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Autore: Assasymphonie    08/03/2016    2 recensioni
Una mano sfiorò casualmente una colonnina, vi si resse quando gli occhi spaziarono su quel salone buio, spento, consunto dalle fiamme e dal dolore.
[ Jack Vessalius centric / accenni di OswaldxJack ]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Jack Vessalius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo del capitolo: Ricordo di un sogno.
Personaggi:  Jack Vessalius / menzione di Oswald Baskerville
Rating:  Giallo
Note dell'autore: Introspettiva / Angst / Drammatica
Disclaimer: Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà dell'autore; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.


.Ricordo di un sogno.


La polvere attutiva il silenzio, posata su ogni mobile, ogni macchia di sangue ormai secca e scricchiolante sotto le scarpe dalle suole consunte; vi era polvere sugli specchi rovinati, sugli stucchi d'oro screpolati, sulle ossa sbiancate dal tempo trascorso. Possibile che respirasse addirittura la polvere del tempo mentre avanzava per corridoi familiari come un sogno, ricordando voci di donne, risate di bambini, come un ritornello di campane a festa. 
Una mano sfiorò casualmente una colonnina, vi si resse quando gli occhi spaziarono su quel salone buio, spento, consunto dalle fiamme e dal dolore. Non vi era più nulla della sfarzosità di sere d'estate, le vetrate erano cadute lasciando che il vento freddo dell'inverno crudele penetrasse nel salone da ballo, mucchietti di neve contro colonne e tavolini rovesciati, tutto come quella notte. La moquette intrisa di ricordi cedette sotto il suo peso e Jack, scostandosi una ciocca dal volto, si sforzò nel portarsi al centro del portale, sgusciando dalla piccola apertura; si rannicchiò tra le proprie braccia nel freddo pungente che un cappotto consunto e color della ruggine non poteva fermare.

Ricordava bene ogni cosa, si disse chiudendo gli occhi e lasciando che le immagini fluissero davanti a lui come in un sogno da cui non si sarebbe mai voluto svegliare. La neve sparì, le vetrate tornarono a proteggere la felicità di Sablier, i fruscii delle gonne delle dame vorticavano attorno a lui in un brillio d'oro e di gioielli. Era tutto come un tempo, per questo avanzò un passo lasciandosi travolgere da una orchestra invisibile, con le mani di Lacie sul pianoforte fantasma. Era forse la casata Barma quella? Abbozzò un inchino ad una Charlotte lontana, accettò le dita affusolate di una donna di cui non si ricordava il volto. 
Il cappotto rossastro lasciò il posto, insieme ad un movimento ampio del braccio e alle scarpa destra incrociata dietro la caviglia opposta, a quell'abito verde come i suoi occhi decorato di oro e rubino; lo riconosceva dal profumo di crisantemo, dall'aria spostata dai capelli lasciati sciolti che vorticavano attorno alla sua figura. 
Un'altra donna, stavolta vestita di rosso; la bella Miranda che osò fargli un sorriso ricambiato con una risata. Le scarpe si tinsero d'oro, gli orecchini tintinnarono di fianco al volto. Un eco di una voce profonda e lontana, un'immagine indelebile, due mani grandi che cinsero lentamente la sua vita.

Non osò parlare eppure riconobbe sé stesso quando si gettò nelle iridi ora viola, ora rosse, come un opale dai mille sbagliati riflessi. Jack sorrise ad Oswald in modo quieto, l'orchestra che pareva composta da un pianoforte e una voce dolente e amata ma non desiderata capace di seguirli in quei primi, abbozzati passi di danza. Oswald era vestito di nero eppure sembrava ardente come il grande candelabro sopra la loro testa; era così facile ricordarsi come per gioco avevano iniziato a ballare, ritrovare i ricordi nel breve bagliore di un sorriso.

Le dita scivolarono tra gli spazi lasciati liberi quasi per caso da Oswald, percependo un calore familiare attraverso i guanti di seta, i fianchi spinti contro un uomo che sembrava essere uscito da un sogno sul serio. La musica cresceva, diminuiva, un'allodola pronta a cantare le ultime note del suo inno; le ultime note furono portate via da un sospiro freddo come la neve, dagli occhi d'ossidiana con lacrime intrappolate dalle ciglia impossibilmente lunghe dell'uomo. Quelle labbra erano troppo gelide, un abbraccio improvvisamente vuoto e l'eco del cuore perduto negli angoli remoti del palazzo.

Il silenzio cadde come il corpo di Jack, impattando con le ginocchia sul pavimento mangiato dalle intemperie. Nessuna dama, nessuna musica, nessuno sguardo di pietra liquida pronto a colargli nelle vene, a riscaldare una speranza perduta per sempre. Si ritrovò a ridere, a piangere, non lo sapeva neppure lui, gli occhi perduti in un mondo onirico a cui avrebbe voluto appartenere. 
La polvere, gli scheletri, la macchia di sangue davanti a lui, tutto era reale; dei gioielli e delle risate, della musica e dell'amore, non rimaneva che una patina pronta ad essere grattata via con l'unghia, così come la polvere su specchi che avrebbero rivelato solo che nessuna mano era ormai tesa per lui, fantasma anch'egli.


.Fine.

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Consiglio la lettura con "Quando viene Dicembre" in sottofondo.



   
 
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