Salve,
lettori e lettrici di EFP!
Dopo
quasi due settimane di assenza, ecco il nuovo capitolo di questa mia
originale. Era pronto già da alcuni giorni, ma dovevo dargli
una
sistemata e correggere alcune incongruenze, quindi mi ci è
voluto
qualche giorno in più.
Anche
questo capitolo, come l'altro, non spiega granché della
storia;
anzi, credo che confonda ancora di più. In ogni caso tutto
sarà più
chiaro con il resto dei capitoli, in cui le informazioni saranno date
pian piano per creare un po' di suspense.
Spero
vi intrighino i personaggi e anche che non li troviate troppo banali,
però li conoscerete meglio con l'andare della storia.
Ho
notato che il primo capitolo non ha riscosso tanti commenti, ma in
ogni caso spero che qualcuno apprezzi anche il secondo capitolo di
questa storia a cui tengo particolarmente. Mi piacerebbe tanto che
qualcuno mi dicesse un suo parere, qualunque esso sia, per poter
migliorare o anche per spronarmi a continuare a scrivere, ma
ringrazio comunque anche chi si limita soltanto a leggere!
Alla
prossima!
~Sapphire
NOTE: non so se qualcuno di voi coglierà il riferimento agli occhiali di Maya*, comunque sia il nome è riferito al “velo di Maya” di Schopenhauer.
~Dirty Blood
Capitolo due
La
situazione stava sfiorando i limiti dell'assurdo e, purtroppo, non
parevano esserci miglioramenti all'orizzonte.
Va
bene – più o meno – essere quasi
stuprata, va bene anche essere
“salvata” e portata in un luogo sconosciuto da tre
pazzi con
occhi multicolori, ma, davvero,
perché il suo ragazzo si trovava legato e imbavagliato su
una sedia,
con un grosso taglio sulla fronte da cui continuava a scendere
copiosamente sangue?
«Mathias?»
ripeté balbettando Ophelia, per poi iniziare a tremare
nuovamente
terrorizzata.
«Sarebbe
più corretto chiamarlo Aragorn» disse flemmatico
quel ragazzo
sconosciuto – pareva si chiamasse Sargas, giusto?
Ma
quella che voleva essere un'informazione pacifica, perlomeno da parte
di lui, non fu altro che la goccia che fece definitivamente
traboccare il vaso. In questo caso il vaso era Ophelia, la quale
iniziò a strillare al principio di una crisi isterica.
«Si
può sapere che cazzo succede?!
CHI SIETE VOI? Perché ci avete portato qui? Che avete fatto
al mio
ragazzo?» urlò, iniziando a piangere.
Mathias
iniziò a divincolarsi, cercando inutilmente di slegarsi e
ottenendo
solamente un violento colpo alla nuca da Milly, che lo fissava con
curiosità.
«Uh,
gli hai applicato un sigillo?» chiese voltandosi verso il
moro e
ignorando su tutta la linea la povera Ophelia che si
accasciò al
suolo, pallida come se stesse per svenire da un momento all'altro.
Cosa molto probabile, d'altronde.
«Ovvio.
Anche se non so quanto sia necessario, è così
debole che mi fa
ridere»
Ophelia
in quel breve scambio di battute si sentì chiaramente
svenire e il
busto le cedette per un attimo, crollando in avanti, e si sarebbe
fatta male se non fosse stato per Claire che la afferrò
appena in
tempo; la mora le diede qualche piccolo schiaffo sul viso, cercando
di farle riprendere colore. Ophelia sentì il sangue riprende
a
fluire, poi continuò a piangere.
«Sargas,
non credi sia il caso di dirle qualcosa? Questa poveretta fra un po'
sviene seriamente» bofonchiò con aria preoccupata
Claire, cercando
di tirare su Ophelia e facendo ondeggiare la chioma scura sui fianchi
lasciati scoperti dal top nero.
Con
fatica la fece alzare in piedi, per poi trascinarla su una poltrona
posta affianco alla scrivania; il corpo di Ophelia si
afflosciò
sulla pelle nera, i capelli lisci spettinati e gli occhi messi in
ombra dalla frangia.
«Che
rottura» intervenne Domi.
«Potresti
non lamentarti per cinque minuti? Grazie» fece ironica Claire.
«Non
lamentarmi? Sono stato trascinato in questa situazione senza neanche
averlo chiesto!»
«Ti
ricordo che è il tuo lavoro»
«Non
mi pare che il mio lavoro sia andare a recuperare ragazzine
isteriche» continuò a battibeccare Domi, mentre
Milly osservava la
situazione ridendo e senza preoccuparsi di nasconderlo.
«Claire,
Dominik: smettete di litigare. E tu, Maximilian, invece che ridere
porta gli occhiali di Maya» intervenne gelido Sargas.
A
Ophelia, non ancora del tutto ripresa, sembrò che
più che
arrabbiato il moro fosse tremendamente annoiato dalla situazione. A
malapena si accorse che Max (finalmente il nomignolo acquisiva un
senso!) uscì dalla stanza con aria annoiata, lasciando il
gemello a
sorvegliare scazzato quello che pareva essere un vero e proprio
prigioniero.
Ma
la ragazza si ridestò sentendo un gemito da parte del suo
ragazzo.
Sollevò lo sguardo verso di lui, gli occhi che si colmavano
di nuovo
di lacrime osservando i riccioli scuri bagnati di sangue e gli occhi
vitrei. Nonostante si fissassero negli occhi, Ophelia si accorse di
non cogliere nessuna preoccupazione da parte dell'altro: la fissava
con odio e, quando la ragazza balbettò il suo nome,
iniziò a
divincolarsi nuovamente senza successo.
Dominik,
di fronte allo sguardo scioccato dell'altra, lo afferrò
violentemente per i capelli e gli portò indietro la testa,
facendogli torcere in malo modo il collo.
«Vedi
di stare fermo, bastardo, mi stai irritando»
soffiò freddo, per poi
lasciarlo andare. Si guardò poi la mano, macchiata di
sangue, e
sbuffò infastidito.
«Che
volete da noi?» sussurrò Ophelia, stremata. Le sue
parole erano
così basse che Dominik, dall'altra parte della stanza, a
malapena la
sentì.
Sargas
le lanciò un'occhiata, osservando come si fosse spenta
all'improvviso senza più lacrime da versare, con l'amara
luce negli
occhi di chi si arrende all'impossibilità di cambiare la
situazione.
«Da
lui niente, è solo un incidente di percorso»
rispose freddo il
moro. Ophelia sentì un fastidioso nodo alla gola.
«E
da me?» sussurrò, temendo la risposta.
Una
risposta che però non arrivò in quanto l'altro
tacque, limitandosi
a fare un cenno a Claire. Quest'ultima allora si avvicinò di
nuovo a
Ophelia, accucciandosi di fronte a lei e fissandola con i grandi
occhi castano-verde; ma lo furono solo per un attimo poiché,
come a
causa di uno strano gioco di luci, le iridi cambiarono colore
diventando bianche come la neve, distinguendosi comunque dal resto
dell'occhio.
Ophelia
rimase ipnotizzata da esse: fissandosi dritte l'una nello sguardo
dell'altra poté osservare accuratamente quel misterioso
evento che
aveva colto anche in Dominik ma che aveva pensato fosse solo
un'allucinazione. E per un attimo pensò che anche in quel
momento si
trattasse di una cosa del genere, ma tutto era troppo reale per
scambiarlo per una fantasia.
Le
folte ciglia nere rendevano ancora più pungenti gli occhi,
che però
conservavano una particolare dolcezza nello sguardo candido nel quale
la pupilla nera spiccava come uno spillo.
Il
viso le si addolcì ulteriormente quando sorrise e lentamente
le
prese le mani – era Claire ad avere le mani bollenti o erano
le sue
a essere fredde come il ghiaccio? - stringendole con delicatezza.
All'improvviso,
Ophelia sentì il grande masso che aveva dentro di
sé alleggerirsi;
era sempre lì, l'ansia e la paura non scomparivano del
tutto, ma la
sua mente si schiarì dalla nebbia fitta che fino a un
istante prima
l'avvolgeva e si rilassò, osservando la situazione con
lucidità. La
cosa comunque non fu molto utile, perché si accorse ancora
di più
della gravità della situazione – lei portata
lì contro la sua
volontà e il suo ragazzo picchiato e legato – ma,
nonostante ciò,
la sensazione di calma non scomparve, come se le fosse stato fatto un
incantesimo.
La
porta si riaprì con uno scatto e Max tornò
dentro, in mano un paio
di occhiali dalle vistose lenti viola. Le consegnò a Sargas
sotto lo
sguardo attento di Ophelia che aveva abbandonato la sicurezza degli
occhi di Claire per osservare che succedeva.
Il
ragazzo le prese con delicatezza per poi avvicinarsi a Ophelia. Non
si chinò come aveva fatto Claire, ma la squadrò
dall'alto, e sotto
il suo sguardo la ragazza si pietrificò. Visto a quella
così breve
distanza Ophelia riusciva ad ammirarne ancora di più la
bellezza, il
viso perfetto privo di sensibilità.
Si
era contrapposto alla luce che proveniva dal lampadario –
lì
dentro non c'erano finestre ad illuminare con la luce naturale, anche
se sarebbe stato inutile considerando che ormai doveva già
essersi
fatto buio – e così facendo aveva coperto la
giovane con la
propria ombra.
Si
sentì completamente oscurata, e non solo dal punto di vista
fisico.
Sargas quasi la schiacciava con la sua presenza fastidiosamente
imponente.
«Indossali»
ordinò solo, porgendole gli occhiali.
Il
distacco dalle mani di Claire fu quasi doloroso, ma la sensazione di
calma non l'abbandonò del tutto sotto lo sguardo attento
della mora.
Li
prese in mano, osservandoli: avevano una montatura dorata, antica e
datata dal tempo, ma sempre luccicante e le lenti, notò
meglio
Ophelia, variavano la sfumatura di viola a seconda della luce.
Con
cautela li indossò, per poi sentirsi una stupida ad aver
paura di un
paio di occhiali: cosa le avrebbero potuto fare d'altronde?
All'inizio
non colse alcuna differenza se non il violetto che avvolgeva ogni
cosa, poi si rese conto dell'aurea bianca, quasi argentea, che si
espandeva dai corpi dei quattro astanti. Ma fu altro che la
spiazzò.
Un
gemito strozzato le sfuggì dalla bocca, per poi coprire
quest'ultima
con una mano, scioccata e terrorizzata al tempo stesso.
Mathias
– o almeno, quello che fino a poco prima aveva le sue
sembianze –
non era più lui: al suo posto vi era una strana creatura
dalla pelle
fatta come di cuoio, grigia e opaca. La testa completamente calva
ricoperta di incisioni e simboli rossi, la bocca dalle labbra
inesistenti e gli occhi completamente blu, senza iridi, pupilla o
altro. Era talmente magro da sembrare uno scheletro ricoperto di sola
pelle.
«Ma
che cazzo...» le sfuggì, shockata all'inverosimile.
No.
Non poteva essere vero. Quella cosa non poteva
essere vera.
Doveva star
avendo le visioni,
non si poteva spiegare in altro modo una cosa del genere.
«Delizioso,
non trovi?»
Il
tono ironico di Dominik la risvegliò dalla trance in cui era
caduta
e terrorizzata si tolse gli occhiali, lanciandoli via sotto lo
sguardo spaventato di tutti.
Max
li afferrò appena prima che si schiantassero in terra,
evitando un
disastro.
«Ma
sei fuori di testa? Questi valgono più di te!» le
sibilò proprio
Max, tenendo con cautela il prezioso oggetto e allontanandosi da
Ophelia come se questa potesse alzarsi all'improvviso e romperglieli
apposta.
Ma
la ragazza, non sentendolo nemmeno, iniziò a strillare di
nuovo.
«Che
cazzo era?! Che cosa è successo?! Mi avete
drogata!» iniziò a
blaterare partita nuovamente di testa.
«Ma
perché non la sediamo?» fu l'allegra proposta che
Dominik fece con
sguardo disgustato.
«Sono
d'accordo con lui» fece Max.
«Ma
perché non siete un po' più
comprensivi?» rispose a tono la
sorella.
«Ma
perché non state tutti zitti?» fu il glaciale
commento di Sargas
«Pure tu. Se non la smetti di strillare come un'invasata,
Aragorn
sarà l'ultima cosa di cui ti dovrai preoccupare»
sibilò in
direzione di Ophelia, che si sentì di nuovo svenire.
«Grazie
tesoro, bell'aiuto. Io sto qui cercando di farla calmare e tu fai
queste fantastiche sparate» disse acida Claire.
Afferrò ancora la
mani tremanti della ragazza che si sentì di nuovo
tranquillizzata,
anche se rimaneva comunque un fascio di nervi.
Sargas
la ignorò.
«Allora...»
si interruppe.
«Ophelia»
gli suggerì Claire sottovoce.
«Ophelia»
ripeté il moro, per nulla scalfito «Come hai
appena visto, Mathias
non è quello che credi. Se è per quello, nemmeno
tu lo sei. Mi
spiace informarti che hai vissuto tutta la vita in una bugia»
iniziò.
Ophelia
impallidì per l'ennesima volta.
«Ma
sei un idiota? Davvero, c'è da farti un applauso per come
sei bravo
a interagire con le altre persone» fece sarcastica Claire. In
sottofondo, i due gemelli ridevano.
«Come
glielo dovrei dire, scusa?» la guardò Sargas,
iniziando a
spazientirsi.
«Con
un po' più di tatto magari. Ops, scusa, dimenticavo che
l'hai perso
con la simpatia»
Sargas
le lanciò uno sguardo gelido.
«E
fra un po' perderò anche la pazienza» fece un
sorriso glaciale e
Ophelia, ancora sconvolta, pensò vagamente che quella fu la
prima
vera espressione che gli vide fare.
«Cosa
intendi?» fece con la voce spezzata.
Nella
sua testa, una parte di lei cercava di riprendere il controllo del
suo corpo e delle sue emozioni.
Doveva
stare calma, urlare in maniera isterica non sarebbe servito a niente;
inoltre, se ci ragionava con più lucidità, quei
tre non le avevano
fatto del male e non sembravano decisi a farlo, nonostante le
frecciatine di Dominik. Era strano e si sentiva una sciocca ingenua a
pensarlo, ma forse quei tizi non erano contro di lei. In fondo
avrebbero potuto ucciderla o farle del male molto prima, invece
sembravano volerla in qualche modo aiutare – anche se non era
sicura che Dominik fosse d'accordo.
«Intendo
che non hai mai saputo la verità riguardo ciò che
sei e che ti
abbiamo portato qui proprio per mostrartela»
continuò Sargas.
Ophelia
rise acida, riprendendo piano il controllo di sé stessa.
«Uh,
davvero? E cosa dovrei essere allora? Se mi dici come lui uccidetemi,
non lo sopporterei» fece con velata ironia.
Ormai
non considerava più quel Mathias come il suo ragazzo. Lo
guardava e
vedeva solo quella creatura spaventosa. Un distacco emotivo stava
avvenendo in lei per farle mantenere un briciolo di sanità,
come
accadeva al seguito di ogni abbandono che viveva.
Si
conosceva: prima prendeva la situazione sullo scherzo, poi usciva di
testa, infine diventava dura come l'acciaio, impedendo a tutto e a
tutti di scalfire la corazza che si creava per sopravvivere
emotivamente.
«Se
fossi stata come lui non saremmo venuti a cercarti o, in caso, ti
avremmo ucciso subito» disse incolore Sargas.
Dentro
di sé, Ophelia tirò un piccolo sospiro di
sollievo.
Allora
non vogliono uccidermi,
pensò.
«Quindi
non volete uccidermi?» cercò una conferma.
«No»
Ed
ecco la prima bella notizia della giornata.
«Allora
volete torturarmi?» chiese. Non sapeva come stesse riuscendo
a porre
quelle domande con una tranquillità del genere; fino a pochi
minuti
prima era in piena crisi isterica.
«Non
vogliamo farti del male in nessun modo» tagliò
corto Sargas,
spazientito.
«Parla
per te» bofonchiò Dominik nelle retrovie.
«Siamo
qui per aiutarti. So che potrebbe non sembrare così, ma,
davvero,
non devi temerci» interloquì Claire morbida. La
mora le sfiorò i
capelli color miele, prendendole con delicatezza una ciocca e
giocherellandoci.
«Va
bene» disse solo Ophelia.
In
fondo, cos'altro avrebbe potuto fare? Anche se tutta quella fosse
stata una menzogna, di certo non sarebbe potuta fuggire: l'avrebbero
ripresa senza il minimo sforzo e inoltre non era sicura di sapere la
strada per uscire da quel labirinto.
Notò
gli sguardi straniti dei quattro, ma non nessuno commentò.
Era
meglio che rimanesse tranquilla.
«Quindi
ora che si fa?» chiese Max.
Già.
Che si faceva?
«Non
dovresti avvertire Lisander?» domandò Claire.
«Mio
padre è a Bucarest con Morgana, non ho modo di contattarlo.
Il
bastardo ha lasciato me a gestire i suoi problemi»
borbottò Sargas
con un vago cenno in direzione di Ophelia.
Ah,
quindi era pure un problema ora?
«Lasciamola
da qualche parte e aspettiamo che tuo padre torni, poi se ne
occuperà
lui» disse Dominik.
«Allora
potremmo anche aspettare in eterno» bofonchiò
Claire, alzandosi ma
non lasciando andare la mano di Ophelia che aveva ripreso. La bionda,
del canto suo, non voleva lasciargliela: sembrava che avesse lo
strano potere di tranquillizzarla.
«E
lui?» chiese ancora Max, indicando invece Mathias –
o Aragorn, o
qualsiasi altra cosa fosse.
«Lo
uccidiamo» risposero in coro gli altri tre.
Ophelia
impallidì.
«Cosa?»
Sargas
le lanciò un'occhiata di sufficienza.
«Beh,
a patto che tu non voglia continuare a starci» disse melenso.
L'apatia
sembrava averlo abbandonato, per lasciar spazio a delle emozioni
più
umane.
«Ma...»
iniziò la ragazza «Non potete uccidere una
persona!»
«Ti
sembra una persona quella?»
Ophelia
tacque.
«Se
non è una persona, allora cos'è?»
chiese.
Il
silenzio cadde nella stanza.
«È
lungo da spiegare» disse Sargas, e i suoi occhi aggiunsero
“e io
non ho voglia di spiegartelo”.
«Abbiamo
tempo no?»
«No»
fece secco Dominik, alzandosi di scatto.
«Se
qui abbiamo finito io vado, ho una partita in sospeso con Abel e quel
bastardo l'ultima volta mi ha fatto tornare in mutande, devo
prendermi la rivincita» disse rapido, praticamente correndo
verso la
porta.
«Prima
di correre via, tu e Max occupatevi di questo tizio» lo
bloccò
Sargas. Il biondo fece una smorfia, ma senza dire niente
tornò
indietro e insieme al fratello costrinse il tizio a mettersi in
piedi, slegandolo dalla sedia.
Mathias
cercò di fuggire, ma i due gemelli lo afferrarono per le
braccia e
gliele torsero, costringendolo a seguirli.
«Beh,
ci si vede» disse con un sorriso Max e, senza che Dominik
aggiungesse nulla, si dileguarono.
«Dove
lo stanno portando?» fece preoccupata Ophelia.
«Non
credo tu lo voglia sapere. E poi dimenticati di quello lì,
era solo
un mostro che ti stava ingannando per prenderti gli occhi»
rispose
Claire.
«Cosa?»
«Perfetto:
Claire, occupati di lei. Portala da qualche parte, spiegale il
necessario e poi domani faremo qualcosa. Ti avviso stasera» e
senza
aggiungere altro, anche il moro prese il volo.
«Evviva»
fece sarcastica Claire, ma vedendo l'improvviso sguardo spaesato
dell'altra sospirò.
«Andiamo»
disse solo, e Ophelia abbassò gli occhi.
E
adesso?
Abel
Houbraken non era un tipo molto paziente.
Per
questo quando Dominik – il caro, dolce, bastardo Dominik
– arrivò
dopo più di un'ora di attesa, sentì l'istinto
omicida che si faceva
strada in lui.
«Finalmente.
Iniziavo a pensare che gli strozzini mi avessero fatto un favore e ti
avessero finalmente accoppato» soffiò sarcastico.
«Muori»
fu il felice augurio che gli venne di risposta.
Lo
squadrò in silenzio. Beh, Domi non era di certo un tesoro di
simpatia, ma doveva aver avuto una brutta giornata se si limitava a
borbottargli “muori” – senza scalfirlo
minimamente, ovvio – e
a sedersi con malagrazia nella sedia dall'altra parte del tavolino.
Dopo
un paio di secondi arrivò anche Maximilian, con il solito
sorriso
divertito stampato in faccia, che prese un'altra sedia e si mise a
cavalcioni vicino al fratello.
«Magari
un'altra volta» disse poi Abel «Deduco tu abbia
avuto una
bellissima giornata»
Dato
che il fratello non accennava a rispondere, ma si limitava solo a
fare un cenno all'uomo dietro il bancone, Max intervenne.
«Sargas
ci ha spedito a recuperare una ragazzina isterica»
«Ma
dai. E chi sarebbe?»
«Una
da sopprimere» rispose velenoso Dominik.
«Adorabile»
commentò il ragazzo.
Lanciò
poi uno sguardo al locale: lo Spectrum era ancora mezzo vuoto, in
fondo era ancora presto per la vita notturna tipica del posto. Si
sentì perciò autorizzato a parlare senza il
rischio di orecchie
indiscrete, complice il fatto che gli altri giocatori dovevano ancora
arrivare – com'è che tutti si stavano prendendo il
brutto vizio di
arrivare in ritardo? Il poker era una cosa seria!
«Non
sapevo che Sargas fosse il tipo da ragazzine isteriche»
continuò
versandosi altro gin nel bicchiere vuoto. E tanti saluti se era a
stomaco vuoto.
«Sargas
è un tipo da prendere e sbattere al muro»
«Ignoralo,
è arrabbiato perché ha mandato noi a recuperare i
suoi affari»
«Che
affari?» chiese con nonchalance.
«Cazzi
nostri» rispose con la solita delicatezza Dominik,
accendendosi una
sigaretta e sbuffandogli il fumo in faccia. Abel scrollò le
spalle,
accedendosela a sua volta.
«Era
solo per fare conversazione» rispose placido.
«Immagino»
rispose sarcastico il biondo.
«E
Amadeus come se la passa?» chiese Max.
Abel
fece una smorfia sentendo nominare il suo capo.
«Lasciamo
perdere, sono giunte voci di strani traffici di Omega e dei Grigi
sono andati a fargli una sorpresina. Poi si è attaccato alla
bottiglia e non so che fine abbia fatto»
«Ma
dai, chi ha fatto la soffiata?» tubò Max,
divertito al massimo.
«Che
ne so, stanno sospettando di quei viscidi francesi che stanno
cercando di farci lo scalpo da un po', ma non abbiamo prove»
rispose
Abel annoiato, senza tentare nemmeno di nascondere gli effettivi
traffici del suo collega. Tanto sapeva che prima o poi sarebbe uscito
fuori qualcosa, se da parte dei francesi o di altri non gliene
importava. Omega gli stava pure sul cazzo.
«Rapite
un francese e fatelo cantare, no? Di certo Amadeus saprà
come farlo»
fece ironico Max.
«Non
so, non che me ne importi a dire il vero» rispose annoiato
Abel.
Poi,
senza dire una parola, vide Dominik attaccarsi al bicchiere e non
staccarsi più.
Sorrise
vedendo entrare nel locale Clay e Drake.
«Smettiamo
di parlare di lavoro. Siamo qui per giocare no?»
Dominik
ghignò.
«Siamo
qui per farti il culo» fece melenso.
Abel
rise. Beh, in fondo poteva sempre provarci.
Il
suono del traffico giungeva lontano alle orecchie di Sargas Van
Middlesworth.
Di
lontane origini inglesi e tedesche, era l'unico discendente di
Lisander Van Middlesworth, uomo dai troppi anni e dalle troppe
amanti, che preferiva dedicarsi alla fidanzata di turno piuttosto che
al figlio.
Ma
Sargas non veniva toccato dal comportamento del padre, piuttosto era
infastidito che gli avesse lasciato una patata bollente tra le mani
senza dargli ulteriori informazioni.
Non
sapeva cosa fare con quella ragazzina!
«Quando
torna lo uccido» sibilò tra sé,
accartocciando la lettera che gli
era stata lasciata dove Lisander, con il solito imperioso modo di
fare, gli ordinava di andare a recuperare una ragazza. Una ragazza
che non aveva mai sentito nominare.
Aveva
solo una foto di lei – che non sapeva come era finita nelle
mani
del padre, ma non gli interessava – e dietro c'era scritto
solo
NYC.
Sospirò,
sedendosi sulla poltrona di fronte alla portafinestra. Gli occhi
vagavano nel buio della stanza, rischiarata di poco dalle luci della
città che filtravano attraverso la tenda sottile, ma per lui
non era
un problema l'oscurità, grazie ai suoi occhi bianchi avrebbe
visto
sempre e comunque.
Si
accese una sigaretta, per poi massaggiarsi la testa sentendo pulsare
le tempie.
Era
stanco.
Aveva
sprecato giorni cercando di rintracciare quella ragazzina –
com'è
che si chiamava? Giusto, Ophelia – sembrava introvabile! E
poi
quando l'aveva finalmente raggiunta e osservata si era reso conto di
come fosse... normale. Aveva cercato di cogliere
qualcosa in
lei, ma non aveva sentito nulla. Forse si aspettava chissà
che cosa,
specialmente da come il padre la volesse a tutti i costi e da come il
suo ragazzo – toh, che casualità! - in
verità fosse un disgustoso
Deviato mutaforma che sembrava attendere il momento giusto per
avventarsi su di lei.
C'era
qualcosa in lei, anche se ancora non sapeva cosa
esattamente.
All'improvviso
lo specchio appeso nel muro affianco alla porta si illuminò
di un
vago bagliore, attirando il suo sguardo, poi si fece come liquido e
sbucò un foglietto rettangolare che cadde a terra con un
fruscio
appena percettibile.
Con
un vago movimento della mano quel biglietto planò verso di
lui.
Lesse
le poche parole scritte con grafia frettolosa disordinata per poi
fare una smorfia.
A
Ophelia avrebbe pensato in un altro momento, ora aveva altre cose a
cui pensare.