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Autore: Jenny Ramone    09/03/2016    3 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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William mi corse incontro nel corridoio che portava al suo studio, impaziente.
“Irène, non vedevo l’ora che arrivasse il giorno del nostro incontro!
Ti sei comportata davvero con una perfidia inaudita a lasciarmi nel dubbio di chi fosse quell’uomo l’altra volta.
E‘ una settimana che mi arrovello sul problema, non riesco a trovare la soluzione”.
Risi sommessamente:”Siediti che adesso fugherò i tuoi dubbi.
Oh, dei biscotti!
Posso prenderne uno?”-domandai.
William annuii e io mi sedetti sgranocchiando il biscotto e iniziai a riprendere il racconto da dove avevo interrotto la volta precedente:” Quando mi vidi davanti agli occhi quell’ombra, per un attimo non riuscii a realizzare la situazione e rimasi impietrita davanti a quell’uomo, con una mano davanti alla bocca, totalmente senza parole.
Solo quando René biascicò “Zio Xime” e lo indicò  mi riscossi.
Mi sembrò che la scena si svolgesse in un tempo lunghissimo ma in realtà non passarono più di due secondi.
Mi lanciai tra le braccia di Maxime, piangendo e ridendo insieme.
Mio fratello era commosso e mi stringeva forte, come se avesse paura che venissimo separati nuovamente.
“Sorellina!
Lo sapevo che ci saremmo incontrati, ne ero sicuro!
Mi sei mancata talmente tanto, ero così preoccupato per te.
E’ bello rivederti!”.
“Dove sei stato?
Cosa è successo?”-domandai.
“Lo sapevo che eri vivo!”-gridai con foga, scompigliandogli i capelli.
Jean si intromise:” Certo che era vivo, te l’ho detto mon amour.
Non sbaglio mai io.
C’è qualcosa sotto, te lo ripeto”.
Maxime gli lanciò uno sguardo interrogativo.
“Si che ero vivo, perché avrei dovuto essere morto?
Sono stato ferito ma sono riuscito a sopravvivere perché sono andato da Madame Delacroix che ha chiamato un medico, si è presa cura di me e non mi ha fatto mancare niente, le devo la vita”-riprese,sorridendo.
Lo osservai meglio: aveva addosso una camicia di buona fattura ma logora, una giacca che mi ricordavo di aver visto addosso a Frédèric e un paio di pantaloni neri.
“Madame Delacroix? La ricchissima borghese che vi ha presi sotto la sua protezione da ragazzi, vero?
Ecco perché hai quegli stivali così belli!
Sono di suo figlio?
Frédéric, giusto?
Me li presti qualche domenica?
Non ho mai avuto un paio di scarpe che non fossero di pelle di cane o zoccoli di legno”-domandò mio marito, ammirandoli.
“I sanculotti non avevano scarpe.
Andavamo in giro a piedi nudi, al massimo con degli zoccoli di legno, tutti i giorni.
L’unico paio di scarpe che c’era in casa mia erano delle vecchie scarpe in pelle di cane di Jean, consumate e rotte, che ormai cadevano a pezzi, frutto dei suoi primi risparmi quando aveva cominciato a lavorare, le metteva solo la domenica per non rovinarle più di quello che già fossero.
Anche adesso se noti, io indosso delle scarpe da uomo che mi stanno larghe…
E sono anche queste le uniche scarpe che Jean si è riuscito a procurare, quando quelle vecchie ormai non erano più portabili, contrattando un prezzo accettabile con il ciabattino per cui Renè lavora come garzone.
 Io le indosso perché non voglio sporcare il pavimento del tuo studio e poi le metto quando devo andare a scrivere articoli in redazione, lui me le presta per queste esigenze, altrimenti le tiene ben riposte in un baule e se qualcuno si azzarda a toccarle lo fa infuriare.
Tornando alla storia, Jean sapeva che ero stata educata a Villa Delacroix, che mio padre lavorava per loro, che scrivevo a Madame ed ero rimasta in contatto con lei, così come lo era Maxime, e che Madame aveva un figlio, uno solo, Frédéric, con cui ero rimasta amica.
Però non gli ho mai raccontato dell’esistenza di Armand o del fatto che mi avesse raggiunta e mi stesse braccando, del perché ero scappata a Parigi, della morte di Monsieur o del fatto che quando ero andata in Provenza ero stata da loro, mi sono limitata a fare riferimento a dei debiti da pagare a debitori non meglio definiti per conto di mio padre.
Gli ho raccontato solo una piccola parte della verità”.
“Eppure state insieme da quanto?
Facendo un breve calcolo da quindici anni?
E vivete nella menzogna?”-domandò William, titubante...
“Mi auguro davvero che anche io e la mia attuale fidanzata potremo costruire un matrimonio su tanta fiducia, quando ci sposeremo”.
 Scossi la testa e agitai la legna che bruciava nel camino con l’attizzatoio:”Non si tratta di menzogna.
Si tratta di non aver voluto aggiungere dolore a dolore e pericolo a pericolo.
Di non aver voluto rispolverare pagine oscure della mia vita, a fin di bene.
Io sono una brava persona, o almeno così mi reputo.
Ho fatto del male, certo.
Ma l’ho sempre fatto perché è stato fatto a me o per proteggere chi amo.
Con questo non dico di essere perfetta, solo ben lungi dall’esserlo.
Però non mi si può accusare di mentire sistematicamente e senza un motivo.
Jean porta ancora sul suo corpo i segni di quello che ha gli è stato fatto durante quegli anni, in parte per causa mia.
Ancora oggi ha problemi di salute e dolori, ci sono giorni che mi dice che preferirebbe morire piuttosto che muoversi dal letto e affrontare una giornata.
Eppure deve alzarsi e andare in fabbrica, quattordici ore in una fornace.
Non reggerebbe se gli raccontassi del mio passato per intero, se gli dicessi che se oggi è rovinato, in parte è colpa della donna che ama.
Si sentirebbe tradito.
 E’ meglio lasciar perdere, ha già sofferto abbastanza”.
“Mi…mi dispiace per Jean…e anche per Etienne, non era successo qualcosa di grave anche a lui?
Se non te la senti di raccontarmi cosa gli è accaduto non ti preoccupare, non fa niente.
Adesso come stanno?”-il mio collega era molto curioso ma al contempo, mortificato per quello che poteva solo immaginare o, forse nemmeno quello, fosse successo ai due uomini.
“Se se la sentiranno te lo racconteranno loro stessi, ne abbiamo parlato.
Vogliono provarci.
Però dobbiamo andare in ordine cronologico e non è ancora giunto il momento.
Come stanno… beh, fisicamente nonostante qualche acciacco dovuto a ciò che hanno subìto, come ti ho detto, stanno abbastanza bene, praticamente come prima se li osservi velocemente.
Mentalmente…
Jean e Etienne interamente come io e Marion li abbiamo sposati, sono morti tanti anni fa…
Quelli che ci sono rimasti oggi sono dei sopravvissuti, due uomini che cercano ogni giorno di tornare com’erano, riuscendoci anche con alternativi successi, che tentano di fare qualche progresso per ritrovare se stessi, che cercano ogni giorno di andare avanti e nonostante tutto di godersi la vita per come viene.
Ma ne parleremo un’altra volta” conclusi, cupamente”lasciami raccontare di mio fratello”.
Maxime strabuzzò gli occhi:“Chi vi ha detto che ero morto, scusatemi?
A me è stato detta la stessa cosa di voi, infatti sono venuto in città per cercarvi.”-mi porse una lettera”ecco, Iréne, leggi.
E’ incredibile”.
Afferrai il foglio e un moto di rabbia cieca mi assalii man mano che procedevo nella lettura.

Caro Maxime,
ti scrivo per darti una notizia terribile, figlio mio.
So che sei ferito, che non è il momento per annunciartelo però devo dirtelo.
Sono andato a Parigi perché era un po’ che non ricevevo notizie di tua sorella e mi stavo preoccupando.
Arrivato all’indirizzo che mi aveva dato, non l’ho trovata per cui ho chiesto informazioni ad una vicina e mi è stato detto che, sprofondata sempre di più nella povertà, Irène è stata costretta a prostituirsi mentre suo marito Jean per portare denaro a casa è diventato un ladro.
Da quello che mi ha raccontato la donna, Irène è stata trovata morta in un vicolo vicino alla Salpetriere mentre Jean è finito in prigione e dopo qualche giorno è stato condannato e giustiziato invece del loro figlio si sono perse le tracce.
Non vorrei doverti dare questa notizia, credimi, ma purtroppo è successo.
Sono terribilmente addolorato.
Quando ti riprenderai, spediscimi una lettera, in modo che io possa sapere che almeno tu stai bene.
Con affetto,
tuo padre”.

Scaraventai la lettera sul tavolo e mi lasciai cadere sul divano.
Il n’est pas possible!”-esclamai.
“Hai visto?
Non me ne capacito, davvero.
Non riesco a spiegarmi questo comportamento”.
Jean ci guardava confuso, posando lo sguardo ora su di me, ora su Maxime.
“Posso sapere cosa sta succedendo?
Cosa c’è scritto in quella lettera che vi sconvolge tanto?”-chiese.
Io presi una bottiglia di vino da due soldi nella credenza e ne tirai giù una sorsata, per cercare di chiarirmi le idee.
“Volete?”-domandai ai due uomini, che non se lo certo fecero ripetere, poi mi posizionai accanto a mio fratello, mentre Jean si piazzava davanti a noi, seduto su una sedia spagliata e un po’ instabile.
“La situazione è questa: mio padre ha scritto a Maxime che io e te eravamo morti, Jean.
Che io ero diventata una prostituta ed ero morta in un modo non meglio definito ma sicuramente turpe in un vicolo, che tu ti eri dato al furto e eri finito alla ghigliottina e Renè sparito nei meandri di Parigi.
La lettera procede dicendo che sarebbe stata la Cittadina Annette a dargli queste informazioni ma è impossibile”.
Scusami?"-urlò Jean, sputando il vino che stava bevendo e rischiando di soffocarsi perchè gli era andato di traverso.
Tuo padre avrebbe inventato questo inganno?
Morti?
Ma lo ammazzo io!
Etienne aveva ragione!
Tuo padre è davvero pazzo!
Perché avrebbe dovuto farci credere queste cose?
Quello starà preparando qualche ricatto o qualcosa di losco, ve lo dico io,ha un doppio fine, sicuramente.”-sbraitò.
Scossi la testa.
“Non ne ho idea”-poi mi alzai e andai a cercare la lettera listata a lutto che mi aveva spedito qualche tempo prima.
“Maxime, a me è stato detto che tu eri morto”-spiegai, porgendogliela”ti ho scritto tante volte!
Ti ho anche invitato al mio matrimonio ma non mi ha risposto e quindi ho dovuto chiedere a nostro padre di venire a Parigi perché non mi sarei potuta sposare senza l’approvazione di un parente maschio!
E qualche tempo dopo essere venuto al nostro matrimonio, mi ha scritto che eri stato ucciso”.
“Non le ho mai ricevute.
Probabilmente c’era qualcuno che faceva in modo che non mi giungessero.
Noi non ci vediamo da quanto, un anno circa?
Tu quando ti sei sposata?”.
“Il 30 agosto dell’anno scorso”.
“In quel periodo stavo completando l’addestramento per ufficiali.
Ora che ci penso… la stazione di posta più vicina alla caserma è quella di Arles.
Nostro padre potrebbe aver corrotto il postiglione per farsi consegnare la mia corrispondenza e distruggerla.
Cosa gli è saltato in mente?
Io morto?...
Perchè?”.
“Rimane da capire a quale scopo, cosa c’è dietro, infatti.
Lo odio.
E io che credevo fosse davvero cambiato!
Povera illusa che sono.
Ci penseremo domani, dobbiamo scoprirlo”-aggiunsi io, disgustata.
Non mi capacitavo di come avessi fatto a credere alle parole di un uomo tanto subdolo come mio padre.
Mio fratello era infuriato, comprensibilmente.
“Non cambierà mai, anzi, diventa ogni giorno più pericoloso per cui dobbiamo stare in guardia e prepararci a reagire ad ogni sua mossa perché dubito che si sia accontentato, quando verrà a sapere che sono in città, farà in modo di trovarmi e troverà anche te.
Irène,ascoltami.
Adesso è tardi per cercare una locanda,non ho denaro sufficiente con me e non mi sento molto bene…
 Credo di avere la febbre”-disse, tossendo in un fazzoletto.
“Ti posso chiedere di ospitarmi solo per stanotte?
Non voglio essere invadente ma non ho un posto dove andare.
Mi basta un tetto sulla testa per una notte, domani mattina vado subito a cercarmi un lavoro e una stanza con un prezzo accessibile.
Non mi piace dipendere dagli altri, non sono come Céline o Alain.
Però avrei davvero bisogno di un posto dove stare stanotte”.
“Certo che puoi stare da noi, vero Jean?
Non devi nemmeno chiederlo!”.
Jean intervenne:”Puoi stare tutto il tempo che vuoi, Maxime, non ti preoccupare.
Comunque se cerchi un lavoro, tu che hai studiato: ho sentito dire da Adrien, non so se ti ricordi di lui dall’ultima volta che sei venuto a trovarci, quando siamo andati insieme a bere e ti ho presentato i miei amici?
Lui annuì:”Certo che mi ricordo!
Che bevuta memorabile, dobbiamo replicare!”-propose.
“Esattamente.
Mi ha detto che lo scrivano che lavora in piazza a fine mese lascia la bottega e cercava qualcuno che lo sostituisse: potresti andare a chiedergli se puoi prendere il suo posto.
Io fossi in te eviterei la Garde Nationale finchè puoi, dati i tuoi trascorsi…
E non ti consiglio impiegarti come operaio, sarebbe un peccato per te che hai una cultura buttarla via lavorando sotto padrone come noi poveracci ignoranti”-suggerì.
“Jean, hai avuto un’idea geniale, grazie per avermelo detto.
Credo che sarebbe un lavoro che fa per me, non penso sia nemmeno così impegnativo”.
Mio marito riprese:“Irène hai portato la cena?
Sei riuscita ad accaparrarti il pane stamattina, vero?
Non avrei voglia di arrabbiarmi a quest’ora, proprio no”.
Guardò nell’involto di carta che avevo posato sul tavolo:” Oh, molto bene, per stasera siamo a posto.
Dovrai accontentarti di pane e formaggio, Maxime, non abbiamo altro, e non abbiamo denaro per comprare la legna per la stufa quindi stiamo al freddo, le cose vanno sempre peggio in città”-spiegò.
“Ah, quel vetro ce lo ha spaccato l’amante di una mia amica, c’è uno spiffero di aria gelida che entra, non ci badare”-aggiunsi io, mentre prendevo dei piatti un po’ scheggiati dall’acquaio.
Maxime si mise una mano in tasca e ne tirò fuori un po’ di denaro:”Mi accontento eccome, sono abituato.
Mi ricordo bene com’era la vita quando eravamo piccoli, prima che mio padre venisse assunto dai Delacroix e decidesse di spedirmi in collegio…
Sono abituato alla miseria.
Jean, prendi, è tutto quello che ho.
Non sono molti ma dovrebbero bastare per comprare la legna”.
Jean contò il denaro, ringraziò Maxime, disse che sarebbe tornato nel giro di una mezz'ora, si mise il berretto frigio e uscì.
Approfittai di quel tempo per parlare con mio fratello.
“Secondo te perché nostro padre ci ha fatto credere a vicenda che fossimo morti?
Potrebbe volere dei soldi davvero, come mi diceva Jean?
Sai qualcosa di Céline e Alain?
Tutte le volte che papà mi ha scritto e anche quando è venuto al matrimonio ha sempre parlato di loro come dei figli perfetti, quelli che gli danno soddisfazioni, come al solito.
E mi ha anche detto che avrei dovuto sposare un uomo ricco per poter aiutare a mantenerli!”.
Maxime sospirò:” Beh lo sai com’è fatto.
Pensare che dovremmo essere noi il suo orgoglio, siamo i più grandi e gli unici che se la sono sempre cavata da soli.
Noi non siamo perfetti perché, per sua sfortuna e nostra fortuna, non siamo come lui avrebbe voluto.
Ma sai che ti dico, Irène?
Io sono orgoglioso e soddisfatto dell’uomo che sono diventato e della giovane, intelligente, meravigliosa donna che sei diventata tu.
E se non gli andiamo bene, che crepi quel vecchio egoista!

Ah… quanto mi manca maman certe volte… lei sarebbe fiera di noi e vorrebbe solo ed esclusivamente vederei felici i suoi figli, tutti e quattro”-aggiunse, meditabondo, guardando fuori dalla finestra.
Restammo un attimo in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri e ricordi.
Riprese:”Alain sta continuando gli studi e pare che se la cavi decentemente, anche se non brilla.
Quando finirà la scuola cercherà un lavoro.
L’ultima volta che l’ho visto abbiamo litigato e ci siamo presi a pugni ma ho dovuto smettere perché lui non è ancora abbastanza grande per affrontarmi, sono molto più forte, non era una lotta alla pari e se avessi continuato avrei potuto fargli davvero male.
Non che mi sarebbe dispiaciuto ma poi papà mi avrebbe perseguitato a vita più di quello che già sta facendo.
Céline invece, sai com’è, la solita smorfiosa con la puzza sotto il naso.
Non so come, papà è riuscito a metterla in contatto con una anziana nobildonna ma so per certo che la signora non è un’amica di Madame, gliel’ho chiesto.
Si è rifiutata categoricamente di aiutare Céline e Alain come ha fatto con noi perché dice che non se lo meritano e che non hanno la nostra intelligenza.
 Adesso la nostra sorellina sta cominciando a lavorare come dama di compagnia qualche ora e sogna di poter continuare su questa strada quando sarà più grande, sai, per poter entrare nei salotti agiati e compiere una scalata sociale, come papà avrebbe voluto per te.
Non ho avuto il cuore di dirle che la nobiltà presto non esisterà più se riusciremo nel nostro intento”-Maxime scoppiò in una fragorosa risata.
“Per quanto riguarda me, ho disertato dall’esercito e mi sono unito alla Garde Nationale però sono stato ferito durante degli scontri.
Ora che sono a Parigi, mi piacerebbe poter combattere dalla parte del popolo.
Ho sentito anche parlare di club politici che stanno nascendo!
Ce n’è uno … aspetta come si chiama… club dei Giacobini, può essere?”-domandò.
“Si, Giacobini.
Mi piacciono le idee che diffondono, il linea con quelle di Rousseau, mi ricordo quando il precettore dei Delacroix mi faceva leggere il “Contratto sociale”, anche se era rischioso avere a che fare con un libro del genere e se lo avesse scoperto Monsieur sarebbero stati guai.
Madame faceva in modo che le mie lezioni si svolgessero separatamente a quelle di Armand e il precettore poteva fingere di sostenere idee retrograde quando dava lezioni al caro figlio cadetto mentre con me discuteva, quasi come si fa con una pari.
Una volta mi ha detto che anche se ero una donna forse avrei potuto distinguermi nei salotti alto borghesi per la mia istruzione, se avessi migliorato il mio comportamento irriverente.
Sono stata fortunata ad essere istruita da un precettore illuminista, invece che un vecchio prete, altrimenti a quest’ora sarei stata piena di idee bigotte e sbagliate”-sospirai.
“L’ho letto anche io il “Contratto sociale”.
Era tra i libri proibiti in collegio ma io non ho mai amato rispettare le regole e l’ho rubato dalla biblioteca degli insegnanti, dove tenevano quel genere di libri sotto chiave perché non deviassero le nostre menti.
In quegli anni tristi ho letto moltissimi libri “immorali”.
Ho fatto altre cose molto immorali nel mentre…”-aggiunse con un sorriso malizioso.
A quel punto compresi che lo aveva fatto di nuovo.
Aveva sedotto un’altra ragazza e l’aveva lasciata quando le cose sarebbero dovute diventare serie, uno dei motivi per cui mio padre non lo sopportava.
Per come la vedeva lui, si trattava di una perdita di tempo e denaro e una cattiva reputazione gratuita.
Da questo lato posso anche dire che aveva ragione ma dopotutto mio fratello era contento così, chi eravamo noi per giudicarlo?
Un pò di critica poteva essere giustificata e io infatti non rinunciai ad esprimere il mio parere.
Ma certo tormentarlo come ha fatto mio padre e prenderlo in odio non aveva alcun senso.
Giovane, affascinante e con una parlantina niente male: uno di quegli uomini che riescono a incantare una ragazza con il loro modo di fare oltre che con il loro aspetto.
Per questo che alla fine è riuscito a sposare quell’oca, ci è cascata come nulla fosse ma pare che siano felici.
“Maximilen dimmi la verità…”-lo apostrofai.
“Stai scappando da una donna?
Merde, Maxime!
Quante volte ti ho detto di controllarti?
Possibile che non riesci a tenertelo nei pantaloni?
Cos’è, la fidanzata seria numero quattro, giusto?
Senza contare le scappatelle da una notte, ovviamente”.
Lui alzò le spalle.
Et les putains dans la rue appena avevo un’ora di libera uscita “-aggiunse.
“Che porco…in questo papà ha ragione: non pensi ad altro che a donne e vino”-gli tirai uno scapellotto"tu prega solo di non aver lasciato dei piccoli Fournier in giro altrimenti le madri vengono a cercarti e ti prendono a padellate in testa o a calci dove puoi immaginare, così saranno sicure che la smetterai di andare a fare conquiste una volta per tutte!
 E ti assicuro che io non le fermerò, te lo meriteresti!
Noi donne siamo pericolose quando ci arrabbiamo!".
Non si lasciò spaventare, conosce i miei punti deboli e ha sempre saputo come colpirmi per ferirmi:"Uff Iréne, non fare la santa che lo sappiamo tutti qual è la verità!
Eh…Senti chi parla…quella che a quindici anni arriva in una grande città da sola dopo aver commesso un crimine gravissimo, di cui non parleremo se preferisci, e tra le sue prime gesta possiamo ricordare che la suddetta trova un operaio diciassettenne e decide di concedersi a lui.
Perfortuna almeno siete stati attenti e non sei rimasta incinta subito altrimenti a quest’ora ne avreste una nidiata di figli, altro che uno.
Tutte bocche in più da sfamare.
E comunque in collegio era difficile mantenere relazioni e nell’esercito lo è ancora di più, è per questo che non ho voluto impegnarmi seriamente, volevo divertirmi.
E non sto “scappando da una donna”
Sono venuto qui per cercare te, principalmente.
Ero preoccupato.
E volevo cambiare vita, lasciarmi tutto alle spalle, anche la mia fidanzata.
 Devo ancora trovarmi una moglie, può darsi che la troverò, non perdere la fiducia in me, sorellina.
Voglio spassarmela e poi, se arriverà qualcuna che mi farà innamorare davvero, meglio ancora.
Bene, cambiamo argomento.
Tu piuttosto, come stai?
E’ vero che lavori per Marat?
Jean me ne stava parlando.
Però mi sembri turbata… Irène, c’è qualcosa che devi dirmi?”.
Stavo pensando se confessargli o no del ritorno di Armand ma non ebbi nemmeno il tempo di rispondere perché la scricchiolante porta della soffitta si aprì e apparve Jean, sporco di neve e intirizzito.
“Si gela, davvero.
Nevica ancora, c’è ghiaccio dappertutto.
Per stasera abbiamo la legna per scaldarci, mettiti davanti alla stufa Maxime, non hai per niente una bella cera…”-consigliò prendendo un fiammifero e un ceppo.
“Sai chi ho incontrato, Iréne?
Gustave.
Strano, di solito “lavora” più tardi….
Mi è sembrato preoccupato, si guardava intorno come se avesse paura di qualcosa.
Lo avranno trovato questa volta, dopotutto nel quartiere tutti lo sanno che mestiere fanno lui e sua moglie ma nessuno lo dice, solo perché qui non c’è niente di valore da portare via.
Forse sta volta ha rubato al nobile o al riccone sbagliato...”-osservò” ben gli sta al riccone!
Però mi spiace per Gustave e Charlotte, ci rimettono sempre i più deboli”.
Mangiammo e poi parlammo un po’ ma mio fratello era esausto per cui presto si sistemò sul divano accanto alla stufa e si addormentò.
Io e Jean rimanemmo ancora un po’ svegli a cercare di risolvere il problema di mio padre e a trascorrere un po’ di tempo con Renè e poi andammo a dormire ma, dopo poco, fummo svegliati da alte grida.
Spaventati, ci precipitammo in strada per vedere cosa fosse accaduto.
Percorremmo in fretta la via,in direzione dei lamenti e giungemmo all’angolo della strada.
Notammo una figura di fronte ad una porta di legno scrostato,mentre tutto intorno a noi le candele si accendevano e altra gente accorreva.
Charlotte "La Voleuse" piangeva e tremava, coprendosi il viso con le mani, inginocchiata sulla soglia.
La abbracciai e la trascinai via.
Quando Jean e altri uomini spalancarono la porta ed entrarono nella stanza, alzai lo sguardo e vidi una sagoma che pendeva da una trave del soffitto.
Gustave si era impiccato.

ANGOLO AUTRICE: Scusate il ritardo ma avevo altro a cui pensare in questo periodo e infatti mi volatilizzo subito e ci rivediamo a fine aprile se tutto va bene.
Finalmente è arrivato Maxime!
Lo volevate, eccolo, non è morto e ora è pronto ad unirsi a Iréne e i suoi amici.
Che bel tipo che è, vero?
Vi sta simpatico, vi piace?
Come lo trovate?
Ahah chissà se troverà l’amore…
Il libro di cui parlano Maxime e Iréne è appunto il saggio "Il Contratto Sociale"di Jean-Jaques Rousseau, del 1762.
All'epoca della sua pubblicazione è stato inserito nella lista dei libri proibiti in quanto illuminista e diffusore di idee troppo nuove ecco.
I rivoluzionari, in particolare Robespierre, si ispireranno però a Rousseau, come dice Iréne.
Il club dei Giacobini è stato fondato nel novembre 1789.
Avete visto perchè Maxime non riceveva la lettere di Iréne?
Cominciate le vostre congetture su cosa voglia quel bastardo di Monsieur Fournier dai figli maggiori, come può essere stato tanto perfido da convincerli a vicenda uno della morte dell'altra?
Fatemi sapere!
Fate voi se trovate altri punti importanti nel capitolo, non voglio darvi altri suggerimenti.
Alla prossima!
Jenny

  
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