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Autore: shana8998    17/03/2016    2 recensioni
E se un giorno qualsiasi di una vita qualsiasi, tutto cambiasse?
Se da un momento all'altro ,ogni sorta di regola , patto d'onore , sfumatura di dignità ,venisse infranta e ti ritrovassi nelle mani di un danno tanto grosso quanto stupendo?
Se quel danno così negativo potesse renderti tutta la felicità persa con il tempo?
Se quel danno fosse un uomo persino molto più grande di te?
Tu....Come reagiresti?
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi sporsi dal davanzale della finestra della mia stanza. Loro erano fuori, pronti per cacciare.
C'era Allison , Alexander  e qualche altro loro compagno.
-Perchè non c'è Joshua?-. Uscì ad alta voce quel pensiero,inconsciamente.
-Ha detto Alexander, che stava poco bene..-. Trasalii bruscamente voltandomi.
-George! Ma tu...Non dovevi essere con loro?!-.
Il vampiro, appoggiato con una spalla, allo stipite della porta, mi scrutava con uno strano ghigno sulle labbra.
-Sto andando..-. Si tirò dritto, raggiungendomi.
Si accomodò di fianco a me , spiando i miei occhi, intensamente, come se stesse ispezionando anche il più piccolo angolo del mio essere...
-Sei preoccupata?-. 
Abbassai lo sguardo.
-Si...Ho paura..-.
Sospirò.
-Hey. Sei arrivata alla fine OK?Ce l'hai fatta , quello è il traguardo della lunga maratona ad ostacoli in cui hai dovuto gareggiare. Non puoi mollare proprio ora...-.
Mi venne da piangere di colpo.
-Come fai?..-.
-Mh?-.
-Come fai ad essere così positivo? Come fai...A sostenermi nonostante non vuoi che corra quel rischio...?-.
Mi prese il viso fra le mani, dolcemente, costringendomi però a guardarlo.
-Perchè solo così riuscirai ad essere libera. Ana, non conta il parere altrui. Tu devi fare quel passo se lo senti...Non sono io, non sono i miei desideri, nulla di tutto ciò deve condizionarti...-.
Lo strinsi a me , all'improvviso.
-Grazie George...Ti voglio bene...-.
 Sorrise.
-Anche io Ana...-. Mi accarezzò il capo.
Poi mi allontanò debolmente.
-Adesso devo andare..-.Mormorò.
-Non farlo..-. Sibilai disperata.
Mi afferrò le spalle, piano.
-Ana. A partire da questo momento, sei sola. "Solo tu, puoi farcela", ricordi questa frase?-.
-Ma io...-.
Scosse il capo.
-"Ma io" niente! Fatti forza e ....Abbi cura di te..-. Mi baciò la fronte.
Cos'era quello? Un addio? Perchè?!
Si allontanò raggiungendo l'uscita della stanza.
-George..!-. 
Aspettai che arrestasse il passo.
-Dimmi che quello non era un addio...-. Avevo infinitamente bisogno di sapere che lo avrei rivisto, che non sarebbe successo niente.
Si voltò appena e scorsi un debole sorriso a curvare il profilo delle sue labbra.
Non aggiunse altro, lasciando definitivamente la stanza.
Raggiunsi subito la finestra , aspettando che la sua sagoma apparisse in cortile.
Lo seguii con gli occhi finché le fronde degli alberi sul circondario, non la cancellarono. Una ferita si creò in me. Ma era tardi ormai per farmi indietro. Dovevo riprendermi ciò che mi spettava.

Trasformai tutta la mia angoscia in calma, cercando di portare la mente a ragionare con fredda razionalità.
Mi allontanai dal davanzale raggiungendo il letto.
Sopra, stese sul materasso, la mia giacca , la katana e la cintura .
Presi per prima quest'ultima indossandola a dovere, poi, mi infilai la giacca ed infine inserii la spada nell'asola sul mio fianco.
Non sapevo se mi fosse potuta servire, ma da sempre , o per lo meno ,da prima di conoscere Alex , ero stata una persona alquanto prudente.

Spensi la luce in camera ed uscii nel corridoio.
La libreria non era lontana, ma la preoccupazione che attanagliava il mio stomaco, mi stava impedendo di raggiungerla velocemente.
Così, pensai che se avessi finto ,per caso, di ritrovarmi difronte ad essa, magari inconsciamente mi sarei rilassata.
E allora, mentre camminavo , mi perdevo a spiare l'esterno dei finestroni lungo il muro o i miei anfibi che, di tanto in tanto, facevano capolino dall'ampio "spacco" sulla coscia destra , del abito lungo, nero, che indossavo.
Qualsiasi cosa, anche la più piccola frivolezza, in quel momento mi sarebbe servita, per rasentare una calma apparente.
Ma in un batter d'occhio , quello stra-maledetto mobile era già li che mi aspettava..
"Come?!Quando?! Ero ancora sull'uscio della mia stanza!". Mi guardai alle spalle. Avevo veramente percorso tutti quei metri di casa?
Scossi il capo dicendomi di piantarla con quelle scenette patetiche.
Portai lo sguardo dritto a me e fissai le fitte file di libri ben incollati fra loro.
Lasciai scorrervi una mano sopra. I miei occhi intanto si davano da fare, cercando qualcosa che assomigliasse ad una maniglia, o ad un pulsante,che mi avrebbe permesso l'accesso al laboratorio.
Quando ormai, sembrava non esserci più nulla da toccare, innervosita, iniziai a gettare libro per libro, ogni volume ai miei piedi.
"Dannazione! Ci dovrà pur essere una leva dietro questi maledetti libri!". Improvvisamente cercando di afferrarne uno, nell'angolo più remoto dello scaffale, in alto, dritto a me , esso, restò piegato ed incollato con il suo bordo , al legno della libreria.
In men che non si dica , il mobile strisciò sulla parete e la bocca di un sotto-scala venne alla luce.
"C-Ce l'ho fatta...". Incredula e tremante , fissai quel "passaggio".
Lo avevo trovato. L'ansia in me vibrò dolorosamente , rimbombandomi nel petto.
Mossi un passo stentato, poggiando un solo piede sul primo gradino, come se quella serie infinita di rettangolini che accedevano a quella gola nel muro, non mi ispirasse alcun tipo di sicurezza.
Accertatomi che "reggesse", veloce, scesi.
Era buio quel cunicolo, solo una luce fioca proveniente dal basso, riusciva a non farmi inciampare.
C'era odore di chiuso, di vecchio e muffa, ovunque.
L'aria era gelida li sotto.
 Mi sembrava ci fosse persino l'eco.
Goccioline d'acqua, scendendo dal soffitto, mi caddero ripetutamente addosso.
"Che postaccio!". 
Era poco insolito, che Alexander, regalasse ai suoi"posti segreti" un'aria così lugubre..Credo che fosse una sua prerogativa...

Alla fine di quel serpente di gradini...Apparve davanti a me, una porta, fiancheggiata su entrambi i lati da due fiaccole accese.
"Qui dietro...C'è la verità". 
Poggiai ambedue le mani sulla lastra lignea. Era umida , sembrava che ci avesse appena piovuto ,sopra.
Spinsi. Era pesantissima, tanto che fui costretta a piegarmi notevolmente, spingendo con le gambe pur di riuscire a muoverla
Il cigolio del legno sul rimbombò ovunque sulle pareti, mi fece maledire quell'anta, con quante più imprecazioni serbassi nel mio vocabolario di conoscenze.
Mi sollevai riprendendo possesso del fiato perduto.
"E questa?". 
Una stanza non molto ampia, dalle pareti chiare leggermente macchiate d'acqua, luci soffuse , di un giallo pesante e tavoli. Tanti, decine di tavoli stracolmi di oggetti.
Entrai , esitando, silenziosa, divincolandomi fra essi, osservando incredula tutto ciò che mi stava circondando..
C'erano ampolle con liquidi che ribollivano al loro interno, colorati in svariate sfumature. Dal blu acceso al verde, fino allo stesso giallo marcio delle pareti.
Le osservai. Erano collegate fra loro e l'ultima aveva sul bordo della sua parte terminale , l'imbocco per quella che sembrava una prolunga che conducesse alla fiamma di un "becco bunsen".
Proseguii, lasciando scorrere il palmo della mia mano sul legno chiarissimo di quei tavoli.
Distrattamente mi voltai. 
In alcune ampolle , resti di animali. Mi avvicinai. Alcuni si muovevano, forse, sotto qualche miscela chimica.
Trasalii sbattendo violentemente contro l'ennesimo tavolo alle mie spalle. Una provetta cadde frantumandosi in mille pezzi.
"Cazzo!". La tensione in me , era palpabile.
Cercai nuovamente la calma, in un respiro moderato e continuo.
Tornai ad abbassare lo sguardo a quei resti animali.
C'erano rospi sotto spirito, serpenti e poi ancora , due occhi.
Non avevo idea di chi fossero, ma erano terribilmente strani.
Uno di un verde sgargiante, l'altro , color dell'ambra ,molto più chiaro. Poggiai un dito sul vetro della cassetta piena della soluzione che li conteneva. Si mossero.
Persi un battito.
Continuai a far scorrere il dito sulla parte di vetro. Lo seguivano! Erano vivi!
"Esperimenti?".
Alzai lo sguardo dritto a me. C'era qualcosa sotto un telo color sabbia.
Sembrava una cisterna o qualcosa del genere.
Sprigionava una luce fioca , uccisa dal tessuto che la nascondeva.
Mi avvicinai furtiva artigliando il telo. Tirai. Non avevo mai visto prima , una cosa del genere.
Certe scene credevo si potessero vedere solo nei film...
Immerso in un liquido fluorescente di color celeste, giaceva addormentato il piccolo Joshua.
Il suo corpo era trafitto da piccole ventose. Alcune attaccate alle braccia, altre alle gambe , altre ancora sembravano alimentarlo dal collo.
Dalle loro estremità partivano filamenti che credevo essere rossi, finchè , sporgendomi di più, non li vidi trasparenti portare del sangue all'interno del suo corpo.
Da dove veniva quel sangue?
Guardai ai lati della vasca.
Diverse sacche , molto simili a quelle che si vedono negli ospedali erano collegate alle estremità dei filamenti.
"Ma che diavolo...".
-Ana.-. Il cuore arrestò il suo battito all'istante.
Tremai al suono della sua voce.
Alexander...
"Perchè è tornato?Perchè non è a caccia?".
Mi voltai sgomenta.
Aveva il fuoco negli occhi.
-Alexander..Io...-.
-Perchè sei scesa qui?-. Ringhiò cupo.
La mia voce oscillava pericolosamente fra l'essere un filo ed un grido strozzato.
Mi aveva scoperta. Il piano era saltato. La peggior situazione che avevamo immaginato, era accaduta...
Ero nei guai...Nei guai fino al collo.
-Rispondimi!-. Tuonò.
Sapeva di terrorizzarmi.
Gli occhi si fecero tizzoni ardenti all'istante.
Deglutii pesantemente.
-Avevo bisogno di risposte.-. Lo guardai senza mai distogliere i miei occhi dai suoi.
-Tu mi hai nascosto per mesi , un'infinità di dettagli del tuo passato, della tua vita...Ora è giunto il momento che venga a conoscenza di tutto..-. 
-Ti avevo chiesto di starne fuori...-. Sembrava ringhiasse.
Presi aria.
-Perchè mi lasciavi tutte le notti da sola?...Perchè tornavi ferito...Ed avevi sempre fame? Era per tuo figlio non è così?..-. Mi voltai verso la vasca.- Quelle sacche contengono il tuo sangue vero? Ecco perchè avevi bisogno del mio...Ecco perchè mi hai portato qui...NON E' VERO?!-. 
-TU NON SAI NIENTE!-. Con uno scatto felino si avventò contro di me artigliandomi le braccia, sbattendomi contro la parete alle mie spalle.
Sentivo il suo respiro bollente tagliarmi la pelle.
I suoi occhi lacerarmi l'anima, carichi d'ira.
Non demorsi.
-Credevi che fossi una stupida?-. Proferii pacata, mantenendo la calma.
-Tu non sai il motivo reale..-. Ripeté nuovamente ringhiando.
-E' Adrian?-.
 Perse il respiro, scrutandomi bruscamente sorpreso.
-Io so. So che Adrian era tuo fratello...-. Lo guardai negli occhi e lessi un infinito dolore.
-So che ti senti in colpa perché credi di averlo portato a morire...Riconobbi quello stesso senso di colpa, quando è stato Gregory a mancare...Alexander io ti osservo...Molto più di quanto tu creda...-. 
Lasciò scivolare via le mani da me. Tornai a respirare.
-Lui era tutto per me. L'ho amato sin dal primo momento..-. Si allontanò lentamente, lasciando scorrere due dita sul legno di un tavolo vicino, mentre i suoi occhi ricordavano il passato.
-Quando quella notte ci attaccarono..Io avrei potuto fare di più per proteggerlo...-.
-Ma tu l'hai fatto! Hai cercato di difenderlo ti sei trasformato!-.
-Dovevo accorgermi che lui non era come me!-. Gridò voltandosi.
-Eri...Un bambino Alexander...-. Proferii in un sottile respiro.
-Mi diceva sempre che voleva essere forte come me...Ogni volta, anche quando stupidamente lo portavo al lago e gli facevo vedere quanto ero bravo a restare sotto l'acqua. Ogni singola volta, riuscivo a metterlo in pericolo...-. Strinse un pugno, mentre le lacrime sul suo viso incominciavano a formare righe ben definite.
-Ricordo che sua madre mi odiava. Diceva che ero un mostro...Che suo figlio non doveva essere come me, così, a breve, lo allontanò da me impedendomi di vederlo...Fu allora che decisi, di poterlo far  diventare un vampiro, così che lei mi avesse accettato e ci avesse lasciato giocare insieme...Quella notte lo andai a prendere in camera sua e lo portai nel bosco...Gli dissi che avrebbe dovuto combattere. CRISTO!Io lo sapevo perfettamente che c'erano altri vampiri...Anche mio padre era a caccia..!...-. Riprese fiato.
-Ci attaccarono...Ricordo che Adrian si mise difronte a me con le braccia spalancate. "Ti difendo io", disse, poi incominciò una colluttazione. Lo persi di vista preso nell'intento di uccidere il nostro rivale...Probabilmente era scappato inseguito dal resto del branco..Non avrei dovuto portarlo li...-. Sospirò con un filo di voce, finendo ginocchia a terra , mentre copriva il suo viso con le mani.
Lo raggiunsi cucciandomi , cercando di abbracciarlo.
-STAMMI LONTANA!-. Mi spinse facendomi cadere seduta.
Il respiro si serrò nelle pareti della mia gola.
-Tu non sai cosa ho fatto! Tu...Non immagini nemmeno che mostro sono...-. 
-Tu...Sei solo un uomo che soffre ...-. 
-No!...Non è così.-. Strillò ancora, alzandosi di scatto.
-Lo vedi Anastasia? Vedi quel bambino?...Non è altro che il frutto di un'idea malata e distorta della vita...L'ho creato solo per un mio interesse personale! Ho ucciso un bambino innocente mentre era con la sua famiglia in auto!-. Prese il mio braccio trascinandomi di forza verso la vasca, poi, con una mano, strappò una ventosa da una sacca di sangue e la inserì nella mia pelle.
Ora il laccio trasparente pieno di sangue, era attaccato per un' estremità al mio braccio e per l'altra a quello di Joshua.
Tutto attorno a me parve sgretolarsi all'improvviso. Mi sembrava di star vivendo un sogno ad occhi aperti...
Frutto del mio inconscio, le pareti si fecero della stessa consistenza della carta, diventando polvere. Il laboratorio non c'era più, il castello non c'era più... Al suo posto una strada.
"Aiutateli presto!". C'era gente. Una moltitudine infinita di persone , che si muoveva disordinatamente , convulsamente, urlando, piangendo. Suoi loro volti, null'altro che lo sgomento.
Non vedevo perfettamente cosa stesse accadendo, ma quella scena , mi sembrò estremamente familiare.
"Un auto..E' distrutta". 
Non la vedevo, il mio sguardo proveniva dal basso come se stessi riversa sull'asfalto e mirava ad un cartellone pubblicitario lontano ,appeso su una parete di un palazzo: "13 settembre ***".
Riconobbi quel momento...
-Era quel giorno che i miei genitori persero la vita...E quello...-. Una lacrima mi scese sul volto.
Staccò l'ago al centro della ventosa dalla mia pelle.
-Mi dispiace...-. Mormorò appena.
Lacrime fredde continuarono ad incresparsi attorno all'ovale del mio viso. 
-Non avevo idea che fosse tuo fratello..E' stato tutto un fatto casuale...Ci avevano detto di uccidere degli Hunter, non pensavo che fossero i tuoi genitori...-.
-Perchè...Me lo hai nascosto?-. Proferii quasi dentro di me, guardando in un punto vuoto alle sue spalle.
-Ti avrebbe distrutto sapere una cosa del genere...-.
Sospirai un sorriso nervoso.
-Cosa ti ha fatto pensare che mio fratello, sarebbe stato perfetto?-. Domandai ruggendo cupa.
-Era del tutto simile ad Adrian, ed il suo corpo nonostante l'impatto era in buone condizioni...-. Bastonò lo sguardo.
-Quando lo portai qui , dovetti operarlo più volte. Non è stato semplice riuscire a mescolare sangue di diverso genere. Alla fine quando aprì gli occhi , mi resi conto che mancava qualcosa. Joshua stava male. Non solo fisicamente , ma aveva flash del passato da umano. Mi misi subito alla ricerca di una motivazione plausibile...Alla fine la trovai. Mancava il tuo sangue. La sua composizione ma lo stesso fatto che siete fratello e sorella per giunta gemelli, comportava il tassello mancante, per risolvere il problema.
Così ti cercai, disperatamente , finché un giorno leggendo tra la sfilza infinita di iscritti alle varie facoltà universitarie, ho trovato il tuo nome. Ricordavo di averlo letto durante l'elogio funebre trasmesso su tutti i canali satellitari qualche giorno dopo, l'impatto. Ti ho mandato io, la lettera con quel "finto incarico"...L'intervista, che stupidaggine ora che ci ripenso...-. Si portò una mano sugli occhi.
-Ho fatto tutto il possibile per farti legare a me...Ti ho usata, si, non lo nego...Ma poi inaspettatamente , le carte in tavola si sono ribaltate ed ogni volta che ero costretto ad uscire per nutrirmi , sentivo crearsi una voragine di dispiacere in me proprio perché ti lasciavo sola.
 Tu Ana, sei riuscita a farmi capire che significa "amare"...Ed io per questo te ne sono grato...-.
-Credi che tutto questo mi serva ora?!-. Strillai alzandomi di colpo.
-Hai ucciso la mia famiglia! Mi hai usata e dannazione!Tieni mio fratello chiuso dentro una vasca quando dovrebbe riposare in pace con loro!-. Lo afferrai per il colletto della camicia.
-Sei un uomo spregevole Alexander...Io...Ti odio..-. Lo fissai nelle iridi folgorandole.
-Scommetto che sei stato tu a togliermi la memoria..Non è così?-.
-Si...-. Sussurrò in un filo di voce.
-Eri sveglia , sdraiata sull'asfalto, stavi per morire...Ma mi avevi visto. Avevi visto tutto...Sapevi che l'incidente , la morte dei tuoi genitori e di tuo fratello era stata opera mia, per ciò non potevo rischiare che tu, un giorno, mi potessi venire a cercare...Fondamentalmente nelle tue vene scorre il sangue degli Hunter..-.
Lasciai andare il suo colletto.
-Credo che adesso si spieghi tutto...-.
-No Ana aspetta!-.  Si sollevò da terra a fatica cercando di afferrare il mio polso.
-NO!-. Lo tirai via.
-Non mi toccare!-. Gli intimai in lacrime strillando.
Sfoderai la mia spada dirigendomi verso la vasca.
-Loro non dovevano morire, esattamente come non doveva morire tuo fratello. E tu non meriti di riaverlo indietro..-. Spalancai lo sportello di vetro. Il liquido evase inondando il pavimento , portando dietro il suo scorrere, il corpo del bambino ancora privo di sensi.
-Questo è perché mi ha rovinato la vita!-. Strillai, mentre a pugno serrato sul manico della spada , alzai il braccio per infilzare il petto del piccolo.
-Ana NO!-.
Serrai le palpebre.
-Anastasia.-. Una voce piccola, sottile, mi gelò il sangue. Sollevai le palpebre , lentamente.
-Joshua...-. Mi guardava, smarrito, ma non spaventato.
-S-Sei sveglio...-. La spada mi tremò nel pugno. La guardò.
-Perchè mi vuoi fare del male?-. 
No, era troppo per me. Io non ero come Alexander.
-No,no,no non ti volevo fare del male...-. Il tonfo della lama per terra rimbombò nella stanza.
Lo strinsi fra le braccia.
Come avrei potuto ucciderlo?!
-Joshua...Tu sai chi sono io?-. Lo allontanai di poco.
Mi guardò smarrito.
-Tu...Sei...Un'amica di Alexander!-. Esclamò vivace.
 Sorrisi sconsolata.
-Si..Sono una sua amica...-.Sussurrai appena tornando ad abbracciarlo, mentre i miei occhi erano riflessi in quelli del vampiro , poco distante da noi.
Mi alzai riponendo la spada nel fodero, sotto lo sguardo spesato del piccolo.
Alexander , ancora impietrito, mi fissava.
-Non ho il coraggio...-. Abbassai lo sguardo.-Non sono capace di fare del male...-. Sospirai.
-Credevo che la rabbia fosse riuscita a prendere il sopravvento...Pensavo che...Sarei stata capace di vendicarmi..-. Sorrisi tristemente.
-A quanto pare, "Ana" è ancora una debole...Per questo...-.Cercai di ingoiare l'ennesimo pugno di lacrime. - Non merito di stare qui.-. Alexander schiuse le labbra come se volesse dire qualcosa.
-Abbi cura di lui...-. Accarezzai nuovamente il capo del bambino.
-E non cercarmi mai più...-. Tornai a fissarlo negli occhi.
-Anastasia ti prego...-. Svoltai l'angolo creato dallo spigolo di un tavolo.
Abbandonai il laboratorio.
Non mi voltai indietro nemmeno una volta , dopo che fui fuori dall'imbocco delle scale.
Non pensai, non mi dissi nulla. Fu come se, il mio cuore, la mia mente , la mia coscienza , tutto, si fosse svuotato, privo della capacità di darsi una motivazione.
Camminai lungo il corridoio, comandata dall'inconscio saper muovere dei piedi. Non piangevo, non soffrivo.
A caldo non te ne rendi nemmeno conto...
E di fatti, io , avevo rifiutato l'idea di realizzare cosa avessi scoperto.
"Potresti soffrire più di quanto tu non soffra già".
Aveva ragione George...

Scesi la grande rampa di scale che conduceva all'ingresso, fino a raggiungere l'immenso portone.
In un cassetto poco lontano, sapevo esserci le chiavi di una Cadilac.
Le cercai.
Una volta trovate, lasciai aprirsi le "braccia" di legno del portone che mi avrebbero reso libera.
L'aria fluì dentro l'ingresso ,gelida, raffreddandomi la pelle. La gustai a palpebre chiuse, fin quando non ne fui sazia.
Tornai ad aprire gli occhi e varcai anche l'ultima lingua di gradini dirigendomi verso l'auto posteggiata accanto al grande cancello di ferro.
Mi ci calai dentro. L'accesi. 
Sembravo essere finita in una sfera di calma placida, come se tutto fosse accaduto e non me ne fossi resa nemmeno conto.
Comandate da un sensore le porte del cancello si separarono permettendomi di uscire.
Era finita. Niente più vampiri. Niente più sofferenza.
NIENTE.

Qualcosa si era spento dentro me.
Sentivo dolore. Lo sentivo nel petto, ma non c'erano più lacrime , ne più forza per esprimerlo.
Mi sentivo un pezzo di ghiaccio.


La macchina si allontanò lungo il vialone.
Vedevo la città , non era lontana.
Era li che sarei andata...

 
   
 
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