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Autore: _writeismyworld_    07/03/2016    0 recensioni
è il 16 Marzo 1944 quando Aria si sveglia in un cumulo di macerie di quel che era stato il suo orfanotrofio. La guerra imperversa sempre più minacciosa uccidendo uomini in battaglia o prendendo per la fame i bambini che agli angoli delle strade mendicano in cerca di un pezzo di pane. Ma la vita sarà più fortunata con Aria: troverà un'occupazione come giornalista anonima lavorando per un giornale che principalmente documenta le atrocità del mondo e della guerra. Così inizia il suo viaggio alla ricerca di quella parte malata del mondo di cui aveva sempre e solo sentito parlare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Bondage
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Il 16 marzo 1944 Aria Scarlett si svegliò nell' ormai decadente orfanotrofio di San Michael. Si era accasciata vicino ad un colonna che era crollata trascinando con sé buona parte del soffitto del cornicione all'entrata. Vicino a lei corpi ansimanti di suoi coetanei giacevano in una posa sofferente che lasciava ad indurre la loro imminente morte. Con fatica si aggrappò alla colonna e fece forza con le braccia per elevarsi in alto, in quanto le sue gambe erano ancora intorpidite dal sonno. Non ottenendo risultati provò a voltarsi di schiena e fare forza sui gomiti per alzare il busto. Si mise a sedere in modo da ammirare il desolante paesaggio che si elevava ai suoi occhi. I suoi compagni di studi, di giochi, di vagabondaggi erano schiacciati dalle macerie o dalle robuste colonne che un tempo sostenevano l'immane soffitto dell'orfanotrofio, il quale ora lasciava spazio ad un cielo stellato appena rischiarato dall'aurora del mattino.
In quell'istante avrebbe voluto ritornare ai suoi sogni, dove la guerra non imperversava violentemente sulle città e le case non erano distrutte dalle bombe ma ormai la vita la stava già chiamando alla sopravvivenza.
Con un movimento meccanico, quasi come se qualcosa la bloccasse, mise il piede sinistro davanti a quello destro, chiuse gli occhi per non vedere i corpi morti davanti a lei e si tappò le orecchie, per non sentire i loro lamenti angoscianti.
Nella sua mente però le immagini di quella disgrazia erano forti e vivide. Ignorare quei bambini che di li a poco non sarebbero stati altro che corpi senz’ anima non fu facile. Nonostante tenesse gli occhi chiusi, le immagini continuavano a riemergere dal profondo pozzo che  costituisce la coscienza.
Con frenesia aumentò il passo sempre di più fin quando si ritrovò a correre incessantemente  per le vie di Londra.  In lontananza sentì un rumore assordante che proveniva alle sua spalle, spaventata si girò e quello che scorse la lasciò senza fiato: orde di aeroplani solcavano con vessazione  il cielo sganciando enormi bombe,  che senza una direzione ben precisa  colpivano i civili.
Con un grido di terrore negl’occhi cominciò a correre percorrendo tutte le vie in cerca di una botola o di una cantina dove ripararsi.
Gli aerei erano troppo veloci e in men che non si dica la raggiunsero continuando a sganciare bombe.
Aria, intanto, pensava alla sua imminente morte, non comprendendo la sottile ironia della vita, a  che scopo sopravvivere al crollo dell’orfanotrofio per poi morire sotto i bombardamenti?
Corse a per di fiato fino a che i polmoni non le fecero male ma di una botola o una cantina nessuna traccia. Lungo le strade diversi bambini  erano appollaiati ad un angolo in cerca di elemosina, ma adesso tutti correvano nella stessa direzione esclusi quelli che non avevano più niente da perdere e fissavano il vuoto con occhi vitrei in attesa del gelido bacio della morte.
Aria, quei bambini, nemmeno li notava, era intenta a salvare la sua vita e non aveva tempo per chi aveva deciso di sprecarla. In quell’istante notò con amarezza come un gelido egoismo si fece strada dentro di lei fino a renderla incurante di ciò che succedeva intorno, fino a calpestare quei bambini che, proprio come lei, stavano correndo verso la salvezza e la libertà.
Silenziosamente chiese scusa ai ragazzi che si era lasciata alle spalle e che intanto cercavano si rialzarsi da terra ma invano.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse che un ragazzo dalla costituzione robusta le era venuto addosso facendola cadere con la faccia a terra e calpestandola. Aria, dolorante cercò di tirarsi su con tutte le proprie forza ma era troppo stanca, non aveva mangiato e l’organismo era debole per continuare quella inesorabile corse verso una presunta salvezza.
“Non fare agli altri ciò che non vorresti essere fatto a te” pensò con amarezza.
Con un gesto dolorante, si girò con la schiena per terra e volse i suoi occhi verso il cielo: era pronta.
 In lontananza vide una sagoma nera che lentamente avanzava verso di lei con la mano scheletrica protesa in avanti come a mimare il gesto di potenza nel prendere una vita.
La Morte si avvicinò inesorabilmente verso il piccolo corpicino steso a terra che, come ultimo desiderio prima di morire, aveva espresso di guardare le stelle.
Avvicinò la sua faccia a quella della piccola che la fissava con gli occhi spalancati. Che strano, la maggior parte delle anime che andava a prendere la guardavano con occhi pieni di paura e nei loro ultimi istanti sulla vita terrena ansimavano pregandola di non portarli via. Questa faccia, invece la fissava con semplice curiosità, come un bambino guarda una caramella provando ad indovinarne il gusto.
Sapeva chi era e cosa rappresentava ma in lei non c’era alcun minimo segno di paura, solo una miserabile rassegnazione alla morte.
In quell’istante la bambina di fronte a lei venne scossa con violenza e trascinata lungo le strade della capitale. Venne presa per mano, poi presa in braccio e infine caricata sulle spalle.
Aria non capiva ancora cosa stesse succedendo, ricordava soltanto quella figura minacciosa che veniva verso di lei ed era ad un passo da strapparle l’anima. Improvvisamente qualcuno l’aveva scossa e il suo desiderio di morte si era attenuato. Non era spaventata, bensì abbagliata da quel velo nero che celava un’ombra di sofferenza e solitudine.
Non seppe come ma si ritrovò al fianco di una ragazzino poco più grande di lei che la trascinò in una cantina sotterranea nel giardino di qualche piccolo borghese. Al suo interno c’erano quattro ragazzi che la squadravano dalla testa ai piedi con aria incuriosita. Aria sapeva che quelli erano i figli della signorina Bronte, benestante ma di nobili origini, quel che non sapeva è che sarebbero stati i suoi amici, confidenti e sostenitori per il resto della vita.
   
 
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