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Autore: Coraline Mondrian    19/03/2016    0 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
La Casa, in qualche modo, li aveva uccisi tutti.
Tutti tranne me, che mi sono sempre nascosto tra le tende delle camere, sotto i tavoli, dentro gli armadi, in modo che non mi potessero vedere, anche se alcuni riuscivano a percepire la mia presenza.
Li ho osservati con attenzione litigare, combattere, uccidersi e cercare il Prescelto per anni, convincersi che fosse uno di loro piuttosto che un altro. Tra quelle mura ho visto così tanta sofferenza, disperazione e violenza, ma voglio raccontarvi qualcos'altro che vi accadde, qualcosa di nuovo e di profondamente bello.
Genere: Guerra, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Annie correva, correva, correva senza respirare.
Dopotutto, correre le dava  un pretesto per non pensare.
Correva, correva, correva.
La foresta si faceva sempre più fitta e buia, ma lei sapeva bene per chi correva, stava correndo dal suo Amore, e allora che importanza aveva se continuava a inciampare? Che importanza aveva se sentiva delle voci che la imploravano di fermarsi? Se il freddo e l’umidità le erano penetrati  fin nelle ossa?
Dopotutto stava correndo dal suo Amore.
Corse finché le gambe non cominciarono a farsi doloranti e molli: correva, correva e cadeva, correva, cadeva… ed il terreno era così pieno di sassolini sadici, e così  bagnato… e faceva così male piegare ogni volta i muscoli per rialzarsi, o per continuare a correre…
Corse finché non si abbondonò finalmente al suolo, stremata, assumendo che le sue energie fisiche l’avevano definitivamente abbandonata.
Rimase quindi sdraiata in quel punto; il respiro era affannato, i muscoli indolenziti, la testa così pesante… e allora si rifugiò nel dolce pensiero che tutta quella fatica sarebbe stata presto ripagata, che di lì a poco avrebbe rivisto il suo Amore; e in quel momento non faceva più così freddo, il suolo non era più così scomodo.
Non posso ancora credere che sia sopravvissuta alla guerra.
 
***
 
Intanto alla Casa era arrivata una lettera, una di quelle rosse.
Veniva dal Guatemala, e veniva da Alex.
Attorno alle 3:45 si sentì un violento picchiare contro la porta d’ingresso.
Toc. Toc.
Carl inizialmente ignorava quel bussare, immaginando fosse stato uno scherzo del vento.
Toc, toc. Toc, toc.
Ma il rumore persisteva, sempre più intenso.
Toc toc toc toc, toc toc toc toc
Carl si costrinse a pensare che qualcuno stesse bussando, si costrinse ad alzarsi dalla sedia per andare a vedere chi fosse. Inciampò più volte sui suoi piedi, imprecando pesantemente.
In qualche modo, dopo dieci minuti buoni, riuscì ad arrivare davanti alla porta, ma qualcosa lo bloccò.
Voleva davvero permettere a qualcuno di vederlo in quello stato? Pensò a tutte le lacrime che aveva versato, non poteva dimostrarsi a qualcuno così debole, se no che senso aveva aspettare ogni notte per piangere, per riversare il suo dolore nell’alcool?
《 Carl, so che sei tu, ti prego lasciami entrare, sono Sophie…》
Ci fu un lungo attimo di silenzio, durante il quale Carl tentò di metabolizzare la notizia.
Forse è solo un’allucinazione. Forse devo davvero smetterla di bere così tanto.
Dopotutto, da quanto tempo non la vedeva? Quattro, cinque anni?
non la vedo dalla Guerra.
《 Ti prego, so che non è un buon momento, ma è molto importante 》
Carl si rese tristemente conto che non era un’allucinazione, e infine cedette: odiava quel tipo di tensione.
Chiuse gli occhi e, lentamente, sia accinse a fare quei movimenti tanto famigliari, ma di cui si era oramai quasi dimenticato.
Girò la prima chiave.

Una, due, tre, quattro mandate.
Poi la seconda.
Una, due tre, quattro, cinque mandate.
E infine la terza.
Una, due - indugiò un momento sull’ultima, dopotutto era ancora in tempo per cambiare idea, per non permetterle di entrare, di nuovo.
- tre mandate, e la porta si aprì.
Sophie si precipitò dentro.
Guardandosi attorno, notò che, nonostante gli anni trascorsi, la casa non era per niente cambiata.
Quanti ne sono rimasti? Ce ne sono dei nuovi?
Non ebbe il coraggio di chiederlo, entrambi si ricordavano come se n’era andata.
Carl invece è cambiato molto, ce ne si può accorgere anche senza guardarlo in faccia. È dimagrito, la sua voce è spezzata e i movimenti tremanti, chi sa cosa avrà passato…
Non ebbe il coraggio di chiederli neppure quello, e allora si limitò a porgli la lettera, facendo attenzione ad evitare il suo sguardo e a non sfiorare la sua mano.
《 Credo che dovresti andartene》disse lui con voce ferma, spezzando il silenzio imbarazzante che si era creato.
《 Sì, lo so...》sospirò lei, mantenendo lo sguardo basso
《…be’ allora me ne vado》 e Sophie si diresse verso la porta
《 Ma ti giuro che ci rivedremo presto》
E la porta si chiuse.
E Carl rimase con una lettera rossa in mano e un presagio nell’aria che aveva un che di inquietante.



*** angolo dell'autrice***
ehm, ciao (?)
questa è la prima storia a capitoli che pubblico, perciò perdonatemi se vi fa schifo. in ogni caso recensite, anche solo per dirmi di smetterla di scrivere perché non ho proprio speranze "^^ ; le critiche sono sempre gradite, sia quelle positive che quelle negative (anche se temo ci saranno solo quelle negative).
alla prossima :*


















 
 
   
 
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