Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Joy_jest    10/03/2016    2 recensioni
Clopin legge tutto, almeno, tutte le persone. Tranne una. Lei è la sua nuova sfida.
Sono agli opposti, ma gli opposti si attraggono... o forse no?
--nota--
1.Sì, un'altra storia con Clopin e una ragazza. No, non è una storia sdolcinata.
2.Alcuni personaggi (come Frollo) prendono ispirazione anche dal libro, che li rende più complessi. Comunque il contesto resta quello del film.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Claude Frollo, Clopin, Esmeralda, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Charlotte, per avermi ispirata, aspettata e sopportata
A Sasha, il mio Clopin immaginario, ma in carne ed ossa

 

Erano passati pochi giorni da quando Cécile aveva scoperto il laboratorio del ministro e già tutto attorno a lei le sembrava fosse diventato più bello. Poteva leggere e studiare ciò che voleva quando voleva, senza più limiti, in un palazzo dove si sentiva rispettata, senza più nessuno a brontolare che sarebbe stato meglio per una donna rimanere senza istruzione. Frollo non era di quell'avviso, non con lei almeno, anzi stava volentieri in sua compagnia anche per delle ore, spiegandole nuove nozioni. Cécile non avrebbe potuto dirlo con certezza, ma a volte le sembrava che addirittura il ministro si divertisse a farle lezione. Col passare dei giorni egli aveva sempre più premura che lei imparasse il più possibile sull'alchimia e lei, dal canto suo, era sempre più affascinata da quella materia e dal suo nuovo mentore.
Finché una mattina, senza preavviso, Frollo le chiese di accompagnarlo a Notre-Dame.
-Devo sbrigare delle... uhm, faccende.- spiegò frettolosamente.
Cécile accettò immediatamente, era onorata di quell'invito! Da quando vi si era stabilita non aveva ancora messo piede fuori dal palazzo, un po' d'aria le avrebbe fatto solo bene.

Il ministro preferì arrivare alla cattedrale scortato sulla sua carrozza, nonostante il tragitto fosse breve e Cécile non si stupì più di tanto di fronte a quella scelta: sapeva bene che Frollo godeva di una pessima fama tra il popolo, in particolare il popolino, e più d'uno avrebbe voluto recargli danno, anche se la maggior parte avrebbe avuto terrore delle ripercussioni. Ma con gli zingari, impulsivi e orgogliosi com'erano, non si poteva mai sapere.
La carrozza si fermò proprio di fronte a Notre-Dame, solo pochi passi li separavano dalla scalinata che innalzava di qualche metro la cattedrale, rendendola ancora più maestosa di quanto non fosse già. Cécile si sporse dalla porticina e si appoggiò alla mano del valletto che la invitava a scendere. Appena ebbe posato entrambi i piedi a terra inspirò profondamente, come le mancava la fresca aria invernale! Si guardò intorno: nonostante il freddo la piazza era gremita di gente e bancarelle. Non riusciva a credere che solo pochi giorni prima lei era in quella stessa piazza, in quello stesso punto, con Emile accanto. Poco più alla sua destra vide il teatrino del burattinaio e pregò che egli non si accorgesse di lei o che almeno non dimostrasse in qualche modo di riconoscerla. Fortunatamente, lo zingaro era troppo impegnato a intrattenere il suo piccolo pubblico per prestare attenzione alla folla intorno. Lo spazio di quel carretto sembrava una piccola oasi di calma immersa nel caos cittadino. Cécile sorrise al paragone. Si accorse che Frollo si stava incamminando appena prima che lo perdesse di vista e si affrettò a seguirlo.
La folla si scansava rispettosamente al loro passaggio e mormorava domande indiscrete sull'identità della fanciulla al seguito del ministro, ma non abbastanza mormorate perché Cécile non sentisse.
-Che sia una figlia segreta?
- Non sembra che gli somigli molto...
- Ma dico, te lo vedi il ministro Frollo a sfornare bambini?
Dei risolini si levarono da un gruppo di popolani. Cécile guardò il cugino: non traspariva nulla dal suo viso, forse non sentiva, o forse aveva imparato a ignorare.
- Allora è la moglie.
- Che dici! Lo sapremmo se si fosse sposato.
- E poi non vedete come è giovane?
- Quindi... è l'amante!
Cécile avvampò, abbassando lo sguardo. Quando lo rialzò sul viso dell'uomo accanto a sé neppure allora trovò alcuna traccia di turbamento. Perché non riusciva ad essere come lui?
- Magari gli piacciono giovani...
- Sciocchi che siete! Ma come vi viene in mente?
Altre risa a malapena soffocate scapparono al popolino e gli occhi di Cécile si riempirono di lacrime, che però non versò. Solo ora capiva l'esitazione di Frollo nel prenderla con sé e gli era ancora più grata, per questo.

Finalmente i due arrivarono sul sagrato della chiesa, dove Frollo si fermò a guardare la facciata. Cécile lo imitò: da quella prospettiva la cattedrale sembrava ancora più grande, incombeva su di loro come se minacciasse di crollare da un momento all'altro. Eppure allo stesso tempo chiunque la guardasse aveva la certezza che sarebbe stata lì per sempre, a vegliare su Parigi.
Tutto svaniva su quel sagrato, ogni problema, ogni tristezza, ogni gioia. Qualsiasi sentimento era... inutile, davanti a quella maestosità. "Siamo come formiche al cospetto di Dio" pensò Cécile. Si volse alla piazza dietro di lei, riempita dalla miriade di persone e dal suo irrefrenabile viavai "Siamo come formiche e basta". L'unico punto della piazza che restava isolato, come in una bolla immune al disordine attorno, era sempre il carretto del burattinaio con i suoi bambini. "... E gli zingari sono cicale", concluse nella sua testa.
-Guarda il portale, Cécile. - Frollo interruppe i suoi pensieri -Quello centrale, guardalo bene. Sai dirmi cosa rappresenta?
Cécile fissò l'enorme portale strombato, sul quale erano scolpite decine di persone, molte in fila lungo le cornici, altre giacevano ammassate nelle fasce decorative.
- È il Giudizio Universale- rispose infine -in alto c'è Cristo Giudice, quella è la Madonna, e quello... San Giovanni Battista, credo. Ai loro piedi un angelo e un demone stanno pesando le anime: quelle a destra, in catene, sono i dannati, mentre a sinistra ci sono i beati.
- Esatto - confermò Frollo soddisfatto - Ora guarda più in alto, quella schiera di uomini. Chi rappresentano, a tuo parere?
Cécile fissò la fila di statue per qualche minuto: - Portano tutti la corona... e anche lo scettro. Sono re?
-Sì, mia cara, quella è la Galleria dei Re. Quelle statue raffigurano tutti i sovrani di Giudea.
-Ci guardano... ma non sono molto rassicuranti. Il loro sguardo è spaventoso.
-Non solo ti scrutano, ti giudicano. Come giudicano chiunque voglia entrare qui dentro. - aggiunse indicando il grande portone. -Non proprio invitanti, a dire il vero. - concordò il giudice.
Frollo alzò ancora gli occhi, indietreggiando di un passo per avere una visuale migliore: -Non è l'unica galleria della facciata. Guarda più in alto, la balconata alla base delle due torri. Vedi quelle statue appollaiate sopra le bifore? Costituiscono la Galleria delle Chimere. - tese il braccio a indicarne una in particolare -Quella è Strige. È un...
- Un uccello notturno che si nutre di sangue e carne umana, soprattutto di infanti- continuò Cécile - è un travestimento delle streghe, di notte. - aggiunse timidamente, vergognandosi di aver interrotto il giudice.
Ma Frollo non si offese: - Esattamente- commentò, fiero della sua allieva. Continuò a parlare concitatamente delle statue e dell'architettura, senza accorgersi che ormai l'interesse di Cécile era già volto a qualcos'altro. Si allontanò da lui senza farsi notare, dirigendosi verso il portale di sinistra, attratta dalla statua sulla colonna che divideva i due portoni: la Madonna col bambino. Cécile la rimirò incantata, ammaliata dalla fiera e al contempo dolce maestosità della Vergine, finché il suo sguardo non cadde sul piedistallo, poco più in alto rispetto alla sua testa. Raffigurava tre scene nel giardino dell'Eden: a sinistra la creazione di Eva, a destra la cacciata dal Paradiso e al centro la Tentazione di Adamo. Ma in quella scena c'era qualcosa di decisamente strano, che Cécile non aveva mai visto: il serpente aveva il volto di una donna.
- Cécile!
La ragazza si voltò immediatamente verso il ministro, irritato dalla sua disobbedienza: - Ti stavo parlando! Perché ti sei allontanata?
- Io... ecco... stavo guardando il portale e…
- Non ha importanza. Siamo stati abbastanza qua fuori. Entriamo.
 
Cécile esitò un istante prima di mettere piede per la prima volta nella cattedrale, intimorita da quell'atmosfera. Per certi versi, la cattedrale poteva dirsi addirittura inquietante: le colonne sembravano zampe di enormi elefanti, ogni passo rimbombava sul pavimento e il soffitto era così alto e oscuro da chiedersi se quei muri avessero effettivamente una fine. Ma appena entrò, un penetrante odore di pietra e incenso la avvolse, facendola sentire a suo agio. Cécile seguì i passi di Frollo per tutta la navata, e lo imitò quando, arrivati davanti all'altare, si fece il segno della croce. Solo allora egli parlò: - Mi assenterò per un poco. Tu intanto aspetta qui e prega per l'anima di tua madre - le disse senza alcun tatto. Cécile annuì e fece come le era stato detto, sedendosi in una fra le panche più a destra, mentre dal lato opposto della chiesa il ministro scompariva in una piccola porta quasi nascosta nella parete.
 
La ragazza era inginocchiata sulla panca, a mani giunte e con lo sguardo rivolto all'altare, ma non stava pregando. Osservava incantata le vetrate piene di colori, in netto contrasto con la pietra grigia della chiesa, e assaporava l'odore accogliente dell'incenso in profondi respiri. Con la coda dell'occhio coglieva i pigri movimenti dei frati che percorrevano le navate e ascoltava distrattamente le loro sommesse litanie.
Cécile era totalmente affascinata dalla cattedrale e cercava, anche dall’interno, di poterla racchiudere tutta nel suo sguardo, carpendo ogni singolo dettaglio. Forse fu per questo che, oltre alle maestose colonne e alle vetrate luminose, qualcos’altro si infilò nel suo sguardo, nella coda dell’occhio. Cécile non ne prese subito coscienza, dopotutto era una macchiolina indistinta in quell’ambiente che sembrava fatto di buio e pietra. Se ne accorse solo quando questa sparì. Improvvisamente ebbe la sensazione che mancasse qualcosa, rispetto al primo sguardo che aveva dato alla chiesa, qualcosa si era mosso e non erano stati i lenti frati, non le fiammelle guizzanti, né erano state le candele ad essersi consumate. Si voltò da ogni parte, cercando freneticamente il tassello mancante, ma invano, non riusciva a ritrovarlo. Fermò gli occhi sulle panche davanti a sé, rassegnata. Forse si era soltanto sbagliata. Ma proprio quando aveva abbassato la guardia l’intruso si era nuovamente insinuato nell’angolo del suo sguardo, al limite della sua consapevolezza visiva. Come un bambino che cerca di acchiappare una farfalla e si muove piano per non farla fuggire, Cécile non osò voltarsi nuovamente di scatto, ma, girando lentamente il capo, conservò quella che, più che una figura, era una sensazione nella coda dell’occhio finché non fu completamente sicura di poterla vedere. Volse lo sguardo. Presa. Una macchia viola. Mantellina viola, tunica viola, calzamaglia sporca viola scuro, cappello a tesa larga viola con una piuma… gialla, giustamente.
Non poteva essere che uno zingaro, non poteva essere che quello zingaro. Non la stava guardando. Cécile si avvicinò di soppiatto, cercando di non fare rumore. Aveva la forte impressione che la stesse seguendo -in una città come Parigi erano state fin troppe le coincidenze che li avevano fatti incontrare- ma perché? Perché lei?

 
-o-0*§*0-o-

 

-Già finita, la storiella?
Clopin riconobbe fin dalla prima sillaba di chi fosse la voce che proveniva da dietro le sue spalle.
-Beh, sapete com’è, di questi tempi, con tutte queste guardie in giro, non si fa in tempo a racimolare qualche soldo onesto che ci si ritrova a chiedere asilo nelle chiese. – rispose impassibile voltandosi verso la sua interlocutrice.
-Un povero, onesto zingaro in cerca di un rifugio da inique vessazioni, dunque?
-Proprio così, mademoiselle.
-Ve ne siete trovato uno niente male, vedo.
-Il migliore, mademoiselle.
Clopin era leggermente confuso. Perché gli stava rivolgendo la parola? E dove voleva arrivare, con quel tono? La situazione sembrava paradossale, ma la giovane fugò presto le sue domande.
-Di certo è davvero una curiosa coincidenza incontrarvi qui… di nuovo. - continuò la giovane, pesando sarcasticamente le parole.
-State forse insinuando qualcosa sul mio conto?
-Ne ho motivo?
-A mio parere sembra solo tristemente presuntuoso, da parte vostra, concepire il pensiero che qualcuno perda le proprie giornate a cercare di pedinarvi.
-Bada bene a come parli, zingaro! - la ragazza era visibilmente irritata –Non affidarti troppo alla protezione di questo luogo.
Clopin sospirò: - Se pensate che io vi stia seguendo, mademoiselle, vi sbagliate tremendamente. Ho molto di meglio da fare che andarmi a cercare insulti da una borghesucciola. Tutti i nostri incontri sono stati fortuiti e anche piuttosto spiacevoli, a giudicare dal trattamento che mi riservate. La cattedrale è abbastanza ampia per entrambi: se non avete intenzione di allontanarvi, lo farò io.
-Dovreste davvero ripulirvi di aceto quella vostra boccaccia!
-Altrimenti, mademoiselle?
-Altrimenti so chi potrebbe farla tacere.
-Oh, già, siete al seguito del Ministro, adesso, vedo che la vostra “richiesta” è stata esaudita… sono passati solo pochi minuti dalla vostra prima comparsa sulla scena parigina e già in piazza iniziano a circolare certe voci sul vostro conto… non so se mi spiego. - ghignò Clopin.
-Non sento assolutamente il bisogno di giustificare la mia conoscenza col Ministro, né mi preoccupa ciò che la gente pensa; tantomeno quel che pensa uno di voi.
-Io non penso proprio nulla. Sentite, non so in che rapporti voi siate col giudice, ma conosco bene che tipo di persona è Frollo e credetemi se vi dico che non vi conviene fidarvi troppo di lui. Non avete idea di cosa sia capace quell’uomo. Non lo dico perché sono quel che sono e noi siamo trattati come animali da cacciare, dovreste vedere cosa fa anche a certi parigini… nelle carceri la carne non ha razza. Quell’uomo è crudele, e senza scrupoli.
-No, voi non lo conoscete...
-E chi allora? Voi? Vivo a Parigi da molti anni e non ho mai visto che una sola faccia di Frollo. Onestamente, dubito ne esistano altre.

Clopin non sapeva per quale assurdo motivo autodistruttivo, ma desiderava davvero aiutare quella giovane straniera, così fredda e testarda, ma così ignara e sprovveduta. Avrebbe fatto una brutta fine vicina a Frollo: egli era il fuoco che le dava calore e sicurezza, questo l’aveva capito, ma avrebbe finito per bruciarsi. Purtroppo, Cécile sembrava non vedere affatto le cose dallo stesso punto di vista.

-Senti, brutto zingaro sputasentenze, per la prima, prima volta in vita mia vengo considerata, apprezzata per ciò che faccio! Quell’uomo mi protegge, ed è tutto ciò che ho. Per quanto dure e severe siano le sue attenzioni, esse sono tutto in confronto alla distaccata e indifferente cortesia che chiunque mi ha riservato fin ora. Egli mi vuole, ha bisogno di me, come io di lui. Non ho intenzione di rinunciare a questo perché uno sporco straccione mi vuole mettere paura.
Clopin sospirò: -Come volete, chat-huant… ma sappiate che appena ne avrà desiderio non esiterà a sbarazzarsi di voi. Frollo non ha mai avuto bisogno di nessuno, fin ora.

In quel momento Cécile vide lo sguardo del gitano pietrificarsi nel guardare qualcosa alle sue spalle. Ella si girò e vide il giudice, dalla parte opposta della chiesa, uscire dalla stessa porticina da cui era entrato, mentre discuteva animosamente con l’arcidiacono.
-State attenta- l’avvertì frettolosamente Clopin.
-Nascondetevi! - sibilò in risposta la ragazza, spingendolo dietro una colonna, fuori dalla visuale del Ministro, per poi ritornare in fretta a sedersi dove poco prima Frollo l’aveva lasciata, nel timore che potesse rimproverarla di avergli disubbidito.

Clopin rimase dietro la colonna, imbambolato nella sua assoluta perplessità, mentre i suoi pensieri si erano di colpo fermati, fissati su quell’unico istante, quell’unica parola.
Era stato sicuro, appena aveva visto ricomparire il Ministro, che la ragazza non avrebbe esitato a denunciare la sua presenza. Non avrebbe potuto comunque fare molto, la Chiesa era luogo sacro e lì dentro ogni delinquente era al sicuro, tuttavia, data la concitazione in cui si trovavano, si sarebbe aspettato accuse da parte sua, o come minimo indifferenza, ma protezione! Mai. “Nascondetevi”, aveva intimato la ragazza. Aveva la solita acidità nella voce, ma lo stava proteggendo, anche se con poco, anche se involontariamente. Anzi, proprio perché la sua reazione era stata involontaria Clopin ora sapeva per certo che quella borghese non era come voleva far credere di essere. Dietro quella ordinaria maschera d’odio si nascondeva un’altra Cécile, ma come questa fosse era ancora un mistero per lui.
“Allora non siete così cattiva, chat-huant”.

 

 -o-0*§*0-o-

 
Quella sera Frollo aveva invitato Cécile a fargli compagnia mentre entrambi si dedicavano ai loro manoscritti di scienze alchemiche e lei, come era già successo altre volte, aveva accettato volentieri. I due leggevano di fronte a un camino così grande da rischiarare comodamente l’enorme sala in cui si trovavano, sprofondati in enormi poltrone dagli schienali altissimi. Maestro e allieva erano completamente immersi nelle rispettive letture e solo il dolce crepitare del fuoco assieme al periodico sfogliare delle pagine rompevano il silenzio che regnava nella stanza.
Poi Frollo chiuse il libro, lo posò accanto a sé e si mise a contemplare il fuoco, tamburellando con le dita di una mano sul bracciolo, mentre l’altra gli sorreggeva il viso assorto. Notando l’irrequietezza del suo mentore, Cécile alzò gli occhi dalla pagina per fissarli su di lui. Osservò i suoi lineamenti duri, resi ancora più spigolosi e scavati dalla luce radente del fuoco, mentre quella che si rifletteva nei suoi occhi li faceva apparire vivi e guizzanti come fiammelle. I pensieri che celavano erano indecifrabili per Cécile. Quell’uomo suscitava in lei emozioni contrastanti: la faceva sentire sì accettata e compresa, ma al contempo la poneva in un nervoso disagio, misto di timore e devozione, la faceva sentire protetta eppure costantemente giudicata; ella non osava immaginare cosa potesse nascondersi dietro a quel suo essere altalenante e taciturno.

-Tu mi guardi perplessa Cécile- disse di punto in bianco il Ministro, senza staccare lo sguardo dal fuoco, come se l’avesse letta nel pensiero. La giovane abbassò imbarazzata il libro sulle ginocchia accarezzandolo nervosamente, stava per rispondere, ma egli la interruppe prima che potesse aprir bocca.
-Non me ne meraviglio- proseguì quasi fra sé –nessun uomo dovrebbe covare i miei stessi pensieri.
Ancora una volta la ragazza era sul punto di chiedere qualcosa, ma il giudice continuò: -Guarda il fuoco, Cécile. Lo vedi? Non è forse ciò che di più incantevole esista al mondo? Tutte quelle fiammelle che si intrecciano, si fondono l’una con l’altra in una danza senza musica, né ritmo, né fine, ma perfetta, tanto bella quanto complessa, affascinante come il pericolo e seducente come il mistero…
-Sai, Cécile, che nessuno sa ancora chiaramente cosa il fuoco sia? Eppure è fondamentale per noi. Non parlo solo di noi uomini, anche noi alchimisti. Spesso si crede che il fuoco distrugga, ma non è così semplice: il fuoco trasforma e, trasformando, crea. Esso, sì, distrugge e dissolve, ma anche muta, purifica, congela, calcina: è alterante, penetrante, sottile, aereo. È il tramite fondamentale nei più importanti processi alchemici e, ne sono sicuro, anche la risposta alle più occulte domande scientifiche.
  Il fuoco è l’elemento più curioso e affascinante tra i quattro fondamentali che compongono ogni cosa: l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco, appunto. Ma questo te l’ho già insegnato, non è vero? Tutto è composto da questi quattro elementi primari, anche io e te. Vedi, Cécile, ognuno di noi porta dentro di sé un po’ di quegli elementi, in misure diverse. È questa peculiare combinazione che determina il carattere di ognuno.

Cécile riteneva che le parole del giudice fossero un mucchio di sciocchezze sconclusionate, ma mai avrebbe osato contraddirlo, soprattutto quando per la prima volta dall’inizio di quel monologo Frollo alzò lo sguardo per fissarlo su di lei, ordinandole: -Alzati, Cécile, vieni.
L’allieva fece come le era stato intimato, ripose il libro e percorse i pochi passi che separavano le due poltrone. Frollo la scrutava quasi divertito del suo smarrimento.

-Posso immaginare i tuoi dubbi al riguardo, mia cara- continuò – d’altronde converrai anche tu che non sei fatta d’acqua, né io di fuoco. Ma devi sapere che questi quattro elementi non sono altro che diverse espressioni di un’unica quintessenza, ossia ciò che i Greci chiamavano Etere, ma anche Anima del Mondo, Spirito o… Fuoco. Si dice che esso sia la materia prima di tutto l’universo, ciò che riempie e costituisce il cosmo, e lo tiene unito. Aristotele riteneva che l'etere fosse eterno, immutabile, senza peso e trasparente, cosicché anche il cosmo è luogo immutabile e regolato; diversamente dalla Terra, regno delle sue imperfette accezioni che generano caos e instabilità.

Frollo alzò lo sguardo verso la sua allieva, che lì in piedi di fronte a lui sembrava più confusa che mai, travolta da quel fiume di termini e nozioni. Sospirò. D’altronde, rifletté, non poteva aspettarsi che una ragazzina come lei, benché brillante, capisse da una presentazione così sommaria tali concetti, frutto di anni di studi e riflessioni. Doveva essere cauto, ma era palese anche a lui: gli occhi di Cécile brillavano di curiosità.

 -Cercherò di essere più chiaro: - si affrettò a spiegare, avvicinandosi sull’orlo della poltrona - dall’Etere-calore nasce il fuoco, la prima sostanza con cui fu plasmato il mondo. Anche per questo credo molto nel fuoco: è la sostanza più prossima all’Etere puro. Ma mentre il fuoco si espande verso l'alto, l'etere-calore ha la caratteristica opposta di discendere dal Sole, concentrandosi negli esseri viventi e favorire il loro sviluppo.
  L’ Etere-luce genera l’aria, ma mentre essa appare caotica, disordinata, capace di penetrare ovunque, il suo etere complementare si posa soltanto sulla superficie degli oggetti, ed è dotato di direzione e ordine. L'etere-luce, inoltre, illuminando gli oggetti, li rende distinguibili, creando le dimensioni spaziali.
  L'Etere-chimico crea i liquidi, sopra a tutti l’acqua. Ma differenza di questa, che è fluida, informe e compatta, l'etere-chimico è discontinuo, separatore, e perciò produttore di forme. Da esso derivano anche fenomeni come la chimica e la musica, perciò è chiamato anche Etere del suono e gli si attribuisce la capacità di riflettere l’armonia cosmica in strutture concrete.
  L’Etere-vitale, infine, dà origine alla terra, e con essa tutto ciò che è solido. Ma mentre la terra è dura e rigida, inerte e inanimata, l'etere-vitale possiede mobilità interiore, ed è capace di dare vita alla materia. Mi segui?

-Sì.
-Molto bene. Ciò che io credo, e non sono il primo, è che in quanto forza prima e generatrice l’Etere abbia molteplici facce e che una di queste si debba identificare anche con una sorta di Intelletto superiore, di conoscenza, o Memoria. A cosa dovremmo, altrimenti, la nostra ragione, l’unica che può distinguerci dagli altri esseri viventi? Anzi, proprio per questo possiamo dire che l’uomo porta dentro di sé un frammento di quell’Intelletto supremo, ogni uomo è una scintilla di quel grande Fuoco da cui si separa, per poi brillare un poco e morire. Ma la sua caducità non lo rende meno partecipe di quel tutto da cui ha origine, quel tutto che, anche se per una minima parte, vive in lui e lo anima.

Frollo si alzò, con negli occhi l’eccitazione di chi può finalmente confessare un grande segreto. Si avvicinò alla sua allieva, le prese il viso tra le mani sussurrando frettoloso, come se qualcuno avesse potuto rubargli le parole: -Ti chiedo ora una cosa, Cécile, la più importante: cosa rende un uomo potente? Qual è la sua arma più grande?

Cécile era a dir poco terrorizzata da quello sguardo, da quel contatto, da quella prova, perché di questo si trattava. Sentiva il sangue pulsarle dappertutto e impedirle di pensare.
-Il… denaro, forse?
Frollo restò interdetto per un attimo, ma poi sorrise della sua ingenuità. Era consapevole del timore che esercitava su di lei, quello che provavano tutti al suo cospetto, ma quella ragazzina gli faceva, come dire… tenerezza.
-La mia piccola, sciocca Cécile- rise abbassando lo sguardo e lasciandole il viso. – Tu sai la risposta. La sai molto bene. Perché pensi che ti abbia lasciato vivere qui con me? Guardati. Cosa credi abbia visto in te per farti diventare mia allieva? Che cosa ci rende simili? – la incitò.

Cécile rifletté, pensò a lei, al giudice, a quanto fosse eccezionale e misteriosa la propria condizione, lì al palazzo… già, perché era lì? Cosa poteva aver visto in lei che agli altri era sfuggito? Ricordò la prima volta che lo conobbe, a quel pranzo con la sua famiglia e provò a cambiare punto di vista. Perché l’aveva così rapita?

-La conoscenza! – si illuminò – E’ questo che rende un uomo potente?
-Esatto! - Frollo quasi rise, ma subito si ricompose: -E io, noi, abbiamo l’opportunità di diventare i più potenti della terra, mia cara.
Cécilé aggrottò le ciglia confusa: - Cosa intendete?
- Vedi, esiste un elemento, studiato e agognato per secoli dagli alchimisti, anzi, si può dire che gran parte dell’alchimia verta attorno alla sua ricerca. Molti lo ritengono solo una leggenda, altri giurano di averlo trovato. La maggior parte lo desidera per la sua capacità di trasformare qualsiasi metallo in oro, ma io e te sappiamo che la ricchezza non è che materia inerme. Quest’elemento promette un premio ben più alto, unione del Fuoco e della Memoria. Vedi, Cécile, io penso… penso di avere la chiave della conoscenza.
-Conoscenza di cosa, esattamente?
-Tutto. – Frollo la guardò serio, riprendendole il viso tra le mani: -quello che ti sto offrendo, Cécile, è l’onniscienza, la conoscenza assoluta del passato e del futuro, del bene e del male. Tutto ciò che è stato, che è e che mai sarà, vie e mondi che nemmeno riesci a immaginare, storie terribili e meravigliose, rivelazioni che l’umanità non sospetterà per secoli e forse mai raggiungerà, tutto ciò sarà nostro. Ma non posso ottenere nulla senza di te. Mi aiuterai?

Cécile era rapita e ammaliata dalle parole del giudice, non poteva credere che le stesse offrendo una cosa simile, che lo stesse offrendo a lei! Lei, solo una ragazza, e lui, il giudice di Parigi, insieme custodi del segreto più grande, anzi, di tutti i segreti del mondo! Esisteva un’altra risposta oltre a quell’immenso e prorompente “Sì” che sembrava dovesse farla scoppiare da un momento all’altro? Ma era senza fiato quando tentò di aprir bocca e riuscì solo ad annuire energicamente al giudice con uno sguardo luminoso di eccitazione.
Egli sorrise e le posò un bacio sulla fronte.

-Io e te, Cécile, troveremo la Pietra Filosofale.

  
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