul suo calcolo approssimativo) la nausea si era quasi del tutto calmata. Stava sperimentando maggior letargia man mano che affrontava le giornate con il suo ventre ingrossato, e si sentiva sempre più senza fiato anche svolgendo i compiti più semplici. Come camminare o sollevare qualcosa di leggero.

Uncas si comportava con attenzione e preoccupazione; Alice aveva deciso mesi prima, durante l'inverno, di non lamentarsi molto. In verità, con la sua nuova reticenza era riuscita a realizzare quanto in realtà di fosse lamentata e aveva preoccupato il giovane guerriero.

Aveva ragione, comunque. Voleva sempre ascoltare su di lui e sulle sue usanze più di quanto volesse parlare delle proprie.

Alice fece un respiro fortificante e posò la tazza accanto a lei.

Cosa vorresti sapere?” chiese, un po' confusa. Non credeva fosse così interessante affrontare una simile ispezione dei suoi primi anni. Non aveva il migliore dei ricordi dopo...

Dove sei nata?” Uncas si accomodò accanto a lei, allungando le lunghe gambe e fissando il fuoco.

Te l'ho detto. Inverness.”

Parlamene.”

Alice lo fissò, poi scosse il capo. Uncas sollevò uno scuro sopracciglio in scherzosa sfida.

Bé,” Alice cominciò il suo racconto con imbarazzo, quindi si bloccò. Odiava che le chiedessero di parlare di un argomento a comando. Lui avrebbe dovuto capirlo, visto come era riservata di natura.

Era tutto molto verde. Ma anche... asciutto. Paragonato a Londra.”

Fu tutto quello che disse, e pensava che la faccenda finisse lì. Uncas sorrise enigmatico.

Dimmi della tua gente. Della tua famiglia.”

Alice esalò un respiro. Un antico dolore le afferrò il cuore.

La famiglia di mia madre è il clan Macleod dell'isola di Skye. La famiglia di mio padre viene da Inverness. Io e mia sorella siamo nate e siamo cresciute lì.”

Clan?”

Ehm... sì. Un gruppo di famiglie che viveva insieme. Avevamo un laird, suppongo simile al vostro capo, e la nostra lingua e i nostri usi diversi dagli inglesi.”

Perché avevate? Non esistono più?”

Lei sapeva che quello era uno dei suoi rari scherzi. Odiava pensarci.

Non nel senso stretto della parole, no.”

Il sorriso di lui scomparve, e Alice si voltò a fissare il fuoco pensierosa.

Alcune persone, inclusa la mia famiglia, si ribellarono alla corona. È tutto... scomparso.”

Scomparso? La tua gente?”

Il nostro modo di vivere. Quando la rivolta venne soppressa, gli inglesi bandirono la nostra lingua, le nostre usanze, i nostri tartan. La maggior parte degli uomini furono arrestati per alto tradimento. Le terre vennero saccheggiate. Mio padre, l'unico della famiglia a rimanere sempre fedele agli inglesi, mi portò via da Inverness e mi mise in un collegio inglese. Finché non sarei stata pronta ad acclimatarmi, disse.”

E lo hai fatto? Ti sei acc-li-matata?”

Alice faticò a spiegarsi.

Non all'inizio. Mi... mi mancava la mia lingua, e la mia gente. Ero sempre stata timida, ma le altre ragazze mi escludevano per il modo in cui parlavo e perché dicevano che i miei familiari erano sporchi traditori. Animali.”

Lo sguardo di Uncas mostrava compassione, anche se non aprì bocca.

Decisi che dovessi effettivamente acclimatarmi. Questo fece smettere le ragazze di tormentarmi, e rese mio padre felice. Era quello che aveva sempre voluto per me. Che fossi una dama inglese.”

Sei inglese?” chiese Uncas dolcemente. Le sue sopracciglia del colore della mezzanotte sembravano ali di corvo, pensò Alice.

Lo fissò, a corto di parole. Ricordò le storie e le canzoni di sua madre. La cadenza e l'accento della sua lingua natia. L'esplosione di stelle nelle chiare notti estive... Ricordò le danze e i racconti, e la libertà che aveva avuto per così poco tempo. Correre libera nei campi, arrampicarsi sugli alberi, cavalcare il suo pony con una sella da uomo. Gli odori e i suoni di Inverness.

No,” sussurrò, stringendo tra le nocche il tessuto del suo abito, “non veramente. Mai.”

Hai detto che ti manca la tua lingua. Perché non la parli?”

Con chi?” chiese lei, la petulanza che cominciava a farsi strada nel suo tono. “Mio padre aveva rinunciato alla nostra vecchia vita, e Cora era sempre via.”

Dimmi qualcosa in gae-lico.”

Alice allungò le mani e prese la sua fra le proprie. Con il pollice lui le carezzò la pelle tra il pollice e la falange. Gli piaceva quella carezza.

Il bambino fece una capriola nel ventre di Alice e le diede una gomitata nelle costole.

Tha gradh agam ort.” Alice sussurrò queste parole, il cuore che le batteva forte, il viso acceso.

Che significa?”

Alice sorrise ma non rispose.

——————————————

Cara mamma,

Guardo le stelle nel cielo notturno, e ti penso spesso. A volte faccio finta di udire la canzone che mi cantavi quando ero bambina. Non riesco a ricordare tutte le parole. Canterò la stessa canzone al mio bambino. Canterò delle montagne nebbiose dell'isola di Skye.

Chì mi gun dàil an t-àite san d'rugadh mi Cuirear orm fàilte sa chànain a thuigeas mi.

Com'era il resto?

Gheibh mi ann aoidh agus gràdh nuair a ruigeam Nach reicinn air tunnachan òir.

Ti ricordi questa canzone? Ti ricordi com'è la vita da dove ti trovi adesso?

Mamma, vorrei che fossi qui. Vorrei poterti chiedere cosa fare. Come essere sempre nel favore di mio marito. Cosa fare quando un bambino piange. Come nascondere la mia tristezza al mondo.

Ho paura che non mi riconoscerai quando arriverò ad affrontare Dio e il mio giudizio. Spero che ti ricorderai di me. Spero che quel giorno mi sorriderai. Non riesco nemmeno a ricordarmi la tua faccia, ma sento ancora-


Finito con le tue preghiere?” mormorò Uncas, voltandosi a strizzarle l'occhio dalle pelli di fronte al focolare. Aveva tagliato la legna tutta la mattina, e controllato le trappole durante la sera. Aveva fatto alcuni cambiamenti per migliorare la fattoria. Era stanco, e si era appisolato abbastanza presto quella sera.

Alice annuì, alzandosi in piedi. Chiuse la bibbia di Jack e Katarina e si accoccolò al suo fianco.

———————————————————————

Uncas aveva espresso il desiderio di andare a caccia una sera fredda. Alice era scivolata fuori per respirare l'aria fresca e rinvigorente.

Sentì le braccia di lui circondarla e poggiarsi sul suo ventre. Sentirono entrambi il bambino muoversi.

Farò venire Beth,” mormorò lui fra i suoi capelli. Alice si appoggiò a lui.

Non sarà necessario,” commentò con leggerezza. Lo intendeva veramente – Alice si era ormai abituata alle ore solitarie in cui Uncas lasciava la capanna. Non che a lui piacesse lasciarla sola.

Penso sia meglio,” replicò in tono dolce, “è quasi Mechoammawi Gischuc-”

Alice sospirò. “Quando il pesce alosa ritorna, lo so.”

C'era silenzio in quella notte lattiginosa in cui il cielo sopra di loro ricordava una macchia di inchiostro rovesciato, puntellata di stelle.

Sarà in maggio?” chiese piano.

Uncas annuì. “Più o meno.”

Lascia stare Beth e Ian. È ancora presto. Chiederemo la loro ospitalità quando il bambino starà per arrivare.”

Io-”

Non ancora,” implorò Alice, voltandosi a guardarlo. “Solo un altro po' di giorni da soli. Prima che arrivino i tuoi amici. Prima del bambino.”

La bocca di Uncas si addolcì mentre il suo sguardo la scrutava solennemente. I suoi occhi erano luminosi.

Non saremo mai più così tranquilli.” La voce di Alice era un sussurro, pulsante di potenti emozioni. Lo avrebbe persuaso. Doveva.

Sarà meglio,” la rassicurò Uncas. “Avremo il nostro bambino con noi.”

Alice lottò per trovare le parole. “Io... voglio il nostro bambino. Davvero. Confesso che forse all'inizio, io... non importa, ora. Vorrei solo aver avuto più tempo per conoscerti. Per adattarmi. Per prepararmi alla maternità.”

Uncas annuì; come sempre era silenzioso e comprensivo. Rispettava i suoi sentimenti sulla questione.

E' successo tutto molto in fretta.”

Mesi prima, rifletté Alice, la sua imperturbabilità e il suo modo di parlare chiaro l'avevano profondamente irritata. Ricordava momenti in cui aveva risposto garbatamente, anche se con velate punte di acerbità. La sua infelicità era stata difficile da gestire. Per anni la sua vita era stata una gabbia dorata di discorsi raffinati e maniere educate. C'era una certa sicurezza nelle abitudini.

Lentamente, sempre lentamente, con il volgere delle stagioni, i suoi sentimenti verso di lui e verso la loro vita insieme erano cambiati.

Alice sorrise. “Sì, in fretta.”

———————————————————————

Uncas era uscito prima che sorgesse il sole.

Alice era fuori nella luminosa luce solare, stendendo sul filo ad asciugare i loro abiti lavati. Era una giornata pungente, ma lei sperava lo stesso che i vestiti si asciugassero prima che lui tornasse. Molto probabilmente sarebbe stato coperto di sudore e sangue di qualche grosso animale, e avrebbe avuto bisogno di camice pulite.

Lei stessa aveva scuoiato diversi piccoli animali ultimamente – un compito che aveva precedentemente respinto – e pensava di poter essere pronta a occuparsi di un cervo.

Era al lavoro dal primo mattino. Dopo aver dato una spolverata alla capanna, e aver spazzato il focolare, aveva lavato e strofinato i loro indumenti in acqua calda con sapone fatto di cenere e grasso di animale. Le sue mani erano rosse e screpolate.

Wenichana.”

Alice gridò, lasciando cadere una camicia di cotone blu e girandosi in fretta per fronteggiare il suo probabile assalitore. Affondando le mani nel grembiule, afferrò il piccolo coltello che Uncas le aveva donato e insegnato goffamente a brandire.

Pace,” il visitatore l'apostrofò in tono di comando, “Non intendo farti del male.”

Alice fece un passo indietro con diffidenza, lasciando cadere il coltello dallo shock. Riconosceva quel volto. Quell'atteggiamento. Quegli austeri occhi neri.

Chingachgook sembrava uguale a prima eppure in qualche modo invecchiato. Le rughe sul suo volto si erano acuite – oppure no? Era ancora una versione più bassa di suo figlio, tarchiato, con lineamenti duri.

La diffidenza di Alice cresceva man mano che i secondi si trascinavano.

Dì qualcosa, stupida ragazza!

Aprì la bocca per offrire un saluto educato-

Uncas non è qui.”

Chingachgook grugnì, posando la sua grossa sacca per terra. La luce del sole era bianca ed accecante, facendo battere le palpebre ad Alice mentre lo osservava.

Alice s'irrigidì, imbarazzata dalla sua mancanza di buone maniere. Quell'uomo era, di fatto, suo suocero. Meritava rispetto.

Mi ha mai riservato una singola oncia di rispetto?

Scosse il capo a quel pensiero. Non aveva importanza. Non si sarebbe svergognata di fronte a quell'uomo, che era dello stesso sangue di suo marito, il padre di cui Uncas parlava con reverenza.

E'... è andato a caccia. Non lontano, credo. Prego che ritorni stasera.”

Alice si chinò per prendere le sue cose e Chingachgook si mosse in fretta, scuotendo il capo.

No. Li porterò io.”

Alice non poté impedirglielo. Il risentimento cominciò a condensarsi nel suo ventre e le salì fino in gola. Si era scordata che lui la trovava inutile. Si rimangiò una replica e scosse le spalle.

Come volete. Prego entrate, signore. Mangiate qualcosa.”

——————————————————————

La strana coppia sedeva a tavola dopo aver finito un piatto di stufato di coniglio con patate.

Chingachgook la fissava stoicamente. Prima mentre cucinava e si muoveva per la capanna Alice poteva sentire il suo sguardo su di sé, che la valutava, e che si posava sul suo ventre prominente.

Non si sforzò di fare conversazione e questo ad Alice Munro andava più che bene.

Sbrigati, Uncas.

Quando arriverà mio nipote?”

Alice lo guardò, di nuovo presa dall'imbarazzo.

All'inizio dell'estate. In un mese e qualche settimana, pensiamo.”

Hai la pancia bassa,” commentò, piegando il capo di lato.

Alice divenne rossa. Che razza di cosa da dire.

Uncas ha cominciato a costruire la sua capanna?”

L'irritazione di Alice stava aumentando. Perché il suo bambino doveva essere suo e la capanna di suo figlio? Perché la stava interrogando in quel modo?

Era troppo. Le parole le vennero fuori prima che riuscisse a bloccarle.

Il bambino è mio. La capanna sarà mia quanto di vostro figlio. E io sono sua moglie.”

Gli occhi di Chingachgook non lo tradirono, anche se Alice non mancò di notare la debole scintilla di sorpresa alle sue parole audaci.

Lo so,” fu la sua unica risposta. Prese un lungo sorso di birra, e finalmente il suo sguardo si spostò su qualcos'altro. Ispezionò lo stato della capanna, i piccoli tocchi femminili; un abito su un gancio, tovaglioli, mazzi di lavanda secca legati con nastri blu.

Alice abbassò lo sguardo, lottando contro la crescente ondata di nervosismo e preoccupazione. Qual'era il suo scopo? Aveva già disconosciuto suo figlio per aver generato un figlio con una donna bianca. Perché improvvisamente si ripresentava, solo poche settimane prima che lei partorisse, quando la disapprovava così apertamente? Voleva forse cercare di allontanare Uncas da lei?

Improvvisamente si alzò in piedi. Nello spazio ristretto della capanna sembrava torreggiare intimidatoriamente.

Uncas ti prepara il té?”

Alice annuì. “Menta.”

Chingachgook bofonchiò (così simile a suo figlio) e frugò tra le sue cose, recuperando dei pacchetti che avevano un buon profumo di erbe.

Bollirò dell'acqua. Ti farò del tè migliore. Buono per le madri.”

Alice batté le palpebre. “Grazie...” mormorò incerta. Avrebbe voluto che avesse portato dello zucchero insieme alle altre provviste. O almeno del miele.

Lui annuì secco. “Lo facevo per la madre di Uncas.”

Alice sentì un calore nello stomaco, come dei piccoli raggi di sole. Si alzò con alacrità.

Metterò l'acqua a bollire per noi. Mi farete compagnia?”

Lui sembrava vagamente divertito. “Se lo desideri. Ho bisogno delle foglie di menta.”

Queste sono foglie di lampone?” ne prese una e la annusò con cautela.

Sì. E... gli Yengeese le chiamano falsi frutti della rosa.”

Fu solo più tardi, dopo il tè, mentre era occupata a piegare i panni e i suoi pensieri si spostarono su Uncas che Alice ricordò la parola wenichana, la parola che Chingachgook aveva usato come saluto. Aveva già sentito quella parola da Uncas prima, quando scherzava sul loro bambino.

Wenichana. Figlia.

——————————————————

Il secco ma familiare fischio giunse proprio mentre Alice stava cominciando a preoccuparsi della cena.

Con un sospiro di sollievo si diresse alla porta, mettendosi il suo grembiule liso.

Finalmente!” mormorò, lanciando uno sguardo timido all'uomo più anziano. “So che vostro figlio sarà più che impaziente di rivedervi, signore.”

Chingachgook non disse nulla, anche se Alice percepì in lui un po' di tensione. Che fosse nervoso?

Fuori nella luce morente, uno stanco Uncas stava scaricando la carcassa di un cerbiatto sulle assi di legno che delimitavano il perimetro della capanna.

Alice dedicò un momento a strofinare gentilmente il naso della creatura; gli occhi del cerbiatto la fissavano, senza vedere, senza sentire.

Uncas si sporse a baciarla.

Tutto bene?” chiese con leggerezza, scrutandole in fretta il viso. “Come è stata la tua giornata? Come ti senti?”

Alice sorrise, avvicinando il viso finché i loro nasi si toccarono. Le labbra di Uncas si incurvarono in un sorriso.

Memorabile,” replicò lei dolcemente.

Perché?” lui si tirò indietro, le sopracciglia sollevate. Evitò di toccarla con le mani insanguinate. Il suo sguardo era acuto.

Perché il tuo coltello è nell'erba?”

Prima lavati in fretta nel ruscello,” lo rimproverò gentilmente Alice, “poi sbrigati. Abbiamo un ospite.”

Cosa?” chiese lui seccamente, aguzzando lo sguardo mentre lo spostava sulla capanna. “Perché non me lo hai detto prima? Di chi si tratta?”

Di tuo padre.”

Uncas spalancò gli occhi. Per diversi secondi la coppia si fissò l'un l'altra. Lui cercò di scrutare i suoi lineamenti impassibili.

Lui... quando è arrivato?”

Questa mattina.”

Ti ha detto niente?”

Alice comprese la domanda implicita. “Oh, non molto. Non indulge esattamente in chiacchiere. Comunque ha portato delle provviste. Sbrigati a entrare, Uncas. Meglio non far aspettare tuo padre. Ha viaggiato molto per vederti.”

————————————

Nota dell'autrice:

Le Montagne Nebbiose” è un'antica canzone popolare scozzese. La frase che Alice ricorda è così tradotta:


Vedo, di fronte a me, il posto in cui sono nata

Mi daranno il benvenuto in una lingua che comprendo

Quando arriverò riceverò ospitalità e amore

Che non scambierei per una manciata d'oro.”


Ho scelto Inverness come patria delle sorelle Munro in “Lost”* d'impulso, e quando ho cominciato a fare ricerche su di essa mi sono resa contro che è una città moto significativa per la storia scozzese. La ribellione di cui Alice parla accadde veramente, e coincide più o meno con l'epoca in cui volevo fosse Alice quando lascia la Scozia per l'ultima volta. Se siete interessati potete leggere di più sulla battaglia di Culloden – si concluse con la brutale sconfitta della rivolta giacobita scozzese, e le pesanti sanzioni imposte dagli inglesi indebolirono il modo di vivere gaelico e il sistema dei clan che era esistito per secoli.


Nota della traduttrice:

Assiage mi ha chiesto di tradurre, insieme al capitolo, anche questa sua nota, molto significativa ai fini della storia... e io ovviamente eseguo!^__^ V

*LOST è un'altra fanfiction della stessa autrice sempre scritta per il fandom de L'ultimo dei Mohicani che, se avete tempo, vi consiglio di leggere.

Besos!

Eilan21

   
 
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