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Autore: Son of Jericho    08/03/2016    5 recensioni
"You don't know me".
Hai ragione, non ti conosco. Ma come potrei, se non conosco nemmeno me stesso?

Un presente che appare insostenibile, un futuro che rischia di diventare ogni giorno più difficile, e la paura di non farcela, porteranno Beck lontano da tutto ciò che credeva di amare.
Tempo e distanza, per sperare che le cose tra loro si sistemino.
Nuovi amici lo accompagneranno nella sua nuova strada, fino a quando arriverà il momento di chiedersi se davvero vale la pena tornare indietro e lottare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beck Oliver, Jade West, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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XV - The night of the witches



Un anno prima.

L’estate si affacciava curiosa oltre le floride colline di Hollywood, e il sogno di ogni studente andava realizzandosi, con l’anno scolastico che giungeva rapidamente al termine.
A quel punto, il loro unico pensiero era progettare dove trascorrere i giorni di libertà che li aspettavano.
Era un pomeriggio come tanti, e anche a casa Oliver, il discorso stava per entrare nel vivo.
Nella camera di Beck, mentre lui navigava su Internet, Jade se ne stava sdraiata sul letto a sfogliare una rivista. Le pagine piene di paesaggi, mete turistiche, recensioni e nomi di città più o meno conosciute.
- Non vedo l’ora di godermi queste vacanze. - esordì la ragazza, sorridendo di fronte alla foto di una spiaggia con le palme.
- Anch’io, dopo tanto studio ho soltanto voglia di rilassarmi. -
Lo sguardo sognante di Jade si perse tra le meravigliose immagini che aveva davanti. - Voglio qualcosa di speciale per noi quest’estate. Non ho intenzione di restare a Los Angeles come l’anno scorso, quando abbiamo finito per essere risucchiati dalle idee di Tori, tra cui quell’assurdo parco acquatico, o il tour del museo egizio. -
Beck, fissando lo schermo, aggrottò pensieroso la fronte. - Non credi sarebbe meglio aspettare l’anno prossimo per andare da qualche parte? Intendo dopo il diploma, così da avere tutto il tempo a nostra disposizione, e senza il pensiero di dover tornare a scuola. -
Lei non voleva sentire ragioni. - Dopo il diploma ci sarà sicuramente qualcuno che suggerirà un viaggio chissà dove, in Grecia, a Singapore, o in Finlandia. - fece una pausa inclinando il capo. - E spero si sia capito che il qualcuno a cui mi sto riferendo è sempre Tori. -
Beck si sforzò di sorridere, nascondendo in realtà la fatica che stava facendo anche per guardarla.
Jade, intanto, aveva afferrato un’altra brochure e la stava osservando attentamente.
- Andiamo in Europa! - esclamò ad un tratto, lanciando per aria il depliant. - Magari un inter-rail, o visitare anche solo un intero paese. Che ne dici della Francia? In un mese riusciremmo a vederla più o meno tutta. -
Beck chinò la testa e girò la sedia verso di lei. Odiò dover oscurare quella luce. - Jade, lo sai che la cosa che voglio di più al mondo è stare con te… - il tono era grave, e l’espressione mal celava un senso di disagio. - Ma questo non è possibile. -
Jade gli lanciò subito un’occhiata di fuoco. - Cosa? -
- Non possiamo andare in Francia. -
- Perché, Beck? -
- Non abbiamo abbastanza denaro da parte, non possiamo permetterci un viaggio del genere. -
A quella frase, lei si tirò su dal letto e si piazzò in piedi di fronte a lui. - Vuoi dirmi che non abbiamo un centesimo per passare del tempo insieme? Che non riesci a portarmi da nessuna parte nemmeno d’estate? - il tono si stava visibilmente innervosendo, come se fosse stato toccato un nervo scoperto. - Sai, forse potremmo anche non essere così al verde! Ho visto quanti soldi spendi continuamente sulla tua auto, eppure non riesci mai a trovarne altrettanti per me, per andare fuori a cena, al cinema o in qualunque altro posto. Noi non facciamo mai niente di tutto questo, Beck! -
Il ragazzo la guardava attonito, incapace di replicare.
- A volte ho l’impressione che preferisci rendere felice la tua Pontiac, piuttosto che rendere felice me. -
Beck fu colto da un orgoglioso sussulto. - Questa è una cosa di cui non ti devi preoccupare. -
- Nel senso che devo rassegnarmi al fatto che non mi renderai mai felice? -
- No, nel senso che un modo per renderti felice lo troverò sempre. -

 
*****


A poco dall’inizio dello show, Robbie stava camminando assorto dietro le quinte, lanciando ogni tanto un’occhiata all’orologio. Non vedeva l’ora che iniziasse.
Fu distratto solamente quando, da lontano, intravide la figura di Cat dalla parte opposta del corridoio.
- Cat! - la chiamò subito, andandole incontro. Purtroppo però, come temeva, non ottenne neanche una minima reazione dalla ragazza.
Le si fece allora più vicino. - Ti va di fare due passi… - le propose timidamente. - … e dare un’occhiata… -
Il silenzio che all’inizio ricevette in cambio dimostrò come l’ombra tra loro non si fosse ancora dissolta. - Non adesso, Robbie. -
- Potremmo… -
- Ti ho detto di no. - lo interruppe lei senza possibilità di appello.
Robbie deglutì a fatica. La voce candida di Cat non si era alzata, ma si sentiva chiaramente quanto fosse piena di rancore. Due occhi di lava lo stavano fissando, riducendolo ad un insignificante mucchietto di cenere. La morsa attorno allo stomaco si stava stringendo sempre di più, mentre si accorse di aver iniziato a tremare.
Annuì, forse realizzando di non poter fare altro se non accettare quella situazione a testa bassa.
Le voltò le spalle e si allontanò lentamente verso il palco, chiedendosi se e dove avesse sbagliato stavolta.
E se l’ultima immagine che avrebbe dovuto portarsi dietro sarebbe stata quella di Cat arrabbiata col mondo, e del risentimento che provava per lui.


Passeggiando nella zona dei camerini, a Trina capitò per caso di assistere alla scena tra Robbie e Cat.
C’era ancora qualcosa che non andava tra loro.
Aspettò che lui se ne fosse andato, prima di raggiungere la ragazza. - Come va, Cat? - le domandò facendo finta di nulla.
Cat si voltò verso di lei. - Bene. -
Trina lesse la strana espressione della rossa. - Sei sicura? Perché mi sembra che non sia proprio così. -
Cat si rifugiò distogliendo lo sguardo, come attaccata da quelle parole. Non aveva nessuna intenzione di ammettere quanto si sentisse ferita, delusa, debole e vulnerabile in quel momento. - Perché non dovrebbe andare tutto bene? -
- Ti ho vista con Robbie. Che succede tra di voi? -
- Niente. -
Trina sorrise comprensiva e scosse la testa. - Quello non è “niente”. Non ho idea di cosa sia accaduto, ma so che non potrai continuare ad avercela con Robbie per sempre. Alla luce soprattutto di quanto lui tiene a te. -
Cat rialzò di scatto il capo, gli occhi erano ancora rabbuiati. - Di che stai parlando? -
- Andiamo, non fare la finta tonta. - si fece più incisiva. - Mi sto stancando di vedervi così ogni santo giorno, perché nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di fare il primo passo. E’ una vita che va avanti questa storia, l’intera scuola se n’è accorta. Ho visto come ti guarda, l’abbiamo visto tutti. Tutti tranne te, Cat. -

 
*****


Il teatro stava cominciando a riempirsi. Distinti signori e parenti degli studenti prendevano posto sulle sedie tra platea e balconata, mentre tecnici e cameraman sistemavano macchine e apparecchi per il collegamento col network.
Era questione di minuti, ormai, prima che il Comedy Dreaming desse il benvenuto agli studenti della Hollywood Arts e al loro spettacolo di fine anno.
- L’hai chiamato, vero? - chiese Tori con impazienza. Aveva già indosso il costume di scena e se ne stava ai piedi del palco, ma la sua attenzione sembrava lontana dalle quinte.
Andre, in piedi accanto a lei, annuì più serafico. - Ci ho parlato l’altra sera. Poi non l’ho più risentito. -
- Richiamalo ancora! -
L’amico le lanciò un’occhiata di ammonizione. - Calmati e abbassa la voce, Tori, per favore. Vuoi avere Beck qui o vuoi farmi denunciare per stalking? - si accorse che lo stava guardando storto, perciò cambiò registro. - Sapeva di cosa stavo parlando, e sapeva quanto fosse importante per noi averlo qua stasera. -
Tori si guardò intorno: tra le tante facce, riconobbe Greg Holsen, il delegato artistico del Comedy Dreaming, Russel Fore, il produttore del loro CD, e poco distante, Sikowitz e la Hawkes.
Si rivolse di nuovo ad Andre. - Ti ha detto a che ora sarebbe venuto? -
Lui si ricordò del modo in cui si era conclusa la telefonata. - Non mi ha assicurato nemmeno che lo avrebbe fatto, Tori. -
Cercò di non avere un tono troppo duro. La speranza si leggeva limpidamente negli occhi di entrambi, ma al contrario dell’amica, Andre si sentiva un po’ più pessimista riguardo alla presenza di Beck.
Una donna, sputando da dietro un telone, invitò la giovane Vega a raggiungere gli altri attori dietro il sipario.
- Arrivo subito. - le rispose distrattamente con un gesto con la mano.
- Adesso devo andare. - fece ad Andre, annuendo con convinzione. - Ma verrà, ne sono certa. Mi fido di lui. -
Il ragazzo osservò Tori salire gli scalini e sparire dietro il tendone rosso porpora, prima di accomodarsi su una delle poltroncine in pelle. Lo sguardo cadde su quella vuota di fianco a lui. - Anch’io. -
Le luci si abbassarono e il silenzio calò nella sala.
Si va in scena”.
Ma intanto, nel teatro non c’era traccia di Beck Oliver.

 
*****


Era arrivato finalmente il momento di mostrargli quella scuola di danza che tanto significava nella sua vita.
Le era sembrata una buona idea, dare a Beck un assaggio di quello che avrebbero potuto fare lì dentro, dopo l’approvazione di suo padre ad aggiungere una sezione di teatro.
Nonostante questo però, l’uomo si era raccomandato di non disturbare durante le lezioni, perciò Sonja aveva optato per il tardo pomeriggio. Gli ultimi studenti se ne sarebbero già andati, e avrebbero avuto tutti i locali esclusivamente per lei e Beck.
Guidava sorridendo, mentre si dirigeva al parcheggio appena fuori dalla scuola, dove aveva fissato di incontrarsi col canadese.
Guardò l’ora sul display del cruscotto: le 17.20. Era leggermente in ritardo, ma non aveva importanza.
Arrivata a destinazione, tuttavia, notò subito uno strano dettaglio. Nel deserto del parcheggio, l’unica macchina presente non era la Buick verde bottiglia a cui era abituata, ma una Ford grigio metallizzata.
Avanzando piano, Sonja intravide anche un ragazzo appoggiato alla portiera, con le braccia incrociate, che sembrava aspettare soltanto lei.
E quel ragazzo non era Beck.
Fermò la vettura vicino al cancello d’ingresso e scese, andandogli incontro. - Freddie? -
Una folata di vento sferzò il giubbotto del giovane Benson. - Ciao, Sonja. -
Lei era senza dubbio sorpresa di vederlo lì in quel momento. - Che ci fai qui? - non gli diede nemmeno il tempo di rispondere. - E sai dov’è Beck? Avevo appuntamento con lui… -
Freddie abbassò lo sguardo verso il marciapiede. - Lo so, è per questo che sono qui. -
Si accorse che Sonja lo stava guardando incuriosita. - Beck non può venire. -
- Perché? Che è successo? - adesso la voce si stava facendo preoccupata, incrinata anche dall’aria pungente.
Freddie si aprì il giubbotto e prese qualcosa dalla tasca interna. Una busta bianca, che lui fissò a lungo, quasi gli mancasse il coraggio di guardare invece in faccia la ragazza.
Alla fine riuscì a porgergliela. - Ha detto che gli dispiace da morire. E che non aveva alcuna intenzione di farti stare male. -
Ma evidentemente, niente poté evitare il fallimento di quel proposito.
Perché dieci minuti dopo, Sonja tornò in silenzio alla macchina, con un foglio ripiegato nella mano, e gli occhi bagnati da lacrime tanto amare quanto ingiuste e inaspettate.

 
*****


Non sarà stata la scena chiave dello spettacolo, ma improvvisamente era diventata la più importante per lei.
Una scena come tante altre, riprovata più volte, eppure mai considerata per quello che rappresentava realmente. Ignorata inconsciamente, rimandata sempre a tempo indeterminato pur di non doverla affrontare fino alla fine. Ma il momento era arrivato.
Questo pensiero, e la sensazione delle decine di occhi puntati su di lei, le fecero perdere per un istante la concentrazione e la tranquillità sul palco.
- Sono le undici meno un quarto. -
Lo sguardo di Jade indugiò un po’ troppo a lungo sul tavolo, così dovette essere Mark a prendere in mano le battute e guidarla durante quel passaggio a vuoto. - Non è poi così tardi, Evelyn. - aggiunse di sana pianta, cercando di ridestarla. Non aveva idea di cosa le fosse preso.
Jade rialzò il capo, ma i suoi occhi portavano dentro una strana luce. - Dici che dovremmo chiamarla? -
- Ci ho già provato cinque minuti fa, e ha risposto la segreteria telefonica. -
- Sono preoccupata. -
- Lo so, Evelyn, ed è normale. Ma forse dobbiamo capire che la nostra Mary non è più una bambina. E’ una ragazza ormai, e… -
- Per me rimane ancora la nostra bambina. -
- Lo sarà sempre anche per me, ma sta crescendo. - La voce di Mark era più sicura delle altre volte, come se quell’attimo con lei lo stesse rinvigorendo. Si alzò deciso dalla sedia e andò ad inginocchiarsi ai piedi di Jade, prendendole la mano con tenerezza. - Sei bellissima stasera… -
- … Jade. - le sussurrò, mentre si sporgeva ulteriormente verso di lei e avvicinava desideroso la bocca alla sua.
Ormai non si trattava più di recitare. Jade sapeva cosa avrebbe significato quel bacio. Non si sarebbe limitato al palco, o alle due ore dello spettacolo. Avrebbe potuto essere l’inizio di un nuovo giorno, una strada da percorrere al fianco di qualcuno che forse l’avrebbe resa meno tortuosa e libera da ostacoli.
Un passo più lontano dal passato.
Il corpo sembrò muoversi da solo. Cinse la nuca di Mark così da poterlo fissare negli occhi per un secondo, prima di lasciare che le labbra andassero a posarsi delicatamente sulla guancia del ragazzo.

 
*****


L’applauso di Cat, da dietro il sipario, si mescolò a quello scrosciante del pubblico in sala.
Un ampio sorriso le decorava il volto, emozionata per il successo ottenuto, e convinta che ci fosse anche un po’ di merito suo in tutto questo.
L’espressione gioiosa si fece lentamente più ombrosa, quando pensò a quanto merito avesse anche un’altra persona, che adesso non era lì con lei. L’unico dettaglio andato storto in quella serata.
Lasciò che gli attori sul palco si godessero il loro momento di gloria, e si addentrò tra i corridoi del backstage. C’era ancora qualcosa che doveva fare, prima che fosse troppo tardi.
Lo trovò nella zona video, solitario e intento ad osservare uno dei tre monitor affiancati. - Robbie. -
Lui si voltò di scatto, felice di sentirle pronunciare di nuovo il suo nome. - Ciao… - le fece timidamente. - Sono stati grandi, non è vero? -
Cat gli si accostò ulteriormente, fino ad arrivare a un metro da lui. - Ascolta, Robbie, io… volevo chiederti scusa. -
Al suo silenzio, lei proseguì. - Volevo chiederti scusa per come mi sono comportata con te, davvero non te lo meritavi. Ho reagito così perché mi sentivo triste, arrabbiata, e probabilmente anche tradita. Quando mi hai detto che stavi per partire, io… non ce l’ho fatta. Non potevo accettare di perdere una delle persone a cui tengo di più in assoluto. -
- Non devi perdermi per forza, se non vuoi. - le disse dolcemente. I suoi occhi avevano riacquistato la luce della speranza, confusa forse con l’illusione. - Abbiamo la possibilità di… continuare a stare insieme, anche lontano da qui. Nemmeno io voglio rinunciare a te, dopo tutto questo tempo sei diventata troppo importante. - fece una pausa per riprendere fiato. - Domani pomeriggio ho il volo per Francoforte. Cat, parti con me, ti prego. -
Una piccola lacrima aveva cominciato a scendere e le stava rigando il tenero viso, ma lei riuscì comunque a sorridere. - Sarei la ragazza più fortunata del mondo con te, Robbie. Ma non posso. -
Lo sconforto prese in mano il cuore del giovane e gli fece perdere un paio di battiti. - Perché? -
- Non posso abbandonare Los Angeles. - la voce si era definitivamente rotta. - C’è una vita intera qua, tante persone di cui ho bisogno e che si prendono cura di me, che non mi sento ancora pronta a lasciare. -
- Mi prenderò cura io di te. -
- So che lo faresti, ma… non posso. Purtroppo non è così che deve andare tra noi, Robbie. Mi dispiace davvero. - ogni parola sembrava la più difficile del mondo. - Voglio però che tu sappia che quando tornerai, io sarò sempre qui. -
Come ebbe finito la frase, gli gettò le braccia al collo e si strinse a lui come non aveva mai fatto prima. Non voleva lasciarlo partire in quel modo.
Le loro bocche si unirono in un sincero e candido bacio, macchiato dalle lacrime e dall’idea del domani.
Il loro primo bacio. Un bacio d’addio.

 
*****


- Che diavolo è successo prima? - L’area ristoro era deserta, e la voce di Mark riecheggiò fino in fondo al backstage.
Jade prese una bottiglietta d’acqua dal distributore, continuando a dargli le spalle. - Di che stai parlando? -
- Sai benissimo di cosa sto parlando. Sul palco, la nostra scena del bacio. Che ti è preso? - il tono non era tranquillo.
Lei si voltò, sostenendo il suo sguardo. - Ho semplicemente avuto un momento “no”. Il pubblico, la tv… mi sono sentita sotto pressione, e per un attimo ho scordato le battute. -
- Non sto parlando delle battute. I nostri personaggi avrebbero dovuto baciarsi, ma non l’hanno fatto. Perché? -
Una particolare fiamma si era accesa dentro gli occhi di Jade. - Non mi sembrava una buona idea fare la scena in quel modo. -
- Ma c’era scritto così sul copione. -
- Lo so cosa c’era scritto. -
- Non è che ha a che fare con altro? - la domanda era seria, ancora più di quanto sembrasse. - Avevi detto che… -
- Ricordo quello che ho detto. -
- Allora? -
Jade si chiuse nel suo silenzio. Il momento non era semplice, neanche per lei. Un’occhiata di fuoco non avrebbe risolto nulla, così come non era stata in grado di farlo sin dalla prima volta.
Non importava quanto si fosse sentita lusingata dalle attenzioni di Mark, o quanto lui fosse stato carino fino al punto di farle cambiare idea. C’era sempre stato qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato.
Qualcosa che non le permetteva di andare avanti con lui.
Dopotutto, ricordava qual’era sempre stato il vero scopo con Mark. Fin dal primo giorno, tutto ciò che voleva era manipolarlo in vista dello spettacolo. Renderlo un burattino personale, disposto a fare e a seguire qualsiasi cosa gli venisse detto. Continuare a frequentarlo, facendo leva sui sentimenti che provava per lei, aveva significato semplicemente farlo illudere a sufficienza, affinché non potesse liberarsi dal collare che gli era stato messo al collo.
Non era mai esistita nessuna cotta, ed ogni piccolo cedimento o minima tentazione di cadere tra le braccia di Mark, non potevano essere considerati altro che incidenti di percorso.
Quella era la sua vera natura, e probabilmente non sarebbe mai cambiata. Fare del male ai ragazzi e sfruttarli a proprio piacimento, questa era Jade West.
- Tra noi non può funzionare, Mark. - Una sentenza che giunse severa, spietata, senza appello.
Lui era rimasto spiazzato dalla risposta. - Per quale motivo? Dopo tutto quello che… -
- Semplicemente, è no e basta. - E in effetti, era veramente tutto qua. Non le sarebbero servite altre parole per spiegarglielo: non ce n’era bisogno, e non ne valeva la pena.
Lo sguardo di Mark si era incollerito. - Sai, pensavo di essere arrivato a contare qualcosa per te. Pensavo di aver incontrato una persona diversa da quella che tutti reputano crudele e insensibile. -
Batté il pugno sul tavolino, facendolo tremare, in un gesto carico di disprezzo e indignazione. - Non ho mai voluto dare ascolto agli altri, quando provavano a tenermi lontano e a mettermi in guardia da te. Dicevo loro che si sbagliavano, che avevo conosciuto il vero lato di te. E invece ho appena scoperto che quel lato non esiste! -
- Vattene. - lo invitò Jade, impassibile di fronte a tanta frustrazione.
Ma lui non si muoveva, reso irriconoscibile dall’espressione violenta che gli deturpava il viso.
- C’è qualche problema qui? -
Jade si voltò grata verso il punto da cui era provenuta la voce. Assistette all’ingresso dei suoi quattro amici nella saletta, con Andre in testa.
- Mi sembra ti abbia chiesto di andartene, o sbaglio? -
Seppur in situazione di inferiorità numerica, Mark si mostrò per niente impressionato. - E tu che vuoi? -
- E’ finita, Mark. - aggiunse Jade, sicura di aver vinto.
Era l’ultimo atto. Mark dovette cedere alla rassegnazione e abbandonare ogni vano proposito, anche se guidato da inutili sentimenti.
- D’accordo. Addio. - mormorò tra i denti, prima di scomparire dietro la porta e uscire per sempre dalla vita di Jade e degli altri.
Lei lo osservò mentre se ne andava via, colta da un forte senso di colpa e solitudine.
Non per Mark, ma per quel ragazzo canadese che non era più al suo fianco.
Perché in fondo, l’unico a cui non aveva mai voluto fare realmente del male, era ed era sempre stato Beck.
- Tutto a posto? - le domandò Tori, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla.
- Togli quella mano, Vega. - la riprese con un ghigno, indicando come fosse già tornata alla normalità. - Sto bene. E vi ringrazio di avermi “salvata”, ma potevo cavarmela benissimo da sola. -
- Lo sappiamo. - commentò Andre. - Però altrimenti a cosa servono gli amici? E poi io mi sono annoiato, tutta la sera su quella poltroncina! -
Scoppiarono tutti a ridere, finché Tori non riprese la parola. - Che ne dite di andare a bere qualcosa e festeggiare? -
Robbie, più indietro, guardò Cat e annuì. - Sì, andiamo. È stata una lunga serata per tutti. -
- In fin dei conti credo che ce lo siamo meritato, no? -
- Puoi dirlo forte, Vega. - le fece seguito Jade. - Grazie soprattutto alla mia interpretazione. -
Tori le lanciò un’occhiataccia. - Credi davvero di aver recitato meglio di me? -
- Ci puoi giurare. -
Andre scosse il capo. - Sempre la solita storia… - sospirò, scherzando con Cat.
Il gruppo si incamminò lungo un corridoio che portava al parcheggio sul retro, dove avevano lasciato le auto.
- Vi va di venire a casa mia? - propose Tori, mentre abbassava il maniglione della porta antipanico. - Ho… -
Ma come ebbe varcato la soglia, si bloccò insieme agli altri come davanti a un fantasma, alla vista di cosa li stava aspettando appena fuori dal teatro.
O meglio, chi.
- Beck?! -

 
*****
 
Epilogo


La sua bella Pontiac GTO del colore del sole era tutta un’altra cosa, rispetto a quella vecchia Buick verde bottiglia.
Sentiva la potenza dei cavalli motore scorrergli attraverso il volante, stretto con vigore, mentre affondava il piede sull’acceleratore.
La strada si estendeva libera davanti a lui, permettendogli di raggiungere più velocemente un piccolo quartiere a ovest di Los Angeles, che aveva visitato solo in un paio di occasioni, prima di allora.
Eppure quel complesso a Venice non era cambiato affatto dall’ultima volta. Percorrendo il vialetto che conduceva al cortile interno, notò divertito come persino le piante sembravano aver mantenuto la stessa altezza a distanza di settimane.
Non mi sorprenderebbe, considerato chi ci vive”, pensò Beck sorridendo.
La grande fontana gli ricordò di essere giunto a destinazione. Fece un ulteriore passo e si parò di fronte alla porta del civico 22.
Esitò però a lungo, prima di trovare il coraggio di bussare.

- Potresti venire anche tu a Los Angeles. -
Le valigie attendevano Beck già sul pianerottolo, pronte a imbarcarsi insieme a lui sul volo per Hollywood. Era passato dalla signora Benson per riconsegnarle la chiave dell’appartamento 8-S, e adesso, sulla soglia, l’ultima cosa che gli rimaneva da fare era salutare un buon amico conosciuto in quel di Seattle.
L’interno 8-C, una volta appartenuto ad iCarly, stava assistendo ad un’altra partenza.
- Sarebbe il momento giusto. Pensaci, sarebbe l’occasione che aspettavi per rimettere le cose a posto. Per sistemare una volta per tutte quei sentimenti rimasti in sospeso con Sam. Salta su quell’aereo e va’ da lei, Freddie. -
Freddie non riuscì a nascondere ciò che stava realmente pensando. Probabilmente Beck aveva ragione: non poteva scappare o nascondersi per sempre. Prima o poi avrebbe dovuto affrontare quello che provava. Un giorno anche lui si sarebbe concesso la possibilità di essere felice.
Ma quel giorno non era ancora arrivato.
- Non è così facile, Beck, almeno non per me. Mi spaventa a morte l’idea di tornare da lei. Io non posso sapere quale sia la sua vita di adesso, e se ci sia rimasto uno spazio per me. Non posso sapere se continua a pensarmi, cosa sente nei miei confronti, se è sempre disposta a dare una chance al nostro rapporto, o se è ancora lì ad aspettarmi. Io non so un bel niente di cosa succederebbe una volta lì, e questo mi fa dannatamente paura. Non voglio perderla per sempre, non mi sento pronto. Penso tu possa capirmi. -
Beck aveva annuito. Lui invece era pronto a tornare indietro e combattere.
- Ma se il destino sarà dalla nostra parte. - riprese Freddie con un sorriso sognante. - Allora sono sicuro che in futuro arriverà anche il tempo per me e Sam di ritrovarci, e di tornare finalmente insieme. -
Il canadese gli porse la mano. - Buona fortuna, amico. -
- Anche a te. - la stretta servì a trattenerlo un ultimo secondo. - Promettimi però che, una volta a casa, farai una cosa per me. -

Eccolo lì. La porta si aprì svogliatamente e una biondina apparve davanti a lui, visibilmente sorpresa. - Ancora tu? -
- Ciao, Sam. -
Lei si appoggiò allo stipite incrociando le braccia. - Pensavo te ne fossi andato. -
Beck ridacchiò. - Già, questa voce era giunta anche a me. -
- Ti cerco Cat? - gli chiese, guardando all’interno dell’appartamento.
- No, in realtà sono di nuovo qui per te. -
La ragazza si finse impressionata. - Davvero? Quale onore! Ma a furia di frequentarci, i tuoi vecchi amici non diventeranno gelosi? -
- Se ne faranno una ragione. -
- Insomma, che succede, Beck? - decise di smettere di scherzare. - L’ultima volta che sei venuto qui mi hai causato diversi problemi, lo sai? -
- Posso immaginarlo. E sono pronto a scommettere che non sono ancora finiti per te. -
Quando vide Sam assumere un’espressione pensierosa, Beck estrasse dalla tasca una busta gialla, sigillata, con tanto di francobollo e indirizzo del destinatario.
Quello recitato sul retro, stava indicando esattamente l’appartamento in cui si trovava adesso.
- Questa è di Freddie. - le rivelò mentre gliela offriva. Lesse chiaramente, subito dopo, lo stupore e lo smarrimento negli occhi della bionda, che ancora si rifiutava di accettarla.
- Niente è cambiato nel corso di questi anni, Sam. Ma non ha mai trovato il coraggio di spedirtela. Qui c’è tutto quello che non è mai riuscito a dirti, dal giorno in cui sei partita. -

 
*****


Era la prima volta che rimaneva da solo con lei, da quando si era ripresentato ai piedi di Hollywood.
Una caffetteria in stile anni ’90 faceva da sfondo, e i divanetti in pelle su cui si sedettero rappresentarono il loro personale teatro.
Il silenzio che calò sin dai primi momenti, imbarazzante ma consapevole, dimostrò come neanche un dettaglio di quelle ultime settimane fosse andato dimenticato.
I timori, cresciuti per anni alle spalle della loro relazione, non potevano essere già spariti.
Beck continuava ad fissare la parete vuota, mentre Jade la tazza fumante che ogni tanto si portava distrattamente alla bocca. Eppure, nessuno dei due sembrava avere la minima intenzione di alzarsi e prendere la via della porta.
- Ricordi cosa ti dissi tanto tempo fa? - prese forza Beck, dopo aver sospirato profondamente. - Che sarei sempre riuscito a trovare un modo per renderti felice. -
Lo sguardo della ragazza incontrò quello del canadese, e in quell’istante, lui ebbe ancora più chiara la ragione per cui era tornato indietro.
Si sentiva fortunato a poter naufragare di nuovo nell’oceano dei bellissimi occhi di Jade.
- E ho creduto, sbagliando, che partire fosse l’unico modo per farti ritrovare la felicità. -
Lei decise di non rispondere, limitandosi ad annuire. Non importava quanto tempo sarebbe servito per accettare le sue parole.
Magari le sarebbe stato impossibile ammetterlo, ma era avere Beck al suo fianco, l’unico tipo di felicità che avesse mai conosciuto.
- Non siamo pronti a far funzionare le cose tra noi. -
Il suono della frase di Jade, nient’altro che verità, faceva dannatamente male ad entrambi.
- Abbiamo troppi problemi. -
- E’ vero. - stavolta, però, Beck non avrebbe permesso alla stella più brillante di Hollywood di eclissarsi. - Ma abbiamo anche un’intera vita davanti per cercare di risolverli. Insieme. -



 
*****

THE END





Angolo finale dell'autore:
La prima cosa che devo dire è GRAZIE a tutti voi che avete letto e siete arrivati alla fine di questa storia. E' stato un piacere condividerla con voi e sapere del vostro apprezzamento.
La seconda è, adesso, per chi se lo sta chiedendo: sì, il sequel c'è.
Diamond Dreaming Eyes, lo trovate a questo link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3566015&i=1
   
 
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