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Autore: Kicca    11/03/2016    0 recensioni
Un Orchetto rovinò a terra ai piedi di Monica che osservò disgustata il ventre lacerato. Alzò lo sguardo e quello che vide la pietrificò. Il cuore iniziò a batterle ancora più velocemente. Non riusciva a credere ai suoi occhi. “Sto sognando! E’ l’unica spiegazione plausibile!” pensò non staccando gli occhi di dosso all’individuo davanti a lei. Nonostante l’oscurità riusciva benissimo a vedere due orecchie a punta che spuntavano tra la lunga e folta chioma nera.
Spero che la storia vi piaccia! Mi raccomando recensite! :D
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J. R. R. Tolkien, mentre i nuovi personaggi e luoghi sono di mia proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto, prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


ERINTI


CAPITOLO 19: PROMESSA.

Era seduta su un tronco caduto ricoperto in parte da muschio verde ed osservava il cervo a pochi metri da lei che brucava l'erba. Possedeva delle corna maestose e si muoveva elegantemente. Non sembrava per nulla infastidito della sua presenza e continuava a ruminare i fili verdi e morbidi. Ogni tanto sollevava il muso e drizzava le orecchie in ascolto.
Si levò una folata di vento fresca che portò con sé delle voci. Il cervo alzò di nuovo il muso e restò in ascolto, immobile, mentre lei sorrise. Sapeva chi stava arrivando. Il suo piccolo amico stava tornando a trovarla. Era passato un mese dall'ultima volta che lo aveva visto. Da quando l'aveva conosciuto la prima volta, era andato a farle visita spesso. Quasi sempre da solo, ma un paio di volte si era portato appresso alcuni amici, tutti Hobbit. Così aveva conosciuto suo cugino Peregrino Tuc, il cugino alla lontana Frodo Baggins e il loro amico Samvise Gamgee. Erano dei tipi simpatici e le avevano raccontato un sacco di bellissime storie e avventure che avevano affrontato anni prima. Lei non amava molto parlare, anche perché non aveva niente da raccontare, ma le piaceva ascoltarli.
Il cervo scappò constatando che le voci si stavano avvicinando. Lei rimase appollaiata lì sul tronco ad attendere i visitatori. Ma c'era una voce nuova, che non aveva mai udito prima. Era roca e dal tono sembrava leggermente seccata. Intravide da lontano tre figure. Riconobbe subito le sagome di Merry e Pipino, ma c'era qualcun altro con loro. Era una figura alta, completamente vestita di bianco come lo strano bastone che aveva in mano. Corrugò la fronte. Era un Umano, un anziano dalla barba lunga e i capelli anche loro bianchi. Stava parlando animatamente con Pipino, sembrava arrabbiato.
- Stupido di un Tuc! Come faccio a sapere se può tornare a ricordare se ancora non l'ho vista? - sbottò.
Quello stava per ribattere, ma Merry la vide e sollevando il braccio gridò – Eccola! -
I due si voltarono verso di lei: Pipino la salutò con la mano, l'anziano la scrutò e corrugò la fronte pensieroso.
- Dunque è lei… - sussurrò mentre le si facevano incontro.
- Hai visto? Finalmente sono riuscito a portarti la persona che potrebbe aiutarti… Gandalf, lei è l'Elfa di cui ti ho parlato. - la presentò.
- Gandalf è lo Stregone Bianco. - precisò Pipino.
Lei non disse niente, ma continuava ad osservare il vecchio. Aveva una strana sensazione, come se lo avesse già visto da qualche parte – Ci conosciamo? - domandò assottigliando gli occhi.
Gandalf rimase sorpreso dalla domanda – Non che io ricordi… avete questa sensazione? - chiese curioso.
L'Elfa affermò con il capo – Ma probabilmente mi sbaglio. -
- Tutto è possibile, mia cara. - dichiarò lui sorridendole – Sapete, sono un tipo che viaggia molto, in lungo e in largo, quindi potrete avermi visto in passato. Mi hanno detto questi due Hobbit che non ricordate niente… - cominciò.
- Esatto. Mi sono risvegliata l'anno scorso in questa foresta e fino all'inverno appena passato non avevo mai parlato con nessuno, finché non conobbi Merry, che si è messo in testa di farmi ritornare la memoria. Voi potete aiutarmi? -
Lo Stregone restò alcuni secondi in silenzio a soppesare la cosa – Potrei provare, ma non garantisco che possa riuscirci. - fece quindi un passo avanti, era a un metro da lei, la scrutò a lungo, poi allungò la mano sulla sua fronte e chiuse gli occhi. Anche lei abbassò le palpebre e attese mentre lo ascoltava sussurrare parole incomprensibili. Poco dopo terminò e calò il silenzio. Erano tutti in attesa.
- Dunque? Ha funzionato? - chiese all'improvviso Pipino.
Quella aprì gli occhi e fissò quelli blu dell'Istaro davanti a lei che la guardava in attesa di una risposta, le sopracciglia cespugliose sollevate.
- Mi dispiace deludervi, ma non ricordo niente. - proferì. Gandalf corrugò la fronte interdetto
- Forse non era l'incantesimo giusto… - provò a supporre Pipino che venne incenerito subito dopo dall'occhiataccia dell'altro che poi si rivoltò verso di lei, rifece il gesto di prima e tornò a sussurrare parole strane.
Lei riaprì gli occhi nell'udire che quello aveva terminato, ma dovette riferire che anche quella volta non era successo niente.
Il rito si ripeté per altre tre volte ed ogni volta lo Stregone si adirava sempre più, anche per colpa di Pipino che continuava ad assillarlo con le sue frasi poco convenienti.
- Sono uno dei 5 Istari, Peregrino Tuc, so quello che faccio! - sbottò infine – Non è mai successo prima d'ora che i miei incantesimi non funzionassero! - disse spazientito iniziando a fare avanti e indietro.
L'Elfa restò ad osservarlo per un po' – Vi ringrazio per esservi impegnato così tanto nell'aiutarmi… ma va bene anche così. - dichiarò, cercando di confortarlo. Alla fine non è che le importava molto riacquistare la memoria.
Lui si voltò a guardarla torvo – Ho affrontato nemici la cui potenza e forza non potete neanche immaginare… non mi arrenderò certo difronte alla vostra mente! - esclamò perentorio.
- Sicuramente non accadrà nulla se ce ne resteremo qui, quindi, perché non torniamo a Buckburgo, così Gandalf avrà tempo di ragionarci meglio? - propose Merry.
- Questa è un'ottima idea! Almeno potrò mettere qualcosa sotto i denti… è quasi mezzogiorno e vi ricordo che abbiamo saltato la seconda colazione… - acconsentì Pipino.
- Sempre a pensare a mangiare, voi Hobbit… - mormorò lo Stregone.
- Potresti chiedere consiglio a qualcuno, Gandalf. Forse c'è un motivo per cui non riesce a ricordare. - suggerì Merry.
Lui soppesò per alcuni istanti le sue parole – Dovrò fare delle ricerche. - dichiarò.
- Venite con noi? - le chiese Merry. Lei lo guardò sorpresa. Non si aspettava di certo una proposta simile.
- No… resterò qui, grazie. - declinò gentilmente l'invito.
- A fare cosa? Ormai ci conosciamo… qui non avete niente, mentre per il momento posso offrirvi un riparo io. - insistette l'Hobbit.
- Merry ha ragione. Saremo felici se ci fate l'onore di venire con noi. - rincarò Pipino sorridendole.
- Potremmo farti visitare Buckburgo, magari potremmo portarti a trovare Sam e Frodo ad Hobbiville. Sarebbero felici di rivederti. -
L'Elfa stava per replicare, ma venne interrotta da Gandalf – Non amate molto la compagnia, eh? - proferì – Non avete un nome… ebbene, vi chiamerò Erdie… che significa “Solitaria”. -
Restarono tutti alcuni istanti in silenzio – Oh, è veramente bello, Gandalf… mi piace! - esclamò Merry entusiasta. Anche Pipino approvò.
Lei si sentiva onorata. Da quando aveva conosciuto l'Hobbit la sua vita era completamente cambiata. Ora aveva degli amici che volevano aiutarla e anche un nome. Non sapeva perché, ma la cosa la rendeva felice. Sorrise – Mi piace. - riuscì solo a dire.
- Allora verrete con noi? - insistette Pipino speranzoso.
- Venendo con noi, forse, riuscirete a trovare la memoria perduta, anche senza il mio aiuto. - lo Stregone la fissava bonario.
Lei sospirò ed affermò con il capo. In quel momento le voci si fecero attutite, tutto iniziò a sfocarsi e poi il buio.
Monica dischiuse gli occhi. Le ci volle un po' per abituarsi alla luce delle candele nella stanza. Si stava domandando dove fosse, ma non appena vide Alyon che le sorrideva, seduto sul letto, ricordò tutto. Si strofinò gli occhi salutandolo.
- Era ora che vi svegliaste, avete dormito molto. Come vi sentite? - sussurrò.
- Frastornata. - mugugnò girandosi su un fianco – Quanto ho dormito? -
- Più di un giorno intero. - disse l'Elfo che ridacchiò all'espressione esterrefatta della compagna – Appena in tempo per la cena. Avete voglia di mangiare? -
Lei affermò con il capo. Alcuni minuti dopo arrivò Manfried che fu felice di vedere che la ragazza fosse ancora viva. Aveva iniziato ad avere qualche dubbio dato che non accennava a svegliarsi. Quando se ne fu andato, Alyon le riferì che aveva fatto delle scappatine veloci nella sala principale mentre lei era nel mondo dei sogni. Aveva scoperto che i sopravvissuti di Imladris erano passati lì quattro giorni prima.
- Purtroppo non sono riuscito a scoprire altro. - sospirò amareggiato – Ma di sicuro l'attacco ad Imladris ha sconvolto tutti. -
Monica restò in silenzio alcuni istanti – Dobbiamo partire domani! - esclamò all'improvviso alzandosi dal letto.
- Non dite sciocchezze. - la rimbeccò lui – Ancora non siete guarita del tutto. Avrete bisogno di altri tre o quattro giorni per riprendervi. - lei provò a replicare, ma lui la interruppe – Non ci sono molti giorni di vantaggio, possiamo permetterci di aspettare. -
Lei abbassò lo sguardo sconfortata e si rimise a letto. Alyon aveva dannatamente ragione, non aveva ancora recuperato nemmeno le forze per reggersi in piedi.
- Silwen, so cosa provate… lo sto provando anche io. Ma nelle nostre condizioni non possiamo fare niente al momento. - lei affermò con il capo mordendosi il labbro inferiore. Lui sorrise. - Ditemi… fate spesso sogni brutti? Vi ho vista diverse volte dimenarvi in queste notti. -
La ragazza affermò con il capo e gli spiegò tutta la faccenda. Ne rimase sorpreso, ma non seppe darle una spiegazione.

L'Elfo aveva previsto che alla ragazza sarebbero voluti tre, quattro giorni di guarigione, ma dopo due giorni era come nuova e aveva anche iniziato a riacquistare le forze. Ora che poteva, andava almeno un paio di volte al giorno a trovare la cavalla per accertarsi che mangiasse a dovere. Aveva cercato, con l'aiuto dell'Elfo, di trovarle un nome, ma nessuno dei tanti che avevano partorito le piaceva.
In quei giorni aveva fatto la conoscenza del fratello di Manfried: Ahren. Era un tipo vivace, allegro e che faceva controvoglia ogni compito che gli si dava. Praticamente l'opposto del minore. Ecco perché, quelle poche volte che era stato incaricato di portar loro da mangiare, non faceva altro che lamentarsi con i suoi genitori che, secondo lui, lo comandavano a bacchetta. Due giorni prima, la ragazza gli aveva chiesto se poteva procurarle un cavallo. Lui sembrò stranamente eccitato e le aveva rivelato che era un grande intenditore di cavalli. - Un giorno diventerò scudiero di Rohan! - esclamò orgoglioso.
Monica aveva sperato che in poco tempo le avesse riferito che aveva trovato l'animale, ma ancora non si era fatto vedere. Era preoccupata. Le condizioni di Alyon peggioravano a vista d'occhio, quindi aveva fretta di rimettersi in viaggio.
Proprio quella sera i due ne discussero e la ragazza ebbe la meglio sull'Elfo che dovette cedere ed acconsentire a partire due mattine dopo.
Quindi, il pomeriggio dopo, la ragazza si dedicò ad andare in giro per la cittadella a far provviste. Doveva ammettere che era anche divertente: era decisamente diverso da come le faceva nel suo mondo, abituata ad andare al supermercato. Le botteghe erano veramente suggestive. Le piaceva molto quell'atmosfera che si respirava. L'unico problema era che aveva ripreso a nevicare bene. Riuscì a comprare tutto in un paio d'ore e ritornò alla taverna quando si stava facendo buio. I viottoli sotto la neve, illuminati dalla luce arancione delle lanterne, avevano un'aria magica.
Una volta nella stanza, Alyon insistette nell'indicarle la strada che avrebbero percorso per arrivare ad Edoras. Aveva già tirato fuori la cartina. Monica gli lanciò un'occhiata storta.
- Vi prego di non guardarmi in quel modo, Silwen. Lo avete notato anche voi che non sto affatto bene. Non so se riuscirò ad arrivare fino ad Edoras… - iniziò.
- Non voglio sentirvi dire certe cose! - lo interruppe lapidaria.
Lui sospirò – Voglio comunque mostrarvi la strada, guardate… - riprese indicando un punto sulla mappa – basta mantenere la sponda est dell'Inondagrigio. Seguitelo fino a che il Glanduin ci si immette, qui dovrete attraversare gli acquitrini chiamati Stagni dei Cigni, non sarà complicato. Subito dopo, prima di raggiungere il ponte che connette il Dunland con il Minhiriath, che porta a Tharbad, troverete l'Antica Via Sud. Seguitela, vi condurrà direttamente ad Edoras. - spiegò.
- Ho capito. - si limitò a dire lei.
- Cercate di stare attenta, di questi tempi sono molti i nemici in cui potrete imbattervi, le strade non sono per nulla sicure. Se qualcuno o qualcosa vi insegue, non siate avventata, tirate dritto. A cavallo della Mearas riuscirete sicuramente a seminarlo. -
Lei affermò con il capo seccata. Non le piaceva quando qualcuno le diceva di fare cose scontate. E soprattutto non le piaceva che Alyon si stesse dando per vinto, come l'aria afflitta e avvilita che aveva ultimamente sul bel viso. La pelle del volto ogni giorno si faceva sempre più cerea e le fitte ormai non gli davano quasi più tregua.

Avevano deciso di partire non appena fosse sorto il sole, sperando che il tempo li assistesse. Ma quando Monica si svegliò e guardò fuori dalla finestra, oltre il tetto della casa dall'altra parte della strada, la luce pallida lasciava intravedere un cielo plumbeo.
Misero via le ultime cose e fecero un'abbondante colazione al piano di sotto, prima di pagare il conto. Cornelia diede loro una filetta di pane appena sfornato con un barattolo di marmellata di prugne da portare con loro e gli augurò buon viaggio. Si raccomandò di tornare ad alloggiare lì, se mai in futuro fossero passati da quelle parti.
Stavano raggiungendo la fine della cittadella, quando in lontananza videro due figure e un cavallo. Erano Manfried ed Ahren che li stavano aspettando. Quest'ultimo aveva un sorriso soddisfatto stampato sul viso.
- Vi avevo detto che vi avrei trovato il miglior cavallo in zona! - esclamò quando furono a pochi passi da loro indicando l'animale con il capo. Era un bell'esemplare, effettivamente. Aveva il manto marrone e criniera e coda di un nero lucente. - Si chiama Aaron. - disse.
Alyon si lasciò sfuggire un'esclamazione compiaciuta a bassa voce. A quanto pare il ragazzo non stava mentendo. Monica ringraziò entrambi di cuore per tutto quello che avevano fatto per loro e pagò la somma dovuta per il quadrupede. Manfried tenne per tutto il tempo lo sguardo basso, intento ad osservarsi le punte degli stivali. Sollevò gli occhi solo quando la ragazza si rivolse direttamente a lui. Questo le rispose con un “prego” balbettato, mentre il viso gli era diventato rosso fuoco.
Dopo essersi congedati dai due, si diressero nel punto in cui avevano lasciato la Mearas e una volta in sella, cavalcarono in direzione sud. Un'oretta più tardi, però, iniziò a nevicare. E fu complicatissimo per la ragazza restare in groppa alla cavalla che montava a pelo. Quando avevano cavalcato in due, era stato Alyon a sostenerla. Ora era completamente diverso. Ovviamente fu una scenetta che il compagno trovò decisamente divertente. Tra l'altro, Aaron era sellato, avevano provato a fare cambio con la Mearas, ma questa non ne volle sapere di farsi mettere la sella in groppa.

Il tempo non fu dalla loro parte nemmeno nei giorni successivi e rallentò di molto la loro andatura che già non era sostenuta a causa delle condizioni in cui riversava Alyon. Monica non sapeva cosa fare. Continuava a lanciargli occhiate apprensive ogni volta che aveva una fitta e sapeva bene che lui si lamentava solo quando erano tremendamente forti.
Fu la mattina del quarto giorno, vedendo all'orizzonte i contorni della città di Tharbad, come le era stato riferito da Alyon, che Monica decise il da farsi.
- Sosteremo là per alcuni giorni. - proferì ad un tratto.
L'Elfo, che ormai viaggiava completamente appoggiato sul collo del suo cavallo, si voltò a guardarla sorpreso mentre stringeva i denti a causa di una fitta – Come? - sussurrò.
- Alyon, siete esausto. Avete assolutamente bisogno di riposarvi. Non possiamo procedere così. - spiegò lei amareggiata.
- Allora lasciatemi andare da solo… voi proseguite… - replicò ansimante. Le gocce di sudore gli imperlavano il viso, alcune erano congelate a causa della bassa temperatura.
- No! Non vi lascio da solo! - urlò stizzita – Smettetela di dire che vi devo abbandonare… non lo farò mai! Mi sono fatta una promessa ad Imladris quando vi ho trovato e ho appurato che eravate ancora vivo… che vi avrei portato in salvo a qualunque costo! Ce l'avrei messa tutta per non farvi morire! - rivelò con le lacrime agli occhi – Non mi arrendo così facilmente! - mormorò tirando su con il naso – Abbiamo tempo. La neve starà sicuramente ostacolando anche gli altri. -
Alyon la stava guardando stupefatto – Perché ci tenete così tanto a me? -
- Perché quando sono partita dal mio mondo ho giurato che avrei salvato tutti coloro che avrei potuto anche a costo della mia stessa vita. - dichiarò seria – E poi… siamo amici, no? - aggiunse abbozzando un sorriso.
Lui continuò a guardarla con gli occhi verdi sgranati ancora per diversi istanti, poi sorrise anche lui.

Tre ore più tardi erano quasi ai piedi della città. Tharbad era molto più grande di Pel-Tethrin ed era una città portuale. Infatti usavano il fiume Inondagrigio per commerciare con la città di Lond Daer che sorgeva alla foce, molti chilometri più a Sud. Le bianche vele di alcune imbarcazioni si mimetizzavano con il paesaggio circostante dello stesso colore.
Il problema in quel momento erano gli acquitrini: non era facile capire, con la neve che arrivava ormai a metà zampe dei quadrupedi, dove passare. E il rischio di finire nell'acqua gelata del fiume era alto. Quindi stavano procedendo con cautela.
- Uff, non si vede un cavolo! - sbottò all'improvviso la ragazza che stava perdendo la pazienza. Era lei che faceva strada, subito dietro vi era Alyon. Stava perlustrando i dintorni per decidere dove passare. - Ma era tanto difficile costruire un ponte o un qualcosa di simile per evitare di fare a zig zag tra l'acqua? - borbottò contrariata – Ehi, Alyon, non c'è un modo per passare gli acquitrini senza dover fare tutto il giro? - domandò continuando a far vagare lo sguardo preoccupata – Sapete, non ho voglia di fare un bagno a -10°… - puntualizzò. La cavalla sbuffò. - Nemmeno tu, eh? - disse sorridendo e dandole una pacca sul collo. Vedendo che l'Elfo non rispondeva si girò all'indietro e si pietrificò. Il cuore le perse un battito e si sentì crollare il mondo addosso: giaceva a penzoloni sul suo cavallo, completamente inerme. - Alyon! - urlò sconvolta smontando da cavallo, rischiando anche di cadere all'indietro per il troppo impeto, e si precipitò dal compagno. - Alyon! - lo chiamò scrollandolo, ma lui non rispondeva. Il panico si impadronì di lei mentre gli occhi nocciola le si riempirono di lacrime – No, no, no, no! - iniziò a ripetere disperata. - Ti prego, non morire! - mormorò posandogli una mano sul viso. In quell'istante vide una nuvoletta di condensa uscirgli dalla bocca. Ma il fatto che fosse ancora vivo non la consolò. Si guardò intorno maledicendo tutta quella neve, singhiozzante. Si fece largo, verso la sponda: la coltre bianca le arrivava alla vita. Si mise ad osservare l'acqua che scorreva tra gli isolotti. Pezzi di ghiaccio venivano trasportati lentamente dalla corrente. Strinse i pugni e decise che per salvare la vita all'Elfo avrebbe attraversato quel posto anche a nuoto. Si voltò per tornare dalla cavalla e fu in quel momento che scorse qualcosa. Poco più avanti vi era una macchia marrone, sembrava fosse sospesa in aria. Si avvicinò con difficoltà e quando fu lì accanto allungò la mano guantata. Era solida. Spolverò via la neve che vi era posata sopra e una felicità immensa la pervase: era una balaustra. Ci si appoggiò ed allungò un piede verso sinistra: c'era qualcosa di duro sotto. Aveva trovato il ponte. Tornò il più velocemente possibile da Aaron e afferrò le briglie, poi montò sulla cavalla e si diresse verso il ponte. Certo non ci misero poco ad attraversare l'acquitrino, ma almeno non avevano dovuto guadare il fiume.
Quando finalmente varcò la porta est della città, tirò un sospiro di sollievo. Tra l'altro le strade erano abbastanza pulite. C'era diversa gente che si stava dando da fare a spalare la neve, approfittando della momentanea tregua del cielo. Ora doveva solo trovare una locanda. Smontò da cavallo e si diresse da un signore che stava allargando il passaggio di fronte ad un'abitazione.
- Scusatemi… - lo chiamò. Quello smise di spalare e sollevò lo sguardo su di lei, osservandola incuriosito, le ganasce rosse per il freddo.
- Posso esservi utile, mia signora? - domandò.
- Vi sarei veramente grata se potreste indicarmi una buona locanda. - rispose lei.
- Certamente! Vi sono diverse locande qui a Tharbad, ma a parer mio, la migliore è Il Cigno Reale. - rispose sorridendole, poi spostò lo sguardo sull'Elfo. - Il vostro amico sta bene? - chiese aggrottando la fronte.
- A dir la verità no. Ecco perché sto cercando un posto dove stare con una certa urgenza. - rivelò affranta e sul suo viso si palesò tutta l'apprensione e la disperazione.
- Oh… allora vi serve qualcuno che vi accompagni fin là. Non è lontana, ma resta un po' nascosta dato che non si trova sulla via principale. - rivelò – Aspettate un momento. - quindi si diresse all'interno della casa con la pala e ne uscì poco dopo a mani vuote – Tanto mia moglie mi aveva ordinato di andarle a comprare alcune cose, visto che la locanda è di strada, vi ci accompagno. - proferì ammiccandole.
Lei quasi gli scoppiò a piangere in faccia ed iniziò a ringraziarlo.
L'uomo scosse il capo – Ci mancherebbe! Qui a Tharbad, la maggior parte dei cittadini si dà una mano l'un l'altro e siamo disponibilissimi ad aiutare i forestieri. Ovviamente ci sono sempre le eccezioni. Sanno tutti che vi è anche diversa gentaccia. Ladri per lo più e farabutti. Ma per vostra fortuna, avete trovato me! - esclamò – Oh, ma sto passando da scortese… - iniziò guardandola sconvolto – Non mi sono presentato! Mi chiamo Garion Pietragrigia, al vostro servizio. - e fece un piccolo inchino.
- Io sono Monica… il piacere è mio. - contraccambiò.
L'uomo, che era sulla cinquantina, la osservò per un po' senza dire niente, mentre procedevano a passo sostenuto. - Ditemi, se mi è lecito domandarvelo, cosa ci fate qui a Tharbad da sola, così giovane e con il vostro amico ridotto in quel modo? - chiese voltandosi a guardare Alyon, che aveva il cappuccio calato in testa. - Cosa gli è capitato? -
Monica lo guardò risentita. Non poteva certo dirgli la verità. Stava pensando ad una buona scusa da raccontargli, ma quello sorrise.
- Ho capito, non potete dirmelo. - concluse. - Non vi preoccupate, non insisterò. - la rassicurò.
Lei lo ringraziò ed abbassò il capo. Sentiva che si poteva fidare di lui, ma non sapeva se raccontargli la verità potesse essere una cosa buona o meno.

Cinque minuti dopo raggiunsero un basso cancello in legno, era aperto e dava su un ampio cortile. Qui la neve non era molto alta, vi erano sì e no circa 10 centimetri. Probabilmente anche lì era stata spalata. Di fronte a loro vi era una grande costruzione in pietra, mentre sulla sinistra ve ne era una un po' più piccola da cui provennero dei nitriti.
Entrarono nel cortile e Garion le disse di aspettare lì. Lo vide affacciarsi sulla soglia e chiamare qualcuno. Pochi istanti dopo comparve accanto a lui una ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda. La vide fare un cenno con il capo prima di scomparire di nuovo.
L'uomo tornò da lei sorridente – L'oste è mio amico. - ammiccò – Siete fortunata, hanno una stanza libera per voi. Con questo tempo sono molti i viaggiatori che hanno deciso di sostare nelle locande, che sono quasi tutte piene. - Monica sospirò sollevata. - Sapete, erano da anni che non si vedeva una nevicata così. - rivelò avvicinandosi ad Aaron – Ora, se mi date una mano, tiro giù il vostro amico da qui. -
La ragazza si portò dall'altra parte del cavallo e spinse lentamente l'Elfo giù, verso Garion. Sul viso di costui si dipinse un'espressione sorpresa e per un attimo si sbilanciò, rischiando di cadere entrambi a terra. Lei gli fu subito accanto per aiutarlo. Si fece passare il braccio sinistro attorno alla spalla e si diressero lentamente verso l'ingresso. Prima di entrare lanciò un'occhiata preoccupata verso la Mearas che la stava guardando a sua volta.
Già da fuori l'ingresso si sentiva un gran vociare. Quando entrarono vennero accolti da urla e risate. La sala principale era piena di gente. Monica fece vagare velocemente lo sguardo: vi erano un sacco di Uomini, poi notò anche una tavolata di gente più bassa del solito. Restò a fissarli imbambolata, aveva capito subito chi fossero: barba lunga e corporatura robusta. Potevano essere solo Nani.
- Vi accompagno alla vostra stanza. - proferì la ragazza bionda andando loro incontro con un sorriso e riportandola alla realtà – Mi chiamo Ethelind, sono la figlia dell'oste. Per qualsiasi cosa, chiedete pure a me. - proferì gentilmente – Cosa gli è capitato? - chiese poi preoccupata osservando Alyon che aveva la testa riversa in avanti.
- Ha la febbre alta. - spiegò lei – Mi chiamo Monica, comunque. - si presentò.
- Piacere di conoscervi. - disse lanciando poi un'occhiata a Garion.
- Facci strada Et, non è proprio leggerissimo. - proferì l'uomo accennando un sorriso.
L'altra sembrò rilassarsi ed affermò con il capo. Quindi percorsero la sala verso le scale.
Un paio di Uomini seduti al bancone li seguirono con lo sguardo fino a che non scomparirono su per le scale. Poi si lanciarono un'occhiata d'intesa.
Una volta nella stanza, adagiarono lentamente Alyon sul letto. Monica lo guardò preoccupatissima.
- L'ora di pranzo è già passata, ma se volete posso farvi preparare qualcosa. - dichiarò la bionda.
- Ve ne sarei grata. - disse mentre si toglieva il mantello e lo lanciava sull'altro letto, poi andò a sedersi sul bordo del letto dell'Elfo. Si sentiva completamente impotente e le lacrime tornarono a pungerle agli angoli degli occhi.
Garion accompagnò l'altra alla porta e gliela chiuse dietro e ci si appoggiò di peso, incrociando le braccia al petto – Vi devo le mie scuse. - cominciò – Vi avevo detto che non avrei insistito a sapere qualcosa sul vostro conto, ma devo rimangiarmi la parola. - rivelò. Monica alzò di scatto il viso su di lui e si irrigidì nel vedere la sua espressione seria – Ho notato alcuni piccoli particolari mentre sorreggevo il vostro amico… uno di questi è che ha le orecchie a punta. - Le lanciò un'occhiata intensa.
   
 
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